…continua a leggere la recensione di Maria Anna Patti da Robinson La Repubblica
Month settembre 2019
tuttolibri i 10 più venduti, la classifica dal 9 al 15 settembre 2019
Chiara Valerio “Il cuore non si vede” recensione di Susanna Nirenstein da La Repubblica cultura 22 settembre
Il nuovo romanzo di Chiara Valerio
Le metamorfosi di Andrea uomo senza cuore
di Susanna Nirenstein
«Una mattina, dopo sogni inquieti, Andrea Dileva si era svegliato nel suo letto, senza il cuore». Non vi sbagliate, l’incipit è identico a quello de La metamorfosi di Kafka: per chi avesse dei dubbi, eccolo qui: «Gregorio Samsa, svegliandosi una mattina da sogni agitati (ma alcuni traduttori li definiscono inquieti), si trovò trasformato, nel suo letto, in un enorme insetto immondo». In una letterata come Chiara Valerio, la citazione non può essere casuale, è la descrizione realistica di una realtà assurda, di un uomo che si trova a dover affrontare, trasformato, menomato, un nuovo capitolo della vita, breve o lungo che sia. E d’altra parte la fascinazione per Kafka per una quarantenne che dei libri ha fatto la sua passione primaria, è cosa certa: non può essere altrimenti in un’autrice di numerosi romanzi, saggi, soggetti cinematografici, testi teatrali, responsabile della narrativa italiana della casa editrice Marsilio, editor per anni a Nottetempo, direttrice culturale della prima edizione di “Tempo di libri”, la nuova fiera di Milano, e chissà quali altre miriadi di attività di Chiara Valerio ci scordiamo. Dunque Kafka. Ma le somiglianze tra il capolavoro del maestro boemo e Il cuore non si vede, appena uscito per i tipi di Einaudi, della nostra Valerio, si fermano qui? A prima vista sì. Andrea Dileva non è un uomo straziato dai cattivi rapporti con la famiglia, dal disprezzo paterno, non ha drammatici lati oscuri né sensi di colpa che lo portino a un definitivo rifiuto di sé, all’abisso. Andrea Dileva è un professore universitario di greco chiamato da mezzo mondo a tenere corsi e lezioni magistrali, è alto e biondo, prestante, bello, colto, apparentemente felice, fa esercizio fisico, ama riamato. Beh, forse quest’ultima affermazione non è esatta, con Laura, che è un avvocato, è vero, ha un ottimo rapporto, parlano, fanno l’amore, convivono in pace e con divertimento da sei anni. Per lei Andrea sente rispetto, timore, soprattutto gli dà sicurezza. Certo, non hanno figli, ma, sì, esiste un ma. Andrea infatti, da cinque anni, ha anche un’altra relazione con una donna di bellezza mozzafiato, Carla. Anche se non fanno sesso (lui vorrebbe, lei, sposata, no), si sfiorano, si abbracciano, si guardano, e soprattutto passano molto tempo insieme: tutti i giorni prendono il caffè al bar e due, tre volte la settimana si vedono, e portando fuori con loro il bambino di lei Simone (un bambino che, incontrato Andrea per la seconda volta, ha preso il suo viso tra le mani e l’ha baciato sulla bocca, conquistandolo per sempre) fanno gite e passeggiate coinvolgenti dove si raccontano di sé e si perdono. Ora che Andrea ha smarrito il cuore, e un giorno dopo l’altro anche i polmoni e il fegato, le reazioni delle due donne non sono molto diverse: incredulità, preoccupazione, rabbia, voglia di fuggire. Come rispondere a un fatto tanto incomprensibile, irrimediabile? Neanche l’amica dottoressa di Andrea, Angelica, sa cosa fare: esami, auscultazioni, analisi, tentazione di consegnarlo alla ricerca, consultazioni di testi anatomici o meno, niente da fare, tutto è troppo paradossale in questa situazione. La domanda è se e quanto Andrea possa sopravvivere a questo stato di cose. O la sconcertante novità lo rende immortale? Chiara Valerio ci conduce con una buona dose di ironia e molte, infinite citazioni, una lingua perfetta, un’immaginazione da capogiro, in un labirinto di interrogativi. Anche Andrea naturalmente si interroga, anzi, soprattutto interroga la mitologia greca, sperando di riuscire almeno a definire il significato di quel che gli sta succedendo. Ma nonostante ripercorra con la mente l’intero Olimpo, non c’è Apollo, Zeus, Medea o demone che tenga: tra i miti greci non esiste deità o umano a cui sia stato portato via il cuore e che continui a parlare, ad agire, persino a amoreggiare. Dunque qual è la morale? Non lo sappiamo, ma forse potremmo tornare a Kafka e al suo Gregorio Samsa che è così poco benvoluto, soprattutto in versione scarafaggio, da morirne presto. Ecco, Andrea no, Andrea con le sue molte imperfezioni e i suoi affetti difettosi, con questo corpo cavo che urla stupefazione e assenza, non viene abbandonato dalle persone che gli sono vicine: è l’amore a farlo sopravvivere all’irragionevole.
Andrea Moro “La razza e la lingua – Sei lezioni sul razzismo” recensione di Elena Loewenthal, da La Stampa del 4 settembre
di Elena Loewenthal
[…]come spiega Moro in queste pagine tanto avvincenti quanto illuminanti, il razzismo, cioè la convinzione che l’umanità sia fatta di alti e bassi separati da confini invalicabili, permea anche la lingua. Varie teorie, del passato quanto del presente, sostengono infatti che vi siano lingue migliori, più evolute di altre. O ritengono che certe culture, certe forme di pensiero, certe vette concettuali siano possibili solo in alcuni universi lessicali e non in altri. La linguistica dimostra invece che la parola non è solo uno strumento di comunicazione ma un vero e proprio «tessuto» del cervello comune a tutta l’umanità, proprio come il Dna.
Mathilda Masters “321 cose intelligenti da sapere sugli animali”recensione di Flavia Piccinni da Il Tirreno 23 settembre

