Piergiorgio Pulixi “La libreria dei gatti neri”, presentazione di Salvina Pizzuoli

“Pulixi firma un giallo pieno di suspense e ironia che parla di libri e omaggia i classici del mystery, rendendo i lettori i veri protagonisti di questa storia.” (da Marsilio Libri)

Il protagonista Marzio Montecristo, dopo una disavventura come maestro, decide di aprire una libreria specializzata nel genere giallo: Les Chats Noirs, nome in omaggio ai due gatti neri, Miss Marple e Poirot, che un giorno si erano presentati e non se ne erano più andati.

Di fatto poco frequentata, anche per le risposte burbere e il carattere poco accattivante del proprietario, vede un rilancio con la nascita di un gruppo di affezionati lettori, “gli investigatori del martedì” organizzati e guidati da Nunzia, un’anziana frequentatrice della libreria, che ne diventa la Presidente: questi esperti di gialli si riuniscono dopo la chiusura per confrontarsi e discutere sul romanzo proposto per la settimana in corso.

La loro pratica come lettori di polizieschi li aveva visti capaci di collaborare, l’anno prima, con la sovrintendente, una vecchia amica di Montecristo, a risolvere un caso vero.

Ora l’animatore del gruppo è lo stesso Montecristo da quando l’anziana Presidente è stata colpita dall’ Alzheimer e un nuovo caso, veramente agghiacciante, chiede ancora una volta il loro coinvolgimento: “un pensionato “pedante”, un religioso assai poco «ortodosso», un’ottuagenaria monomaniacale, e una ragazzina dark” come li definisce Marcello Fois in una recensione (su tuttolibri del 21 gennaio 2023) che aggiunge “È un giallo classico”[…]“tentativo, riuscito, di riprodurre un giallo rivoluzionariamente tradizionale”; conclude poi l’articolo scrivendo “Tutta la trama si regge su questo intreccio di caratteri, forse un po’ troppo pronti per la sceneggiatura, e grandi classici della letteratura gialla Agatha Christie su tutti, ma anche Artur Conan Doyle, George Simenon, in una specie di viaggio organizzato, come quelli che si fanno sul torpedone scoperto, nella grande Giallilandia, con un guidatore estremamente motivato che ci tiene a farci godere ogni singolo angolo di questo mondo parallelo”. Lettura che condivido e a cui aggiungerei: un amore non corrisposto che si svela con tragica ironia insieme ad un’agnizione finale strappa lacrime, chiudono il giallo con un’imprevedibile quanto voluta pennellata da feuilleton.

Piergiorgio Pulixi è nato a Cagliari nel 1982 e vive a Milano. Ha pubblicato diversi romanzi polizieschi con cui ha ottenuto numerosi riconoscimenti tra cui il premio Scerbanenco 2019 per il miglior noir dell’anno. È considerato uno dei maggiori esponenti della nuova generazione di scrittori noir e thriller. I suoi romanzi sono tradotti in Francia, Spagna, Germania, Austria, Svizzera, Polonia e Russia.

Dello stesso autore su tuttatoscanalibri:

Un colpo al cuore

Riccardo Renzi “ἀλήθεια”, presentazione

Prefazione a cura del prof.Alessandro Cesareo

Postfazione a cura di Luca Berdini

Edizioni La gru

Un sottile, ma non per questo poco duttile o poco visibile, fil rouge unisce e collega tra di loro le varie tematiche – e le varie modalità d’espressione delle stesse – che è possibile rinvenire in questa preziosa e raffinata silloge, ulteriore fatica di un giovane che, come Riccardo Renzi, dimostra un’altra volta di avere sviluppato una profonda e raffinata familiarità con l’arte della penna e con le infinite sfumature che la caratterizzano.(dalla Prefazione)

Spigolando:

La sera

Fredda l’anima
all’imbrunir del cielo,
flebile la voce
nell’oscura notte,
fermo il battito
nella tempesta.

