Alessandro Cosi “Il mio Caio Giulio Cesare”, presentazione


Si parva licet componere magnis (Virgilio, Georgiche IV, 176)

“Spesso i libri parlano di altri libri… ora mi avvedo che non di rado i libri parlano di libri, ovvero è come si parlassero tra loro. Alla luce di questa riflessione, la biblioteca mi parve ancora più inquietante. Era dunque il luogo di un lungo e secolare sussurro, di un dialogo impercettibile tra pergamena e pergamena, una cosa viva…” Umberto Eco, Il nome della rosa

Dalla Premessa

É attorno agli anni 70/60 a.C. della storia di Roma antica, cioè all’incirca nel 680 a.U.c., secondo la cronologia romana, che sale agli onori della cronaca un grande protagonista dei decenni a venire, uno degli uomini più famosi di tutta la Storia. Quegli anni erano dominati dalla presenza politica, dalle vittorie militari e dal potere quasi assoluto di Pompeo, e proprio allora Caio Giulio Cesare mosse i suoi primi, incerti passi nel difficile e tormentato mondo della politica romana. Affrontare una biografia su Cesare, indiscutibilmente l’uomo più carismatico e famoso di tutta la lunga esperienza storica dell’antica Roma, non può essere un’impresa da affrontare con leggerezza o con supponenza, visto che su di lui hanno scritto e talvolta pontificato centinaia di critici e storici di ogni epoca e di ogni corrente politica.
Ma l’idea di ogni storico, o aspirante tale, è sempre quella di trovare aspetti della sua vita e della sua personalità che siano originali, trascutati magari dall’indagine biografica e, perché no, sottovalutati o peggio, mal valutati. É con questo spirito che ho affrontato questo lavoro, ben consapevole della modestia e della lacunosità che potrà risultare da una biografia così impegnativa, una vera montagna da scalare soprattutto da parte di un dilettante appassionato quale credo di essere.
Prima di parlare del personaggio, così complesso e affascinante, forse uno dei pochi uomini veramente liberi che abbiano lasciato un’impronta significativa e duratura nella Storia, è indispensabile presentare un quadro sintetico ma tuttavia esplicativo dei tempi in cui maturò la sua esperienza umana, di politico, di militare, di scrittore.
Non abbiamo certo l’ambizione di esaurire in poche pagine la peculiare complessità del mondo romano attorno al I secolo a.C., ma occorre fare un tentativo di inquadrare il contesto culturale e sociale della Roma di quel tempo, poiché è solo immergendosi nella temperie socio politica della seconda metà di quell’ultimo travagliato secolo prima della nascita di Cristo che si può capire meglio il percorso di Giulio Cesare, una vita che forse non sarebbe stata possibile in altri tempi ed in altre condizioni sociali. Roma era ormai una Repubblica che aveva realizzato un’espansione dei domini romani a dimensioni impensabili solo 150 anni prima, ma che era in gravi difficoltà nella gestione di conquiste che addirittura stavano diventando un impero vastissimo.
Da qui i ferocissimi scontri politici e ben tre, sanguinose, terribili guerre civili.

Dalla Presentazione

[…]Questo libro ripercorre la sua vita e le sue gesta, un esempio mirabile per l’intensità e la lucidità del suo percorso umano, uno dei pochi dominato dal libero arbitrio.
La vita di quest’uomo, racchiusa in particolare nell’arco dei suoi ultimi quindici, intensi anni, è stata talmente straordinaria da farlo divenire, in ogni tempo, il simbolo del bene o del male, delle più alte virtù o dei più bassi interessi, luminoso o viscido, pietoso o intrigante, spietato o clemente.
Finì, pur con tutte le sue contraddizioni, per divenire il simbolo stesso del potere, come testimoniano nel tempo gli appellativi di Kaiser o Czar.
Fu un perfetto e inimitabile miscuglio dell’essenza umana, alta fino alle stelle grazie alla potenza della ragione e della volontà, bassa fino alle più infime e insondabili azioni.[…]

Dello stesso autore su tuttatoscanalibri

La guerra civile tra Ottaviano e Antonio. La fine della Repubblica e l’alba dell’Impero

