Elizabeth Strout “Olive, ancora lei” recensione di Salvina Pizzuoli

Dopo dieci anni da “Olive Kitteridge”, valso il Pulizer all’autrice, il personaggio di Olive ritorna in questo nuovo romanzo costruito a racconti in cui è quasi sempre presente anche se a volte di sfuggita, ma nelle pagine in cui compare le riempie e le completa con il suo spirito schietto, la sua capacità d’intuire i bisogni degli altri senza essere mai sdolcinata ma diretta, con la sua voglia di vita sebbene con rammarichi e consapevolezze così umani e vicini da permettere al lettore di parteciparli tutti, comprendendo anche i moti più sbagliati.

E dieci anni dopo eccola in “Olive, ancora lei” a raccontarsi dopo la vedovanza e il nuovo amore dove i personaggi che ruotano attorno a lei, cittadini di Crosby nel Maine, ricompaiono invecchiati e ciascuno con la propria vicenda di vita vissuta in quella cittadina costiera con i suoi paesaggi di luce, dove la “vecchia ciabatta”, come affettuosamente viene chiamata e ritenuta la scorbutica insegnante di matematica e moglie del buon farmacista, ha trascorso tutta la propria vita e dove conosce tutti e tutti la conoscono.

E il lettore racconto dopo racconto l’accompagna attraverso la sua decadenza fisica di donna ormai più che ottantenne e la solitudine, nuovamente vedova, senza mai abbandonare quel suo piglio nei confronti di se stessa e del mondo che la circonda, senza mezzi termini, un po’ spietata ma onesta fino in fondo nello scrutare e nello scrutarsi.

Elizabeth Strout ha saputo rinnovare al lettore in questo secondo romanzo il piacere di un nuovo incontro con un personaggio spigoloso che sa farsi amare in questo scorcio di vita rimanente con le sue nuove fragilità e un vissuto alle spalle e tanti sguardi all’indietro, un po’ come gli altri, tutti invecchiati, tutti con i propri scheletri nell’armadio perché non c’è una sola persona su questa terra che non si porti appresso un paio di brutti ricordi per tutta la vita

Dello stesso autore “Olive Kitteridge”

Olivia Laing “Gita al fiume” presentazione

Pubblicato in inglese nel 2011 il romanzo di Olivia Laing, scrittrice e critica letteraria inglese, viene oggi tradotto e presentato in Italia da Il Saggiatore

Nel giorno del solstizio d’estate l’autrice in un momento di crisi decide di intraprendere un viaggio a piedi lungo il fiume Ouse, la cui scelta nasce dal ricordo ma è anche simbolica: acqua come lavacro, rinascita e anche viaggio con una meta sicura, là dove il fiume confonde le proprie acque con quelle del mare. Un fiume lungo il quale si intrecciano momenti e riflessioni personali con i fatti che riguardarono il medesimo fiume, gli avvenimenti della vita di Virginia Woolf che in una casa isolata nei pressi dell’ Ouse visse con il marito e scrisse parte delle sue opere e dove, nel 1941, decise di porre fine alla propria vita, e non solo. “Viaggio sotto la superficie” recita il sottotitolo, per indagarsi dentro, per ritrovarsi, quando tutto sembra crollare. Un romanzo non etichettabile perché memoir, saggio biografico, descrizione di flora fauna e riflessione sul paesaggio.

Olivia Laing brevi note biografiche da Il Saggiatore

Olivia Laing Olivia Laing (1977) è una scrittrice e critica letteraria inglese. Collabora con il Guardian, il New Statesman e Frieze ed è stata responsabile della sezione «Libri» dell’Observer. Il Saggiatore ha pubblicato il best seller internazionale Città sola (2018) e Viaggio a Echo Spring (2019).

Eudora Welthy “Nozze sul delta” presentazione

Eudora Welty “Nozze sul delta”

Pubblicato per la prima volta nel 1946 viene oggi riproposto da Minimum Fax.

