Scrittori toscani? Sì, ancora… Renato Fucini “Il ciuco di Melesecche”

Gentili lettori, continuiamo la nostra rassegna letteraria sugli autori toscani di ieri e di oggi o che scrivono o hanno ambientato le loro opere in Toscana, con la novella di Renato Fucini

“Il ciuco di Melesecche”

che si aggiunge a

“Il rimedio pei topi” e   “Il Dodolo”  dalle “Novelle toscane” di Ferdinando Paolieri

e, per gli autori toscani contemporanei, al racconto di Alessandro Pagani “Breve racconto onirico”

 

E ancora…

sabato 1 febbraio un nuovo autore contemporaneo:

Oreste Verrini con uno stralcio da “Madri”

 

 

 

Non mancate e buona lettura a tutti !

Chris Ferrie “Fisica quantistica”. Baby scienziati. Ediz. a colori, articolo di Ilaria Amato da D La Repubblica

Storia del padre che insegna la fisica quantistica ai suoi bambini. E anche ai tuoi

Ha 38 anni, 4 figli e un contratto da ricercatore di fisica quantistica all’Università di Sidney. A rendere famoso Chris Ferrie è stata però l’ambizione di spiegare con termini semplici nozioni astruse ai piccolissimi con i libri Baby Scienziati, adottati anche da Zuckerberg per le sue figlie. Ecco i segreti di un padre divulgatore per crescere bambini amanti delle STEM (ndr.: La sigla STEM identifica quattro campi di apprendimento: scienze, tecnologia, ingegneria e matematica).

Donato Carrisi “La casa delle voci” di Lara Crinò da La Repubblica Cultura 19 gennaio

Appennini da incubo il thriller è senza sangue
Una bambina in un casolare di campagna, sola con i suoi genitori. Intorno, un Appenino quasi disabitato dove è facile perdere la cognizione del tempo e vivere come si viveva cent’anni fa. Ma non c’è niente di idilliaco né di pastorale nella scena — molto cinematografica — con cui Donato Carrisi dà inizio al suo ultimo romanzo, La casa delle voci, ai primi posti delle classifiche di vendita fin dall’uscita in libreria, avvenuta nella stagione d’oro editoriale che precede le vacanze natalizie. Perché già nelle prime pagine intuiamo che questa bimba, che i genitori hanno educato a diffidare di ogni estraneo, a inventare periodicamente un nuovo nome che nasconda quello vero fino a cancellarlo, a vivere in un’inquietante autarchia contadina, è destinata non alla felicità ma alla tragedia e forse a una sinistra preveggenza.
La ritroviamo infatti adulta, con l’identità (fittizia o reale?) di Hanna Hall, nello studio fiorentino dello psicologo infantile Pietro Gerber, specializzato nell’uso dell’ipnosi sui più piccoli, dopo che una collega l’ha convinto ad accettare il caso di questa trentenne nevrotica, affascinante e turbata, tornata dall’altra parte del mondo per ritrovare se stessa bambina, l’origine dei suoi traumi e quindi il luogo in cui l’utopia campestre si è trasformata in incubo.(Da Lara Crinò La Repubblica Cultura)

Pina Bertoli “Infondate ragioni per credere all’amore” recensione di Salvina Pizzuoli

 

Non è stato semplice essere tua figlia: non lo è stato da piccola, né da grande; non perché tu non fossi un buon padre, non saprei neanche come definire “un buon padre”. Eri mio padre e basta; non ti ho scelto, mi sei capitato.

La citazione che mi piace riportare in apertura mette in luce un concetto difficile da accettare: i padri non si scelgono, ma anche quanto sia oneroso questo mestiere, di padri da una parte e di figli dall’altra, come si precisa qualche riga più avanti

Spesso mi sono accanita nel volere giudicare i comportamenti degli adulti con cui sono cresciuta: ora ho capito che giudicare serve a ben poco, meglio provare a capire.

Una trama circolare caratterizza il romanzo che si conclude rileggendo le primissime pagine, dove il cerchio si può chiudere, quando diventano allora chiare al lettore anche le asserzioni citate e nelle quali si enuclea una delle possibili chiavi di lettura di questo racconto sfaccettato e composito, il cui tessuto narrativo, con personaggi ben calibrati, prende e cattura perché procede con maestria, anche quando sa far immaginare e in qualche modo temere l’eventuale prosièguo  delle vicende.

La storia è ambientata in anni ben precisati e inserita in un contesto geografico-storico che fa da sfondo e nel contempo ne è protagonista per la sua implicita connotazione socio-ambientale.

