Gabriella Genisi “Lo scammaro avvelenato e altre ricette”, presentazione

“Questa storia è un mix di indagine e prelibatezze, come se avessi cucinato un pranzo di Natale per i miei lettori. Un libro da tenere sottomano mentre si prepara il cenone”

Così risponde l’autrice alla domanda di Raffaella Silipo che l’ha intervistata (tuttolibri la Stampa 19 novembre ’22) “La pace si fa a tavola?

La domanda è calzante non solo perché lo “scammaro” di cui recita il titolo è un piatto povero ma squisito ed è al centro delle indagini e che, nel periodo natalizio in una Bari sovraffollata, gioca un ruolo centrale, ma anche perché in chiusura, come sempre, troviamo le ricette di Lolì, brava non solo come commissario ma anche come cuciniera. La storia, coinvolgente e accattivante, per condirla al meglio è infatti corredata da tante ricette, come si legge nella presentazione del romanzo (nella pagina di Sonzogno)

“Una storia avvincente e deliziosa, arricchita dalla raccolta di tutte le ricette di casa Lobosco: oltre cento piatti, dalle stuzzicanti preparazioni finora inedite ai grandi classici della tradizione pugliese, come la focaccia, i panzerotti e la parmigiana, rivisitati secondo il gusto di Lolì”.

Un romanzo quest’ultimo definito dalla Genisi nell’intervista già citata “più leggero, più natalizio, anche se ci sono i social e il loro potere terribile di detonatore dei conflitti” ponendolo in relazione ai mali che affliggono la Puglia e in riferimento in particolare a “Terrarossa” in cui ha affrontato il problema del caporalato. La vicenda si ambienta in periodo prenatalizio come si legge nella sinossi (da Sonzogno):

“25 novembre. Nella città affollata e piena di turisti in attesa del Natale, il bed & breakfast di Carmela, la sorella di Lolita Lobosco, riscuote sempre più successo. Tra gli ospiti, anche uno scrittore romano, Enrico Fasulo, che ha deciso di ritirarsi a Bari per qualche settimana e dedicarsi alla stesura del suo nuovo libro. Carmela, sensibile al suo fascino, cucina per lui e, tra le sue tante specialità, gli prepara uno scammaro squisito secondo la ricetta di nonna Dolò. Il giorno dopo, l’uomo viene trovato morto. L’autopsia non lascia dubbi sulla causa del decesso: si tratta di avvelenamento”… di cui sarà accusata Carmela.

e anche

Brevi note biografiche

Gabriella Genisi è nata e abita a pochi chilometri da Bari. Ha scritto numerosi libri e ha inventato il personaggio di Lolita Lobosco, protagonista dei romanzi pubblicati da Sonzogno che hanno ispirato la fortunata serie tv trasmessa su Rai 1: La circonferenza delle arance (2010), Giallo ciliegia (2011), Uva noir (2012), Gioco pericoloso (2014), Spaghetti all’Assassina (2015), Mare nero (2016), Dopo tanta nebbia (2017) e I quattro cantoni (2020). Per Rizzoli sono usciti Pizzica amara (2019) e La regola di Santa Croce (2021).

Della stessa autrice su tuttatoscanalibri

“Terrarossa”

Robert Capa fotografo di guerra: a 110 anni dalla nascita (1913 – 2023)

(Foto originale da Wikipedia)

La fotografia è un’arte che coglie attimi, espressioni, situazioni e, con ampiezza e precisione, trasmette come parola scritta emozioni e sensazioni, come un’opera d’arte è senza tempo anche quando racconta un momento ben preciso.

Il Museo della Fotografia di Robert Capa a Troina, in provincia di Enna, espone 62 scatti, preziosi e inediti, del grande fotografo di guerra.

Proprio a Troina infatti si scontrarono tra il 30 luglio e il 6 agosto 1943 le forze militari italotedesche e la Settima armata USA: con lo sbarco in Sicilia, a Gela, il 10 luglio aveva avuto inizio insieme alle truppe alleate dell’Ottava Armata sbarcate a Pachino e Siracusa, l’Operazione Husky. Capa al seguito delle forze USA come reporter documentò gli eventi di quei giorni fotografando non solo i combattimenti ma quanto si legava direttamente al conflitto con le sue terribili conseguenze per la popolazione e per le cose

Era nato a Budapest nel ’13 ed era stato naturalizzato americano; il suo vero nome era Endre Ernö Friedmann.

