Narrativa del Novecento, tuttatoscanalibri consiglia:

Questo slideshow richiede JavaScript.

Jack London “Martin Eden”

 D.H. Lawrence “L’amante di lady Chatterley”

Javier Marìas “Vite scritte”

Elsa Morante “L’isola di Arturo

Elsa Morante “La Storia”

Alberto Moravia “Gli indifferenti”

Alberto Moravia “La noia”

Anna Maria Ortese “L’Iguana”

Boris Pasternak “Il dottor Zivago”

Giogio Scerbanenco “Il terzo amore”

Isaak B. Singer “Nemici. Una storia d’amore”

Charles Simmons “Acqua di mare”

William Somerset Maugham, Il filo del rasoio, 

Magda Szabó “La porta”

John Steinbeck una carrellata suoi suoi romanzi

Mercè Rodoreda “La piazza del Diamante”

Mercè Rodoreda “Lo specchio infranto”

Fran Ross “Oreo”

Fred Uhlman “L’amico ritrovato”

Lev Tolstoj “Anna Karenina”

Gianrico Carofiglio “Non esiste saggezza” recensione da CasaLettori di Maria Anna Patti

 

Continua a leggere la recensione da CasaLettori di Maria Anna Patti

 

 

 

 

 

 

 

Presentazione da Giulio Einaudi Editore

Non esiste saggezza è un affresco commovente fatto di domande profonde e illuminazioni repentine. Un libro in cui, con un sottile ma nitido filo di Arianna, Gianrico Carofiglio insegue il senso impalpabile dell’avventura umana. Con due racconti in più

Donne che appaiono all’improvviso e all’improvviso scompaiono. Uomini alla ricerca di qualcosa che ignorano e che li spinge oltre i confini del prevedibile. Situazioni consuete che d’un tratto virano nei territori dell’inquietudine. Interviste impossibili. Storie d’amore che nascono nei luoghi piú inattesi, in bilico fra sogno e realtà.

«Un sorriso lieve le si dipinse sulle labbra a quel ricordo. Sembrava parlasse di una storia d’amore, di un primo bacio, non dell’inseguimento di uno scippatore».

 

“La versione di Fenoglio” e altri scritti su Consigli-it, a cura di Maurizio Amore

“La misura del tempo” recensione di Salvina Pizzuoli

“Testimone inconsapevole” recensione di Salvina Pizzuoli

Diego De Silva “I valori che contano (Avrei preferito non scoprirli) presentazione

 

Diego De Silva con I valori che contano (avrei preferito non scoprirli ) torna a raccontarci dell’avvocato Vincenzo Malinconico alle prese con nuove vicende che caratterizzano la sua esistenza di precario della vita, separato due figli una nuova compagna, precarietà e avversità che affronta restando come ai margini delle situazioni in cui incappa, riuscendo a guardare da lontano alle varie avventure/disavventure del vivere quotidiano, a smorzarne i toni e a trovare una nota ironica in ciascuna. Il nuovo romanzo si apre con una scena che rasenta il comico se non fosse la reazione ad una situazione disgraziata: una giovane donna si presenta alla sua porta in totale déshabillé e gli chiede asilo per sfuggire ad una retata dei carabinieri nell’appartamento licenzioso dello stesso stabile in cui vive Malinconico. Ma saranno gli avvenimenti successivi a dare senso al titolo: la scoperta di una grave patologia che lo riguarda. È così che insieme a Vincenzo il lettore viene coinvolto in quell’atteggiamento umanissimo che si scatena nel momento in cui le incognite e le ansie della malattia portano a riflettere sui valori che contano. Chi ha già seguito le vicissitudini di Malinconico da Non avevo capito niente, ritroverà certamente in questo nuovo caso gli ingredienti dei precedenti cui l’autore ha scelto di soffermarsi anche su momenti di sofferenza e di commozione del protagonista.

