Francis Scott Fitzgerald “Il grande Gatsby”

“Il grande Gatsby”, titolo originale The Great Gatsby, è un romanzo di Francis Scott Fitzgerald (1896 – 1940), scrittore e sceneggiatore statunitense, pubblicato per la prima volta a New York nel 1925,  ambientato e a New York e a Long Island durante l’estate del 1922.

La storia viene raccontata da uno dei personaggi, Nick Carraway, vicino di “casa” di Jay Gatsby, il protagonista, che vive nella grande villa, con torre piscina in marmo e grande parco e giardino, che nessuno steccato separa dalla casetta affittata per ottanta dollari dal narratore della storia che segue da vicino le grandi feste che vi si tengono, organizzate dal padrone di casa che conosce solo pochissimi degli invitati ma che al contrario sembrano sapere bene da dove sia arrivata la fortuna del loro anfitrione e su cui spettegolano, ritenendola alcuni frutto di affari leciti e fortunati mentre altri malignano di loschi contrabbandi o di assassinii.

È così che il lettore inizia a conoscere il personaggio Gatsby misterioso e affascinante che successivamente l’autore tratteggerà con caratteristiche meno rispondenti all’alone di mistero che lo circonda dentro un interessante affresco del periodo americano degli anni venti.

Su Panorama cultura: “Il Grande Gatsby”, quattro curiosità sul libro leggenda

Stralci dall’introduzione di Alessandro Piperno

Anni fa, in gita a Long Island, mi spinsi fino alla lingua di costa su cui sorgeva la dimora che Sott Fitzgerald regalò al suo esigentissimo Jay Gatsby ( pare che l’abbiano demolita qualche decennio fa). […]

Che choc scoprire che questo circo è stato allestito per impressionare una ragazza! Tenerone di un Gtsby!

Lei si chiama Daisy. Abita con l’arrogantissimo marito Tom Buchannan in una villa non meno adeguatamente fastosa, dall’altra parte della baia. Al contrario di quelli di Gatsby, i soldi di Tom e Daisy sono antichi. […]

Nascere ricchi. È tutto lì il segreto. È la sola cosa che un self-made man non potrà mai comprare. La sola onta genealogica che non potrà mai ripulire, se non a costo di una patetica menzogna. È questo che imbarazza tanto Gatsby? È questo il muro che non si può scalare? […] Si sente che il rancore e lo spirito di rivalsa di Gatsby non è poi così diverso da quello del suo creatore “ Erano gente sbadata, Tom e Daisy sfracellavano cose e persone e poi si ritiravano nel proprio denaro e nella loro ampia sbadataggine o in ciò che comunque li teneva uniti, e lasciavano che altri mettessero a posto il pasticcio che avevano fatto…”


“[…]Il mito americano si decompone pagina dopo pagina, mantenendo tutto lo sfavillio di facciata ma mostrando anche il ventre molle della sua fragilità. Proprio come andava accadendo allo stesso Fitzgerald, ex casanova ed ex alcolizzato alle prese con il mistero di un’esistenza ormai votata alla dissoluzione finale”.(da La Feltrinelli)

e anche

“[…]Il grande Gatsby (The great Gatsby, 1925), uno dei classici della letteratura americana, fu la rivelazione di un ingegno ormai maturo, capace di analizzare emozioni e motivazioni delle classi agiate e di indicarne l’implicita distruttività. La forza del romanzo è nella sua lucidità formale di narrazione «indiretta», che, secondo la lezione di James e di Conrad, affida a un «testimone» il compito di evocare il magico e drammatico percorso del mito americano.”(da La Feltrinelli Libri Autori)


“La sua opera rimane al periodo tra le due guerre, quella che in America fu detta “l’età del jazz”. […] La sua arte sta in un impercettibile equilibrio tra cinismo e tenerezza, in un linguaggio limpido, senza sbavature, con un timbro tragico sempre presente. Tornò, nell’ultimo dopoguerra, al favore della critica che, dopo l’intervallo della letteratura sociale e naturalista, riconobbe in lui un precursore della nuova narrativa americana”.(da Treccani)

Alfredo Mantici “Spie atomiche”, Paesi Edizioni

Il peccato originale della guerra fredda

Nel nuovo saggio di Alfredo Mantici, l’ex numero uno del Dipartimento Analisi del Sisde – autore anche del best seller Spy Games – svela il peccato originale della guerra fredda: come le spie di Mosca “rubarono” la bomba nucleare agli Usa, innescando la corsa al riarmo.