Francesco Savio “La sottovita” ovvero la “traduzione” dei risvolti di copertina da Robinson La Repubblica
Non credete all’editore questo non è un romanzo ma un diario
I risvolti di copertina come sono e come dovrebbero essere per sapere cosa c’è davvero in un libro
di Piergiorgio Paterlini
Originale
In una domenica piovosa di agosto tra le montagne dell’Alto Adige, un uomo viene travolto da una vacca delle Highlands. Disteso a terra in attesa di soccorsi, ricorda un giorno di ottobre di qualche anno prima, trascorso tra il desiderio di iniziare a scrivere un saggio sull’opera di uno scrittore norvegese e la ricerca di un equilibrio necessario a sopravvivere fra i ritmi del lavoro quotidiano e il mestiere di padre. Cosa l’aveva spinto a trasferirsi dalla provincia a Milano, quindici anni prima, come un Luciano Bianciardi fuori tempo massimo? Dove lo porterà questa specie di luminosa sottovita? Venditore di elettrodomestici, libraio, incerto ma assiduo lavoratore, il protagonista di questa storia si muove fra occupazioni quotidiane (la piccola e smagliante vita da padre), immaginazioni letterarie, concretezze incuneate fra la morbidezza della provincia e lo scatto nevrotico della città. La sottovita è un romanzo dei giorni nostri, una registrazione di eventi “letterale” che accende ironia e grovigli filosofici. Dove bisogna “stare” per “essere”, o per essere un po’ di meno e non farsi male?
Traduzione
Un diario in cui lo scrittore — che si sente un po’ Bianciardi, un po’ Martin Eden, un po’ Walser — si mostra quale è, senza autocensure. Ed è uno che ce l’ha con un bel po’ di mondo. Con gli (altri) scrittori, «straripanti immodestia, talvolta impegnati nel sociale, ma sempre impegnati a sgomitare per ottenere il miglior posto al sole per la loro grande opera» ma che sederini di figli non ne hanno mai puliti, come invece tocca fare a lui, «meglio la merda allora». Con le scrittrici femministe, «tornate con prepotenza alla moda» tutte concentrate sulle battaglie per i diritti delle donne anziché sporcarsi le mani (letteralmente), anche loro, a pulire culetti. Savio ce l’ha con i tour promozionali («assurdi»). Con i festival letterari («noiosi»). Con «gli editori più grandi che non sono quasi mai grandi editori» perché rubano gli autori alle piccole case editrici (e se non lo sa lui, che ha pubblicato quattro libri con piccoli editori e quello che avete in mano con Mondadori). Ma la metafora per eccellenza sono i centri commerciali. E allora, contro Prodi e Berlusconi, indistinguibili perché d’accordo nel «non spendere una parola in merito alla disgrazia culturale e sociale delle aperture degli esercizi commerciali nel giorno che aveva sempre rappresentato il riposo, fisico e spirituale». Contro gli intellettuali, tutti uguali e servi. Contro Corriere e Repubblica, che sono «tutto sommato la stessa cosa». E così via. Verso la fine del libro, ricordando una scena cruciale dei suoi 9 anni, l’Autore scrive: «Un bravo romanziere avrebbe creato il personaggio di quell’attesa, ma questo non è un romanzo e io non sono un romanziere». Il lettore creda a questa affermazione. Sulla fiducia. O, alla peggio, per non farlo arrabbiare.
Mariana Leky “Quel che si vede da qui” recensione di Maria Anna Patti da Robinson La Repubblica
José Ovejero “La seduzione”, presentazione

Ariel Hernández è uno scrittore cinquantacinquenne di una certa fama ma in piena crisi creativa. Disincantato e cinico, è alle prese con una causa di divorzio, non fa vita sociale e ha ormai abbandonato le amicizie di un tempo. Tra le poche persone che ancora lo sopportano c’è il giovane David, aspirante scrittore introverso e irrequieto, che sembra riconoscere in lui un mentore, una guida, e sfida il suo cinismo. Un giorno David è assalito e brutalmente picchiato da alcuni sconosciuti che lo lasciano quasi in fin di vita, e il ragazzo che si risveglia dal coma si rivela un estraneo ossessionato da un unico pensiero: trovare i suoi aggressori per vendicarsi. Ariel viene coinvolto in questo inquietante progetto e trascinato in una spirale di violenza all’apparenza inarrestabile. Non tutto però è come dovrebbe essere: tra un presente indefinito e un passato da risolvere realtà e finzione si intrecciano, si rincorrono e troppo spesso si scambiano di posto.
Da Francesca Frediani D La Repubblica

dello stesso autore:
“L’invenzione dell’amore” recensione di Maria Anna Patti da Robinson La Repubblica
e anche:
Alberto Moravia “La noia” recensione di Federica Zani
Le opinioni dei lettori
Il romanzo La noia, pubblicato nel 1960, è costruito attorno ad uno dei punti forti della scrittura di Moravia: l’analisi psicologica di persone sgradevoli. Il protagonista, che parla in prima persona, è Dino, un pittore, che fin da subito si segnala per il carattere indisponente e altero. Racconta infatti che ogni cosa, dopo un po’, finisce per procurargli una noia senza rimedio. Non è semplice mancanza di divertimento: si tratta invece di una condizione esistenziale di distacco dalla realtà, in cui le cose gli appaiono, dice, come fiori che passano in pochi secondi dallo sboccio all’appassimento e alla polvere.
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