Un affresco a più voci, con una miriade di personaggi e una cura particolare ai dettagli, racconta la storia di una numerosa famiglia, i Fairchild, e un luogo, il Sud, il delta del Mississippi: settembre 1923, Laura, la giovanissima protagonista, ha solo nove anni ed è da poco rimasta orfana di madre, a bordo di un treno, da Jackson si sposterà a Shellmound, la grande piantagione sul Delta del Mississippi dove sono in corso i preparativi per le nozze della giovane secondogenita dei Fairchild,

“Con una prosa limpida, fuori dal tempo, Eudora Welty ci racconta la fine di un’epoca, costruendo un mosaico di storie che hanno il profumo e il ritmo pigro del più profondo e autentico Sud, un mondo che appare al tempo stesso immutabile e dolorosamente transitorio”. (da Minimum Fax Editore)

Nata a Jackson (1909 – 2001), Mississippi, Eudora Welty è voce importante della letteratura femminile del Sud degli Stati Uniti. Premiata con il Pulitzer, esordì sulla scena letteraria statunitense con il racconto “Morte di un commesso viaggiatore” (1936) pubblicato sulla Rivista Manuscript.

Howard Owen “Oregon Hill” presentazione in breve

Howard Owen è autore di una serie di crime story di cui Oregon Hill è il primo. Pubblicato nel 2012, soltanto ora in italiano, ha vinto l’Hammett Prize, uno dei riconoscimenti più prestigiosi del crime americano.

Protagonista è il giornalista Willie Black che ora scrive sulla pagina del giornale dedicata alla cronaca nera, come indica il suo biglietto da visita che reca cancellato a penna “cronaca politica” sezione per la quale ha lavorato per molto tempo ma da cui è stato trasferito per il suo carattere e i molti vizi che lo corredano, ma ha un grande fiuto e la caparbietà di andare sempre a fondo nei casi che gli vengono affidati.

Non è stato archiviato troppo presto l’omicidio di una giovane studentessa la cui testa è stata decapitata e recapitata al genitore?

Il suo corpo è stato ritrovato nelle acque del fiume South Anna e il principale indiziato è il ragazzo con cui aveva una relazione la cui stessa confessione pare estorta. Ed è Oregon Hill, il quartiere popolare di Richmond, di cui lo stesso Willie è originario, che lo vedrà indagare non solo la psicologia dei personaggi della vicenda ma la realtà stessa della provincia americana mettendone a nudo i nodi ancora irrisolti: non solo crime.

Donatella di Pietrantonio “Borgo Sud” presentazione e con la recensione di Maria Anna Patti di CasaLettori

La recensione di Maria Anna patti di CasaLettori

In Borgo Sud Donatella di Pietrantonio continua a tessere le vicende della famiglia di cui il lettore ha già fatto conoscenza nell’Arminuta, la Ritornata, vincitore nel 2017 del Premio Campiello insieme ad altri premi; ma se il precedente ruotava appunto sul ritorno in famiglia dell’Arminuta attraverso gli occhi di quest’ultima, protagonista tredicenne, in questo seguito il romanzo si incentra sulle due sorelle, ormai cresciute, giovani donne, e sul loro rapporto, gli avvenimenti e le scelte operate nelle proprie vite. Anche questo è raccontato in prima persona, da “una donna timida, austera ma ostinata” scrive Elena Stancarelli nella sua recensione (su DLa Repubblica).

Un romanzo il cui seguito era stato pensato, previsto, ma la cui gestazione è stata lunga, dopo un silenzio e un vuoto che non si spalancavano. E poi, come l’autrice stessa racconta in una recente pagina su “tuttolibri”, chiusa in una stanza d’ospedale ricoverata nel reparto di Terapia radiometabolica dell’ospedale di Pescara, in quella reclusione forzata, il vuoto si è colmato e i personaggi, anzi proprio Adriana, ha invaso la scena con la sua energia e ha interrotto quel silenzio. È proprio per lei che l’autrice cambia l’ambientazione, perché era necessario per lei un orizzonte più ampio. Sono così cominciati i sopralluoghi nel Borgo Marino di Pescara, quartiere dei pescatori, quel Borgo Sud che dà il titolo al romanzo stesso.