Chi consegnò ai russi i segreti per produrre la bomba nucleare? Decine di agenti infiltrati nei Paesi comunisti, molti dei quali furono poi “bruciati” e persero la vita a causa delle loro attività spionistiche, che per una quindicina di anni trasmisero puntualmente a Mosca segreti politico-militari, analisi economiche e scientifiche e progressi sulle ricerche nucleari e la decisione di produrre la bomba. Le loro incredibili storie sono svelate nel libro Spie Atomiche. Il peccato originale della guerra fredda da Alfredo Mantici, ex capo del Dipartimento Analisi del Sisde, il servizio segreto interno italiano.

Mantici è un maestro nello spiegare come le più straordinarie imprese dell’intelligence abbiano condizionato il corso della storia militare politica e dell’umanità.

Adesso, nel secondo libro della collana che racconta le storie dei protagonisti dello spionaggio (il primo è il best seller Spy Games – Le più grandi operazioni d’intelligence della storiaè presente anche una galleria fotografica con i volti delle spie, fotografie singole o di coppia come quelle di Lona e Morris Cohen o Ethel e Julius Rosenberg, insieme nella vita e nel condurre le imprese che portarono alla corsa al riarmo.

«Quando, alla fine della Seconda guerra mondiale, i russi avanzarono verso Berlino, negli ultimi dieci giorni di battaglia per prendere la capitale tedesca già distrutta dai bombardamenti, persero centomila uomini senza battere ciglio» scrive Mantici nella premessa. «Questi sono i russi. Un popolo che non si arrende perché ha una resilienza millenaria, essendo abituato praticamente a tutto: agli zar, a Stalin, a vivere sotto il comunismo. Sottovalutarli significa perdere. Se i sovietici alla fine sono usciti sconfitti dalla Guerra Fredda, tuttavia sono stati capaci di resistere allo schiacciante predominio americano ben oltre le loro possibilità. E ciò lo si deve anche alla determinazione delle loro spie. Ecco perché, nel confronto con la Russia le agenzie d’intelligence occidentali non possono trascurare gli aspetti culturali degli interlocutori che hanno di fronte. Ogni volta che hanno sottovalutato l’avversario, il risultato ha premiato la resilienza di Mosca. E le storie sulle “spie atomiche” che seguono, sono qui a testimoniarlo».

Alfredo Mantici, Classe 1950, nato a Roma, laurea in medicina, è entrato nel Sisde nel 1979 e ha scalato tutti i gradini della carriera interna fino al 2002, quando è divenuto Capo del Dipartimento Analisi. Si è occupato di sicurezza, relazioni esterne, contro-spionaggio e della direzione della Scuola di Addestramento Sisde. Oggi è professore universitario e già autore del best seller Spy Games.

Dello stesso autore per Paesi Edizioni nella Collana Intrigo

Spy Games ha inaugurato la nuova collana ‘INTRIGO’ di Paesi Edizioni, dedicata al mondo dell’intelligence

Se oggi la raffigurazione dei moderni servizi segreti è resa popolare, e nel contempo rielaborata dalla sua rappresentazione fantastica attraverso film e romanzi (che hanno contribuito alla creazione di miti e leggende spesso poco aderenti con la realtà), uomini non meno leggendari – ma autentici – ne hanno invece fatto parte, scrivendo importanti pagine di storia. Spesso, al prezzo della propria vita e peraltro senza comparire mai. Di alcuni di loro conosciamo i nomi, di altri non sapremo mai. «Spy Games» intende restituire a tutti loro un po’ di meritata gloria.

