Cesarina Vighy “L’ultima estate” recensione di Maria Anna Patti da Robinson La Repubblica

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dalla Prefazione di Pier Vincenzo Mengaldo

Nel 2009, all’età di 72 anni e già malatissima, Cesarina Vighy esordì con L’ultima estate, un romanzo dai forti spunti autobiografici che divenne presto un vero caso letterario vincendo il Premio Campiello Opera Prima e qualificandosi nella cinquina del Premio Strega. Tradotto all’estero e sorretto da un grande successo di pubblico, è diventato nel tempo un modello di resistenza al dolore per il suo strenuo stoicismo e la sua affilata ironia.

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Chiara Rapaccini “Rossa” recensione di Lina Senserini da Il Tirreno del 19 Agosto

C’è una dedica nel libro “Rossa”, l’ultima fatica di Chiara Rapaccini, in arte Rap, illustratrice, designer, artista e scrittrice, che non ha certo bisogno di presentazioni. Ed è a Mario Monicelli, il suo compagno per oltre trent’anni, che è rivolta. Poche parole, la domanda di un giornalista e la risposta del celebre regista: «E lei, Monicelli, cosa fa per i giovani?» «Invecchio». Il messaggio del libro è tutto in queste due frasi, non un semplicistico e banale “largo ai giovani”, ma un ben più profondo e complesso, “liberiamo il mondo dalla gerontocrazia e lasciamo spazio ai ragazzi, perché loro hanno in mano il futuro”.

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Stefania Auci “I leoni di Sicilia” recensione di Salvina Pizzuoli

Ho una particolare passione per i romanzi storici e questo racconta una storia ambientata in Sicilia: un ritorno a casa!…

E l’incontro c’è stato subito, con la lingua e con i proverbi, quella lingua che spesso nella trasposizione grafica non rispetta i suoni nella mia memoria e non nego di aver varie volte riletto i pezzi in dialetto, facendo fatica a riconoscerli. Ma ci stanno bene, come i proverbi in apertura: perché un popolo è la propria lingua,  lì si specchia e si riconosce.

Si legge bene I leoni di Sicilia, scorre veloce, il lettore resta attanagliato dentro le vicende non sempre felici della famiglia Florio: e i personaggi rivivono tra le pagine scritte, densi, come in un vivido ricordo ed è l’uso del presente che,  contrassegnando le vicende dei personaggi in scena, dà al raccontato immediatezza e forza.

E si sente l’afflato che lega l’autrice ai personaggi che ha immaginato dentro momenti felici e cruciali, di amarezza e di sconforto, ma sempre con la spinta a non arrendersi e a guardare lontano: non si arrendono i maschi Florio, in una società dove i sacrifici e il lavoro e l’abnegazione non sono mai direttamente proporzionali a colmare le differenze sociali legate alla nascita e al blasone, ma anzi soccomberanno alle leggi del “sangue” che farà restare i Florio, nonostante le loro ricchezze, confinati dentro i limiti delle loro origini, u’ facchino. U’ nipute du bagnaroto; anche le loro donne sono speciali perché sanno lottare la loro sorda battaglia volta, nel contesto sociale di riferimento, a dimostrare di esistere.

S.P.

Chiara Bottini “La prossima parola che dirai” recensione di Maria Anna Patti da Robinson La Repubblica

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Dalla presentazione su Centauria:

Livia ha perso la testa per Mattia, un collega più giovane. Giulia Maria è ossessionata da Riccardo, conosciuto online. Entrambe sono sposate. Entrambe sono abituate a esprimere su Twitter i loro pensieri profondi, leggeri, ironici o provocatori. Si leggono, si intuiscono, si scoprono. Poi iniziano a scriversi…

Stuart Turton “Le sette morti di Evelyn Hardcastle” intervista di Laura Crinò da La Repubblica Cultura

dall’intervista di Lara Crinò

«Sono cresciuto a Widnes, nel nord dell’Inghilterra. Un luogo senza ambizioni: finivi la scuola a 16 anni, poi entravi in fabbrica e passavi la domenica al pub. Mio padre faceva il turno di notte, mia madre di giorno: si incrociavano per un’ora. Poi c’ero io, bambino. Una vicina per dieci penny mi comprava al mercatino dell’usato i libri di Agatha Christie: grandi dimore, feste, gente sofisticata. Delitti.

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Nicola Nucci “Trovami un modo semplice per uscirne”

Il libro è stato  FINALISTA al PREMIO CALVINO 2018

“Una riscrittura trivializzata di Aspettando Godot […] Qui la mancanza senza nome prende il nome di rivoluzione, un vagheggiamento in realtà nutrito dei valori egemoni del sistema mediatico”

 

Sinossi

Cosa possono fare due ventenni annoiati in una settimana di ferie? La rivoluzione. Nick e il suo amico trascorrono le giornate sul divano di uno scantinato a parlare di musica, a bere e a fumare ma, nel momento indefinito in cui questo dialogo prende forma, qualcosa in loro cambia. Nick, il più audace tra i due, cerca di trascinare l’indolente amico, operaio di un’azienda conserviera, in un progetto che, a suo dire, li farà alzare finalmente dal divano e che cambierà il mondo: “Rivoluzione!” si chiamerà. Sarà una sorta di grande varietà, un bel “prodotto”: corpi che ondeggiano, belle ragazze, cuochi famosi. Ci siamo, la rivoluzione è pronta. Se non fosse per un temporale…