L’oro di Tolosa

Cagliostro e il mistero del manoscritto perduto

Valentina Fortichiari “Il mare non aspetta. Viaggio emotivo in Norvegia”, Oligo Editore

DALL’AMORE PER L’ACQUA E IL MARE, LO SGUARDO DELLA LETTERATURA SUL GRANDE NORD

Con una nota di Francesco Permunian

dal 10 maggio in libreria

OLIGO

In questo nuovo racconto emozionante e poetico, ambientato in Norvegia, tra Oslo e le Isole Lofoten, Valentina Fortichiari torna a unire la predilezione per il grande Nord con la passione per l’elemento acquatico (l’autrice è stata agonista, insegnante di nuoto, e tuttora è nuotatrice). Con una scrittura sobria, suggestiva, la narrazione è centrata sul rapporto sentimentale tra padre e figlia, fatto di nuotate condivise, ricordi, momenti indimenticabili (la magia dell’aurora boreale). Sullo sfondo, il lavoro sulla scrittura e la frequentazione di personaggi (in parte riconoscibili), protagonisti della cultura degli ultimi anni, sono frutto dell’esperienza in parte autobiografica dell’autrice che al mondo delle case editrici ha dedicato e dedica gran parte della propria esistenza.

Il mare non aspetta. Viaggio emotivo in Norvegia di Valentina Fortichiari a prima vista si presenta come un racconto lungo, ma in realtà è un breve romanzo di formazione raccontato dalla voce narrante di una figlia – dapprima nelle vesti di una bambina di nome Arya precocemente abbandonata dalla madre e dalla migliore amica e quindi di donna adulta impegnata nell’editoria di Oslo – la quale sceglie di dialogare con l’amata figura paterna attraverso gli unici strumenti a lei più idonei, ossia il nuoto e la scrittura, due attività apparentemente dissimili, ma in realtà con molti punti in comune in quanto entrambe trovano la loro ragion d’essere ultima nel grande mare della vita e della letteratura.[…] Il tutto è raccontato con uno stile fluido e discorsivo che a prima vista può apparire fin troppo semplice o addirittura facile. Al contrario, esso è lo specchio della capacità dell’autrice di scivolare in perfetto equilibrio sopra il flusso tumultuoso delle parole – ovvero, sopra le onde sempre mobili della scrittura – simile in ciò a quell’abile nuotatrice che la Fortichiari è stata nella sua vita reale. Una dote stilistica, quest’ultima, alquanto rara sulla scena culturale italiana, ma che discende da quell’illustre matrice letteraria – comunemente etichettata come “stile dell’anatra” – felicemente rappresentata dalla prosa cristallina di Raffaele La Capria. (Francesco Permunian)

VALENTINA FORTICHIARI è nata a Milano e oggi vive a Vigevano. Ha sempre lavorato in editoria, dirigendo le relazioni esterne e l’ufficio stampa di Longanesi. Dalla passione per l’acqua e il nuoto è nato il suo romanzo d’esordio, Lezione di nuoto, Colette e Bertrand, estate 1920 (Guanda 2009, Solferino 2023; premi Rapallo, Grazia Deledda, Rhegium Julii) e la raccolta di racconti La cerimonia del nuoto (Bompiani 2018). Ha curato e cura opere di Cesare Zavattini per la Nave di Teseo e di Guido Morselli per Adelphi. Giornalista, saggista, collabora con varie testate periodiche. È docente a contratto in comunicazione e tecniche del racconto presso master universitari (Bologna con Umberto Eco, Milano Fondazione Mondadori, Pavia).