“L’altra metà dell’editoria”

Le professioniste del libro e della lettura nel Novecento

a cura di Roberta Cesana e Irene Piazzoni

Storia del libro e dell’editoria nel Novecento e delle donne redattrici, traduttrici, illustratrici che ci hanno lavorato. Spesso nomi oscuri, altri conosciuti, Gianna Manzini o Natalia Ginzburg, protagoniste tutte dei quindici saggi raccolti dalle docenti Roberta Cesana e Irene Piazzoni, non per fare la storia dell’editoria al femminile, ma per rendere giusto ricordo a chi ci ha lavorato con impegno e creatività, nomi da restituire e inserire nella storia del libro in generale, per cogliere la specificità dell’apporto all’interno sia delle Case Editrici, sia delle Biblioteche sia nella cura redazionale.

Vi trova spazio l’importanza della presenza femminile ma anche le difficoltà che le donne hanno incontrato prima di affermarsi come professioniste dei vari settori dove si opera sul libro o si crea, nel rapporto interconnesso tra scrittura e lettura

“Nei saggi qui raccolti viene presa in esame un’ampia gamma di casi e di esperienze del nostro Novecento, e in essi ci si interroga sul ruolo femminile nei processi di produzione culturale, evidenziando l’evoluzione del mercato librario e i cambiamenti che accompagnano il lavoro delle donne lungo tutto il corso del ‘secolo breve” (da Ronzani Editore)

e anche

“È in uscita ad ottobre, presso Ronzani editore, il volume che raccoglie le relazioni presentate al Terzo seminario per giovani studiose e studiosi di storia dell’editoria organizzato dal Centro APICE in collaborazione con il Dipartimento di Studi storici e con la Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, e tenutosi nel novembre 2020, frutto di una call for papers internazionale sul tema L’altra metà dell’editoria. Le professioniste del libro e della lettura nel Novecento. A questo iniziale corpus di contributi, 13 in totale, se ne sono aggiunti due di quadro, in apertura, rispettivamente dedicati ai due grandi circuiti ideali, ma sempre in reciproca corrispondenza, del sistema culturale: la produzione di testi scritti e la lettura”.(da Apice )

Cristina Cassar Scalia “Le stanze dello scirocco”

presentazione di Mar

Anche in questo romanzo Cristina Cassar Scalia stupisce e avvince il lettore con la sua capacità di trasmettergli i forti sentimenti dei suoi protagonisti.

Ma non c’è solo questo: il romanzo è un viaggio nel tempo, il 1968, e nello spazio, la Sicilia e più precisamente Palermo e la sua provincia.  Sicuramente tali elementi, toccati e descritti con forte empatia, sono maggiormente fruibili da chi ha vissuto quegli anni e da chi ha una qualche dimestichezza con la “sicilianità”. Per quanti non rientrano in tali categorie, le descrizioni dell’autrice fanno comunque  respirare intensamente sia la ventata di cambiamento difficile e violenta di quegli anni sia le peculiarità di una terra dove tutto, dai paesaggi agli ambienti domestici ai luoghi di intrattenimento sociale, trasudano “umanità” nel senso che tutto è permeato di sensazioni profonde e viscerali che non appartengono solo al singolo ma ad un’intera comunità che si riconosce e perpetua valori e abitudini che si tramandano immutabili nel tempo.

La giovane protagonista, Vittoria, ci fa vivere tutto ciò accompagnando il lettore lungo un percorso tortuoso e contemporaneamente lineare durante il quale scopre giorno dopo giorno quanto siano profonde quelle radici che non sospettava di avere. Al lettore che viene preso dalle spirali di una tale narrazione sorge spontaneo alla fine della lettura un solo aggettivo: bello!

Mar

da Sperling&Kupfer

La sinossi

È il 1968 quando il notaio Saglimbeni decide di tornare a Montuoro, in Sicilia, con la famiglia. Per Vittoria, la figlia più giovane cresciuta a Roma, l’impatto con una società conservatrice è destabilizzante. Quando incontra l’ombroso Diego Ranieri, ancorato a una mentalità assai diversa dalla sua ma capace di legarla a sé come nessun altro, Vicki si sente divisa tra sentimento e orgoglio. Cerca così rifugio nella facoltà di Architettura di Palermo, in piena occupazione, e inizia a scoprire le strade della città. Qui, la sua storia s’intreccerà con quella, drammatica, di zia Rosetta. Due donne unite dal coraggio con cui affrontano le prove che la vita ha loro riservato.

