
Elisabetta Moro e Marino Niola, autori del volume, sono entrambi docenti di antropologia all’Università di Napoli. In questo lavoro si sono avvalsi della collaborazione del giurista Pier Luigi Petrillo e dell’economista Andrea Segrè nonché di un gruppo di famosi chef che hanno corredato il testo con le loro ricette. L’argomento è la dieta mediterranea. Il nome lo dobbiamo ai coniugi americani Keys, un biologo-fisiologo e una chimica, che lo coniarono nel lontano 1951 in occasione di un viaggio studio in Italia, a Napoli precisamente. L’espressione fece però la sua comparsa molto più tardi, nel 1975, e voleva rappresentare non tanto una “dieta” in senso stretto, ma un vero stile di vita che riesce a coniugare vari aspetti e culturali e alimentari rappresentando, per questo motivo, un unicum per i suoi effetti benefici sulla salute: tale infatti la conclusione cui erano giunti gli studi dei Keys sulle abitudini alimentari delle popolazioni dell’Italia meridionale.
I componenti fondamentali sono l’olio di oliva, pane e pasta, vino, ma non solo perché ad essi si aggiungono la carne, il pesce, con parsimonia, le verdure e la frutta, insomma tutto quel buon cibo che il Mediterraneo ha saputo offrire ai suoi abitanti perché, si sa, è stato un mare che ha permesso la circolazione e l’incontro di molte popolazioni e i loro prodotti, insieme a quello spirito associativo e di scambio che ha da sempre caratterizzato la cultura mediterranea. Pertanto anche la varietà, la stagionalità e non per ultima la convivialità la identificano come dieta mediterranea.
Il titolo del volume ne sintetizza il contenuto: i due antropologi illustrano i vantaggi di un modo di vivere e di mangiare antico, nel rispetto del cibo e nella lotta allo spreco, nel rispetto dell’ambiente, con cibi semplici e nutrienti dove tutte le aggiunte alle componenti di base garantiscono il benessere delle persone e del pianeta, tanto che nel 2010 la Dieta mediterranea è entrata a far parte del patrimonio dell’UNESCO.