Le nubi

Sparute
si condensano
goccioline
di rugiada,
una chiocciola
sinuosamente scivola
sull’erba bagnata,
un fiore si volta,
d’incanto
l’osserva

dalla Quarta di copertina: la sinossi e brevi note biografiche

Omaggio a Italo Calvino

nel centenario della nascita, 1923 – 2023 

Autore poliedrico, Calvino affronterà varie forme letterarie e generi nuovi. Nelle prime opere si ritrovano sia influenze neorealiste sia il fiabesco e la scrittura fantastica: generi che mescolati determineranno opere originali e inconfondibili. È infatti un autore complesso le cui opere, mai scontate e per le tematiche e per i generi utilizzati, si prestano a molte interpretazioni. Del filone narrativo fantastico la trilogia riunita sotto il titolo I nostri antenati scritta tra il 1952 e il 1959 (Il visconte dimezzato, Il barone rampante, il cavaliere inesistente) ispirati dal racconto filosofico fantastico degli illuministi.

Il soggiorno parigino (1964) determinerà il contatto con nuovi modelli letterari e gli studi sulla scienza lo porteranno a conciliare entrambi (Le cosmicomiche 1965). La sua è proprio la ricerca di un procedimento combinatorio che culmina nel romanzo Se una notte d’inverno un viaggiatore (1979), sarebbe meglio dire nei dodici capitoli che lo compongono e nei dieci “pezzi“ di dieci diversi romanzi che disorientano il lettore abituato ad un inizio e ad una fine… e soprattutto a non essere protagonista.

“T’interrompe il settimo lettore: – Lei crede che ogni storia debba avere un princìpio e una fine? Anticamente un racconto aveva solo due modi per finire: passate tutte le prove, l’eroe e l’eroina si sposavano oppure morivano. Il senso ultimo a cui rimandano tutti i racconti ha due facce: la continuità della vita, l’inevitabilità della morte”.


“Combinando in una sola parola i due aggettivi cosmico e comico ho cercato di mettere insieme varie cose che mi stanno a cuore”


“Il mio moltiplicare le maschere, gli stili, gli atteggiamenti verso il mondo è un cercare di inseguire la molteplicità della vita”.

(Italo Calvino)

La trilogia: I nostri antenati

Il cavaliere inesistente

Il visconte dimezzato

Il barone rampante

I viaggi fantastici

Le città invisibili

Le cosmicomiche

Il romanzo infinito

“Se una notte d’inverno un viaggiatore”

e anche

Nella presentazione di Primo Levi “Storie naturali

Riccardo Ferrazzi “Premonizioni. Punti di contatto tra umano e divino nell’antichità”, Oligo Editore

Oligo editore

Sogni, premonizioni e visioni dall’antichità al Cinquecento

Alessandro Magno, Giulio Cesare, Mosè, Gesù e, ancora, Costantino. Cosa hanno in comune? Hanno avuto delle premonizioni. Con sogni e visioni hanno intravisto porzioni di futuro. In questo breve saggio si parlerà di oracoli antichi (caldei, etruschi, greci e romani), ma anche di personaggi storici, uomini illustri e fondatori di grandi religioni, per provare a capire in cosa credessero le società che ci hanno preceduto.

«Gli antichi ritenevano che il destino di ogni uomo fosse scritto nella totalità della Natura in un modo inattingibile alla ragione dialettica; dunque, per squarciare il velo del futuro, bisognava collocarsi al di là della ragione. E per questo motivo sibille e indovini procuravano di raggiungere uno stato di “furore profetico”, naturale o indotto.

Non è un’idea soltanto greca: i profeti ebrei asserivano di parlare invasati, al punto da essere niente più che una bocca attraverso la quale parlava Dio. Nella tradizione slava i veggenti sono persone mentalmente disturbate che, quando non profetano, sono considerate gli “scemi del villaggio”. In Siberia e fra i nativi americani gli sciamani erano (e sono, infatti ne esistono ancora) ritenuti come minimo degli originali. Una caratteristica comune ai profeti e veggenti di tutte le latitudini era che fossero un po’ folli o posseduti da uno spirito o almeno che avessero visioni durante il sonno.