Ci muoviamo tra Lucca e il mare, quella Viareggio della metà degli anni ‘50 che la videro protagonista tra i principali centri di villeggiatura del secondo dopoguerra e poi del boom economico.

Il lettore scorre le vicende, a più voci narranti, dell’esistenza di Francesco, giovane studente fragile e indolente, a partire dal 1955 fino al 1998, che s’intrecciano con quelle della sua famiglia e di altre di agiati borghesi e con quella di Maria, figlia del contado, abituata al duro lavoro dei campi e di fabbrica.

Una famiglia, quella di Francesco, che con le sue convinte e perseguite convenzioni e convinzioni del proprio peso e ruolo sociale, saprà minare il tessuto famigliare e le scelte dei suoi componenti, vittime tutti, convinti e ribelli.

È in questo contesto che s’inserisce l’amore del protagonista per due donne, importanti ciascuna a suo modo, alle quali Francesco sa aggrapparsi in tempi diversi, giustificando spesso a se stesso con alibi e accuse le scelte che ha o non ha saputo operare nella propria esistenza. Un romanzo che lascia al lettore più interpretazioni e possibili risposte, a cominciare dal protagonista: un inetto e un superficiale o una vittima di circostanze imprevedibili e ingestibili? Un incapace o un ribelle? Un egoista o un innamorato che non sa rinunciare ancora una volta all’amore?

Scrittori toscani? Sì, ancora… Paolieri con “Il Dodolo”

Gentili lettori, continuiamo la nostra rassegna letteraria sugli autori toscani di ieri e di oggi o che scrivono o hanno ambientato le loro opere in Toscana, con un’altra novella di Ferdinando Paolieri, fiorentino tratta da Novelle toscane pubblicato a Torino nel 1913. Pittore e poeta fu a lungo giornalista de La Nazione.

Dopo “Il rimedio pei topi” “Il Dodolo” :

se la prima ritrae la figura del barrocciaio, la seconda quella del cenciaiolo, un altro personaggio caratteristico della campagna toscana tra Ottocento e Novecento.

Domani sabato 25 gennaio

arricchiremo le nostre letture con il racconto di un autore contemporaneo: Alessandro Pagani.

Non mancate e buona lettura a tutti !

Valeria Rossi “I segreti per avere un cucciolo educato” recensione di Flavia Piccini da Il Tirreno 20 gennaio

Diventare grandi amici del proprio cucciolo
di Flavia Piccinni
Esiste un adorabile libro di Charles M. Schultz che si intitola “La felicità è un cucciolo caldo”. In copertina c’è Lucy che abbraccia Snoopy. Ed è a questo meraviglioso libretto – ancora disponibile nell’edizione del 2002 di Dalai Editore – che penso iniziando l’utilissimo libro di Valeria Rossi “I segreti per avere un cucciolo educato” (Paco Editore, pp. 160). Rossi – savonese classe 1953, prematuramente scomparsa nel 2016 – è considerata nella cinofilia italiana come una delle più appassionate e competenti istruttrici; ha alle spalle 25 anni di allevamento e di addestramento, ha firmato oltre cento libri cinofili, curato la serie televisiva “I fedeli amici dell’uomo” e condotto il programma TV “Ti presento il cane”, che ha preso il nome proprio da quella che era la sua rivista cartacea e che oggi è una rivista online. I suoi scritti continuano a essere un punto di riferimento per molti neofiti e appassionati di cinofilia ed è in questo testo dedicato ai cuccioli emerge tutto l’amore per la creazione di un rapporto di amicizia con l’amico a quattro zampe, che deve essere alimentato da passione, voglia di stare insieme, comprensione e gentilezza. “Siccome il cucciolo non parla la nostra lingua (almeno per ora, poi in parte la imparerà) dobbiamo parlare la sua”. E Rossi insegna – passando da capitoli pratici, e dando consigli utili che trascendono spesso il rapporto con l’animale – come educare e stare insieme al proprio amico a quattro zampe, uscendo dal rapporto antropocentrico che spesso ha guidato il legame uomo/cane. Il ricavato dell’acquisto è devoluto al Fondo Amici di Paco, associazione nazionale senza fini di lucro nata per promuovere e sostenere attività a tutela degli animali e prevenire il randagismo. Motivazione in più per leggere. —

Franco Cardini “Lawrence d’Arabia” recensione da Il Venerdì La Repubblica 3 gennaio

[…]nato come una serie di trasmissioni radiofoniche, lo storico compie proprio un viaggio nell’enigma, in quella “sorta di sfinge” che fu il colonnello inglese, nato nel 1888 e morto nel 1935 in un incidente di moto, sua grande passione. Chi era in realtà, Lawrence? Erudito, mitomane, eroe, spia, doppiogiochista, “paradossale cultore dell’eccesso attraverso la rinunzia?” Le risposte in questo notevolissimo ritratto,(da AI.Ri. Il Venerdì La Repubblica)