Maria Giusi Ledda “Le strade invisibili del vento”, NeP Edizioni

Una nuova raccolta poetica impreziosisce il catalogo di NeP edizioni. Si tratta di “Le strade invisibili del vento” di Maria Giusi Ledda, poetessa raffinata e coinvolgente.
Nel volume ritroviamo gli affetti e i luoghi che la circondano nello scenario della sua adorata isola: “Nella mia Sardegna, abbracciata dal cielo e dal mare, lo scorrere delle stagioni, metafora della nostra esistenza, attraversate dalle invisibili strade del vento, che sferza o
accarezza, nascono emozioni che evidenziano le orme del mio cammino, nei sentieri, spesso tortuosi, dell’anima”.
Una poesia che sa essere silenziosa e austera, terapeutica nella sofferenza, sa farsi speranza e sintesi illuminante di alcuni dei più importanti e ricorrenti temi che fanno vibrare la sensibilità della poetessa.
Molte composizioni della raccolta sono brevi, ricondotte ai vari momenti di ispirazione e agli stimoli che sollecitano di volta in volta l’autrice, che riesce ad interrogarsi con eccezionale lucidità e profondi sentimenti. Emozioni che, da soggettive, diventano patrimonio di tutti.
Fonte di appagamento spirituale è il rapporto con la natura. Le luci, i profumi, i colori e i suoni convergono in un carosello di sensazioni, sempre preziose anche quando la vita le traduce in pianto.
Versi dalla delicata e intensa musicalità, che manifestano un’acuta sensibilità in sintonia con una colta ispirazione e offrono un’ampia gamma di temi di riflessione.
Composizioni dal forte impatto emotivo, che sono preziosi scrigni delle tante emozioni che la Ledda sa cogliere e generosamente trasmettere ai suoi lettori.

Maria Giusi Ledda vive e lavora tra Cagliari e Oristano. Terminati gli studi universitari, partecipa giovanissima al dibattito culturale sulle problematiche femminili e giovanili con inchieste giornalistiche e radiofoniche. Giornalista professionista, ha ideato e condotto per Rai Sardegna numerosi programmi di successo, tra i quali: “Eva miele amaro”; “Dal nuraghe alla Luna; “Salute Donna”, da cui è nato il libro “Donna salute donna”, un viaggio nella medicina al femminile.
Da anni si occupa di comunicazione e informazione sanitaria. Ha già pubblicato i volumi di poesie “A sorre mia uno cantigu”, in lingua sarda e “Indelebili rughe dell’anima”.

Melinda Moustakis “150 acri”, presentazione

Traduzione di Marco Bianco e Ilaria Oddenino

Alaska, 1956. Marie, poco più che adolescente, si trova a Anchorage, sulla Baia di Cook, in visita a sua sorella più grande, Sheila,  che vive lì con il marito Sly. Quando nell’unico locale della zona, il Moose Lodge, il suo sguardo incontra quello di Lawrence, il giovane uomo le si avvicina e le dà un pezzetto di carta su cui ha scritto solo due parole: 150 acri. Lei, a sua volta, risponde con l’indirizzo del trailer dove é ospite di Sheila. Pochi giorni dopo, Lawrence e Marie, quasi senza conoscersi, decidono di sposarsi e raggiungono i 150 acri di lande selvagge  per farne insieme la propria casa. Per Lawrence costruire una casa e fare una famiglia con Marie significa cercare di non sentirsi più estraneo a ogni cosa che lo circonda; per Marie quella terra e il matrimonio con Lawrence rappresentano la fuga dal futuro vuoto e il sogno di una vita migliore.[…](da Edizioni Atlantide)

Ispirato a una storia vera legata alla figura dei nonni materni, Melinda Moustakis racconta l’Alaska, uno degli ultimi territori diventati Stato degli USA, nel 1959.

I protagonisti: Lawrence è un veterano di guerra coreano di 27 anni del Minnesota. Marie ha 18 anni e viene dal Texas in visita alla sorella e al cognato ad Anchorage. Si incontrano al  The Moose Lodge e quando Lawrence consegna a Marie un foglietto di carta con scritto “150 acri” decidono di incontrarsi la notte successiva quando lui le propone “Sai cosa ho e cosa ho da offrire”.
Si sposano e vivono situazioni davvero difficili: un vecchio autobus malandato li ospita mentre Lawrence costruisce una capanna, quindi una gravidanza, l’incontro con un grizzly e un  territorio selvaggio intorno a loro…

Il romanzo si ambienta tra il 1956 e il 1959. La grande attrattiva per nonno Lawrence, come il nome del protagonista, proprio i 150 acri che danno il titolo all’opera. Nella realtà il nonno si era trasferito in Alaska dal Minnesota, spinto dalla miseria in cui versava la famiglia, e costruì, insieme alla moglie, conosciuta e sposata dopo poche settimane, a Point Mackenzie, una fattoria in Alaska appunto quando ancora non era uno Stato ma un territorio senza infrastrutture: una vita dura e senza comodità con l’acqua da trasportare e un forno a legna per cucinare, animali feroci e isolamento, in un paesaggio ghiacciato; due sconosciuti alle prese con se stessi e con la vita che hanno scelto di intraprendere nella ricerca di un’esistenza migliore.

