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Sabato 31 luglio un classico della letteratura italiana, un ebook da scaricare gratis direttamente da Amazon

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Racconti classici italiani: Arrogo Boito “Il pugno chiuso”

ll racconto fu pubblicato nel 1870 in cinque puntate sul “Corriere di Milano” di Emilio Treves, poi divenuto il “Corriere della sera”.La vicenda è ambientata in Polonia, paese che l’autore conosceva direttamente, e si muove attorno alla rievocazione del culto della Madonna di Czestochowa con una accurata descrizione del paesaggio etnico e geografico, svolgendosi sul filo della contrapposizione fra la cultura scientifica e razionale del protagonista e la sua disponibilità a credere ad una spiegazione magico–soprannaturale di certi fenomeni paranormali. “È forse la più perfetta novella fantastica – scrive Remo Ceserani – prodotta in Italia nel secondo Ottocento, vicino ai modelli europei di Jacques Cazotte, Theodor Hoffmann, Jan Potocki, Honorè de Balzac, Theophile Gautier, Emile Erckmann e Alexandre Chatrian”.

fanno parte della Collana i volumi che trovate pubblicizzati su tuttatoscanalibri.com a questo link ad un piccolo prezzo:

Presentiamo ai nostri lettori una collana in fieri di racconti di autori italiani corredata da prefazione e note:

i primi cinque volumetti:

  • Arrigo Boito “L’alfier nero”
  • Arrigo Boito “Il pugno chiuso” In omaggio sabato 31 luglio 2021
  • Luigi Capuana “Novelle”
  • Grazia Deledda “La regina delle tenebre”
  • Giovanni Verga “Le storie del castello di Trezza”

Due presentazioni in breve:

Manlio Graziano “Mondo birbetta! Cronache italiane del ventesimo secolo” Nuova Argos Editore

Annalena MacAfee “Belladonna”, Einaudi

Un omaggio ai nonni, ovvero alla memoria del passato impressa nelle vite di chi ci ha preceduto. Nello specifico si tratta di nonna Anna, la nonna di Manlio Graziano, docente ed editorialista, specialista in geopolitica

. Nel titolo l’imprecazione di nonna Anna che ne aveva ben d’onde: nata nel 1899 a San Prospero, frazione di Novacchio, comune di Càscina, provincia di Pisa, vive due guerre mondiali, il passaggio dalle dittature al mondo nuovo democratico. Il titolo completo infatti riporta dopo “Mondo birbetta!” ,“ Cronache italiane del secolo ventesimo”.

Un memoir dunque, ma anche cronaca familiare, pagine autobiografiche, in nome di quella memoria che sbiadisce e che non si vuole vada perduta.

Eve Laing è la protagonista di questo terzo romanzo della McAfee. Una sessantenne che ripercorre in una notte d’inverno a Londra i luoghi e le memorie di una vita, sia privata che professionale.

Ma chi è Eve?

Un’artista, ricordata però solo come musa di un pittore, uno famoso. Eppure lei ha qualcosa da dire, artisticamente parlando, che non ha ancora potuto esprimere a pieno nella sua vita: ora vuole esprimersi in un’opera grandiosa per affermare se stessa spesso sacrificata ai compiti familiari, alle rivalità di chi le era stato compagno di studio. E nel finale una pianta velenosa che l’ha portata fino a lì.

Annalena McAfee è nata a Londra e ha frequentato la University of Essex. Ha lavorato nel mondo del giornalismo per più di tre decenni; è stata direttrice della sezione Arte e Letteratura del «Financial Times» e ha fondato la «Guardian Review», che ha diretto per sei anni. Presso Einaudi ha pubblicato L’esclusiva (2012), Ritorno a Fascaray (2019) e Belladonna (2021).(da Autori Einaudi)

Giulio Busi “Indovinare il mondo. Le cento porte del destino” presentazione

Per dirla con Busi:

È un viaggio tra mito, narrazione e quotidianità, tessuto con ricordi di amici, confessioni di scrittori, visioni, collage emotivi. Sono “sedute” divinatorie vere e proprie, o semplici presentimenti, che infilo secondo la casualità delle letture e del capriccio degli eventi. E della mia curiosità

Il futuro, conoscerlo o venirne a contatto quasi casualmente, chi non ha mai avuto la sensazione di aver squarciato il velo, di aver dischiuso una delle cento porte?