Della stessa autrice su tuttatoscanalibri:

La seconda estate

La carrozza della Santa

Sabbia nera

La logica della Lampara

Il talento del cappellano

L’uomo del porto

La salita dei saponari

Scalia, De Cataldo, De Giovanni, Tre passi per un delitto

Hans Tuzzi “Morte di un magnate americano”

Skira Editore

Hans Tuzzi ha saputo tratteggiare in questa biografia, rigorosamente documentata, il ritratto di un magnate, un magnate d’altri tempi, dell’uomo che oltre ad aver saputo creare una potente rete di banche e la maggiore compagnia di navigazione mondiale, aveva salvato l’economia degli Stati Uniti nel 1907 e aveva traghettato quel paese verso un destino imperiale rispetto alla finanza mondiale, ma aveva anche affiancato all’abilità dell’uomo d’affari l’arte del fine conoscitore e di vero amante del bello; un uomo colto, raffinato e filantropo le cui collezioni avrebbero fatto della sua Library una “casa-scrigno” e avrebbero arricchito i maggiori musei di New York.

È questo un tratto distintivo della biografia di J.P. Morgan tracciata da Tuzzi che aggiunge al suo raccontare, da fine narratore, una qualità in più con la quale non manca di catturare il lettore: tocchi da esperto e originale romanziere ne contraddistinguono la scelta narrativa e sanno rendere l’approccio alle vicende accattivante e coinvolgente.

Chiamatemi come vi pare, il mio nome non ha nessuna importanza. Ciò che importa è che da alcuni mesi sono il segretario di una leggenda. Una leggenda che, ora, sta combattendo con la morte.

Queste le parole con le quali si apre la prima pagina alla data “21 marzo 1913, mattino”; successivamente altre voci convergeranno alla ricostruzione della storia dell’uomo più potente del mondo di allora e dei suoi tesori d’arte, popolando gli ultimi giorni di vita a Roma con figure familiari, ricordi, situazioni e sentimenti che evidenzieranno l’uomo e i suoi affetti, ma anche i difetti, le paure, le lontane e recenti malattie nervose che ne avrebbero fiaccato il fisico, nel momento della piena verità per tutti: l’approssimarsi della fine.

E il lettore scopre l’uomo anche attraverso la figura della sua assistente, amica e confidente oltre a essere stata da lui riconosciuta e stimata come creatrice della sua Biblioteca prestigiosa: Miss Belle, donna colta, tenace e vera intenditrice di opere d’arte, capace di trattare, per quanto giovane, con i notabili del settore, riuscendo con il suo fascino e le sue competenze a garantire a Morgan gioielli dell’arte del passato.

Un mondo quello di JPM, acronimo con cui viene designato il protagonista, dove le vicende che hanno caratterizzato la vita del proprietario di banche e di industrie si mescolano, nell’inventario di chiusura, con i piaceri e il gusto della bellezza per l’opera d’arte e per il collezionismo che il solo denaro non può assicurare, con la solitudine di chi, come un qualunque essere umano, affronta le traversie e le gioie della vita comunque da solo, soprattutto nei momenti che precedono l’estremo saluto.

La vicenda si svolge dal 21 marzo 1913 al 31 marzo dello stesso anno, i giorni cruciali della malattia nei quali la voce narrante ripercorre momenti salienti della vita di Morgan che seppe utilizzare la propria ricchezza alla ricerca di un patrimonio artistico da collezionare ma anche da tramandare e preservare.

Una biografia piacevole, scorrevole che si legge come una bella pagina di romanzo; importante per le riflessioni che propone, nel confronto con l’oggi, su di un uomo che dal denaro non aveva voluto solo produrre altro denaro, ma possedere, conservare e tramandare la bellezza, l’unicità e la creatività.

Interessante la Nota conclusiva dove l’autore risponde in maniera documentata alle curiosità suscitate nel lettore il quale può misurare agevolmente lo spessore della narrazione con quello della realtà biografica e dove si disvelano, come in un’agnizione finale, i segreti della bella Belle.