Nel 2021 una selezione di quegli scatti, acquisita da negativi originali dal Comune di Troina, fu esposta nel Museo dedicato al fotografo. Nella presentazione del Sito del Museo si viene a conoscenza del lungo periodo intercorso tra l’ideazione e la sua realizzazione, cinque anni per selezionare e acquisire il materiale fotografico dall’International Center of Fotography di New York da cui 62 scatti della Collezione “Fragments of War in Sicily”; l’esposizione nelle stanze del Palazzo Pretura è nata dalla collaborazione tra la Fondazione della Famiglia Pintaura e il Comune medesimo.

In occasione dei 110 anni dalla nascita altre mostre documentano in Italia l’opera di Capa: a Milano con l’iniziativa del Mudec di Milano la mostra dal titolo Robert Capa. Nella Storia aperta dall’ 11 novembre 2022 al 19 marzo 2023 con 80 stampe fotografiche è realizzata in collaborazione con l’agenzia Magnum.

A Rovigo la mostra Robert Capa. L’opera 1932-1954 è allestita a Palazzo Roverella,  dall’8 ottobre 2022 al 29 gennaio 2023

Qui alcune delle foto più conosciute

Qui alcuni volumi per conoscere l’opera di Capa

Il Museo Robert Capa a Troina

Brevi note biografiche

Robert Capa pseudonimo del fotografo statunitense d’origine ungherese (Budapest 1913 – Thai Binh, Vietnam, 1954). Dal 1936 (guerra civile in Spagna) fu presente sui principali fronti come fotoreporter, realizzando drammatiche immagini di scene di combattimento e fotografie di massa altamente significative. Collaboratore della rivista Life, fu tra i fondatori (1947) dell’agenzia Magnum-Photo. Morì in una missione sul fronte indocinese per lo scoppio di una mina antiuomo. (da Treccani)

Maura Quattrini e Davide Demaldé “Nelle terre di Giuseppe Verdi. Viaggio tra i caseifici del Maestro”

Mondadori Electa

Un ritratto inconsueto di Giuseppe Verdi, benefattore e illuminato imprenditore agricolo; un suggestivo e coinvolgente quadro ambientale e di costume per riscoprire le atmosfere in cui il Maestro vigilava nelle sue proprietà nel piacentino.

Così si legge sulla Quarta di copertina e, in effetti, è sicuramente un aspetto della vita, delle opere e degli interessi del compositore, inserito in un contesto ambientale e storico, mai preso in considerazione.

Originario di Parma, soggiornò infatti per lungo tempo nel comprensorio piacentino dove, tra i caseifici di Piantadoro e Castellazzo (Villanova d’Arda), in veste di agricoltore amava trascorrere nelle sue proprietà occupandosi di agricoltura e, da oculato imprenditore, di allevamenti e di formaggio, quel Grana il cui nome in origine era piacentino, ma anche mantovano, bresciano e cremonese a seconda delle zone di produzione, e che nel 1954 prese il nome con cui lo conosciamo oggi: Grana Padano.

Un libro fatto di documenti e testimonianze che qualificano il Maestro non solo come grande compositore, evidenziando che le sue maggiori opere furono proprio frutto di quelle terre, scritte quasi tutte a Sant’Agata, dove amava passeggiare soffermandosi a discorrere con i conduttori dei suoi caseifici: il Campioli e consorte, gestori del caseificio di Castellazzo, ma anche gli Allegri e i Cavalli a Piantadoro.

Aneddoti e ricordi caratterizzano il lavoro di ricostruzione dei due autori nel periodo di quasi mezzo secolo che vide Giuseppe Verdi vivere e produrre musica e formaggio proprio nel piacentino, agricoltore attento e amante delle sue produzioni che curava personalmente con amore e passione per la terra.

