Maurizio de Giovanni “Il metodo del coccodrillo” recensione di Letizia Tripodi

 

Con “Il metodo del coccodrillo” si apre la serie di romanzi che vedrà protagonisti i cosiddetti Bastardi di Pizzofalcone, individui particolari, per lo più solitari e con un proprio segreto da nascondere. Nessuno li vorrebbe nel proprio Commissariato, reietti nei loro posti di lavoro e nella società. Falliti insomma, che però, contro ogni aspettativa, smentiranno la diffidenza di colleghi e cittadini.

Il luogo in cui ambientare le vicende non poteva che essere Napoli: decadenza e splendore vi si mescolano più che in ogni altra città, essa stessa è una continua contraddizione e così succede che il naturale calore dei suoi abitanti sia spesso oscurato dalla paura, da quell’innata consapevolezza che ricorda di “stare al proprio posto”, di non guardarsi troppo intorno, ma anzi procedere dritto e interrogarsi poco, tanto che, come lo stesso De Giovanni più volte ricorda attraverso i pensieri e i commenti dei protagonisti delle sue opere, in quella città si è invisibili.

È in questo scenario che prendono forma i fatti e i personaggi: Giuseppe Lojacono è nuovo al Commissariato San Gaetano, detto il Cottolengo, è giunto nella città del Vesuvio dopo essere stato allontanato dal suo precedente luogo di impiego; alle spalle si è lasciato la Sicilia, ma anche una figlia e una moglie. Sospeso da qualsiasi tipo di mansione, solo, triste e scoraggiato, ben presto l’ispettore dai tratti orientali si troverà coinvolto nelle indagini di un caso che porterà scompiglio non solo nella Napoli dei quartieri bassi, ma anche tra gli appartenenti alle classi sociali più elevate.

Alcuni giovani ragazzi, apparentemente senza alcun legame tra di loro, saranno uccisi per mano di un serial killer dalla firma insolita: sul luogo dell’omicidio egli “piange”, lasciando dei fazzoletti con le sue lacrime. Da qui nascerà il soprannome “il Coccodrillo” e inizieranno le ricerche, le ipotesi, i tentativi di dare un volto umano a questo assassino che anche nel metodo sembra assomigliare molto al feroce rettile, per cercare di svelare i motivi del suo gesto. Lojacono dimostrerà fin da subito di essere l’unico ad avere le giuste intuizioni sul caso, senza farsi trasportare da quella che sarebbe l’ipotesi più comoda e, complice una forte sintonia con il magistrato Laura Piras, diventerà uno dei punti di riferimento fondamentali in questa caccia all’uomo, tornando così, almeno in parte, a vivere. Maurizio De Giovanni, come già in precedenza aveva fatto con il commissario Ricciardi, crea un nuovo personaggio intorno al quale prendono forma alcuni tra i delitti più spietati e i reati più violenti: questa volta sarà l’ispettore Lojacono, guidando la sua squadra per molti versi atipica, a far luce su alcuni degli eventi che frequentemente macchiano la nostra società. Così dal romanzo emergeranno i tratti peggiori dell’umanità, la quale è troppo spesso afflitta da crudeltà, egoismo e vigliaccheria.

L’autore svela al lettore i personaggi un po’ per volta, gradualmente, come se stesse conoscendo persone reali, delle quali non può sapere tutto subito. Ma alla fine ne comprenderà il passato che ne ha segnato le vite, gli aspetti più reconditi del loro animo, i segreti più profondi. Nel romanzo i punti di vista si alternano con una certa frequenza, si entra nella mente di tutti, compresa quella dell’assassino, così che anche quando convinti di aver trovato la chiave, le carte si rimescoleranno, emergeranno nuovi elementi, nuove scoperte giungeranno a portare scompiglio, proprio ad un passo dalla verità.

Letizia Tripodi

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