Fabio Geda “La scomparsa delle farfalle”, presentazione

Tra conflitti e occasioni di meraviglia, tra realtà quotidiana e rivelazioni, quattro ragazzi intrecciano le loro vite con tutta l’energia della giovinezza. Un ritratto commovente di quella stagione dell’anima che più d’ogni altra si imprime in ciascuno di noi e sceglie il nostro destino.(dal Catalogo Einaudi)

Non nuovo a storie di formazione, Geda racconta quattro vite accompagnandole dalla prima superiore,  nel 1995, fino al 2002.

Quattro giovani, Andrea e Valerio, Anna e Cora, si incontrano per la prima volta tra i banchi di scuola e faranno gruppo il cui nome nascerà una notte entrando in un vivaio di farfalle, da cui poi il titolo. Se ripercorrere il tempo è la base portante del raccontato, sicuramente è il presente con la sua situazione drammatica a farlo scaturire quando Andrea, quello dei quattro che ha preferito isolarsi in montagna, viene travolto da un fiume di fango rischiando la vita: resterà aggrappato non solo ai rami bassi degli alberi ma soprattutto a quei ricordi che hanno scandito la crescita sua e degli amici con cui l’ha condivisa nell’evoluzione di caratteri e di vicende che ne segnano in modo particolare alcuni, tra amori prima vietati e poi nati, tra felicità e disperazione, le due emozioni che danno il polso di un’età che non conosce mediazioni e compromessi.

Fabio Geda è nato a Torino, dove vive. Tra i suoi libri, Per il resto del viaggio ho sparato agli indiani (Instar Libri 2007, Feltrinelli 2009), L’esatta sequenza dei gesti (Instar Libri 2008; Einaudi 2021), Nel mare ci sono i coccodrilli (Baldini + Castoldi 2010), L’estate alla fine del secolo (Baldini + Castoldi 2011; Einaudi 2023), Se la vita che salvi è la tua (Einaudi 2014), Anime scalze (Einaudi 2017 e 2019), Una domenica (Einaudi 2019 e 2021), La scomparsa delle farfalle (Einaudi 2023) e la serie per ragazzi Berlin (Mondadori 2015-2018), È tradotto in trentadue Paesi.(da Einaudi Autori)

Giovanni Bitetto “Sacro niente”, Voland Editore

Voland Editore

Giovanni Bitetto, insegnante, giornalista e  scrittore, nel suo secondo romanzo Sacro niente indaga le vite di uomini e donne accomunati da sentimenti e pulsioni che mirano a svelare il senso dell’esistenza.

In un meridione dimenticato da tutti ma non da Dio, la morte, il lutto e l’amore si intrecciano ai piedi di una statua di Padre Pio che si fa portavoce delle esistenze di uomini e donne comuni. Il blocco di marmo non giudica e non assolve, può solo ascoltare le storie che gli vengono affidate. Un padre, un figlio, un’amante, un autista, un barbiere, personaggi ordinari ma universali,
tutti confessano al santo i propri tormenti, le sofferenze, ma anche
i peccati e le abiezioni. Il sacro niente delle loro vite diviene un pretesto per scandagliare l’animo umano e per indagare l’eterno tentativo di dare un senso all’esistenza.

Brevi note biografiche

Giovanni Bitetto ha scritto di letteratura e società per numerose testate online. Ricopre il ruolo di editor in “NEA Magazine”, rivista di letteratura e fotografia. Con il suo romanzo d’esordio Scavare (Italosvevo, 2019) ha vinto il Premio POP della Fondazione Mondadori. (dal Catalogo Voland Autore)

 Rabindranath Tagore “Fiabe magiche”, presentazione

Storie universali per avvicinare i piccoli a quella profonda e semplice saggezza che regala la felicità

Per i giovani lettori, dai 7 anni

Nella sua parabola letteraria ed esistenziale espresse una convinta ricerca dell’armonia e della bellezza, pur riconoscendo le difficoltà del quotidiano e l’ineluttabilità della sofferenza.(da Ts Edizioni)

Le fiabe di Tagore (Calcutta 1861- Śānti Niketan, Bolpur 1941), vincitore del Premio Nobel nel 1913, nella versione illustrata da Alessandro Sanna, di cui è possibile vedere l’anteprima sulla pagina di Ts Edizioni (a questo link), e a cura di Anna Peiretti specialista nell’Editoria per bambini.

L’autore, poeta, drammaturgo, musicista e filosofo, nelle cui opere è sempre presente un messaggio universale che supera tutte le divisioni tra razze e popolazioni: la sua produzione letteraria fu espressa in bengali, tradotta poi dallo stesso che soggiornò per un certo tempo in Inghilterra, dove approfondì la sua conoscenza della lingua inglese. Oltre alle raccolte di liriche Gītāñjali  e Śiśu, che tradusse in inglese col titolo The crescent moon (1913; tradotto in  italiano nel  1915), fu autore del romanzo Gharē bahirē (1916; tradotto in italiano La casa e il mondo, nel 1924) con il quale mirava  a combattere la violenza. Musicò varie sue liriche e compose numerosi inni, Jana Gana Mana (1912) è poi divenuto l’inno nazionale indiano.