Ken Scott

La prima monografia edita da Rizzoli,

la presentazione su Libri Panorama

L’arte, i tessuti, i fiori, i vestiti, le sfilate, le case, l’anticonformismo. Gli archivi di Ken Scott si aprono per rivelare il lavoro e la vita di un designer contemporaneo del suo e del nostro tempo. Ken Scott, il “giardiniere della moda”, è stato un personaggio eclettico, un creativo a tutto tondo, pittore, creatore di tessuti, designer, ha portato nel mondo della moda la sua passione per l’arte, per i fiori, per il colore. Pittore, amico di Peggy Guggenheim, nato in America e approdato nel 1954 nella Milano del boom economico, Scott ha rivoluzionato il mondo dei tessuti e l’uso delle stampe nella moda. All’inizio degli anni Sessanta ha rinnovato la moda con le sue stampe a fiori grandi, ripetuti e dai colori accesi, con girasoli, peonie, rose, papaveri e ogni tipo di fantasia floreale. Precursore dell’unisex e delle sfilate happening, i suoi abiti vestivano la nobiltà italiana e il jet set internazionale: da Jacqueline Kennedy a Marisa Berenson e Monica Vitti, tutti avevano nel guardaroba i suoi capi e frequentavano il suo ristorante e le sue case, aperte a feste ed eventi mondani. Ha disegnato di tutto, dai vestiti ai mobili, dai costumi da bagno alle scarpe e alle borse, ai piatti e alle lenzuola, collaborando anche con altre aziende.

Realizzato in collaborazione con la Fondazione Ken Scott, questo volume è la prima monografia esaustiva sulla sua attività e presenta oltre 600 immagini di materiali provenienti dal suo archivio, gli scatti di Guido Taroni e le foto di grandi fotografi internazionali; i testi raccontano l’uomo e il designer attraverso le parole di autori che l’hanno frequentato e conosciuto e di autorevoli firme contemporanee della moda.

Fotografie di Guido Taroni (da Rizzoli Libri)

su Libri Panorama :

Ken Scott:In libreria la prima monografia dell’artista, di Mariella Baroli

Nadia Terranova “Il cortile delle sette fate”, presentazione

[…] “In un’epoca oscura e folle, gli uomini, i maschi, vedono nel comportamento libero di esseri femminili solo un segno del Male, e operano per sopprimere, per distruggere. Ma Palermo è anche città calda e magica che nel suo cuore racchiude un esaltante segreto” (da Guanda libri)

Il cortile delle sette fate, così come il titolo lascia intendere è una favola per i lettori più giovani ma, come spesso le favole, piace a tutte le età; è corredata dalle belle illustrazioni di Simona Maluzzani di cui la copertina offre un assaggio. Favola si diceva proprio perché una delle protagoniste è una gatta nera e i temi di cui vuole essere portatrice sono quelli fondanti e universali.

L’azione si ambienta a Palermo ai tempi dell’Inquisizione quando era facile essere catturati e accusati di stregoneria, a maggior ragione una gatta nera e una bambina orfana allevata e vissuta nel bosco accudita dagli animali che lo abitano e che le hanno fatto da maestri e, ad ogni novilunio, un benefattore che le lasciava in un cestino gli abiti da indossare. La gatta è alla sua terza vita ed ha deciso di chiamarsi Artemide, il nome della sua precedente padrona, la dea dell’Olimpo; la piccola selvaggia è Carmen e corrono nella notte di San Giovanni nella Palermo del 1586 verso una piazzetta dove sette donne bellissime e misteriose sanno regalare magie.

È la piazzetta Sette Fate spiega nella Presentazione l’autrice che a Palermo c’è ancora e di cui racconta Giuseppe Pitrè studioso di leggende e del folclore siciliano:

“nonostante i controlli della feroce Inquisizione, c’era un cortile dove di notte si davano appuntamento sette donne misteriose, una più bella dell’altra….

Un’antica fiaba da cui la Terranova ha preso spunto per una storia moderna, di formazione e di libertà

Della stesa autrice su tuttatoscanalibri:

“Come una storia d’amore”

“Addio fantasmi”

“Bruno. Il bambino che imparò a volare”

Vincenzo Levizzani “Piccolo manuale per cercatori di nuvole”, presentazione

Le nuvole hanno da sempre occupato un posto speciale nella letteratura e nella poesia, e non solo: soffermandoci a guardare il cielo, quante volte abbiamo giocato con le immagini e le figure che ammassi nuvolosi formavano e che allo stesso tempo sfuggivano dentro sagome mai precise tanto da muoversi con l’immaginazione insieme al mutevole iter delle loro a volte bizzarre trasformazioni, divenendo sotto i nostri occhi simbolo di mutazione, di instabilità e di certo, come aveva identificato in esse Shelley, simbolo vitalistico che nella metamorfosi non muore mai.

