Romana Petri “Rubare la notte”, presentazione

In copertina un dipinto di Rita Albertini

Romana Petri costruisce e decostruisce, sgretola le regole della biografia, evoca e racconta amori, amicizie e sgomenti come dettagli di un appetito d’avventura mai sazio, si muove fra le date e dentro la Storia alla sola ricerca del principe che ha sconfitto la notte ed è entrato volando nell’infinito. (da Mondadori Editore)

L’autrice racconta da varie prospettive, insieme alle donne, agli amori, ai luoghi e ai tempi della storia, la vita di Antoine de Saint-Exupéry  e la sua grande passione per il volo e per la scrittura cosa che faceva durante i suoi viaggi tra terra e cielo, disperso durante una  missione di guerra aerea sulla Francia il 31 luglio 1944. Il volo, una passione che troverà ampio spazio nei suoi scritti tra i quali, il primo romanzo Vol de nuit (1931), in cui l’azione si attua nel corso di una notte, ma anche Pilote de guerre (1942) testimonianza sulla sfortunata campagna di Francia del 1940, romanzi che non ebbero risonanza ma lo resero famoso fino al più letto in assoluto nel mondo Le Petit Prince,(New York 1943) scritto un anno prima di morire.

Ma chi era l’autore di quel romanzo immortale che tutti più o meno abbiamo letto o che comunque conosciamo per fama?

Questa la domanda a cui risponde il romanzo di Romana Petri che colma i vuoti delle ricerche biografiche del personaggio con l’immaginazione raccontandoci un uomo e la sua grande passione nonché l’amore per la madre Marie Boyer de Fonscolombe, vedova giovanissima del visconte Jean de Saint-Exupéry dal quale ebbe cinque figli e alla quale era particolarmente legato come si evince nella sua ossessiva e fitta corrispondenza con lei.

Il romanzo si apre proprio con una lettera alla madre da Cap Juby, in Marocco, del 27 febbraio 1928, dove dirige una stazione aeropostale, in pieno deserto; altre missive sono presenti più volte nel corso della narrazione:

“vi chiedo scusa per il ritardo, so di avervi abituata ad altri ritmi. Ma qui sono stato io a dovermi abituare. Forse non è il termine giusto, ma non me ne viene un altro. Potrei dire stupore – abituarmi, adattarmi allo stupore –, ma non rende l’idea. Non importa, voi mi conoscete come nessuno”.

firmata Tonio, nome con cui era familiarmente chiamato.

Romana Petri vive a Roma. Tra le sue opere, Ovunque io sia (2008), Ti spiego (2010), Le serenate del Ciclone (2015, premio Super Mondello e Mondello Giovani), Il mio cane del Klondike (2017), Pranzi di famiglia (2019, premio The Bridge), Figlio del lupo (2020, premio Comisso e premio Speciale Anna Maria Ortese-Rapallo), Cuore di furia (2020), La rappresentazione (2021) e Mostruosa maternità (2022). Traduttrice e critico, collabora con “Io Donna”, “La Stampa”, “il Venerdì di Repubblica” e il “Corriere della Sera”. I suoi romanzi sono tradotti in Inghilterra, Stati Uniti, Francia, Spagna, Serbia, Olanda, Germania e Portogallo (dove ha lungamente vissuto).

Gino Carlomagno “Misteriosa morte nella Tuscia”, NeP Edizioni

Un nuovo intrigante caso da risolvere per Giorgio Gregòri, l’ispettore nato dalla fervida penna di Gino Carlomagno. In arrivo il cofanetto in edizione limitata.

“L’ispettore lasciò trascorrere alcuni secondi prima di rispondere,con lo sguardo passò in rassegna il volto di ognuno dei presenti,abituato come era a intuire dalle espressioni dei volti durante gliinterrogatori quando in questi ci fosse menzogna”.

Un ritorno tanto atteso, quello dell’ispettore Gregòri, protagonista di una fortunata serie di romanzi gialli edita da NeP edizioni, particolarmente apprezzata da lettori e critica.
Il prossimo maggio la casa editrice pubblicherà un cofanetto che li raccoglie tutti, in edizione limitata.
In Misteriosa morte nella Tuscia, quello che a prima vista sembra essere un suicidio, altro non è che un maldestro tentativo di depistaggio.
L’ispettore Gregòri, che in altri episodi ha abituato i lettori al suo inconfondibile fiuto poliziesco, riesce a smascherare la messa in scena dietro cui si nasconde un delitto.
Il crimine finirà per catapultare l’ispettore e la sua squadra in un mondo del tutto nuovo, fatto di rimandi storici e reperti archeologici, portando ad esplorare località del viterbese dall’antico fascino etrusco.
Forte della sua ricca produzione letteraria e della sua familiarità con il romanzo poliziesco, la scrittura di Gino Carlomagno tratteggia con abilità personaggi e situazioni, oltre a rendere con arguzia sfumature e paesaggi.
Come sempre intuito, costanza e perspicacia finiranno per portare ai risultati tanto sperati.