Nata in Alaska, Melinda Moustakis (Fairbanks, Usa, 1982) è cresciuta in California. Il suo libro di esordio, la raccolta di racconti (University of Georgia Press, 2011), ha vinto vari premi tra cui il Flannery O’Connor Award. Uscito all’inizio dell’anno scorso per Flatiron Books, 150 acri è il suo primo romanzo tradotto e pubblicato in Italia da Blu Atlantide (da Atlantide Edizioni)

la Quarta di copertina

Doreen Cunningham “Il canto del mare”, presentazione

Traduzione di Duccio Sacchi

In autunno le balene grigie si trasferiscono dall’oceano Artico alle lagune costiere del Messico per partorire. Alla fine dell’inverno mamme e cuccioli intraprendono il viaggio di ritorno insieme. A seguire la loro straordinaria migrazione ci sono Doreen e il suo bambino Max.

Tra memoir e nature writing, esplorazioni avventurose e importanti riflessioni sullo stato del nostro pianeta e ciò che sta portando alla sua distruzione, Il canto del mare è un’emozionante storia vera di coraggio e resilienza.(Dal Catalogo Einaudi)

Era il 2008 quando la Cunnigham decide di seguire il percorso più lungo che un cetaceo possa compiere per svernare: una decisione sofferta per lei che sta attraversando un periodo abbastanza pesante della propria vita di donna e di giornalista della BBC; ha dovuto lasciare Londra, il suo lavoro, la sua vecchia vita. Ora, dopo una battaglia estenuante per ottenere l’affidamento del piccolo Max, è relegata in una casa rifugio sull’isola di Jersey per donne-madri single e senza un soldo. Ma una nuova forza la spinge ad imitare le madri balene e partire con Max, anche se ha solo due anni. Un viaggio avventuroso ma anche pieno di conseguenze positive: un memor, un rapporto forte con il figlioletto, una riflessione sui danni che l’uomo sta provocando al pianeta.

E in questo testo avvincente si racconta

Stralci dal Prologo

Il vento mi bagna il viso di spruzzi. L’acqua scivola contro i fianchi del nostro piccolo peschereccio che esce fremente dal porto, in un’alba che sparge bagliori di fuoco sopra e sotto l’orizzonte. Max, il mio bambino di due anni, è davanti che «aiuta» a pilotare. Conosco lo skipper, Chris, da appena dodici ore. Abbiamo preso a nolo un papà, un uomo che conosce il mare, e che forse può aprire una porta in questo oceano geloso dei suoi segreti. Oggi è la nostra ultima possibilità perché le cose girino per il verso giusto. Non posso fare altro che fidarmi di questo generoso sconosciuto, abbandonarmi al vento e all’acqua e tenere gli occhi fissi sulle onde, esaminando ogni curva, ogni rollio, ogni gorgo, ogni increspatura.[…] Non ho piú fede nella mia idea di seguire la migrazione delle balene grigie, non ho piú fede nelle balene e soprattutto non ho piú fede in me stessa. Volevo far vedere a Max le balene e i loro piccoli che percorrono insieme migliaia di chilometri, dalle lagune messicane della Baja California all’oceano Artico, e dimostrargli cosí che non c’era nulla al mondo di impossibile, che non esistevano ostacoli insormontabili, anche per noi due da soli. Ma ero io quella da convincere, e le cose non sono andate secondo i piani.[…] Il viaggio doveva aiutarmi a ricominciare. Per un po’ mi ha distratto, ma ora che volge al termine mi ritrovo davanti tutti i problemi da cui stavo fuggendo, l’intera lista dei miei fallimenti. Non ho saputo costruire per me e per Max una vita che fossi in grado di sopportare, non ho saputo guadagnare a sufficienza per mantenerci, non ho saputo tirare avanti come fanno tutti. In amore poi ho fallito in modo clamoroso e ripetuto, e ovviamente ho fallito soprattutto nel non rendermi conto di quanto fosse stupida l’idea di questo viaggio. Sono cosí stordita dai miei insuccessi che sento le gambe vacillare e mi aggrappo al bordo della barca, stringendomi forte con le mani al legno. […]Durante il viaggio ho imparato molte cose sulle balene grigie. Ogni volta che Max si addormentava mi mettevo a leggere.
Ormai lo so, siete creature uniche, straordinarie: sentinelle delmare, ingegneri dell’ecosistema, araldi del cambiamento climatico che si ripercuoterà su tutti noi. Ma dove cazzo vi siete cacciate? Come avete potuto tradire la mia fiducia?