Va da sé – continua l’autore – che l’argomento è scivoloso, tortuoso, infido. Di ciarlatani è pieno il mondo […] Ma quella sola profezia che si avvera può svelarci una dimensione insondata dell’animo umano?

Tra mito e tragedia, “ma anche personaggi della storia recente o del nostro quotidiano, saranno i nostri compagni di viaggio, protagonisti enigmatici di vere e proprie sedute divinatorie, di misteriosi incontri con l’inesplicabile” si legge nella breve presentazione sulla pagina de Il Mulino.

La copertina simboleggia con la serratura su un cielo stellato questo viaggio avventuroso nelle storie che indagano il breve contatto nel divinare il futuro, da sempre desiderio dell’uomo.

e anche

Brevi note biografiche

Giulio Busi esperto di mistica ebraica e di storia rinascimentale, insegna Giudaistica alla Freie Universität di Berlino. Tra i suoi volumi: «Qabbalah visiva» (2005), «Giovanni Pico della Mirandola. Mito, magia, qabbalah» (con R. Ebgi, 2014) e «Città di luce» (2019), editi da Einaudi; «Lorenzo De’ Medici» (2016), «Michelangelo» (2017), «Marco Polo» (2018), «Cristoforo Colombo» (2020), editi da Mondadori. Collabora da molti anni alle pagine culturali del «Sole 24 Ore ( da Il Mulino)

Anaïs Nin “Spreco di eternità e altri racconti” presentazione

È la raccolta di sedici testi inediti di Anaïs Nin (nata a Neuilly-sur-Seine nel 1903 da genitori cubani e morta Los Angeles nel 1977), pubblicati per la prima volta in Italia dalla casa editrice La Tartaruga che privilegia per le sue stampe la letteratura femminista e i testi inediti. Mai editati erano stati proposti dalla stessa autrice a varie riviste ed editori newyorchesi ma furono rifiutati, finendo poi nella biblioteca di un’università americana.

Nin aveva circa ventisei anni quando li scrisse e viveva in Francia; Spreco di eternità e altri racconti raccoglie alcuni pezzi scritti tra il 1929 e il 1931, quando aveva già iniziato a scrivere i suoi Diari. Sono storie con dettagli dell’infanzia e della vita a Parigi, di incontri con artisti, scrittori ma anche sconosciuti, un mondo notturno fatto di caffè, teatri, parlano di donne del loro lavoro e dei loro desideri. Scritti giovanili, per questo motivo, Anaïs Nin nel 1977, poco prima di morire, convinta da un amico a pubblicare i racconti della sua giovinezza, spiega nell’introduzione al volume, editato dalla Magic Circle Press di Valerie Harm che quel libro “è un libro solo per gli amici.”, mettendo in evidenza la consapevolezza di una scrittura immatura ma probabilmente apprezzabile per altri autori, per chi avesse voluto conoscerla nel suo percorso di autrice.