Da Giulio Einaudi Editore:

[…] il romanzo in cui Malinconico – avvocato di gemito, più che di grido – oltre a patrocinare la fuggiasca in mutande (che poi scopriremo essere figlia del sindaco, con una serie di complicazioni piuttosto vertiginose), dovrà affrontare la malattia che lo travolgerà all’improvviso, obbligandolo a familiarizzare con medici e terapie e scatenandogli un’iperproduzione di filosofeggiamenti gratuiti – addirittura sensati, direbbe chi va a cena con lui – sul valore della pena di vivere. Un vortice di pensieri da cui uscirà, al solito, semi-guarito, semi-vincente e semi-felice, ricomponendo intorno a sé quell’assetto ordinariamente precario che fa di lui, con tutti i suoi difetti e le sue inettitudini, una persona che sa farsi voler bene, pur essendo (o forse proprio perché è) un uomo cosí cosí.

Omaggio a Carlos Ruiz Zafón

La Quadrilogia dal titolo “Il cimitero dei libri dimenticati” si compone di: “L’ombra del vento”, ” Il gioco dell’angelo” (2008), “Il prigioniero del cielo” (2012), ” Il labirinto degli spiriti” (2016).

La vita è breve, soprattutto nella parte migliore, recita una frase inclusa nelle pagine de L’ombra del vento, il libro-fenomeno che fece dello scrittore catalano Carlos Ruiz Zafón, morto a Los Angeles dopo una lunga battaglia contro il cancro, uno dei romanzieri di massimo successo nell’intero mondo. È stato addirittura il narratore spagnolo più letto internazionalmente dopo il classico Cervantes”. Così scrive Leonetta Bentivoglio nel suo ripercorrere gli eventi e gli scritti più conosciuti dell’autore spagnolo. Soffermandosi poi sul testo di maggior successo, ne traccia una breve sinossi e ne enuclea le caratteristiche: “La cornice integrante de L’ombra del vento è una Barcellona suggestiva e doppia: per un verso riflette gli ultimi lampi dell’onirico cosmo modernista; per un altro è segnata dai bagliori minacciosi della guerra e dalle oppressioni del franchismo. Protagonista è Daniel, condotto da suo padre, proprietario di una libreria specializzata in edizioni per collezionisti e testi usati, ad addentrarsi nei misteri del Cimitero dei Libri Dimenticati. In questa necropoli, affondata nel cuore della città vecchia, enormi masse di volumi vengono sepolte dall’oblio. Quello scelto da Daniel, intitolato L’ombra del vento e firmato dal misterioso Julián Carax, diventa il motore stregato del suo viaggio esistenziale, guidandolo in un labirinto di intrighi celati nell’anima più antica e oscura di Barcellona”. (Da Leonetta Bentivoglio La Repubblica cultura 20 giugno 2020)

 
 

 “L’ombra del vento” è stato il primo vero bestseller planetario spagnolo del dopoguerra arrivando, tradotto in 36 paesi, a vendere 8 milioni di copie, un milione solo in Italia dove l’autore, Carlos Ruiz Zafon, morto oggi a Los Angeles a 55 anni dopo una lunga malattia, ha dei veri e propri fan. Era nato il 25 settembre 1964 a Barcellona, amata città che sarà al centro della maggioranza dei suoi libri, con Avinguda del Tibidabo, Els Quatre Gats in Calle Montsiò e Montjuic che sono i luoghi principali in cui si svolgono le vicende di Daniel Sempere, protagonista dei suoi romanzi più famosi, a cominciare dalla quadrilogia del “Cimitero dei libri dimenticati”. Lui stesso ne spiegava così l’origine: «Con il mondo sempre più popolato da media che vanno oltre il libro, pur avendo in esso la propria origine, ho voluto che la carta stampata si riappropriasse di ogni stimolo sensoriale, cercando di creare un’esperienza a 360 gradi. Tutto ha avuto inizio con un’immagine, quasi una fotografia mentale: una biblioteca per i libri che rischiano di andare perduti, libri salvati da chi crede nel loro valore. […].La quadrilogia, storia tra il poliziesco e il noir con echi metafisici e misterici si apre nel 2002 proprio con “L’ombra del vento” con sullo sfondo la città anni Quaranta, piegata dalla seconda guerra mondiale e oppressa dalla dittatura franchista, per proseguire nel 2008 con “Il gioco dell’angelo”, prequel ambientato negli anni Venti, in una Barcellona reduce dalla guerra ispano-americana.  […](Il Tirreno 20 giugno 2020 )

 
 
 
 
su mangialibri:
 
 
 
su tuttatoscanalibri:

La città di vapore recensione di Salvina Pizzuoli

“L’ombra del vento” un riuscito mix di generi narrativi

Mariasole Bianco “Pianeta Oceano” presentazione

La nostra vita dipende dal mare, il futuro del mare dipende da noi: così si legge sulla copertina di questo interessante saggio.