E alla fine conclude il Prologo con le motivazioni profonde al viaggio

Mentre ero china sul computer, sul bordo del letto, di fianco a Max, sentii una voce, la voce di Billy, vicina e profonda, come se fosse seduto accanto a me, sulla banchisa in Alaska sette anni prima, a scrutare le balene.[…] Da quel momento avvenne tutto in fretta. Una corda calata dal cielo mi stava tirando fuori dalla finestra per portarmi di là dal mare. Il giorno dopo lasciai l’ostello e mi trasferii nella mansarda di un’amica. Ottenni un prestito, richiesi i visti. Seguiremo madri e cuccioli dal Messico fino in capo al mondo, spiegai a Max. Le balene nuoteranno e noi prenderemo l’autobus, il treno e la barca di fianco a loro.[…] Mi dissi che dalle balene avrei imparato di nuovo a fare la mamma, a perseverare, a vivere. Sotto sotto, segretamente, quello che desideravo era tornare nell’estremo nord dell’Alaska, nella comunità che mi aveva offerto rifugio nell’aspra bellezza dell’Artico, e da Billy, il cacciatore di balene che mi aveva amato.

E il viaggio ha inizio.

Nell’intervista con Brunella Schisa (Il Venerdì 19 aprile 2024) rispondendo alla domanda dell’intervistatrice circa il potere che hanno gli esseri umani di creare un cambiamento profondo e positivo e dare una svolta in tal senso alla vita sulla terra, ha risposto che ciascuno di noi potrebbe trovare il proprio eroe nel mondo naturale e che il suo è una balena grigia a nome Earhart: una sopravvissuta che ha scoperto una fonte alternativa di cibo al Krill di cui le balene grigie sono ghiotte. E conclude dicendo che sono  “i guro della gestione dell’ignoto”.

Un’avventura, una prova straordinaria di perseveranza, una storia coinvolgente.

Le mie grigie cirripedute sono qui. Sono loro, sono proprio loro, una mamma e una giovane balena, che si stanno
nutrendo insieme alle megattere. D’un tratto i tipici soffi a forma di cuore, le gobbe screziate di grigio e di bianco sono ovunque. Ce l’hanno fatta. Sono qui. Sono arrivate fin qui dal Messico, come noi.

DOREEN CUNNINGHAM è nata in Galles. Dopo gli studi di ingegneria, è stata ricercatrice per il Natural Environment Research Council e la Newcastle University prima di dedicarsi al giornalismo. Dal 2000 lavora per il BBC World Service, dove ha ricoperto vari ruoli, tra cui quello di reporter. Con Il canto del mare, il suo primo libro, è stata finalista dell’Eccles Centre & Hay Festival Writer’s Award e ha ottenuto il Giles St Aubyn Award della Royal Society of Literature.

Antonella Lattanzi “Cose che non si raccontano”, recensione di Antonia del Sambro

Chiudiamo gli occhi e siamo due pazzi ed è solo fortuna se mi addormento e mi sveglio un milione di volte, quella notte del Circeo, mentre il rumore del mare, che ho sempre amato, si fa sempre più minaccioso, è solo fortuna se non dormo un attimo in più.