Chi è Nicola Nucci

Nato a Sinalunga in provincia di Siena nel 1987, ha collaborato con numerose testate giornalistiche occupandosi di sport e musica; ha lavorato come sceneggiatore in ambito teatrale e attualmente si sta dedicando ad alcuni progetti in campo cinematografico, settore nel quale si è già distinto arrivando in finale al concorso bandito nell’ambito di Uno Sguardo Raro – Festival Internazionale di Cinema sulle Malattie Rare (2018). Grande ammiratore di Irvine Welsh, Roddy Doyle e John Niven, ha ottenuto importanti riconoscimenti: la segnalazione al Premio InediTO (2013) al Salone Internazionale del Libro di Torino, due volte in finale al Premio Mario Luzi (2014 e 2015), il premio della giuria al concorso La Città di Murex (2013), il secondo posto al concorso Under 29 di Modena (2013)

Nicola Nucci

Costanza Diquattro “La mia casa di Montalbano”recensione di Flavia Piccinni da Il Tirreno 12 agosto

Nella casa di Montalbano con la bimba che ci è cresciuta

di Flavia Piccinni

Crescere in una casa storica, o quasi. Crescere nella casa che milioni di telespettatori hanno amato, e scoperto attraverso gli occhi del Commissario Montalbano. Ma di quella casa provare a raccontare non solo i mobili e le storie che l’hanno popolata, bensì la vita e uno spaccato della Sicilia e dell’Italia. Fotografare il tempo da Punta Secca, in Sicilia (il luogo dove sono girate tante scene dei film con il personaggio creato da Andrea Camilleri) con uno sguardo che da singolare diventa nazionale. È questo quello che prova a fare – non sempre riuscendovi – Costanza Diquattro con “La mia casa di Montalbano” (Baldini+Castoldi, pp. 120), curiosa ed estiva lettura per viaggiare nell’isola secondo i parenti dell’autrice – incredibile la figura del nonno, amatissimo dai bambini e dotato di un’eleganza borghese perduta – e scoprire inediti racconti. Il volumetto si trasforma anche in un viaggio introspettivo che si conclude quando la casa delle estati e dei nonni diventa la casa di tutti, e tutti gli italiani in quelle mura sul mare guardano ogni volta che in tv passa un film del Commissario Montalbano. L’autrice che nella sua adolescenza decise di non andare più nella villa, si riconcilia con la celebre terrazza solo quando capisce che il successo della location non è dovuto all’intrinseca bellezza della struttura, ma a qualcosa di diverso. Qualcosa di più. La casa infatti non è solo fredde mura, ma un posto che ha ereditato nel tempo le storie, custodendo, adesso in un soprammobile adesso in un cuscino, qualcosa. Il libro, con la leggibile prosa del romanzo e la tensione dell’autobiografia, è un piacevole ed ulteriore modo per ricordare con originalità Andrea Camilleri: Diquattro infatti va a Roma a conoscere l’autore, e ne parla approfonditamente, svelando i dettagli di un incontro toccante e commosso. —

Dello stesso autore:

 “Donnafugata”

Alessandro Cosi “L’oro di Tolosa” Edida, recensione di Salvina Pizzuoli

Dalla Quarta di Copertina:

La storia dell’oro di Tolosa è un avvincente mistero dell’antichità, che ha solide basi storiche, ma il suo destino è avvolto in una ridda di ipotesi, tanto che a Roma se ne parlò, spesso a sproposito, per anni. Si trattava di un favoloso tesoro in lingotti d’oro e d’argento, capace da solo di provvedere al bilancio di uno stato delle dimensioni di Roma stessa. La favolosa ricchezza sparì nel nulla, all’improvviso. Il tesoro fantastico portava con sé una terribile maledizione, poiché era frutto di un sacrilego furto ai danni dei maggiori santuari dell’antica Grecia da parte delle popolazioni galliche, spintesi nell’Ellade in cerca di prede. Tradimenti, inganni, trame misteriose, oscure e intricate si snodano in un racconto che si muove dalla Gallia provenzale alla Spagna, da Roma alla provincia d’Asia, mentre sull’Europa meridionale si concretizza la minaccia di una devastante invasione da parte di popoli iperborei, Teutoni e Cimbri, capaci di travolgere tutta la civiltà celtica, ispanica e romana.

L’oro di Tolosa è un romanzo storico ambientato tra il 106 e il 101 a.C. Costruito su un mistero antico, gioca su due fronti: quello della storia, quella vera, sottesa a tutti gli episodi, e quello della  “soluzione” di quell’antico misfatto affidato ad una ricostruzione più romanzata. Ma su due fronti  può giocare al meglio solo chi la storia la conosce in modo capillare e sa aggiungere alla conoscenza una marcia in più, la capacità dell’immaginazione che sa costruire senza discostarsi troppo dai fatti. Un romanzo avvincente, pieno di riferimenti ad avvenimenti realmente accaduti, ma pieno anche di curiosità quotidiane che sanno avvicinare il lettore a questi personaggi di un altro tempo che si muovono su spazi e con tempi completamente diversi, ma certamente con un sentire che li rende molto vicini agli umani del terzo millennio: sono passati secoli ma i vizi e le virtù che regolano le scelte degli individui sono ancora lì, identici, sullo stesso scacchiere della realtà della vita.

S.P.

Dello stesso autore:

Alessandro Cosi  “La guerra civile tra Ottaviano e Antonio: La fine della Repubblica e l’alba dell’impero”

vedi anche il link al Sito Edida