Salvina Pizzuoli

E per saperne di più sul personaggio Morgan l’articolo su InStoria

n.63 marzo 2013

J.P. MORGAN, UN MAGNATE D’ALTRI TEMPI
NEL CENTENARIO DELLA MORTE
di Salvina Pizzuoli

Non poteva dirsi un bell’uomo con quel naso prorompente e massiccio che campeggiava al centro del volto rendendone i tratti grossolani, eppure poteva vantare una moglie e varie amanti e un’amicizia molto stretta con la sua consulente specializzata nel reperimento delle più prestigiose opere del passato. Uomo potentissimo era figlio d’arte, intendendo che il padre di lui, Junius Spencer Morgan, era banchiere. Nato a Hartford, nel Connecticut, nel 1837, iniziò a soli vent’anni come impiegato nella filiale londinese della società finanziaria del padre, per diventare già nel 1864 direttore della Dabney Morgan e C. e divenire, nel 1871, a soli 34 anni, socio della “Drexel & Co”, assumendone il controllo sei anni dopo, alla morte del socio, e cambiandone il nome in “J.P.Morgan e Co.” quella che oggi gli sopravvive con il nome di “J.P. Morgan Chase & Co” dopo la fusione con la “Chase Manhattan Bank”. Agli inizi del XX secolo John Pierpont Morgan era il più grande banchiere del mondo, rivestendo un ruolo preponderante nella finanza americana e traghettando l’America verso un destino imperiale rispetto alla finanza mondiale, e poteva vantare attività ad ampio raggio: dal finanziamento della nascente industria americana, al settore ferroviario che controllava le linee più importanti del paese; dalla fusione di società da cui nacque la United States Steel Corporation, alla concentrazione di linee transatlantiche con l’acquisto dalla Gran Bretagna della prestigiosa White Star Line costituendo, assieme ad altre aziende del settore, la International Mercantile Marine; il famoso Titanic era di sua proprietà e faceva parte del progetto di costruzione di tre navi gigantesche insieme all’Olympic e alla Gigantic. Per inciso, pare non avesse partecipato al viaggio inaugurale del grande transatlantico preferendo un breve soggiorno alle terme di Aix les Bains con l’amante, scelta che probabilmente gli aveva salvato la vita o comunque lo aveva preservato da una pessima esperienza; l’affondamento del Titanic gli comportò in ogni modo un estremo dolore per tutti quelli che erano a bordo e che conosceva e per tutte le morti che il naufragio aveva causato. Fu varie volte l’ancora di salvezza per il governo americano e inglese con gli ingenti prestiti concessi e con il recupero delle banche americane durante la crisi di Wall Street del 1907, una delle tante che già allora si profilavano, sebbene diverse, nella grande finanza mondiale, prestiti che sanarono il tesoro americano oltre a garantirgli enormi profitti.I Morgan, i Carnegie, i Rockefeller, i cosiddetti “magnati senza scrupoli”, controllando vasti monopoli, banche, ferrovie, petrolio e acciaio esercitavano una notevole influenza anche in ambito politico. Attraverso il commercio privato e le banche si apriva una nuova strada all’imperialismo che non passava più attraverso l’uso delle armi che dovevano servire semmai a proteggere il libero mercato, la stabilità dei mercati finanziari, la proprietà privata. New York da capitale finanziaria degli Stati Uniti, a partire dal 1840, si trasformò sempre più in una capitale mondiale: già all’inizio degli anni ‘60 la città era tra le più ricche del mondo, seconda solo a Londra e Parigi. È proprio a New York, fra la Madison Avenue e la 36th Street, che il grande magnate Morgan creerà la sua biblioteca. Se fu indiscutibilmente il più grande finanziere del suo tempo, fu anche un filantropo e un grande collezionista. “Voglio un gioiello” aveva detto ai suoi architetti McKim Mead & Wihite che avevano costruito vari palazzi per i notabili dell’epoca ispirandosi ad uno stile rinascimentale, il Beaux-Art, che esprimeva tutto l’orgoglio di una nazione giovane ma dominatrice; ancora oggi la P. Morgan Library rappresenta una delle prestigiose architetture della città: due colonne sormontate da un arco ne sottolineano l’ingresso mentre nella facciata domina la bella simmetria degli elementi architettonici. La prima biblioteca occupava un’ala aggiunta alla casa di 219 Madison Avenue, ma ben presto, risultò troppo piccola, così nel 1902 fu edificata da C. Follen McKim e Associati la “Pierpont Morgan Library”, che ancora oggi si può ammirare e visitare: J. Pierpont Morgan Jr, convertì la collezione privata in un’istituzione pubblica nel 1924. Oggi anche museo, alberga un vero patrimonio di manoscritti rari, stampe, libri veramente preziosi. (Continua)

