
Traduzione di Letizia Sacchini
Un cappotto smarrito, un biglietto con una scritta sinistra, un elenco da decifrare e, infine, un omicidio. Ma dietro a uno dei casi piú complicati per Armand Gamache e la sua squadra, si nasconde qualcosa di ben piú inquietante e minaccioso di un delitto.
( da Libri Einaudi)
Si apre con una serie di telefonate, quattro in otto minuti, ignorate da Armand Gamache, il capo della omicidi della Sûreté, protagonista di molti romanzi della Penny, ispettore, poi commissario, di mezza età, colto e tenace, che raccontano delle sue indagini nella cittadina di Three Pines, a sud rispetto a Montreal: è la metà di agosto, nel piccolo villaggio, e Armand siede con la moglie nel giardino sul retro della loro casa e, anche se si rifiuta di rispondere, sa perfettamente chi lo sta cercando.
Inizia così, ma quella sequela di chiamate è solo il primo momento che preluderà ad una serie di eventi in un crescendo al cui culmine c’è un’agghiacciante scoperta: eventi solo in apparenza casuali e dietro i quali si cela una minaccia per l’intera regione cui s’innesca una caccia all’uomo e una dura e travagliata lotta contro il tempo.
Louise Penny prende spunto da una leggenda dei Cree, popolo di nativi del Canada, fil rouge che accompagna tutto il romanzo:
“– Una sera, mentre sedevano intorno al fuoco, il capotribú Cree condivise con l’abate una cosa che gli era successa quando era bambino. Suo nonno, anche lui capotribú, gli aveva rivelato che nel suo corpo di vecchio, pronti a contendersi le sue viscere, c’erano due lupi. Il primo, un lupo grigio, lo esortava a essere forte e compassionevole. Saggio, coraggioso, capace di perdonare. L’altro, un lupo nero, lo spingeva invece alla vendetta. A non dimenticare i torti subiti. Ad attaccare per primo. A essere spietato, furbo, brutale con amici e nemici. A non risparmiare nessuno. Quelle parole, sentite dalla bocca del nonno, avevano terrorizzato il bambino. Era scappato via. Aveva impiegato diversi giorni a trovare il coraggio di tornare dal nonno. E alla fine gli aveva chiesto: «Qual è il lupo che vincerà? Il grigio o il nero?» Finito il racconto, era stato Armand a fissare in tralice Jean-Guy. In quel momento pareva che fossero i primi, gli ultimi e gli unici esseri umani sulla terra.
– Il nonno aveva risposto: «Quello a cui do da mangiare».
Con un sospiro, Jean-Guy aveva chinato il capo. Si era concentrato sull’acqua agitata vicino ai suoi piedi. Poi si era girato verso Armand.
– Tutti abbiamo quei lupi dentro di noi. Si tratta solo di riconoscerli. Cosí potremo scegliere a quale dei due dare da mangiare”
“Armand aveva rimirato di nuovo la distesa del lago.
– Là fuori c’è un grosso lupo nero,
Jean-Guy. È in giro da un po’. Si nutre di rabbia, della sete di potere. Attacca i fragili e i vigliacchi. Li convince a osare l’impensabile.
– Dobbiamo trovarlo e fermarlo.
– O fermarla, – aveva precisato Armand, sentendo il suo lupo nero alzare la testa e annusare l’aria.– Poi c’è il lupo grigio. Dobbiamo trovare anche lui”.
In una recente intervista di Raffaella Silipo (Tuttolibri La Stampa 14/12/2024) l’autrice ha dichiarato “I miei libri sono compagnia. Parlano di terrore, ma anche di bontà. Di oscurità ma anche della luce che scegliamo ogni giorno” e alla domanda: Il libro però non finisce con la vittoria del bene ma con un cliffhanger. Perché?
Risponde
“L’idea è sempre stata quella di due libri, il lupo grigio e il lupo nero. L’ultima riga del lupo grigio fa sapere al lettore che il peggio deve ancora venire, lo leggerete nel 2025. Sì, avrei potuto lasciare l’illusione che tutto fosse risolto. Ma la vita spesso non è risolta, non è un bel pacchetto ordinato. Il lupo nero va sconfitto ogni giorno”
Il lupo peggiore è quello che coltiviamo dentro di noi.
Della stessa autrice su tuttatoscanalibri