“Sperimentali e profondamente introspettive, queste storie delineano un tema centrale della scrittura di Nin: il contrasto tra l’io pubblico e quello privato. Nella maestria di questi racconti vengono offerti ai lettori un arguto umorismo, uno spirito ironico, dialoghi coinvolgenti ma anche una prosa estatica, e qualche finale a sorpresa. Dal principio alla fine risplende la personalità di Nin, una meravigliosa combinazione di sentimento e razionalità, di vulnerabilità e forza: forse lei, più di ogni altro interprete del Novecento, ha saputo padroneggiare questo gioco di equilibri, elaborandolo alla sua maniera e curando sempre di sfidare, con la sua scrittura tagliente ed enigmatica, la società e le convenzioni del tempo, nella vita come nella letteratura”. (Da Libro Co. Italia)

Note biografiche su mangialibri

Pia Rimini una scrittrice riscoperta


Pia Rimini, scrittrice triestina nata l’8 gennaio del 1900, fu riscoperta quattro anni fa dall’editore Antonio Tombolini che ne rieditò il romanzo d’esordio “Il giunco” in ebook. Oggi anche la Casa Editrice e Rivista Letteraria, la romana Readerforblind, ripropone, all’interno della sua linea editoriale dedicata ad autori dimenticati, la raccolta di diciotto racconti della Rimini “L’amore muto” con la prefazione di Giulia Caminito.
La riscoperta, sulle pagine del Venerdì e su Robinson (La Repubblica, rispettivamente il 9 e il 10 luglio 2021), è quella di un’autrice degli anni ’20 – ’30, anticonformista e dalla vita tragica e breve, i cui scritti, che parlano alle donne, suonano ancora attuali.
Vita tragica e breve, vissuta controcorrente: quando a diciotto anni scopre di aspettare un figlio, lei non sposata, decide di portare avanti la gravidanza, fino alla nascita di un bambino nato morto. Figlia di genitori ebrei, la madre si era però convertita al cattolicesimo e l’aveva battezzata, fu nel 1944, a causa del suo cognome e di una “soffiata”, fatta salire su un treno per Auschwitz, viaggio da cui non farà più ritorno.
Nella recensione Nadia Terranova ce la presenta, con la potenza della sua scrittura, oggi più moderna di ieri, le cui storie raccontano molestie e piccoli abusi, dislivelli di potere, storie di uomini che sanno manipolare le donne e di donne che, nonostante tutto, credono nell’amore.
Ma non solo, la sua prosa è anche densa di ironia, come ne “Il funerale di un benefattore” che, come sottolinea ancora la Terranova, “è un brillante gioiello di satira umana e sociale”.

Concetta D’Angeli “Le rovinose” Il ramo e la foglia Edizioni

COLLANA Romanzi
PAGINE 272
PREZZO € 17,00
Il ramo e la foglia Edizioni

Una lettera imprevista e inaspettata riporta Silvana, ormai adulta, alla giovinezza, alla turbolenta amicizia con Clara durante gli studi universitari e al tempo in cui vivevano in «un mondo tenebroso dentro e fuori di noi, dominato da passioni che non sapevamo decifrare e c’incalzavano». Muovendosi sul franoso terreno dei ricordi il romanzo ripercorre il passato delle due ragazze le cui vite hanno preso strade divergenti, intessendo con sapiente regia coloriti dialoghi, profonde riflessioni, brani di epistole ed eventi storici.
Le rovinose evoca la brutalità che colpì l’Italia durante gli anni di piombo, raccontando la storia di due amiche tra loro molto diverse per ideali, sogni e passioni. Aneliti autodistruttivi da un lato e necessità di emanciparsi dall’altro fanno da specchio a un paese in lotta con sé stesso, diviso e lacerato.
Armata di cinepresa, Concetta D’Angeli si accosta ai suoi personaggi con una scrittura curata e plastica capace di accendersi dell’ironica cadenza toscana o, all’occorrenza, di farsi distaccata e riflessiva. Lo stile duttile e al contempo delicato conferisce alla narrazione vivacità e veridicità, dando vita a un libro che è un’acuta e dolorosa incursione nei meandri della violenza e di come questa possa originare dagli stereotipi, in particolare da quelli di genere.