Gli oceani e i mari sono mondi di mirabile bellezza minacciati, è venuto il momento di proteggerli: questo l’inno e l’invito della studiosa Mariasole Bianco nel suo libro dedicato alle acque marine, a questo meraviglioso elemento che assorbe anidride carbonica, produce ossigeno ed è fonte di nutrimento essenziale per la popolazione mondiale. Ma ora è in grave pericolo: sta scaldandosi e diventando sempre più acido e povero d’ossigeno per non parlare delle plastiche che lo invadono.

Nel 2013 Mariasole Bianco ha fondato Worldrise con l’ obiettivo di sviluppare e attuare progetti volti alla conservazione dell’ambiente, sulla sensibilizzazione di tutti e il coinvolgimento di giovani professionisti. In questo saggio “Pianeta Oceano” racconta un ambiente non del tutto esplorato e conosciuto e che deve essere salvaguardato anche per la futura salvezza del nostro Pianeta.

Per saperne di più  su www.worldrise.org

La presentazione da Rizzoli libri

La nostra vita dipende dal mare, il futuro del mare dipende da noi

Il mare: culla della vita, meraviglia della natura capace di dividere come di unire. Da sempre i poeti ne cantano lo splendore e la forza, e popoli interi l’hanno solcato nel corso dei millenni. […] Abbiamo chiamato Terra il nostro pianeta, eppure il 71 per cento della sua superficie è ricoperto da distese d’acqua, che nelle loro profondità ospitano l’80 per cento delle specie viventi; esse regolano il clima, producono il 50 per cento dell’ossigeno che respiriamo e assorbono un terzo dell’anidride carbonica prodotta dall’uomo. Ma quanto sappiamo di questo incredibile habitat? Poco, molto poco. Le ricerche hanno portato alla luce appena il cinque per cento dei tesori che nasconde, e le mappe dei fondali oceanici sono meno precise di quelle della Luna o di Marte. […]Ciononostante, ci siamo convinti che l’oceano fosse infinito, quantomeno per risorse e capacità di ripresa. Purtroppo non è così, e questo prezioso ambiente sta cambiando a una velocità mai vista: anno dopo anno si fa sempre più caldo, acido e povero di ossigeno. L’influsso dell’uomo sta minacciando il più grande bacino di biodiversità del pianeta, mettendo in pericolo ogni singola forma di vita. Non ultima, la nostra. [,,,]

La narrativa del Novecento, tuttatoscanalibri per cominciare consiglia:

Questo slideshow richiede JavaScript.

Niccolò Ammaniti “Branchie”

Jorge Luis Borges “L’Aleph”

Jorge Luis Borges “Finzioni”

Madeleine Bourdouxhe “La donna di Gilles”

Michail Bulgakov “Il Maestro e Margherita”

Omaggio a Italo Calvino

Paola Capriolo “La grande Eulalia”

Raymond Carver “Principianti”

Andrea De Carlo “Due di due”

Marian Engel “Orso”

Francis Scott Fitzgerald “Il grande Gatsby”

Carlo Emilo Gadda “Quer pasticciaccio brutto de via Merulana” 

Carlo Emilo Gadda “Quer pasticciaccio brutto de via Merulana”

Lee Harper “Il buio oltre la siepe”

Ernest Hemingway “Il vecchio e il mare”

Primo Levi “Storie naturali”

Primo Levi “Se questo è un uomo”

Primo Levi “Se questo è un uomo. Il libro primogenito”

 