 

Omaggio a Annie Ernaux vincitrice del Premio Nobel per la letteratura 2022

La motivazione dell’Accademia sottolinea

“il coraggio e l’acutezza clinica con cui scopre le radici, gli allontanamenti e i vincoli collettivi della memoria personale”

Nata a Lillebonne in Normandia nel 1940, vincitrice di molti premi e riconoscimenti, riveste nel panorama letterario odierno un posto particolare, come particolare è la sua scrittura e il suo stile: asciutta, scevra da sentimentalismi e da soggettivismi, sebbene porti nei suoi scritti proprie esperienze personalissime le analizza e coniuga dentro un quadro più ampio, superando gli aspetti propri dell’autobiografia.

Temi presenti nella sua prosa si riferiscono ai vincoli familiari e di stato sociale, alle difficoltà legate ai processi di crescita e individuale e collettiva in un ben determinato contesto storico sociale.

Di origini poco abbienti, lo studio e la professione di docente le permetteranno un salto di status che trova spazio nelle sue opere che spesso sono narrate come un monologo interiore retrospettivo che oggettivizza quanto nato dall’esperienza personale ma superandone la dimensione.

Una scrittura sicuramente innovativa, una produzione vasta e ricca di una varietà di generi narrativi che in essa si intrecciano e convivono.

Nella più recente opera “Guarda le luci, amore mio” è un ipermercato a diventare un osservatorio da cui raccontare la vita con i condizionamenti, le ritualità, le disuguaglianze e le frustrazioni che può determinare.

Su tuttatoscanalibri alcune delle opere della scrittrice.

Gli anni

Memoria di ragazza

L’evento

La donna gelata

Guarda le luci, amore mio

Cristina Cassar Scalia “La seconda estate”

presentazione di Mar

Insignito del Premio Internazionale Capalbio Opera Prima 

Il romanzo “La seconda estate” di Cristina Cassar Scalia ha come cornice prioritariamente l’isola di Capri, l’alta borghesia più che benestante e l’amore tempestoso fra un uomo e una donna, ma ciò è appunto solo una cornice, magari anche poco originale, ma per più motivi funzionale ai veri protagonisti che in realtà sono invece quei sentimenti e quelle emozioni  forti e coinvolgenti in cui l’autrice riesce a trascinare il lettore e a rapirlo, certa che più o meno un po’ tutti ritroveranno in ciò che narra qualcosa del loro presente o del loro passato che in tal modo riaffiora prepotente come prepotenti e assoluti sono i sentimenti in cui l’autrice coinvolge: non necessariamente l’amore e la passione fra un uomo e una donna, ma anche gli affetti forti e intensi verso un amico, una casa, un oggetto, un ricordo. 

Mar

Un romanzo sul vero amore e sui sogni che la vita sa regalare. Sono passati vent’anni, da quella indimenticabile estate a Capri. Lea, sola per l’ennesima assenza del marito, aveva aperto il suo cuore a Giulio, senza potersi opporre alla passione travolgente esplosa tra loro. Le conseguenze erano state drammatiche. Adesso, però, Lea è una donna libera e l’incontro casuale con Giulio appare come una seconda possibilità per vivere pienamente l’amore che li unisce. Ma sottili trame legano al presente ciò che accadde allora. La loro felicità dovrà ancora attendere, minacciata da una verità a lungo tenuta nascosta”.(da Sperling Libri)

Della stessa autrice su tuttatoscanalibri:

La carrozza della Santa

Sabbia nera

La logica della Lampara

Il talento del cappellano

L’uomo del porto

La salita dei saponari

Scalia, De Cataldo, De Giovanni, Tre passi per un delitto

Hans Tuzzi, “zaff&rano e altre spezie”, presentazione di Salvina Pizzuoli

«Fra i cinque e i sei anni feci due grandi scoperte: la lettura e la magia. Vidi, infatti, che lettere e suoni si corrispondevano. E, in cucina, vidi un riso bianco diventar giallo. Ciò era in potere di due djinn dei deserti, Zaff e Rano. Così, almeno, mi rivelò l’agne Guste, la prozia Augusta, che sovrintendeva allo spentolio della casa.»(da Slow Food Editore)

Nella Piccola biblioteca di cucina letteraria di Slow Food Editore “zaff&rano e altre spezie” di Hans Tuzzi – una delle penne più importanti della tradizione letteraria – come si legge nella presentazione della raffinata collana che coniuga narrativa e cibo.

Sessanta pagine di sapori e ricordi riemersi dall’infanzia “che ritorna e ritorna, come un rimpianto, come un rimorso” in un fluire senza tempo, indistinto e miscelato a odori, sapori e a quel senso di rammarico e cruccio nel cuore perché “come possono, i bambini, sopravvivere alla loro infanzia?” Detto così potrebbe ingannare, ma Tuzzi sa sempre sorprenderci non solo con la sua scrittura elegante, ma per la leggerezza e nello stesso momento per lo spessore coinvolgente e sotteso tra le righe. E così spezie e ingredienti e personaggi e fantasie che quell’io bambino rifonde convinto di ricordare, si mescolano in una nuova pietanza condita dalla trappola della memoria “che crede di inoltrarsi nel passato quando invece lo ricrea”. “Ricordare è mentire” aggiunge più avanti, come corollario ad un percorso sopraffino. Parole, immagini, profumi e sapori di un’altra infanzia, quella del lettore che beve dal calice dell’ambrosia perduta, vi si sovrappongono in un emozionante ritrovarsi, in un cerchio che si chiude nel lirico finale.

Nelle poche pagine più tecniche, alla fine del volumetto, dedicate allo zafferano, se ne ripercorre la storia e si spiega che Slow Food è promotore di tre tutele, una nazionale e due internazionali, per il fiore di zafferano e contro le contraffazioni.

Non perdetevi questa chicca e non perdetevi le ricette!


Per saperne di più su Slow Food Editore: Una collana di narrativa, arricchita da alcune delle penne più importanti della tradizione letteraria e artistica italiane: da Nicola Lagioia a Giuseppe Culicchia, da Carlo Petrini a Giovanni Arpino, da Lella Costa a Moni Ovadia e Giorgio Conte, da Lou Palanca a Hans Tuzzi, Massimo Carlotto e Matteo Codignola, sono numerosi gli autori che hanno accettato di prestare la propria arte e la propria firma all’unione tra letteratura e cibo, pubblicando questi piacevolissimi racconti dai profumi e dai sapori gastronomici.

Gabriella Genisi “Terrarossa”, presentazione

Terrarossa è l’ultimo romanzo della serie che ha come protagonista la commissario Lolita Lobosco: è iniziata nel 2011 con La circonferenza delle arance, è stata seguita da altri otto romanzi.

Un poliziesco ambientato a Bari e zone limitrofe con protagonisti, oltre alla commissario, la squadra con Forte, vecchio compagno di classe, ed Esposito; non mancano tra i protagonisti l’amica d’infanzia pm, la famiglia, gli amori, il mare, la cucina pugliese con le sue tradizioni e piatti tipici e non per ultima la lingua come elemento caratterizzante. Così le piacevoli pagine si alternano tra indagini, gli affari di cuore non sempre fortunati della protagonista, alcuni piatti, con le ricette di Lolì che trovano posto alla fine del romanzo, momenti e personaggi nelle stanze della questura, luogo di lavoro certamente, ma anche di relazioni umane.