Ci sono cose che non si raccontano perché le parole sono scogli nel mare. Ci sono cose che non si
raccontano per vergogna, rabbia, troppo dolore, e perché se non le racconti, in fondo puoi sempre
credere che non siano successe. Antonella e Andrea vogliono un figlio: adesso lo vogliono proprio,
lo vogliono assolutamente. Ma è come se non ci fosse niente di semplice, nel desiderio più naturale
del mondo: tutto ciò che può andare storto andrà storto, anche l’inimmaginabile.
(dal Catalogo Einaudi)

Finalista al Premio Strega 2024, Antonella Lattanzi regala ai lettori un romanzo intimista che stringe il cuore e fa lacrimare gli occhi. Un romanzo potente e drammatico che ricorda da vicino i grandi lavori della letteratura novecentesca e anche se si parla di narrativa la scrittura autoriale è così commovente ed elevata che al lettore non resta altro che nutrirsi di ogni parola, di ogni capoverso e riga di questo straordinario racconto-confessione. La storia di una madre mancata che oscilla tra sofferenza e speranza, desiderio e rinuncia.

E la confessione di una singola donna diventa il grido straziante di altre centinaia e migliaia di donne su un argomento che, ancora oggi, si cerca di non affrontare appieno, di tacitare, perfino di ignorare: la maternità. Si può essere completamente donne anche senza essere madri? Quanto è frustrante sentirsi chiedere se si hanno figli o meno?
Quanto è doloroso, mortificante, sfinente provare ad avere un figlio a tutti i costi e non riuscirci mai? E come viene vissuto quotidianamente l’argomento all’interno di una coppia.
Cose che non si raccontano concentra fantasmi e dolori universali e ancestrali e lo fa in pagine di drammaticità sublimi dove la raffinata e accorata penna dell’autrice trasforma in catarsi l’intera scrittura e offre ai lettori infiniti spunti di riflessione.

Massimo Carlotto “Trudy” recensione di Antonia del Sambro

Mentiva, e sperò che il vecchio squalo non se ne fosse accorto…Si sa, il denaro rubato non ha padroni, appartiene a chi l’arraffa.


Ludovica Baroni era una commessa. Poi un matrimonio che sembra quello giusto e la sua vita cambia. Quanto e come non l’avrebbe mai immaginato. Da un giorno all’altro l’uomo che ha
sposato, uno dei più importanti commercialisti di Lecco, sparisce. Né la polizia né lei stessa – che fra lo sconcerto generale se ne va in vacanza sulla riviera romagnola – paiono molto interessati a cercarlo. Strano, perché invece c’è chi è disposto a pagare un sacco di soldi pur di sapere che fine ha
fatto e a ingaggiare una società che si occupa di sicurezza e a richiedere l’attenzione speciale di Gianantonio Farina, che nella ditta i soci chiamano il Grigio e i dipendenti il Dottore. Lui è il responsabile delle «indagini non autorizzate». Tipo questa, cosí riservata che in pochissimi ne conoscono la ragione. Farina fa spiare Ludovica, la fa pedinare, intercettare. Le assegna anche un nome in codice: Trudy. Tutto è sotto controllo. O forse no.
(dal Catalogo Einaudi)

Il ritorno in libreria di Massimo Carlotto è segnato da un noir fuori da ogni schema fino a oggi presente nella nostra narrativa di genere. I piani su cui si sviluppa sono molteplici e all’interno di Trudy ci potrebbero essere almeno altri quattro prequel e altrettanti sequel. E questo perché ognuno dei personaggi presentati si presta a infinite altre storie; storie che nessuno vuole raccontare, perché troppo complicate, sensibili direbbe qualcuno, scomode si potrebbe dire in sintesi. Un romanzo dove non c’è nessun protagonista o personaggio positivo, nessuno per cui tifare, nessuno da odiare o compatire perché tutti sono lupi per tutti. La lezione sociale è cruda, durissima, paurosa.
In un mondo come quello descritto in Trudy bisogna solo guardarsi le spalle e sperare che non tocchi a te. Interessi personali, soldi, tradimenti sono la linfa di cui si nutre una società malata, una società che ha deciso di usare la tecnologia più avanzata non per il bene comune ma unicamente per assoggettare gli altri. In questo noir dalle tinte più fosche che mai a fare da ambientazione ideale è la provincia tranquilla, operosa e borghese che si snoda dalla Lombardia alla Toscana e in cui i vari “poteri” si coalizzano o si scontrano infischiandosene dell’esistenza delle povere creature e di quanto la loro vita possa venire sconvolta per sempre. Ed è questo che nell’ultima fatica di Massimo Carlotto fa più paura, ovvero, che il crimine riguarda tutti, può colpire tutti, può annientare tutti. Come si legge giustamente nella quarta di copertina del romanzo: Dopo aver letto Trudy, camminando per strada ti verrà voglia di guardarti le spalle.