La comunicazione privilegiata dell’indovino con la Natura prendeva le mosse dalla convinzione che il cosmo non fosse governato dal caso, ma dal fato. Per i veggenti il futuro non è casuale e imprevedibile come il lancio dei dadi, ma discende da una ferrea logica trascendente. E siccome la logica del fato va ben oltre la ragione umana, per conoscere il futuro le sibille non cercavano di interpretare dei segni ma, al contrario, facevano tacere la ragione per entrare in sintonia con la Natura».

Riccardo Ferrazzi ha esordito con Il tempo, probabilmente (Literalia) che conteneva due racconti di Raul Montanari e due suoi. Ha tradotto numerosi libri dallo spagnolo insieme a Marino Magliani. Tra le opere recenti ricordiamo N.B. Un teppista di successo (Arkadia) e Il Caravaggio scomparso (Golem).

Rita Charbonnier “La sorella di Mozart”, presentazione

Pubblicato per la prima volta nel 2006, viene ora riproposto nell’edizione di Marcos y Marcos.

Nel suo romanzo Rita Charbonnier ricostruisce nella finzione letteraria la figura della sorella maggiore (1751 – 1829). di Wolfang Amadeus Mozart. Maria Anna Walburga Ignatia come il fratello manifestò in giovanissima età lo stesso talento precoce e come clavicembalista e come compositrice.

Nella realtà storica si sa che ebbe un rapporto profondo con il fratello, che come bambina prodigio si era esibita nelle corti di mezza Europa, prima da sola e successivamente con il fratellino più piccolo, ma di lei, della sua vita, dei suoi rimpianti o crucci derivati dall’essere stata poi dal padre Leopold lasciata a Salisburgo ad impartire lezioni di clavicembalo per finanziare il viaggio in Italia del fratello, non si conosce nulla e nessuna sua composizione è arrivata fino a noi. Quando Maria Anna Mozart, detta Nannerl, compirà 18 anni il suo genio verrà dimenticato.

Rita Charbonnier ha studiato pianoforte e canto, si è diplomata presso la Scuola di teatro classico Giusto Monaco dell’Istituto nazionale del dramma antico, a Siracusa, e ha frequentato il Corso di formazione e perfezionamento per sceneggiatori della RAI, a Roma. Ha collaborato come giornalista ed esperta di teatro con diverse riviste, e scritto soggetti e sceneggiature che hanno ottenuto riconoscimenti tra i quali la Film Story Competition del programma europeo MEDIA. È anche attrice e ha lavorato con personalità di rilievo: Nino Manfredi, Aldo Trionfo, Renato Nicolini, Lucia Poli, Antonio Calenda, per citarne solo alcuni. Ha inoltre scritto racconti, monologhi teatrali e testi di argomento musicale. Si esibisce in reading musicali e recital. Il suo primo romanzo, La sorella di Mozart (Corbaccio 2006, Piemme Bestseller 2011), è stato pubblicato in dodici paesi. La strana giornata di Alexandre Dumas e Le due vite di Elsa (Piemme 2009 e 2011) completano un trittico con protagoniste personaggi femminili e la Storia.( da Marcos y Marcos)

Niccolò Ammaniti “La vita intima”, presentazione

“Maria Cristina Palma ha una vita all’apparenza perfetta, è bella, ricca, famosa, il mondo gira intorno a lei. Poi, un giorno, riceve sul cellulare un video che cambia tutto. Nel suo passato c’è un segreto con cui non ha fatto i conti. Come un moderno alienista Niccolò Ammaniti disseziona la mente di una donna, ne esplora le paure, le ossessioni, i desideri inconfessabili in un romanzo che unisce spericolata fantasia, realismo psicologico, senso del tragico e incanto del paradosso”.(dal Catalogo Einaudi)

Ammaniti torna al romanzo dopo otto anni soffermandosi sul tema dell’apparire, sull’immagine di sé all’esterno e il contrasto che può esserci tra il dentro e quel fuori. Lo intitola infatti “La vita intima” e affida quest’analisi alla protagonista, Maria Cristina Palma, ex modella e moglie del presidente del Consiglio italiano.