 

 

vedi anche l’intervista di Paolo Mieli a Franco Cardini  su Lawrence d’Arabia   

e anche

vedi anche l’intervista a Franco Cardini su Lawrence d’Arabia

           

               

 

Albert Camus “Il primo uomo” recensione di Salvina Pizzuoli

Quella notte che era in lui, sì, quelle radici oscure e confuse che lo collegavano a questa terra splendida e terrificante, ai suoi giorni infuocati come alle sere improvvise che ti stringono il cuore…

Un romanzo postumo, ricostruito dalla figlia Catherine in base al manoscritto ritrovato tra le lamiere di quell’auto dove nella notte del gennaio del 1960 Camus aveva trovato la morte. Un romanzo incompiuto, un romanzo dedicato all’Algeria, alla bellezza e agli affetti.

Si apre, come per un antefatto, con il tragitto su una carretta di due viaggiatori, due coloni francesi, i coniugi Cormery, nella notte africana, una notte frenetica nel raggiungere un rifugio per la partoriente, per il marito alla ricerca di un medico, per le due donne, un’europea e un’africana, che l’assisteranno, fino alla nascita di Jacques, che il lettore ritroverà quarant’anni dopo, partito alla ricerca di notizie del padre che non ha mai conosciuto, perché caduto un anno dopo la sua nascita come combattente durante la prima guerra mondiale, nella battaglia della Marna, e sepolto nel cimitero di Saint Breiuc, dove il figlio scoprirà, con incredula notazione costernata, “che l’uomo che giaceva sepolto sotto quella pietra, e che era stato suo padre, era più giovane di lui” perché morto a soli ventinove anni.

E nel ritorno ad Algeri, verso la sua Africa, il lettore ripercorre con Jacques Cormery, il protagonista, un cammino a ritroso nel tempo della memoria, dove anche la miseria, che ne ha caratterizzato l’infanzia e la giovinezza, viene alleggerita nella dolcezza del ricordo di luoghi e persone e ambienti algerini, luoghi e persone di un’infanzia “misera ma felice”. E il lettore accompagna il protagonista nella sua rassegna, tra scorci vividissimi della memoria, che immortalano in pagine liriche i giochi da bambino, la famiglia, la madre, la nonna e lo zio Etienne, il maestro, signor Bernard, educatore e un quasi padre, figura imponente e tratteggiata con mano felice, che lo indirizza, studente promettente, al Liceo.

Pagine leggere sulle quali aleggia il sorriso lieve di chi è sopraffatto dall’emozione lungo il percorso della memoria che sola sa immortalare e restituire, nell’ineffabile levità di un tempo di cui restano solo le impressioni felici, il passato.

Un grande romanzo, che il fatto di essere incompleto e di essere stato ricostruito su appunti, scritti spesso con grafia difficile e oscura, nulla toglie alle sue pagine, ma la cui stesura ha permesso ai lettori di vivere dentro la bellezza sopraffina, delicata e dolcissima, di accurate descrizioni, quasi un’inquadratura cinematografica, del cammino di crescita e di formazione di un primo uomo.

E anche Jacques, che aveva voluto sfuggire al paese senza nome, alla folla e a una famiglia senza nome, mentre qualcosa nel suo animo non aveva mai smesso di invocare quel silenzio e quell’anonimato […] camminando nella notte degli anni sulla terra dell’oblio, dove ognuno era il primo uomo, e dove egli stesso aveva dovuto allevarsi da solo, senza un padre […] crescere da solo, in forza e in potenza, trovare da solo la sua morale e la sua verità, sino a nascere come uomo per poi nascere di nuovo

Dello stesso autore “Lo straniero”

Autori toscani? Sì, grazie…

Gentili lettori, iniziamo la nostra rassegna letteraria sugli autori toscani di ieri e di oggi o che scrivono o hanno ambientato le loro opere in Toscana, con una novella di Ferdinando Paolieri, fiorentino tratta da Novelle toscane pubblicato a Torino nel 1913. Pittore e poeta fu a lungo giornalista de La Nazione.

All’attenzione dei nostri lettori “Il rimedio pei topi” novella che ritrae una  figura caratteristica della campagna toscana: il barrocciaio.

Il testo in alcuni punti è stato arricchito di note a chiarimento di vocaboli toscani oggi in disuso.

Arguto il finale e le considerazioni che concludono la novella.

Buona lettura!