Da Giulio Einaudi Editore, brevi note biografiche

Donatella Di Pietrantonio vive a Penne, in Abruzzo, dove esercita la professione di dentista pediatrico. Con L’Arminuta (Einaudi 2017, tradotto in piú di 25 paesi) ha vinto numerosi premi, tra cui il Premio Campiello, il Premio Napoli e il Premio Alassio. Per Einaudi ha pubblicato anche Bella mia (prima edizione Elliot 2014), con cui ha partecipato al Premio Strega 2014 e ha vinto il Premio Brancati, e Borgo Sud (2020).

Brian Phillips “Le civette impossibili” recensione di Salvina Pizzuoli

Otto storie, incontri, reportage, racconti, saggi, in giro per il mondo, dall’Alaska al Giappone e in India e in Russia, che si chiudono a Ponca City Oklahoma dove Brian Phillips è nato: corse di cani da slitta seguendo l’Iditarod, la corsa più famosa, anticipando i musher e le loro mute lungo le tappe, con voli su una terra sconfinata tra ghiacci, gelo e disavventure, per atterrare nel racconto successivo in Giappone a scoprire la più antica delle arti marziali, il rituale del Sumo, e partecipare al torneo del più grande sumōtori nel ring delimitato da balle di riso all’interno dell’invalicabile dohyō. E il viaggio continua nell’Area 51 e ancora con un incontro speciale: in Verrà il lupetto grigio Phillips ci porterà a far conoscenza con un grande dell’animazione, Jurij Norštej, ormai anziano ma ancora alle prese con un capolavoro incompiuto, il film tratto da Il cappotto di Gogol, E così, tappa dopo tappa di un viaggio che non è solo un viaggio o la semplice cronaca, potremo incontrare e conoscere regine, mangiatrici di uomini nella giungla indiana, tra le tigri e i cacciatori di tigri, e ogni viaggio è una scoperta e una sorpresa entusiasmante, pieno com’è di curiosità e guizzi punteggiati anche da domande che l’autore rivolge a se stesso, per indagarsi, perché il viaggio è scoperta anche di sé. E per concludere la storia incredibile di Lydie Marland e di Ponca City.

E le civette impossibili?

Compaiono qua e là tra le pagine e poi si sa, come afferma l’autore, sono spesso protagoniste nei racconti di tutti coloro che sono venuti a contatto con gli extraterrestri… uccelli notturni, messaggeri di intricati presagi, dal mondo dell’impossibile.

Su Adelphi Editore un estratto dalla prime pagine

Tea Ranno “Terramarina” presentazione

Dov’è Terramarina? È un luogo del cuore, dove si torna senza mezzi di locomozione, dove si sta bene come non altrove, dove si sente e l’accudimento e l’avventura, è “casa”, il luogo dell’amurusanza nonché seguito alle omonime pagine.

Protagonista è la bella Agata alta, slanciata, gran petto palombino, fianchi tondi, occhi del più acceso azzurro, incarnato di pupa e capelli neri a onde lunghe, insieme a quella generosa famiglia fatta dai tanti protagonisti che si incontrano sin dalle prime pagine, nella notte della vigilia di Natale nel piccolo borgo siciliano quando Agata ha deciso di restare sola a rinverdire ricordi amari: la morte del marito e i sentimenti nuovi verso Andrea che ora le manca. La Tabacchera, ora Sindaca, questi i suoi nomignoli, ha declinato l’invito della famiglia allargata che non vuole saperne di lasciarle trascorrere in solitudine una notte così speciale. E sarà il caso o la magia del luogo o la bellezza o la poesia che porterà Luce, la neonata abbandonata, la nuova nata, da accogliere nella comunità. Tea Ranno con il suo stile narrativo che sa fondere armoniosamente e senza difficoltà per chi legge il dialetto e la lingua la cui musicalità si fa dolcezza, sa trasportare il lettore nel vivo delle vite dei tanti abitanti di quel grumo di case adagiato sulla mano di Dio.

Dal catalogo Mondadori

È la sera della vigilia di Natale e Agata, che in paese tutti chiamano la Tabbacchera, guarda il suo borgo dall’alto: è un pugno di case arroccate sul mare che lei da qualche tempo s’è presa il compito di guidare, sovvertendo piano piano il sistema di connivenze che l’ha governato per decenni e inventandosi una piccola rivoluzione a colpi di poesia e legalità.