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Il Francese

E verrà un altro inverno

Eugenio Carmi – Umberto Eco “Tre racconti di pace”, presentazione

L’uguaglianza tra gli uomini, il rapporto tra potere e libertà, l’attenzione per la natura, la condanna della violenza erano, e lo sono ancora, temi da raccontare anche ai più piccoli. Nascono così, dalla fantasia di Eco e dall’immaginario visivo di Carmi, le storie e i protagonisti raccolti in questo volume: gli atomi rinchiusi dentro una bomba nucleare si ribellano al generale che vuole scatenare una guerra; tre cosmonauti in competizione tra loro – un americano, un russo e un cinese – arrivano su Marte; un imperatore presuntuoso vuole portare la civiltà su un piccolo pianeta innocente e felice.(da La Nave di Teseo)

Riunite con il titolo Tre racconti di pace, tornano in libreria per La Nave di Teseo, nella collana La Nave dei Piccoli, tre favole scritte da Umberto Eco e illustrate da Eugenio Carmi. Un nuova edizione di tre storie dalla produzione lontana nel tempo: era la metà degli anni ’60 quando nacquero dalla fantasia di Eco  “La bomba e il generale” e “I tre cosmonauti” due racconti per i piccoli, da leggere e visionare insieme ai “grandi”, scritti dall’allora poco più che trentenne Umberto Eco, studioso di semiotica,  in collaborazione per la parte grafica con l’amico e artista Carmi.

Ma è nel 1988 che un editore tedesco chiederà ad Eco di ripubblicare le due favole editate nel 1966 a cui fu aggiunta Gli gnomi di Gnù il cui tema trattava del rispetto dell’ambiente, mentre Carmi decise di rinverdire le immagini che le avevano illustrate: la raccolta ebbe molto successo. Oggi le ritroviamo in questa nuova edizione per i giovani lettori che, attraverso il raccontato e il raffigurato, potranno accostarsi ai valori sempre attuali della pace, dell’ambiente e della convivenza civile.

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Filosofi in libertà

Il Nome della rosa torna in libreria con gli appunti e i disegni di Eco

1 maggio festa dei lavoratori

celebrata in molti paesi del mondo già dal 1889

L’origine è legata alle lotte sindacali per il diritto alla giornata lavorativa di 8 ore. Il 1° maggio del 1886 fu indetto da parte dei sindacati statunitensi uno sciopero generale. A Chicago avvennero violenti scontri con morti e feriti. Negli anni successivi furono molte le dimostrazioni per ricordare le vittime e per rivendicare i diritti dei lavoratori. Al Congresso internazionale di Parigi del 1889, dove fu istituita la Seconda internazionale socialista, pertanto venne scelta come data simbolica per la Festa internazionale dei lavoratori. In Italia fu introdotta l’anno dopo. Durante il Fascismo, nel 1924, venne istituita il 21 aprile una diversa festività con la denominazione Natale di Roma – Festa del lavoro; il 1 Maggio fu ripristinato alla fine della guerra.

Le pagine di tuttatoscanalibri più lette nel mese di aprile 2024

Primadonna. Novelle per Eleonora Duse

Giorgio Luciano Pani “Poesia, amata poesia”

Alessia Gazzola “La nuova trilogia con Costanza Macallè”

Italo Calvino “Il visconte dimezzato”

Elsa Morante “La Storia”

Italo Calvino “Le città invisibili”

Federica Falzone “Qualunque cosa accada, tu scrivi!”

Massimo Gatta “Breve storia di delitti in libreria”

Florence Macleod Harper “Addio Russia! Una testimone della rivoluzione del 1917”

Curiosità bibliofile: i caratteri tipografici