Mauro Vaiani “Cosmonauta Francesco”, presentazione

Porto Seguro Editore

Alcuni stralci

Guardando verso il cuore di Firenze, si vedevano nitidi i profili della bella cupola di Brunelleschi e del campanile di Giotto. In ogni direzione, interi edifici, di cui ricordava bene l’esistenza, erano scomparsi, oppure erano stati in vari modi rimpiccioliti, cioè tagliati in altezza o in larghezza. Gli eccessi di cementificazione, che ai suoi tempi avevano preso d’assalto la zona, erano stati drasticamente rintuzzati. Arna gli fece vedere sulla sua tavoletta elettronica delle foto d’epoca. La cosa più impressionante, per Francesco, fu vedere come fosse stata alla fine completata, pochi anni dopo la sua partenza, una grande caserma di addestramento di quelli che erano stati i carabinieri del vecchio stato italiano. La costruzione era stata da subito criticata, perché inutilmente faraonica, un’assurda orgia di cemento e ferro. Era stata inaugurata solo nel 2016 e oggi, nel 2090, non ce n’era più traccia. Non ne era rimasta pietra su pietra. Al suo posto si trovava un meraviglioso bosco di querce, che circondava e proteggeva orti e serre. Dei grandi palazzi e dei grandi volumi commerciali della periferia fiorentina dei suoi tempi ne erano stati abbattuti almeno uno su due. Al loro posto erano stati ripristinati poderi e campi, canali e laghetti. Dappertutto erano stati piantati alberi che stavano crescendo come patriarchi. (Dal capitolo DECISIONI DI FAMIGLIA)

Una notte Francesco sognò se stesso da ragazzo, in una rumorosa assemblea studentesca nel suo liceo, circondato dai suoi compagni di classe, di molti dei quali aveva dimenticato persino il nome di battesimo. Un vuoto di memoria, questo dei nomi, che lo faceva sentire profondamente triste. Poi però, nel sogno, avevano preso la parola gli oratori invitati a parlare della pace nel mondo, del disarmo nucleare, del bando delle armi di sterminio di massa, dei limiti da porre al commercio internazionale delle armi. La voce pacata ma ferma di una piccola donna, la suora domenicana Stefania Leda Baldini, una fiorentina militante pacifista e anticolonialista della primissima ora, aveva acquietato il brusio della sala e anche a lui aveva restituito un po’ di pace. Un tocco di grazia che lo avvolgeva ancora al momento in cui aprì gli occhi. L’altezza del sole gli rivelò che era più presto del suo solito, ma decise comunque di alzarsi. Un messaggio di Leone gli dava il buongiorno e lo avvertiva che la sera ci sarebbe stato un piccolo ritrovo, a casa. Il giovane pompiere avrebbe cucinato per loro due e per alcuni suoi colleghi di lavoro, che aveva invitato a cena. Bevve un paio di bicchieri d’acqua della cannella. Mise sul fornello elettrico la sua piccola moka e, mentre aspettava che il caffè salisse, si preparò una mezza limonata con il suo ritrovato fantastico spremiagrumi bergamasco. Mangiò dei biscotti fatti in casa da Leone, con un cucchiaino di miele. Poi si accorse che il calendario segnava il giorno di venerdì 2 giugno 2090, commemorazione della Repubblica Italiana. Invece di mettersi subito a fare le faccende di casa, si sedette davanti al computer e cominciò a cercare qualche notizia storica.(Dal capitolo IL RIPUDIO DELLA GUERRA)

La sinossi e brevi note biografiche dalla Quarta di copertina

“Americana. Raccolta di racconti” a cura di Elio Vittorini, presentazione

Fu grazie all’introduzione di Emilio Cecchi, proposta qui in appendice, che il libro poté essere ristampato dopo il primo sequestro a opera della censura fascista. Le introduzioni di Vittorini alle sezioni, proibite a suo tempo dal regime, insieme alle immagini e alle didascalie originali, costituiscono un’affascinante interpretazione dello sviluppo letterario americano e una guida alla scoperta o alla riscoperta di grandi narratori e narratrici”.(dal Catalogo Giunti)

Ripubblicata nel marzo 2023 e in aprile in formato digitale da Giunti Bompiani con i contributi di Giuseppe Zaccaria, è un’antologia stampata per la prima volta nel 1941 a cura di Elio Vittorini che l’aveva proposta all’Editore Bompiani. Oggi rappresenta un viaggio alla scoperta della letteratura americana, dai primi dell’Ottocento alla fine degli anni ‘30  del Novecento, e assomma racconti di celebri autori tradotti da altrettanto celebri autori italiani tra i quali spiccano i nomi di Montale, Moravia, Pavese. Piovene e lo stesso Vittorini.

Un’opera ampia che nella prima edizione ebbe a scontrarsi con la censura fascista.