Ma stasera sul cuore della sindaca è scesa una coltre nera di tristezza e “Lassitimi sula!” ha risposto agli inviti calorosi di quella cricca di amici che è ormai diventata la sua famiglia: è il suo quarto Natale senza il marito Costanzo, che oggi le manca più che mai. E, anche se fatica ad ammetterlo, non è il solo a mancarle: c’è infatti un certo maresciallo di Torino che, da quando ha lasciato la Sicilia, si è fatto largo tra i suoi pensieri.

A irrompere nella vigilia solitaria di Agata è Don Bruno, il parroco del paese, con un fagotto inzaccherato tra le braccia: è una creatura che avrà sì e no qualche ora, che ha trovato abbandonata al freddo, a un angolo di strada.[…]

E anche brevi note biografiche:

Tea Ranno è nata a Melilli, in provincia di Siracusa, nel 1963. Dal 1995 vive a Roma. È laureata in giurisprudenza e si occupa di diritto e letteratura. Ha pubblicato per e/o i romanzi Cenere (2006, finalista ai premi Calvino e Berto e vincitore del premio Chianti) e In una lingua che non so più dire (2007). Nel 2012 è uscito per Mondadori La sposa vermiglia, vincitore del premio Rea, e nel 2014, sempre per Mondadori, Viola Fòscari. Nel 2018 ha pubblicato Sentimi (Frassinelli) e nel 2019 L’amurusanza (Mondadori).

Stefania Bertola “Via delle Magnolie 11” presentazione

“Come sfuggire alla melensaggine che si diffondeva a macchia d’olio, aggravando la pena di tutti? L’unica cosa che mi è venuta in mente è stata di offrire a chi avesse avuto voglia di servirsene una storia negativa al tampone, ma non solo, che del tampone proprio ignorasse l’esistenza”; come non comprendere questa reazione dell’autrice al “maledetto virus”? “Così ogni mattina, – continua – dal 16 marzo al 3 maggio, mi sono alzata e come prima azione della giornata ho scritto cinque o sei pagine e le ho postate”.

Ne è nato un romanzo che si preannuncia una trilogia, come dimostra, pubblicata in appendice, la prima puntata del secondo volume, un romanzo corale sbocciato su Facebook e lì condiviso, modificato, arricchito di suggerimenti da parte degli amici di Fb come scrive l’autrice in Quarta di copertina.

Cosa racconta?

Racconta dei Boscolo una famiglia con propaggini in America: la storia si muove in varie località ma principalmente a Rivabella, una cittadina immaginaria sul lago Maggiore, e in una palazzina in via delle Magnolie 11 dove quasi tutti i Boscolo risiedono. La trama prende il via dalla notizia ferale che Jeremy, nipote di zia Antonia, dalla lontana Bridgeton nel New Jersey sarebbe venuto a lavorare in Italia e pertanto si rendeva utile l’appartamento al secondo piano di proprietà dei Boscolo americani, appartamento affittato dai Boscolo di Rivabella che ne intascano truffaldinamente affitti decennali. Un appartamento fatto credere cadente ai legittimi proprietari, i cugini americani, ma in realtà affittato a loro insaputa. E la storia continua, a puntate!

Dal Catalogo Giulio Einaudi Editore

Nato come un romanzo a puntate durante il lockdown, potente antidoto ai limiti della clausura, questo primo capitolo della saga dei Boscolo ci travolge con i suoi personaggi e le loro sgangherate avventure, in uno scenario che assomiglia poco alla vita reale, ma che della vita reale ha tutta la sapiente, incontenibile follia.