Ma le nuvole non sono solo fonte di ispirazione sono anche fenomeni che si possono descrivere scientificamente: così Luke Howard con la moglie cominciò intorno ai primi dell’Ottocento a chiamarle per nome, nomi ancora oggi validi. Nomi e descrizioni che possiamo trovare in questo manuale di Vincenzo Levizzani, ricercatore presso l’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Cnr di Bologna, studioso di nefologia, la scienza che studia le nuvole, dove ne indica la collocazione nell’atmosfera sopra di noi, la composizione, la funzione e conformazione: i cirri, ad esempio sono bianchi e sottili, si formano tra i 5 e i 15 metri e indicano bel tempo. Quando recitiamo il vecchio adagio “cielo a pecorelle, pioggia a catinelle” ecco che parliamo dei cirrocumuli che si trovano ad alta quota e che si formano quando incontrano uno strato di cirri. Ma non finisce qui, nel testo l’autore parla anche di nebbia e di nuvole extra terrestri, quelle degli altri pianeti, svelandoci i segreti della vita delle nuvole.

Brevi note biografiche

Vincenzo Levizzani (Formigine, 1957) è dirigente di ricerca dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Cnr di Bologna e professore di Fisica delle nubi all’Università di Bologna.(da Il Saggiatore)

Sempre parlando di nuvole, Levizzani è anche autore del Libro delle nuvole, dove ci conduce “in un viaggio appassionante, durante il quale impareremo a leggere il cielo e incontreremo ciò che avranno da dirci sul clima che sta cambiando. Il libro delle nuvole ci trasporta lassù tra loro, per assistere da vicino, con occhi nuovi, al movimento incessante delle nuvole e coglierne tutte le meraviglie”.( da Il Saggiatore)

“Il centravanti e La Mecca. Calcio, Islam e petroldollari”, Paesi Edizioni

Un saggio a cura di Rocco Bellantone, con il contributo di Marco Cochi, Beniamino Franceschini, Stefano Piazza, Marco Spiridigliozzi e Davide Vannucci. Prefazione di Roberto Tottoli, rettore dell’Università L’Orientale di Napoli

Paesi Edizioni

I discussi Mondiali in Qatar, l’acquisto di Manchester City e PSG da parte degli sceicchi del Golfo, la tratta dei talenti africani, l’oscurantismo dei Talebani, le proteste in Iran: storie, curiosità e aspetti poco noti del calcio contemporaneo e del suo forte legame con la politica nel mondo islamico.

Prima di darsi alla politica Erdogan è stato per anni uno spietato attaccante nelle serie minori turche, guadagnandosi in campo il soprannome di «Imam Beckenbauer». Una delle passioni segrete del leader di Al Qaeda Osama Bin Laden era il tifo per la squadra londinese dell’ArsenalSaddam Hussein sognava di vedere la nazionale irachena ai Mondiali di Messico ’86. Per riuscire nell’impresa assoldò quattro allenatori brasiliani, passati poi alla storia come i «Califfi di Baghdad». Questi e altri aspetti poco noti del calcio contemporaneo e del suo forte legame con la politica nel mondo islamico sono racchiusi ne Il centravanti e La Mecca. Calcio, Islam e petroldollari, un saggio a cura di Rocco Bellantone e realizzato con il contributo di Marco Cochi, Beniamino Franceschini, Stefano Piazza, Marco Spiridigliozzi e Davide Vannucci.

Impreziosito dalla prefazione di Roberto Tottoli, rettore dell’università L’Orientale di Napoli, il libro inchiesta svela il rapporto tra calcio e mondo islamico: dall’oscurantismo dei Talebani agli attentati jihadisti, dalla tratta dei talenti africani agli stadi vietati alle donne in Iran, dall’acquisto di Manchester City e Paris Saint-Germain da parte degli sceicchi del Golfo ai discussi Mondiali in Qatar.