Al tema dell’ossessione per l’immagine pubblica di sé, si affiancano altre tematiche che presentano il nostro quotidiano preso nella filosofia dei social, tra sospetto e paranoia, tra superficialità e consenso, quest’ultimo troppo veloce e poco indagato, concesso agli amministratori pubblici e ad una politica vuota di ideali.

La protagonista è un personaggio pubblico e la sua bellezza più che un vantaggio diventa un ostacolo. In una recente intervista (La Repubblica, 17 gennaio, di Annalisa Cuzzocrea) lo scrittore dichiara che da tempo era interessato al fatto che donne così diventino quotidianamente bersaglio di ingiurie o complimenti esagerati e che gli interessava “quel che si cela dietro tanta perfezione”. Un compito affidato alla protagonista che più degli altri è esposta al meccanismo del controllo di come si è percepiti dagli altri, anche se è ormai presente nella vita di tutti: ne indaga quindi e ne evidenzia il contrasto tra come si presenta in pubblico, come viene immaginata e pensata, e ciò che effettivamente si agita nel suo mondo interiore cosa crede e sente, mondo interiore che si libera lentamente e la cui svolta viene data dal filmato hot che le arriva sul cellulare; un filmato che potrebbe, se divulgato, distruggere la sua immagine: un inferno, una minaccia. Un romanzo che indaga la nostra società, i suoi aspetti malati, il nostro interno compresso o dimenticato.

Dello steso autore su tuttatoscanalibri:

Branchie

I top 3 a cura di Maurizio Amore

Alberto Genovese “L’alternativa del cavaliere”, recensione di Salvina Pizzuoli

Prefazione di Hans Tuzzi

Un racconto originale, gradevole, raffinato, denso di considerazioni, che prende le mosse da un modo di dire, un’affermazione in dialetto siciliano di cui poi indaga le origini e le possibili ragioni, tra divagazioni e sottigliezze frutto di una ponderata conoscenza e riflessione sulla lingua e soprattutto sul dialetto “ricchezza del nostro passato, nascosto come polvere sotto il tappeto”, “tesoro di saggezza e fantasia”.

 Ma cos’è una lingua?

“La lingua è il ritratto di un popolo dipinto con il pennello delle parole”

Così viene compiutamente definita in questo racconto-saggio, stimolante e stuzzicante, che scorre e piacevolmente mi cattura in questo viaggio nelle mie radici.

Tra digressioni linguistiche dialettali, perché si sa “non è dei meridionali andare in medias res”, in una forma narrativa che utilizza e finge una risposta epistolare, la spiegazione di un detto che affonda le sue origini nel contesto storico della Sicilia di fine Ottocento. Il professor Henner Gut, docente di Filologia Romanza ad Heidelberg, indirizza ad uno studioso di tradizioni popolari in Sicilia un quesito relativo ad un modo dire di cui si è persa traccia scritta. Lo studioso risponderà in modo ampio e articolato relativamente ad una tradizione orale che si ambienta tra le antiche mura di un “baglio”, la fattoria fortificata che occupava un lato dell’ampio possedimento fondiario; protagonisti un maturo “cavaliere” ovvero il padrone del latifondo cosiddetto dai sottoposti in senso di rispetto, e Crocifissa, la serva tuttofare, la coetanea che ne asseconda dall’età adolescenziale i desideri sessuali, protetti nella parola convenuta di “nostalgia” pensata dal cavaliere: un legame affettivo tratteggiato in modo delicato e sapiente, rappresentando a pieno il vero rapporto che intercorre tra i due protagonisti. Ma non è qui la chiave per comprendere il valore del detto, ma nella consuetudine del cavaliere di giacere con una giovane illibata, in cambio di un compenso ai parenti, per il piacere del “primo sangue”. Proprio da questo incontro sarebbe nato il detto, determinato dall’umiliante, per il cavaliere, disarmonia di coppia, fisicamente male assortita: o futtiri o vasari.

Di tutto il raccontato il vero fulcro è la lingua: essa è testimonianza che conserva nei modi di dire e di chiamare un patrimonio di tradizioni e il pensiero di un popolo, come dimostrano per altro le altre esemplificazioni presenti come digressioni e, nel caso specifico, o futtiri o vasari contiene  “un ammonimento lapidario e triste […] Apologo, in fondo, della condizione umana, la cui cifra è la pena e la saggezza dell’incompletezza”.