Di origine lucana, Gino Carlomagno si trasferisce in giovane età a Biella. La passione per la scrittura lo accompagna sin dall’infanzia e le sue opere, rimaste a lungo nel cassetto, vedono la luce solo a seguito di un felice incontro con NeP edizioni. Nella scrittura predilige il romanzo poliziesco, complice un breve trascorso nella Polizia di Stato. Oltre a “Misteriosa morte nella Tuscia”, con NeP edizioni ha pubblicato: “Caro Amico”; “Dal Girino Al Mouse”; “Dieci Racconti Fantastici” (2016); “Tre milioni di passi sotto il cielo. Camminare per vedere”; “La pagliuzza nell’occhio”; “Il Killer invisibile” (2017); “La pietra che non affonda”; “Il Dito Mancante”; “Nel Sonno Urlavo… Gargatun” (2018); “Il Decimo Indizio”; “1 – DICXON, non tradisce” (2019); “Queen Mary Donna Coraggiosa”; “Hotel Repubblica 55-Camera con Balcone”; “Il Segreto dell’Acqua” (2020); “All’Ombra dei Pini”; “Consuelo” (2021) e “Tarli Ossessivi” (2022).

Anonimo “La storia di Apollonio re di Tiro”

Traduzione e note a cura di Alessandro Ferrini, con testo originale allegato

EDIDA Edizioni

La Storia di Apollonio re di Tiro fu composta presumibilmente fra la fine del II secolo e l’inizio del III secolo d.C. ed è il terzo romanzo latino giunto fino a noi dopo i ben più celebri Satyricon di Petronio e Metamorfosi di Apuleio, sicuramente un genere più popolare, una narrazione in prosa come qualcuno lo ha definito, rispetto ai primi due (dalla Premessa)

Perché tradurre e proporre la lettura di una fiaba antica?

Come tutte le fiabe, ascoltate o lette nei tempi diversi in cui giungono fino a noi, anche questa, la cui confezione si perde in un “c’era una volta”, acquista un nuovo significato, si attualizza forse proprio perché in fondo, “dentro” l’uomo non è poi così dissimile dai suoi primordi. Il messaggio che arriva dalla lettura è positivo e ancora universale: la vita, il mestiere di vivere, pone ai suoi protagonisti molte peripezie per “mare” e per “terra”, addolora, fa soffrire ma, se l’animo resta generoso e profondamente legato a valori immortali, l’amicizia la collaborazione l’altruismo l’amore per tutti gli esseri, quella vita saprà ripagarti con la stessa moneta.

Il mare è qui elemento duplice e simbolico, è distanza, allontanamento ma anche palestra di nuove esperienze ardue ma anche di conoscenze sperimentate; gli indovinelli sono le scelte a cui ciascuno è chiamato, spesso difficili e oscure; un viaggio verso l’agnizione finale, il bel compimento, meritato, nel dolore e nella sofferenza, nelle vicissitudini perigliose come il mare e oscure come gli indovinelli sibillini su cui si misura la conoscenza, l’intelligenza, la cultura in genere e l’animo di ciascuno. Un racconto semplice, così come la lingua utilizzata, un latino vicino, comprensibile per il messaggio e per la morale che contiene e che può arrivare a tutti; un raccontato standard che ricorda lo svolgimento che permea le fiabe, ma il cui messaggio, proprio per questo, arriva diritto a chi lo legge e a chi lo ascolta e “molce il cuore”. Attuale quindi per i lettori dell’era nostra, quella della tecnologia, dei viaggi interstellari, del mondo degli dei provenienti da altri mondi, categorie superiori ma che probabilmente non possono sottrarsi anch’essi al proprio “destino”.