«Come successe che dalle rivendicazioni di partenza, sacrosante, generose, eravamo forse i migliori della
nostra generazione, come successe che prevalse la violenza? Perché fu quello, sai, l’intoppo che fece saltare
tutto. […] Successe, a un certo punto, e ancora non me ne capacito, che il terrore si trasformò in passione,
si sganciò dai suoi obiettivi, diventò fine a se stesso.»

CONCETTA D’ANGELI è nata a Cittaducale (Rieti) nel 1949, vive a Pisa dove ha insegnato Letteratura Italiana Contemporanea e Drammaturgia teatrale. Studiosa di Morante, di Calvino, di Pasolini, di Blixen, di Weil, ha scritto numerosi articoli su riviste letterarie italiane e straniere, e ha pubblicato i volumi: Il comico. Contro la morale, la ragione, la morte, Il Mulino 1999 (con Guido Paduano); Leggere Elsa Morante, Carocci 2003; Forme della drammaturgia, UTET 2004. Nel 2016 ha vinto il premio del concorso letterario “Edizione straordinaria”, della casa editrice Pacini di Pisa, con il romanzo inedito Tempo fermo.

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Sabato 24 luglio tuttatoscanalibri offre ai suoi lettori un ebook gratis da scaricare direttamente da Amazon:

Tommaso Ferrini “Dialoghi: più o meno probabili”

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Tre dialoghi, una carrellata d’idee che procede per sottrazione, togliendo, semplificando, in un percorso a stadi che, partito dalla verbosità dell’intelletto, prosegue con la fredda chiarezza del creatore-intermediario, il demiurgo, portando poi al fastidioso stridio che si prova dinnanzi alla divina semplicità che sta dietro le impalcature, alla constatazione ultima che in fondo tutto è molto meno contorto di quanto non crediamo. Costantemente attanagliati da domande e mai totalmente paghi delle risposte, non ci rimane che fare del nostro meglio per trovare un pacifico equilibrio tra la naturale tendenza all’indagine e l’accettazione del fatto che finché saremo da questa parte mai arriveremo a un punto che possa ritenersi fermo. Ciò che verrà dopo in ogni caso ci stupirà, ma nel frattempo conviene non angustiarsi eccessivamente al pensiero e godere lo spettacolo di questo viaggio al limite del credibile che è la vita.

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come nell’immagine

Tre presentazioni in breve:

Emily Itami “Ballata malinconica di una vita perfetta”

Tsumura Kikuko “Un lavoro perfetto”

Hiroko Oymada “La fabbrica”

Tre romanzi di autori giapponesi ambientati in Giappone che guardano al mondo del lavoro nipponico e alla condizione femminile con sguardo più ironico o sottolineandone la drammaticità e l’insensatezza: una risposta comunque meno rigida e meno aderente alle regole di obbedienza e impegno totale e all’accettazione delle stesse. Lo stress da lavoro, con le morti e i suicidi che lo contrassegnano, o la stessa diffusione dei locali in cui gli animali sono presenti per momenti di relax, evidenziano la ricerca di un rapporto diverso e la volontà, almeno sulla carta, di osservare un asservimento ai dettami da un punto di vista diverso.

Emily Itami “Ballata malinconica di una vita perfetta”

Mizuki, la protagonista, come l’autrice è vissuta per un certo periodo all’estero, negli Stati Uniti, e da quell’esperienza ha derivato una visione diversa dei propri compiti e impegni. Sposata con un uomo in carriera vive a Tokyo una vita apparentemente perfetta che non la soddisfa però pienamente: il marito lavora tanto e viene assorbito completamente da ritmi e regole che lo rendono distratto; dall’altra lei ha rinunciato al suo sogno giovanile di fare la cantante ed ora è madre con le incombenze legate al compito. Fino a quando incontra Kiyoshi, un ristoratore di successo…

Ne scaturisce un quadro della condizione della donna e dello stile di vita nel Giappone di oggi