Così la chiusa suggella il contenuto e il suo messaggio.

 

La Quarta di copertina e brevi note biografiche da Manni Editori

Dello stesso autore su tuttatoscanalibri:

Omaggio a Hans Tuzzi e l’ultimo Melis: Ma cos’è questo nulla?

Alfano, Gandola, Zurlo “Una marcia in più. Storie italiane di imprenditrici vincenti”,

La recensione su Libri Panorama: “Donne al timone” di Giorgio Arnaboldi

Un libro, scritto a sei mani da tre prestigiose firme del giornalismo italiano, Manila AlfanoGiorgio Gandola e Stefano Zurlo, che racconta 22 storie di donne, imprenditrici di successo e dai saldi valori. Donne che, dal Nord al Sud del Paese, si distinguono per quello che sono e che fanno, per il modo in cui affrontano le grandi sfide e le vincono, capaci, partendo da zero o quasi, di creare importanti business e aziende, ambasciatrici dell’eccellenza e del Made in Italy nel mondo. (da Wise Society)

“Una marcia in più”: le 22 protagoniste del libro

Queste le meravigliose protagoniste del libro, tutte con alle spalle storie di grande fascino e forza: Marilisa Allegrini (Allegrini vini), Milena Baroni (Mycroclean Italia), Grazia Belloni (Camomilla), Laura Bertulessi (Italtrans), Marina Bonazza De Eccher (Rizzani De Eccher), Alida Catella (Coima Image), Anna Cremascoli (Cliniche Columbus), Franca Mentana (Nanan), Marisa Padovan (Marisa Padovan), Maria Giovanna Paone (Kiton), Mariuccia Rossini (Over), Sara Santori (Conceria Nuvolari), 

Adriana Silvia (Sartor Elettrotec), Silvia Scaglione (React4life), Rosi Sgaravatti (Sgaravatti Group), Nicoletta Spagnoli (Luisa Spagnoli), Roberta Tagliavini (Roberta e Basta), Romana Tamburini (Surgital), Tiziana Terenzi (Cereria Terenzi), Paola Veglio (Brovind Vibratori), Daniela Villa (Erbolario), Isolina Zecchin (Spazzolificio Piave).(da Wise Society)

Da DMGModa

[…] 22 storie di donne, dal Nord al Sud del Paese donne coraggiose che non hanno paura di osare, sfidare i pregiudizi, rompere gli schemi. In una parola innovare. Ritratti che il libro, la cui prefazione è stata curata da Alberto Bombassei, presidente di Brembo, intende raccontare negli aspetti pubblici ma anche e soprattutto in quelli più personali e inediti grazie al racconto delicato, ma allo stesso tempo profondo e mai scontato, di tre prestigiose firme del giornalismo italiano:  Alfano Gandola e Zurlo.

Il libro, che gode del patrocinio del Poli.Design e del Brand Extension Hub, facenti capo al Politecnico di Milano, è nato dall’incontro proprio di due donne, amiche e imprenditrici: Antonella Di Leo, editore ed amministratore delegato di Wise Society, la community di aziende e persone che da oltre dieci anni si dedica ai temi del benessere, dell’innovazione e della sostenibilità, e Nicoletta Poli Poggiaroni, a lungo a capo della sua storica agenzia Marketing Consultants, che ha voluto tenacemente questo progetto, perché, come lei stessa sottolinea «quello che conta non è solo l’idea ma la capacità di crederci fino in fondo, a maggior ragione in un momento di immense difficoltà come questo, dove non era facile trovare tante protagoniste».[…]