Dei diversi, lontani dagli uomini, quasi spettatori, non come gli dei greci, trasposizione immortale dell’essere umano e della sua umanità, difetti compresi. Sì, una fiaba bella che ha ancora molto da dire o che comunque ci regala una grande speranza, quella che ciascun uomo attende, quel premio di cui narrano le scritture o le religioni, quella che è figlia e madre di tante scelte di vita su questo Pianeta che gira e si muove in una delle tante Galassie dell’Universo. ( dalla Premessa)

La Quarta di copertina

Cose spiegate bene

La Terra è rotonda

PAGINE: 272

A CURA DI: Nicola Sofri

CON TESTI DI: Stefano Boeri, Marta Ciccolari Micaldi, Elena Dell’Agnese, Francesca Mannocchi

ILLUSTRAZIONI: Jacopo Rosati

«La Terra sopravviverà», diciamo spesso nelle preoccupazioni sul riscaldamento globale: sono gli esseri viventi e le loro vite come le conosciamo a essere in pericolo. Ma il rapporto tra noi umani e la Terra che abitiamo cambia continuamente anche in quello che ne conosciamo: nelle nostre scuole si insegna meno geografia, Google Maps ha cambiato il nostro rapporto con lo spazio e i movimenti, la geopolitica è diventata di nuovo un tema di discussione, per tragiche ragioni. Ci sono un sacco di cose da conoscere e capire sul pianeta e su quello che ne abbiamo fatto: importanti, affascinanti, utili, spesso tutte e tre le cose assieme. Cosa sta cambiando nelle rotte navali? Quanto dura una stagione? Come si costruiscono le metropolitane? Dov’è il confine fra Terra e Spazio? Qual è la capitale della Bolivia? Che ore sono, davvero? La geografia è presente nella vita quotidiana di tutti e «saper stare al mondo» significa innanzitutto conoscere gli spazi vicini e distanti e come influiscono sulle nostre vite, da quando ci svegliamo la mattina a quando raggiungiamo un luogo lontano, magari «agli antipodi». Già, e cosa c’è agli antipodi?


Il quarto numero di “Cose spiegate bene” : su Iperborea il Sommario

Gli altri su tuttatoscanalibri:

“Cose spiegate bene” la rivista cartacea del “Post” con la collaborazione di Iperborea

“E giustizia per tutti”

Fabio Stassi “Notturno francese”, presentazione

Notturno francese è in realtà un notturno pieno di luce. È una storia di errori, di appuntamenti che non si sa di avere, di labirinti e di orfani che cercano un porto. Un romanzo dove domina la malinconia del continuo lasciarsi dietro le spalle cose e persone, nel tempo e nello spazio. Ma anche la sconsideratezza di mettersi in viaggio per ritrovarle. O per farsi trovare.( dal Catalogo Sellerio)

Non saprei dirti se, […] Non saprei dirti nemmeno

L’incipit è all’insegna della casualità o di quelli che chiamiamo “segni del destino” e che spesso non sappiamo riconoscere all’impronta. L’ultimo romanzo di Stassi è un viaggio, un viaggio a ritroso, un viaggio nei ricordi, non voluto e non fissato, ma capitato con quella casualità che lascia sconcertati.

“Non so se fu all’uscita da quella scala che mi svagai […] Due convogli identici, rossi e grigi, con la classica punta affusolata, aspettavano il fischio dei rispettivi capitreno da entrambi i lati del marciapiede. […]”

È così che il nostro protagonista, Vince Corso, biblioterapeuta e detective di enigmi letterari, si trova senza volere sul treno sbagliato, per Milano e non per Napoli, la sua vera destinazione.

E ancora su quel treno sbagliato, nel posto numerato proprio come il suo un altro viaggiatore che sottolinea ancora la casualità, fortuita ma fortunata di quell’errore: “forse lei non lo sa ancora, ma potrebbe essere arrivato il momento di fare questo viaggio”.

Sì, rimandato, ma mai dimenticato, alla ricerca di quel padre mai conosciuto e rivelato da sua madre in punto di morte.

Sì, perché Vince è nato a Nizza e la madre lo ha concepito quando lavorava negli alberghi della Costa Azzurra crescendolo da sola e trasferendosi anni dopo a Genova dove Vince aveva fatto il liceo: nello splendido Hotel Le Negresco a Nizza, era stato concepito dopo l’unica notte d’amore con uno sconosciuto, hotel a cui puntualmente aveva inviato una cartolina al giorno senza il nome del destinatario.

Comincia così il viaggio del protagonista: Genova, la prima tappa e da lì fino a Marsiglia dove aveva trascorso la prima infanzia. Ancora un’indagine per Vince Corso, quella più importante, quella per scoprire chi è suo padre.

Un romanzo fatto di romanzi, un libro fatto di libri a cominciare da quello che doveva essere il suo compagno di viaggio: Notturno indiano di Tabucchi, ma anche di luoghi evocativi e significanti che entrano nella storia per farne parte.