In quest’ultimo romanzo che si apre con la situazione esplosiva della pandemia da Covid, trova spazio un’altra “peste”, il caporalato, uno dei mali annosi che pervadono con strapotere le campagne meridionali di cui sono vittima e i manovali assoldati tra le schiere di migranti irregolari, ma anche, come in questo caso, chi lotta a costo della vita per scalzarla: Suni Digioia la giovane imprenditrice e attivista per i diritti dei braccianti nonché ecologista convinta. La prima ipotesi di suicidio viene presto abbandonata dalla Lobosco tornata dalle ferie perché chiamata in modo accorato dall’amica e coinvolta dallo stesso questore per i “nomi” implicati nella vicenda. Oltre all’indagine poliziesca, condotta con scrupolo e amor di giustizia dalla protagonista, interessanti pagine vengono dedicate al caporalato, male di cui tutti sanno che assurge alle cronache solo per le violenze e le morti efferate ma mai estirpato.

“Sullo sfondo di una città stravolta e quasi irriconoscibile, eppure pervasa come ogni estate dal profumo della salsa di pomodoro, la tenace commissaria barese torna con un nuovo caso da risolvere – intricato come la sua relazione con Caruso –, lottando ancora una volta per far trionfare la giustizia”. (da Sonzogno Editori)

E anche

Brevi note biografiche

Gabriella Genisi è nata e abita a pochi chilometri da Bari. Ha scritto numerosi libri e ha inventato il personaggio di Lolita Lobosco, protagonista dei romanzi pubblicati da Sonzogno che hanno ispirato la fortunata serie tv trasmessa su Rai 1: La circonferenza delle arance (2010), Giallo ciliegia (2011), Uva noir (2012), Gioco pericoloso (2014), Spaghetti all’Assassina (2015), Mare nero (2016), Dopo tanta nebbia (2017) e I quattro cantoni (2020). Per Rizzoli sono usciti Pizzica amara (2019) e La regola di Santa Croce (2021).

Jean -Jacques Rousseau “Le fantasticherie di un viandante solitario”, Lorenzo De’ Medici Press

10 euro – 152 pagine 

Traduzione, introduzione e cura di Ilaria Guidantoni

Le Fantasticherie di un viandante solitario rappresentano di fatto il seguito delle Confessioni e sono l’ultima opera di Jean-Jacques Rousseau che si compone di dieci “Passeggiate”. La decima, scritta meno di tre mesi prima di morire, è rimasta incompiuta. Arrivato sulla via del tramonto della propria vita,

Rousseau, sempre più emarginato dalle relazioni umane, ha voluto dedicare i suoi ultimi giorni allo studio di se stesso, abbandonandosi, come scrive, alla sola dolcezza che il mondo non potesse più sottrargli, quella di conversare con la propria anima.

Jean-Jacques Rousseau (1712-1778) è stato uno dei maggiori filosofi, pensatori e scrittori della letteratura francese ed europea. Fu anche pedagogista e musicista. Incomparabile filosofo, anticipò inoltre molti degli elementi che, tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo, avrebbero caratterizzato il Romanticismo, e segnò profondamente tutta la riflessione politica, sociologica, morale, psicologica e pedagogica successiva. Tra le sue opere maggiori spiccano Il contratto sociale (1762), Le confessioni (1782), Émile o dell’educazione (1762).


Lorenzo de’ Medici Press è una casa editrice aperta, indipendente e rivolta verso il futuro. Il catalogo accoglie un settore principale aperto a volumi di ampia divulgazione saggistica, e agile formato, nel campo delle scienze umane: dalla filosofia alla religione, dalla linguistica alla sociologia, dalla storia alla letteratura, dalla storia dell’arte all’archeologia, dalla psicologia alla scienza, dal cinema alla fotografia. Tutti libri che puntano a individuare temi, ad analizzare problemi e a spiegare sempre al pubblico quello che serve ad arricchire e far crescere la conoscenza grazie a un linguaggio diretto e immediato. Accanto a questo settore, Lorenzo de’ Medici Press pubblica volumi di “varia adulti e ragazzi” nei quali l’intrattenimento è inteso come sempre motivato e motivante, mai fine a se stesso né scontato e sempre con connotati di spiccata originalità. Anche in questo caso i settori sono molteplici: dalle tradizioni locali alla cucina, dall’esercizio artistico agli sport.  Al fianco di questi due contenitori, vengono pubblicati volumi di narrativa, Italiana e straniera, che da tempo sono introvabili in libreria o che, invece, non sono mai stati pubblicati. Scoperte e riscoperte che divertono e interessano, aiutando il lettore ad ampliare i propri orizzonti.