Christiane Ritter “Una donna nella notte polare” presentazione

Un’esperienza estrema vissuta da Christiane Ritter nel 1933 e da lei raccontata cinque anni più tardi in questo mirabile romanzo che non ne è solo la cronaca: un anno sull’isola Spitsbergen, nell’arcipelago delle Svalbard, in Norvegia. Christiane raggiunge il marito cacciatore e naturalista e il suo amico Karl in un semplice capanno lungo un fiordo. Dopo un primo momento di sconcerto legato all’ambiente, al clima, alla lunga notte artica, la Ritter sa comunicare al lettore le riflessioni, le trasformazioni e i mutamenti interiori di fronte alla nuova realtà, introiettati dal contatto ravvicinato e spesso violento con la natura e con la solitudine in un ambiente estraneo dentro l’interminabile buio della notte artica, da ottobre a febbraio, fino al chiarore diffuso dei mesi estivi. Un viaggio interiore corredato dai disegni dell’autrice, pittrice, donna e narratrice straordinaria, che è stata capace di trasferire sulla carta di questo unico romanzo, la lezione che si può trarre dal rapporto stretto con la natura: rispetto della bellezza e della sacralità della vita e una pace interiore determinata dal riconoscimento di nuove priorità.

Da Keller editore:

Nel 1934 Christiane Ritter lascia l’Austria per raggiungere la remota isola artica di Spitsbergen, dove fermarsi per un anno assieme al marito. Pensa che sarà un viaggio rilassante, un’opportunità per rimanere accanto “al tepore della stufa, e limitarmi a sferruzzare, dipingere guardando fuori dalla finestra, leggere libroni nella calma più remota e soprattutto dormire a volontà”.
Ma quando Christiane arriva a destinazione si ritrova di fronte a qualcosa di molto meno bucolico e romantico: una capanna piccola e malmessa, posta sulla riva di un fiordo solitario a centinaia di chilometri di distanza dall’insediamento più vicino, e la necessità di combattere ogni giorno con gli elementi della natura per sopravvivere.[…]

e brevi note biografiche

Nata nel 1897, Christiane Ritter è stata un’artista e autrice austriaca. Ha scritto Una donna nella notte polare al suo ritorno in Austria dall’isola di Spitsbergen. Da allora è diventato un classico della letteratura di viaggio e del nature writing tradotto in numerose lingue. Christiane Ritter è morta a Vienna nel 2000 all’età di 103 anni.

Walter Veltroni “Buonvino e il caso del bambino scomparso” presentazione

Walter Veltroni in questo secondo giallo torna alle vicende del commissario Giovanni Buonvino, che abbiamo conosciuto in Assassinio a Villa Borghese, ambientandolo in una Roma particolare, quella del primo lockdown, purtroppo ormai è possibile numerarlo con il numero 1, nell’estate appena trascorsa di questo anno bisesto…, quando ci sembrava di essere appena usciti da un incubo.

Anche il commissario riprende le vecchie abitudini, Villa Borghese dove ha sede il suo ufficio con la debita fermata al chiostro di via Raimondi per il caffè di apertura di giornata, e poi l’incontro con Daniela e il racconto di lei: un pomeriggio del maggio 2009 a Villa Borghese, il piccolo Aldo, il fratellino, scompare senza che di lui si abbiano più notizie nonostante le ripetute indagini e il forte desiderio, quasi una liberazione da un castigo, di trovare risposta al caso irrisolto. Un tempo sospeso, una storia sospesa. Ha quindi inizio la nuova indagine di Buonvino, un anno dopo la brillante risoluzione del feroce caso dei corpi smembrati.

Da Marsilio Editori

È l’estate del 2020. Tra speranze e paure, i romani si stanno lasciando alle spalle la lunga quarantena imposta dalla pandemia. Un anno dopo aver brillantemente risolto il terribile caso dei corpi smembrati, il commissario Buonvino sta ancora vivendo il suo momento di gloria, anche se in realtà non vede l’ora di uscire dalla luce dei riflettori. Quando una ragazza lo avvicina per chiedergli di indagare sul fratello minore, scomparso anni prima e mai più ritrovato dopo una gita con la famiglia nel parco di Villa Borghese, Buonvino si appassiona a quel cold case dai risvolti oscuri e decide di aiutarla. Ad affiancarlo nelle indagini c’è sempre la sua scalcinata squadra di agenti, integrata da due nuovi ingressi che non mancano di creare scompiglio, sia tra gli uomini che nel cuore del commissario.[…]

Dello stesso autore

Assassinio a Villa Borghese