Marta Barone “Città sommersa” presentazione e due recensioni

Difficile ricercare e ricostruire la storia di un familiare, di un padre prima che diventasse tale. È quanto diventa materia di un romanzo, quello della Barone che in “Città sommersa” ripercorre quindici anni della vita di L.B., monogramma di Leonardo Barone, il giovane uomo che vive la propria esistenza operando delle scelte di vita strettamente legate alla storia del suo periodo e del suo mondo di allora, sfondo sotteso alle vite di tutti e mai neutrale. Protagonista nel periodo di quegli anni funesti detti “anni di piombo” e della lotta armata, L.B. era stato accusato del coinvolgimento in agitazioni operate dai brigatisti di Prima Linea. È questo il “fatto” che scatena la ricerca della figlia. Così la storia con i suoi avvenimenti diventa ricerca insieme a quella dell’uomo, alla riscoperta non solo dei fatti di quel periodo di cui è protagonista, ma anche di chi non riconosce tra le voci di quanti ricercati e ascoltati, voci che dissentono dai suoi personali ricordi. Ma si possono davvero ricostruire i percorsi, interpretare le scelte, capire i sentimenti e i comportamenti di chi conosciamo attraverso emozioni e rapporti personali vissuti in quella che è la relazione affettiva? Difficile compito che abbisogna della scrittura per completare e sistematizzare un materiale di ricerca che non può trascendere i bisogni del cuore.

S.P.

Dalla Presentazione dal catalogo  Bompiani

La recensione da Il mestiere di leggere.Il blog di Pina Bertoli

e anche da  Spazio libero di lettura

 

Nadia Terranova “Come una storia d’amore” presentazione in breve

Dieci racconti, dieci donne, una città, Roma. Dieci storie di persone che vivono nella periferia di una città di adozione, dieci storie di felicità smarrita o cercata, di solitudini, disagi e inquietudini, ritratti fermati nel tempo di donne dentro una trasformazione come La sconosciuta in cui una donna insoddisfatta ne studia un’altra o Le due sorelle che visitando Porta Maggiore sfuggono ai litigi dei genitori o La tintoria sbagliata dove una donna ne osserva altre due, diverse, una sorridente e straniera e l’altra meno gradita e popolare o il racconto dall’emblematico titolo Felicità sconosciuta in cui si racconta l’ossessione della protagonista che spia su una pagina social una donna di cui non sa nulla, tormentata dalla felicità degli altri. Flash, momenti che focalizzano ambienti e persone in travaglio, che indagano gli altri per interrogarne le vite, in una città che non è solo uno sfondo alle proprie, ma parte integrante del proprio mondo. Racconti brevi, incisivi, vividi con un prima e dopo ravvicinati in pochissime pagine, come solo in un racconto si può fare.

S.P.

Dalla Quarta di copertina

L’unica è raccontarsela come una storia d’amore, Roma, e per farlo si deve partire dalle assenze, dalla mancanza, dai fantasmi. La scommessa dell’identità strepita coi corvi del Pigneto, nella gramigna di una pensilina a Porta Maggiore la mattina di Natale sognando l’altrove.

Roma, come ogni storia d’amore, necessita di un linguaggio privato che la renda segreta, tua. I personaggi di Terranova sono spezzati, sulla soglia di un cambiamento, congelati in un ricordo. Aspettano di essere liberi, immaginano vite negli occhi degli altri, interrogano l’esistenza in una lingua che non conoscono e scoprono, a volte, che la felicità è un difetto della vista e che, a volte, è necessario perdersi.

 

Yokomizo Seishi “La locanda del Gatto nero” presentazione

Yokomizo Seishi (1902 – 1981), uno dei massimi esponenti del noir nipponico, ritorna in libreria per Sellerio con “La locanda del gatto nero” un romanzo ambientato a Tokio negli anni del dopoguerra. Ritroviamo l’ispettore Kindaichi Kōsuke, personaggio trasandato balbuziente ma dall’intuito infallibile, il cui esordio avviene ne “Il detective Kindaichi”, opera uscita a puntate nel 1946 e pubblicata in Italia sempre da Sellerio nel 2019. Se in quest’ultimo abbiamo un delitto a “porte chiuse” ne “La locanda del gatto nero” si tratta di un delitto “senza volto” accompagnato dal tema della doppia personalità, tematiche che risentono degli influssi letterari occidentali derivati all’autore dalle letture di Edgar Allan Poe, Oscar Wilde, Robert Louis Stevenson e da Arthur Conan Doyle.