Dello stesso autore su tuttatoscanalibri:

“Uccido chi voglio”

“Ogni coincidenza ha un’anima”

Autori Vari “Una settimana in giallo”

Philippe Claudel “Dopo la guerra”, presentazione di Salvina Pizzuoli

Traduzione di Francesco Bruno per Ponte alle Grazie Editore

Cinque racconti che, come scrive lo stesso autore nelle pagine dedicate “Al lettore”, sono stati scritti tra il 2016 e il 2020, di questi cinque tre sono inediti: Ein Mann, Irma Grese e Die Kleine. Il titolo originale in francese è Fantaisie allemande che, come chiarisce ancora l’autore,  è da intendere “nella sua accezione musicale e poetica che designa, come tutti sanno, un’opera in cui la soggettività dell’autore prevale e che si svincola dal rispetto di regole rigorose di composizione o di armonia”.

Sempre nella sezione dedicata chiarisce ancora il contenuto dei suoi racconti che hanno la Germania come ambientazione

“Se la Germania del XX secolo fa da cornice a questo libro è perché, da una parte, non esiste un altro posto in cui i temi che tratto abbiano trovato in grado più alto la loro tragica incarnazione. D’altra parte è perché, essendo fin dall’infanzia un vicino di quel Paese, ho sviluppato un rapporto di attrazione e di paura con i suoi paesaggi, la sua cultura, la sua lingua e la sua Storia, come non ne ho con nessun altro Paese al mondo. La Germania è sempre stata per me uno specchio in cui mi vedo, non quale sono, ma come sarei potuto essere. In tal senso, mi ha insegnato molto su me stesso”.

In una recente intervista a Brunella Schisa (Il Venerdì, La Repubblica, 10 febbraio 2023) chiarisce ancora meglio rispondendo alla domanda dell’intervistatrice: La Germania è qui usata come metafora del male assoluto di tutte le guerre? “La Germania nazista è ovviamente il paese che si avvicina di più all’abisso del male assoluto. Ma non dimentichiamo l’Urss di Stalin, la Cina di Mao, i Khmer rossi in Cambogia. La barbarie non ha nazione. È universale e si sposta geograficamente secondo i tempi. Devi esserne consapevole per cercare di combatterla”.

Le guerre che si combattono ancora nel mondo, quelle che non conosciamo e quelle che ci sono vicine e ci paiono uniche anche se insensate, ci dicono che la barbarie, come dichiara Claudel, è sempre tra noi anche se la guerra ha cambiato tipo di armi e dislocazione geografica perché, come afferma nella stessa intervista, “L’uomo non smette di essere il nemico di se stesso su questa terra”.

Nel primo racconto è il freddo gelido che accompagna i passi di un soldato in fuga, ma vittima di un un nuovo martirio: la fame e il gelo. E qui per la prima volta il lettore incontra il nome del personaggio Viktor, un nome che fa da fil rouge all’interno dei racconti.

Ma chi è Viktor?

“Tutti mettono in gioco degli spazi d’incertezza, di cui il personaggio di Viktor diventa il simbolo: se alcuni elementi nel corso del racconto ci inducono a pensare che si tratti dello stesso uomo, altri ci dicono il contrario. Che ne è, in tal caso, della sua verità? E, al di là di lui, di ogni verità? Ciò mi è parso metaforico delle nostre vite, che a noi pare di conoscere ma che padroneggiamo malissimo e che possono, secondo l’angolazione della luce con cui le illuminiamo, prendere molteplici riflessi”

Così in quella che potremmo considerare una postfazione dell’autore medesimo, Claudel chiarisce e spiega il suo romanzo e il messaggio in esso insito, romanzo perché il tema accomuna tutti i racconti.

Philippe Claudel è nato nel 1962 in Lorena. Scrittore noto in tutto il mondo e membro dell’Académie Goncourt, ha raggiunto il successo internazionale con il romanzo Le anime grigie (Ponte alle Grazie, 2004), tradotto in trenta Paesi e vincitore del premio Renaudot. Tra i suoi titoli usciti in Italia ricordiamo anche La nipote del signor Linh (2005), Il Rapporto (2008), Profumi (2013) e L’arcipelago del cane (2019), tutti pubblicati da Ponte alle Grazie. Nel 2008 ha esordito come regista con il film Ti amerò sempre, seguito nel 2011 da Non ci posso credere, con Neri Marcorè e Stefano Accorsi.( da Ponte alle Grazie Autore)

