Maurizio De Giovanni “Caminito. Un aprile del commissario Ricciardi”, presentazione

Stradina che il tempo ha cancellato/ che un giorno ci hai visti passare assieme/ sono venuto per l’ultima volta/ sono venuto a raccontarti la mia pena (Caminito. Testo di Gabino Coria Peñaloza e musica di Juan de Dios Filiberto,1926)

Napoli, 1939, aprile: i corpi di due giovani trucidati nella loro intimità consumata tra le fronde di un cespuglio in un boschetto tra le case del quartiere.

Napoli mozzafiato, con i suoi scorci, il mare e il fil di fumo che si connatura con il suo vulcano in una primavera incipiente. L’anno racconta un’Italia alle prese con guerre oltre confine e una prossima che si giocherà anche in casa. Il regime si muove tra sospetti e sospettati, persecuzioni e confino di chi è poco “gradito”, siano omosessuali, ebrei oppure oppositori, in un clima di paura, omertà, pregiudizio e denunce, più o meno rispondenti, tra vicini e conoscenti. In questo scenario ricompare Ricciardi: trentanovenne, vedovo di Enrica e padre di Marta, poliziotto fedele ai valori legati al suo ruolo, agli amici, anche a chi si spende in prima persona per contrastare il regime, vittima del “potere” di saper vedere e ascoltare le voci dei morti di morti violente.

E non solo. In apertura un canto triste, dall’altro capo del mondo, un tango da cantare, la musica e i versi di un amore perduto. Un canto difficile da interpretare, soprattutto da parte di una donna, così come spiega a Laura il suo accompagnatore al piano, raccontandole la storia “che le stradine, i caminitos, sono due. Una ha ispirato la musica, nel 1923, una le parole, nel 1926. È chiaro? – E io quale dovrei cantare? Perché a me sembrano la stessa cosa. – Ma sono la stessa cosa, infatti. È questa la magia, la corrispondenza perfetta dei due sentimenti, quello del musicista e quello del poeta. A distanza di tre anni, in due città diverse, due uomini provano cose uguali”.

Un canto quello di Laura che avrà successo anche se il suo è un dolore diverso, c’è la possibilità del ritorno… Un giallo nel giallo che lascia intendere un nuovo seguito: la donna che in realtà si chiama Livia ha un legame con il commissario; la figlia di quest’ultimo parrebbe non essere afflitta dallo stesso potere del padre ma le appartiene un’acuta sensibilità, un altro dono, tutto da scoprire, in una nuova storia…

“Con l’aiuto del fidato Maione – in ansia per una questione di famiglia – Ricciardi dovrà a un tempo risolvere il caso e proteggere un caro amico che per amore della libertà rischia grosso. Intanto la figlia Marta cresce: ormai, per il commissario, è giunto il momento di scoprire se ha ereditato la sua dannazione, quella di vedere e sentire i morti” (dal Catalogo Einaudi)

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