In teoria, ma solo in teoria, il calcio è uno sport ateo. «La verità, però, è ben altra – scrive Rocco Bellantone nell’introduzione. I credi religiosi, infatti, si sono ormai posizionati da tempo in pianta stabile sui terreni di gioco. E se fino a qualche anno fa si trattava per lo più di un affare tutto cristiano, con il proverbiale segno della croce ad accompagnare puntualmente il fischio d’inizio di ogni partita, oggi anche i calciatori musulmani non fanno più mistero della loro fede. E l’aumento della loro esposizione mediatica sta andando di pari passo con la crescita del peso – politico e soprattutto economico – di sceicchi e businessman del Golfo Persico e dell’Asia sul calcio internazionale. La Premier League, la lega più ricca e spettacolare del pianeta, non poteva che fare da apripista a questa tendenza. Negli ultimi anni calciatori del calibro di Mohamed Salah, stella del Liverpool, Sadio Mané, passato dai Reds ai tedeschi del Bayern Monaco, e Paul Pogba, tornato alla Juventus dopo un’esperienza poco esaltante al Manchester United, hanno trascinato nel rettangolo verde la loro fede in Allah. Il resto lo hanno fatto i loro profili social, seguiti in tutto il mondo da decine di milioni di follower».

Donato Carrisi “La casa delle luci”, presentazione

Dopo La casa delle voci (2019) e La casa senza ricordi (2020) torna protagonista dell’ultimo romanzo di Carrisi Pietro Gerber, lo psicologo dei bambini colui che attraverso l’ipnosi sa entrare nella mente dei piccoli e aiutarli a scoprirne i lati oscuri, è soprannominato per questa sua abilità l’”Addormentatore”.

Come nei precedenti lavori l’autore costruisce quattrocento pagine di colpi di scena e di dosaggi sapienti di sorpresa, di paura, tenendo sempre all’erta l’attenzione e le curiosità del lettore.

É Eva la giovane che abbisogna dell’intervento di Pietro, una bambina di dieci anni, accudita da una governante e da una ragazza alla pari nella grande casa sulle colline di San Gimignano, sola senza genitori, senza coetanei, isolata. Ed è proprio l’amico immaginario a convincere Maja Salo, la ragazza finlandese venuta a studiare Arte in Italia, a rivolgersi all’analista: l’amichetto di Eva è immaginario ma sa farle del male tangibilmente, lesioni auto inflitte da chi in quel momento guida la sua mente.

Anche nei due romanzi precedenti la mente dei giovani pazienti è dominata da presenze adulte nascoste ad arte dentro di loro. In questo terzo caso il compagnio immaginario di Eva conosce avvenimenti che non potrebbe sapere perché anteriori alla sua nascita ma che riescono a far emergere nella memoria dello psicologo ricordi d’infanzia che lui stesso non sapeva di avere.

Anche la voce del bambino che parla attraverso Eva sotto ipnosi non gli è del tutto nuova “e, soprattutto, quella voce conosce Pietro. Conosce il suo passato, e sembra possedere una verità rimasta celata troppo a lungo su qualcosa che è avvenuto in una calda estate di quando lui era un bambino” ( da Longanesi Libri)

Era l’estate del 1997 sull’Argentario e un gruppo di ragazzi gioca agli “omini di cera” le cui regole sono presentate in apertura: l’omino di cera insegue i viventi e chi viene toccato diventa a sua volta un omino di cera e insegue i viventi e via e via di seguito…

Dello stesso autore su tuttatoscanalibri

La casa senza ricordi

La casa delle voci

Vedi anche la recensione di Alessandra Farinola da mangialibri

l’intervista a Donato Carrisi di Terry Marocco da Panorama libri

Donato Carrisi il romanzo d’esordio ed altri scritti a cura di Maurizio Amore su Consigli.it

Ottavia Niccoli “Nel campo degli zingari”, recensione di Salvina Pizzuoli

Vallecchi Firenze

Aprile 1593: cinque mesi dopo gli avvenimenti narrati in “Morte al filatoio”, il protagonista è ancora don Tomasso, secondogenito di una famiglia nobile e prete investigatore, con Gian Andrea , il toso “che solo pochi mesi prima era venuto dalla strada a partecipare alla sua vita”, insieme ad altri personaggi già incontrati e che il lettore ritroverà nuovamente nelle prime pagine che si aprono con l’”umor saturnino” del protagonista; tra questi Sabatina che gestisce da trent’anni insieme a lui le incombenze dell’ospizio che accoglie i pellegrini di passaggio, capace anche di curare gli eventuali malati, come capitava in quegli anni di crisi tra chi, in cerca di lavoro, si spostava di città in città. ma anche vagabondi e ladruncoli che si barcamenavano per sopravvivere.