Tetsuya Honda “Omicidio a Mizumoto Park”, presentazione

Traduzione di Cristina Ingiardi

Piemme Edizioni

Ventinovenne, dal notevole intuito e appassionata di autopsie ben fatte: è  Reiko Himekawa, la più giovane detective della sezione omicidi di Tokio e protagonista del primo romanzo pubblicato in Italia da Piemme Edizioni nella traduzione di Cristina Ingiardi,  di Tetsuya Honda, ex  giornalista e musicista, scrittore di successo in patria proprio grazie a lei

Omicidio a Mizumoto Park si apre con il ritrovamento di un cadavere che pare messo proprio in bella mostra lungo le sponde di un laghetto incartato in un telo blu usato nel settore costruzioni; il rinvenimento di un secondo cadavere nello stesso parco e nella medesima posizione, nonché con le medesime ferite e avvolto nello stesso tipo di telo utilizzato per il primo, confermano un autore seriale.

Tetsuya Honda, classe 1969, è uno dei maggiori autori giapponesi, pluripremiato e con quasi cinque milioni di copie vendute solo in patria. I gialli della serie con protagonista la detective della Omicidi di Tokyo Reiko Himekawa sono tradotti in molti Paesi, e hanno ispirato diverse serie tv e film. Honda vive a Tokyo ed è membro dei Mystery Writers of Japan.(da Piemme Edizioni)

“The intimate City. Walking New York”, a cura di Michael Kimmelman, Penguin Press, novembre 2022

Michael Kimmelman, nativo di New York e principale critico di architettura del New York Times, durante la pandemia scrisse una e-mail a un gruppo di amici e colleghi, architetti, storici, scrittori, invitandoli a fare una passeggiata per la città, preferibilmente in un posto significativo per loro o comunque ciò che di essa amavano.

Come risultato è nato un libro a più voci e illustrato con fotografie: evidenzia una città vista “dall’interno”, più intima quindi e nello steso tempo insolita e sconosciuta, con la sua storia, le sue trasformazioni, la struttura urbana e le evoluzioni e le metamorfosi. Il racconto a più voci di una città, che può essere solo letto o anche percorso.

“‘The Intimate City’ is a joyful miscellany of people seeing things in the urban landscape, the streets alive with remembrances and ideas even when those streets are relatively empty of people.”—Robert Sullivan, New York Times Book Review

per saperne di più:

a questo link : Penguin Random House

a questo link : Amazon

Ferdinand Grimm “La montagna dei gatti”, presentazione

Fiabe e leggende del terzo fratello Grimm

Nella famiglia Grimm a scrivere fiabe furono in tre. Oltre ai celebri Jacob e Wilhelm, infatti, anche il fratello minore Ferdinand raccolse e compose storie tratte dalla fantasia popolare. Ma di quella stessa famiglia Ferdinand fu anche la pecora nera. L’indubbio talento narrativo, l’assidua attività di scrittore e il lavoro di redattore delle edizioni di autori come Heinrich von Kleist non bastarono a garantirgli la stima degli illustri fratelli, che giunsero anzi a misconoscerlo per via della personalità anticonformista e dell’omosessualità che probabilmente dichiarò in un burrascoso Natale del 1810. (da L’Orma Editore)

Ferdinand Philipp Grimm era il quinto di nove. Era nato il 18 dicembre del 1788 a Hanau spegnendosi in povertà e solitudine nel 1845. Fu coinvolto nel progetto dei due maggiori, Jacob e Wilhelm, come copista di storie popolari, scrivendone anche alcune di suo pugno in cui mostra di prediligere gli aspetti del meraviglioso e del fantastico.

Le sue pubblicazioni avvennero quasi sempre sotto pseudonimo e oggi possiamo trovarle per la prima volta scelte e raccolte sotto il nome dell’autore.

La presente raccolta contiene venti testi, tra fiabe e leggende, provenienti da tre differenti curate da Ferdinand Grimm e da alcuni scritti postumi ed  è la prima edita in Italia,  curata e tradotta da Marco Federici Solari. Tra i testi “La montagna dei gatti” che dà il titolo alla raccolta. Solo un anno dopo la sua morte venne pubblicato il volume Fiabe di monti e castelli ad opera di un anonimo: sette racconti apprezzati dalla critica del tempo perché considerati di un alto valore poetico. La sua scrittura costruiva

[…]”un universo magico e sorprendente, popolato di nani e re scontrosi, di gigantesse bambine e prodi cavalieri, dove i castelli sorgono sul fondo dei laghi e i cavalli spiccano il volo verso i Campi Elisi”.( da L’Orma Editore)