Emily Itami è cresciuta a Tokyo prima di trasferirsi a Londra, dove ora vive con la sua famiglia. È una giornalista freelance e una scrittrice di viaggi. Ballata malinconica di una vita perfetta è il suo primo romanzo. (dalla pagina Autori di Mondadori)

Tsumura Kikuko “Un lavoro perfetto”

Esiste il lavoro perfetto per ciascuno di noi? La signora Masakado, consulente del lavoro, pensa di essere in grado di trovare a ciascuno in base alle proprie richieste, ma la protagonista senza nome di questa storia, se non alla fine, quando si presenta pone requisiti ben precisi: vittima di un esaurimento nervoso da lavoro ora cerca un’attività “semplice” che non la coinvolga, che salvaguardi la sua mente, che non le crei alcuna pressione. Dopo ben cinque esperienze in attività che appaiono rispondere ai requisiti la protagonista scoprirà che il lavoro perfetto appunto non esiste, neanche quello in totale solitudine di custode di un capanno nel bosco. Non manca il finale a sorpresa.

Tsumura Kikuko, talento emergente nel panorama letterario giapponese, ha ricevuto importanti riconoscimenti, tra i quali i prestigiosi premi letterari Akutagawa e Noma, oltre al PEN/Robert J. Dau per un suo racconto pubblicato su Granta. (da Marsilio Editore)

Hiroko Oymada “La fabbrica

Tre i protagonisti in questo romanzo d’esordio, che prende spunto dalla personale esperienza dell’autrice che ha lavorato come precaria per la filiale di una casa automobilistica, le cui storie si alternano e s’intrecciano in un’atmosfera inquietante e drammatica: una città- fabbrica con reparti sconfinati e una navetta per raggiungerli, un grigio imperante e animali ovunque.

Nata a Hiroshima nel 1983, Hiroko Oyamada ha vinto il premio Shincho for New Writers con La fabbrica, ispirato alla sua esperienza di lavoro come precaria per la filiale di una casa automobilistica. Il suo secondo romanzo, The Hole, ha vinto il premio Akutagawa.( da Neri Pozza Editore)

E anche la recensione di Maria Anna Patti di CasaLettori

Giovanni Giudici “La vita in versi” Scalpendi Editore

Giovanni Giudici, La vita in versi

La vita in versi: Il volume riprende l’intero “corpus” poetico di Giudici, costituito dalle dodici raccolte da lui pubblicate, e arricchito dalla riproduzione in appendice alle sue prime “plaquettes”, nonché da una cospicua sezione di poesie inedite.(da unilibro)

PER L’ ALTO MARE APERTO collana diretta da Edoardo Esposito
Classici e moderni, prosa e poesia, italiani e stranieri. Si potrà trovare questo e quello nel “mare aperto” che contiamo di attraversare e che non si porrà problemi di tempi e di generi, cercando solo di seguire il vento di una “buona letteratura” e di rinnovare la tradizione delle collane “universali” coltivando sia il gusto per la memoria
sia la curiosità per il presente.

Dopo le prime plaquettes poetiche (L’educazione cattolica in particolare, 1963), è con questo libro che si afferma l’originalità della poesia di Giudici e del personaggio che, sostituendosi al tradizionale io poetico, animerà molti dei suoi versi con la miscela agrodolce dei suoi affetti e dei suoi risentimenti, delle sue convinzioni e delle sue ansie. È un personaggio che ha fatto pensare in prima istanza a Charlot, ma che, della vita che mette in scena, finisce per rappresentare assai più gli aspetti tragici che quelli comici, rivelando l’amarezza del suo ruolo di forzato attore.

Lo sfondo è quello del dopoguerra e della società del benessere in particolare; la dimensione è, più o meno velatamente, quella autobiografica che darà voce fin nelle ultime raccolte ai momenti più lirici della poesia di Giudici. Pianamente, ma con sofferta e tagliente lucidità, si racconta nella forma del verso la quotidianità di un’esistenza che, nel suo svolgersi tra casa e ufficio, tra doveri da assolvere e desideri inappagati, non rinuncia però alla propria dignità e fa, del suo riflettere sul mondo e del proprio muoversi nel mondo, confessione impietosa, cogliendo con il registro dell’ironia gli aspetti farseschi del vivere.