E la trama si arricchisce di personaggi nuovi e nuovi protagonisti legati alla famiglia d’origine di don Tomasso con cui da tempo aveva rotto i legami. È proprio il conte Ercole che, su consiglio di Sabatina, chiederà a don Tomasso di amministrare come legista il piccolo feudo di Cerreto nell’Appennino bolognese ai confini con il modenese dove si sono verificati degli omicidi e dove potrebbero essercene ancora a causa della presenza di un gruppo di zingari, ma con la segreta convinzione che possa giovare alla sua salute un soggiorno lontano dalla città.

Ed è proprio nel piccolo feudo che il nostro sacerdote si troverà, alle prese con due delitti, in uno ancor prima di arrivare, ruberie e attentati su cui fare luce. Una matassa ingarbugliata della quale il nostro valente investigatore saprà trovare il bandolo. Ma il lettore sarà catturato non solo dalla figura di don Tomasso e dei suoi collaboratori, ma dagli usi, l’abbigliamento, le feste, le abitudini, i medicamenti di un tempo così lontano ma a cui partecipa trascorrendoci e seguendo i protagonisti nelle loro giornate: scopre così le convinzioni mediche del tempo, come ad esempio i quattro umori del corpo umano, e l’uso dell’iperico per curare l’umor nero oppure le ferite con il bianco d’uovo, e non solo, anche regole, come la certificazione che accompagnava il viaggiatore a comprovare che il luogo di provenienza era immune dalla peste… qualcosa che ci ricorda tempi presenti anche se afflitti da altre pesti! Oppure la festa dei maggi ovvero l’usanza tra la notte del 30 aprile e il 1 maggio di “rizzare pali o giovani alberi sradicati ai quali attaccare fiori e doni per le ragazze”, giusto per citarne alcune spigolando nel testo.

E poi c’è la giustizia e coloro che l’amministrano e coloro come don Tomasso, doctor utriusque iuris, dottore in diritto sia civile che canonico, che si adopera perché essa sebbene amministrata dal potere pubblico, “dai padroni, come si diceva a Bologna”, assomigliasse anche in modo pallido a quella di cui lo stesso don Tomasso aveva definito per Gian Andrea le caratteristiche:

“La Giustizia è una virtù che consiste nel volere fermamente dare a ciascuno ciò che gli è dovuto e nell’agire di conseguenza”

Una definizione che calza a pennello ancora oggi ma che ancora oggi assomiglia pallidamente a quella virtù così semplicemente delineata per un monello di strada.

Dello stesso autore su tuttatoscanalibri

“Morte al filatoio”

Hans Tuzzi intervista Ottavia Niccoli

Harriet Beecher Stowe “Natale nel Nuovo Mondo” Graphe.it Edizioni

Traduzione di Fabiana Errico

Pagine 80. 12,90 euro

Graphe.it edizioni

La penna cui dobbiamo La capanna dello zio Tom era impugnata da una donna fortemente votata alle cause sociali: prima di tutto quella antischiavista, per la quale Harriet Beecher Stowe è appunto nota, ma anche quella animalista e, non ultima, quella femminista. I suoi scritti minori valgono l’attenzione del lettore moderno: non solo rivelano una qualità letteraria fuori dal comune, ma consentono di intravedere l’esperienza autobiografica della scrittrice, cui si intrecciano il sentimento religioso che ne caratterizza il pensiero e l’ancora più intenso senso di comunità. 

Questo volume raccoglie tre racconti, tutti a tema natalizio, inediti in Italia.

HARRIET BEECHER STOWE (1811-1896), figlia, sorella e moglie di pastori evangelici, è l’autrice del celeberrimo romanzo La capanna dello zio Tom che, descrivendo la crudeltà dei proprietari terrieri schiavisti nei confronti della popolazione afroamericana, rivestì un ruolo rilevante nella lotta che portò all’abolizione della schiavitù negli Stati Uniti d’America a metà Ottocento. Scrisse anche altri romanzi, molto letti all’epoca, e diversi racconti. Tra le altre cose, portò avanti battaglie per favorire la protezione degli animali anche a livello legale e sostenne il vegetarianismo.