Sinossi dal catalogo Sellerio

In un distretto di Tokyo, diventato nel dopoguerra «un pullulare di commerci clandestini», un bonzo del vicino tempio buddista è sorpreso a scavare spasmodicamente nel giardino della Locanda del Gatto nero. Dalla terra affiora un cadavere di donna. È una giovane evidentemente legata agli affari più o meno equivoci del locale ma ha il volto devastato e nessuno può riconoscerla. […]
Spiega l’autore, nella cornice del romanzo – in cui immagina che proprio il detective gli abbia consegnato i documenti per la storia da scrivere – che La locanda del Gatto nero è un thriller del genere del «delitto senza volto». Infatti Yokomizo Seishi è stato il popolarissimo traghettatore nella cultura giapponese della detective story di scuola occidentale; e capace di saldare questa solida tradizione con le paure ataviche e il gusto horror tipici della sua terra. Kindaichi, poliziotto privato giapponese dalla eccentrica personalità e un talento per i misteri irrisolvibili, è esemplare in patria quanto Maigret in Europa.

Joseph Mitchell “La tomba di Mr Hunter” (Microgrammi Adelphi) recensione di Salvina Pizzuoli

Dal Risvolto:

La tomba di Mr Hunter è stato giudicato quasi all’unanimità il pezzo migliore mai uscito sul «New Yorker» – che in effetti alla scrittura di Mitchell deve una parte consistente del suo profilo stilistico.

Conosce la comunità nera che vive intorno a Bloomingdale?»[…] «Si chiama Sandy Ground, ed è quanto rimane dei vecchi allevamenti di ostriche di Staten Island. È stata fondata prima della guerra di Secessione, da un gruppo di schiavi appena liberati giunti fin qui dalla Eastern Shore del Maryland. È qui che vive George H. Hunter, il protagonista, presidente del comitato che si occupa della chiesa metodista africana. […] ottantasette anni, uno di quei vecchi forti, dritti, che non si vedono più. Ha lavorato duro, è andato in pensione da pochissimi anni, e ha messo da parte abbastanza.

Così Joseph Mitchell (1908 – 1996), scrittore e giornalista del New Yorker dal 1938 divenuto famoso per i suoi “ritratti” di personaggi eccentrici o che vivevano ai margini della società nei dintorni di New York City, costruisce il profilo di Hunter nel cui racconto rivive anche la storia dei periodi che si sono via via sovrapposti trasformando la comunità “un tempo fiorente, una specie di giardino” e in ultimo abbandonata, che viveva pescando ostriche: “dal 1800 tutt’intorno a Staten Island c’erano enormi letti di ostriche. Naturali, non allevate”.

Siamo a poca distanza da New York eppure pareva già allora di essere nel nulla, ma se risali un po’ Arthur Kill Road, poco prima di incrociare Arden Avenue, dietro una certa curva a volte spuntano le cime dei grattacieli di New York. Solo le cime, e solo di quelli più alti. Deve essere una giornata molto, molto tersa, e anche in quel caso un attimo li vedi e l’attimo dopo non li vedi più.

Sì, perché spesso si dimentica che New York è un grandioso porto aperto sull’Oceano: fiumi, baie, isole come Staten Island, non molto distante.

L’incontro tra il narratore, amante della flora selvatica, e il vecchio Hunter non è casuale ma programmato: visitare il vecchio cimitero, dove tra antiche tombe sepolte dalle erbe, Hunter ha già pronta la propria.

Un profilo delicato, una figura tratteggiata con tinte tenui proprio perché nel suo racconto si percorrono ricordi, sfumati dalla distanza e dal distacco, affetti, dolori, incontri, lavoro duro e una filosofia della vita che colpisce nella sua serena semplicità.

Non si buttava nulla a quei tempi. Rattoppavano, rammendavano, aggiustavano, tenevano puliti i giardini, bruciavano la spazzatura. E insegnavano ai ragazzi come ci si comporta. E sa una cosa? Giravano a testa alta: sapevano di valere esattamente quanto gli altri, in molti casi anche di più. E andavano d’accordo fra loro: conoscevano pregi e difetti di chi avevano di fronte, e si regolavano di conseguenza.

S.P.

Altri Microgrammi su tuttatoscanalibri:

Shirley Jackson “Pomeriggio d’estate”

Giovanni Mariotti “Piccoli addii”

Georges Simenon “Un delitto in Gabon”

Robert Louis Stevenson “Will del Mulino”