Sapiente, in questa rappresentazione, la capacità di coniugare le scorie della realtà, relegate di solito all’ambito prosastico del discorso, con l’uso di uno strofismo musicalmente caratterizzato e in particolare della rima. Due modi di segno quasi opposto e perciò ancora più significativi nel loro abbinamento; nella scena alterata e sconvolta dagli esperimenti della neoavanguardia degli anni sessanta, Giudici faceva emergere la dimensione problematica dell’esistenza senza rinunciare alla comunicazione, e riportando la poesia a quella leggibilità con cui non ha mai cessato di dare emozioni.

Giovanni Giudici (1924-2011), nato a Le Grazie (SP), è vissuto a Roma, Ivrea, Torino, Milano, esercitando la professione di giornalista e di copywriter. Dopo le prime plaquettes e dopo il volume La vita in versi (1965) si è affermato come uno dei più vivi poeti del secondo Novecento con i volumi di Autobiologia (1969), O beatrice (1972), Il male dei creditori (1977), Il ristorante dei morti (1981), Lume dei tuoi misteri (1984), Salutz (1986), Fortezza (1990), Quanto spera di campare Giovanni (1993), Empie stelle (1996), Eresia della sera (1999).

Pagine 156, prezzo 14,50.

Intenso anche il suo impegno di traduttore (si veda in questa collana l’Eugenio Onieghin di Puškin), in parte consegnato all’autoantologia Addio, proibito piangere (1982); e gli scritti di riflessione critica (La letteratura verso Hiroshima, 1976; La dama non cercata, 1985; Per forza e per amore, 1996).

Andrea Molesini “Il rogo della Repubblica”

In questo nuovo romanzo di Andrea Molesini, autore nel 2011 di Non tutti i bastardi sono di Vienna, vincitore del Premio Campiello e tradotto in varie lingue., lo scrittore prende le mosse da un fatto realmente accaduto il 6 luglio del 1480: tre ebrei di Portobuffolè, piccolo paese del trevigiano, vengono bruciati vivi in piazza San Marco perché giudicati colpevoli dal Senato della Repubblica di Venezia con l’accusa di infanticidio rituale dopo la scomparsa di un bambino e di averlo ucciso .per impastare col suo sangue le focaccine pasquali. Tra storia e invenzione, il nuovo romanzo ha per protagonista Boris da Candia un avventuriero al soldo dell’esercito ombra della Serenissima, ma anche un colto umanista che sa rivedere il proprio passato alla luce dell’incontro e del dialogo con Servadio, uno dei tre accusati; l’archisinagogo riesce a far vacillare le convinzioni dell miscredente avventuriero Boris, generando in lui una impellente e nuova sete di giustizia

dal Catalogo Sellerio Editore

La scrittura musicale di Andrea Molesini scolpisce con maestria l’amara intensità emotiva della vicenda. Boris è un personaggio che scopre di essere, a dispetto del proprio passato, la porta che mette in comunicazione due mondi, la commedia e la tragedia, che si intrecciano e fondono nel sempiterno spettacolo dell’azione, dove da sempre il male pubblico giunge alla casa di ognuno.

E anche

Brevi note biografiche

Andrea Molesini ha pubblicato con questa casa editrice: Non tutti i bastardi sono di Vienna, che nel 2011 ha vinto, tra gli altri, il Premio Campiello e il Premio Comisso, tradotto in inglese, francese, tedesco, spagnolo e molte altre lingue, La primavera del lupo (2013), Presagio (2014), Dove un’ombra sconsolata mi cerca (2019) e Il rogo della Repubblica (2021).