Omaggio ad Alessandro Manzoni

nel centocinquantenario della morte, 1873 – 2023

Alessandro Manzoni nacque a Milano nel 1785 da Giulia Beccaria, figlia di Cesare Beccaria, moglie presto separata del conte Pietro Manzoni, un ricco possidente. La prima formazione avvenne in collegio dai padri somaschi e dai Barnabiti. In un secondo tempo (1805 -1810) raggiunse la madre nel suo soggiorno parigino e venne a contatto con la seconda generazione del movimento illuminista che determinerà la scrittura di testi poi ripudiati. Tornato a Milano e dopo il matrimonio con Enrichetta Blondel, calvinista, si riavvicina al cattolicesimo ed inizia la pubblicazione di scritti ispirati a questa nuova “riconversione” in cui concilierà alcuni valori evangelici con l’impegno, come intellettuale, nella società, riscoprendo gli “umili”, i vinti dalla Storia, posizione che ispirerà la sua più grande opera: I promessi sposi

Alessandro Manzoni “I promessi sposi” un romanzo da non perdere

Stralci dal romanzo

Una storia di “statue” d’altri tempi… ovvero quanto Alessandro Manzoni sia sempre attuale

Fabio Carbone “Uru”, Fernandel Editore

Fernandel Editore

Una creatura misteriosa turba il sonno di Paolo, gettandolo nell’angoscia. La sente muoversi lungo il perimetro della stanza, picchiettando il pavimento con le sue unghie ricurve. Finché una notte, svegliandosi con la sensazione di soffocare, nella penombra della camera distingue le sembianze di una grossa bestia accovacciata sul suo petto, intenta a scrutarlo. L’incontro dura pochi istanti, prima che la creatura con un balzo si dissolva nel buio lasciando Paolo nello sgomento.
Nel frattempo una morte inspiegabile, forse un omicidio, scuote il call center dove lavora, già in subbuglio perché in procinto di essere delocalizzato. La polizia indaga senza esito, mentre tutto sfugge in una realtà rarefatta, sospesa fra l’inquietudine e l’allucinazione.


Sullo sfondo di un Salento fatto di campagne abbandonate e invase dai rifiuti, Fabio Carbone mette in scena il contrasto fra un mondo nuovo, governato dal cinismo e dalla mancanza di empatia, e la morente società contadina, di cui solo un’eco lontana lambisce la contemporaneità. Nel mezzo, sospeso tra il mondo vecchio e quello nuovo, c’è l’uru, creatura già presente nelle credenze di molte civiltà contadine. Manifestazione dei timori più reconditi e delle colpe mai espiate, di quegli impulsi più arcaici da cui la modernità si illude di essersi emancipata, essi prendono la forma dell’animale, una creatura fatta della stessa carne di chi ne subisce i tormenti.

“La notte lo sentì di nuovo. Si muoveva furtivamente lungo il perimetro della stanza, picchiettando il pavimento con le unghie che, lunghe e ricurve, sporgevano dalle zampe. Perlomeno, questo parve di sentire a Paolo che, con la testa stretta al cuscino madido di sudore, si sforzava di capire se quei passi fossero reali o frutto di un’insana suggestione, che lo avrebbe privato, un’altra volta ancora, del riposo. Il corpo, istintivamente irrigidito da quella presenza senza forma, si era contratto in posizione fetale, trincerato fra le lenzuola in una tenue quanto illusoria difesa da un agguato che sarebbe potuto giungere dal buio. Paolo non apriva gli occhi, forse per concedere ancora qualche istante alla speranza che ci fosse solo lui in camera, che se avesse atteso ancora, quei piccoli passi, quei ticchettii sulle mattonelle, sarebbero cessati senza turbare ulteriormente il suo sonno. Passarono pochi secondi, forse qualche minuto, nella stanza non si udiva più alcunché. Paolo avvertì pian piano svanire quell’oppressiva sensazione di allerta, e anche i muscoli si distesero a cercare quiete. Passò però molto tempo prima che si riaddormentasse, in quel giaciglio umido, increspato dai periodici movimenti tentacolari delle sue membra alla ricerca della posizione ideale, la sola in grado di conciliargli il sonno”.

Brevi note biografiche

Fabio Carbone è nato nel 1986 e vive a Guagnano, in provincia di Lecce. Laureato in giornalismo, è un analista di contenuti radiotelevisivi. Tra il 2016 e il 2020 ha diretto la casa editrice Ofelia, da lui fondata, curando la pubblicazione di testi di narrativa di autori italiani, esordienti e non. Uru è il suo primo romanzo.