Il testo di una missiva di Vittorini all’editore sottolinea il fervore che animava l’indagine letteraria e nello stesso tempo la vastità del panorama americano in cui si muovevano le ricerche di Vittorini che scrive da Firenze il 5 maggio del 1940

“Sto leggendo tre volumi al giorno: per l’antologia. Quando tornerò a Milano, sabato e domenica prossima, avrò completato il lavoro di scelta. Intanto ho ottenuto che anche Moravia traduca tre racconti. Bene no? Così i traduttori saranno tutti scrittori”

Interessante la notazione conclusiva che vuole i traduttori a loro volta scrittori.

All’interno dell’opera anche le lettere indirizzate a Bompiani da Elio Vittorini offrono uno spaccato storico oltre che letterario sulla scelta fascista di censurarla da parte dell’allora Ministro della Cultura popolare Alessandro Pavolini. Un cammino arduo precedette l’opera di pubblicazione: incriminati furono i corsivi e le note critiche cui Vittorini faceva precedere i brani scelti e la Prefazione fu così affidata ad Emilio Cecchi, “più gradito”, scrive Zaccaria nella sua ampia e articolata presentazione, che si fece garante dell’Opera nei confronti del Ministero. Cecchi, accademico d’Italia, era esponente infatti della cosiddetta “prosa d’arte”, si legge nelle note che precedono i numerosi carteggi riportati tra Bompiani, Pavolini, Cecchi, Vittorini, Pavese e Montale.

Elio Vittorini nacque a Siracusa nel 1908. A ventitré anni esordì con Piccola borghesia e nel 1932 scrisse Viaggio in Sardegna, ripubblicato nel 1952 col titolo Sardegna come un’infanzia. È di quegli anni anche il romanzo Il garofano rosso, pubblicato in volume solo nel 1948. Nel 1941 uscì presso Bompiani Conversazione in Sicilia e nel 1945 Uomini e no, i suoi titoli più celebri, seguiti poi da Il Sempione strizza l’occhio al Fréjus (1947), Le donne di Messina (1949) e Diario in pubblico (1957). Con l’antologia Americana (1942) fu tra i primi traduttori della grande letteratura americana in Italia. Fondatore della rivista Il Politecnico, diresse successivamente le collane “I gettoni” per Einaudi e “Medusa” per Mondadori e i quaderni di letteratura Il Menabò insieme a Italo Calvino. Morì a Milano nel 1966. Nei Tascabili Bompiani sono disponibili Tre storieSardegna come un’infanziaAmericana, la nuova edizione di Diario in pubblicoIl garofano rossoIl Sempione strizza l’occhio al Fréjus, le Le donne di Messina e Le città del mondo e, nei Classici Contemporanei, Il garofano rosso e Conversazione in Sicilia. (da Giunti Autori)

La Quarta di copertina riporta l’elenco degli autori presenti nell’Antologia

Robert Louis Stevenson “Il diavolo nella bottiglia” Edida, con il testo a fronte e le illustrazioni di Elena Salucco

Edida.net

” Collana I Classici di Edida”

Il testo a fronte e le illustrazioni di Elena Salucco lo impreziosiscono.

Un buon regalo e una buona lettura per tutte le età

Dalla Nota introduttiva

Il Diavolo nella bottiglia fa parte della raccolta “Intrattenimenti delle notti sull’isola”.

Fu composto fra il dicembre 1889 e il gennaio del 1890 mentre l’autore si trovava a Honolulu; pubblicato nel 1891 sull’«Herald» di New York e successivamente, sul «Black and White» di Londra fu infine tradotto nell’idioma di Samoa per una rivista locale.

Lo stile di classica semplicità utilizzato dall’autore, da lui stesso ritenuto “affine ai racconti popolari delle Hawaii per ingenuità e qualità dell’immaginazione”, si prestava bene a questo scopo. Motivo ispiratore del racconto, quello di uno scellerato patto con le potenze infernali per ottenere successo in vita ma l’inevitabile perdita dell’anima dopo la morte, trova la sua origine nelle narrazioni favolistiche dell’area romantica germanica, basti pensare allo Spiritus familiaris dei Grimm o al ben più celebre Dottor Faust di Goethe. Occorre anche ricordare che la vicenda, ambientata nelle isole Hawaii, s’inserisce a pieno titolo nel filone esotico, proprio del carattere cosmopolita di un ampio settore della letteratura inglese, i cui autori, a partire da Defoe fino a Conrad, a Kipling e a Lawrence, amano collocare le vicende narrate nelle loro opere in paesi lontani.

Su Amazon 

N.B: Nel testo in digitale, incompatibile con la struttura a fronte, l’opera in lingua originale è inserita in fondo.

La Quarta di copertina e un’illustrazione di Elena Salucco

Pasquale Fierro “Senza fatica niente”, presentazione

Dall’Introduzione

Da tempo desideravo scrivere un racconto o un romanzo di fantasia ma basato su fatti quotidiani. Cercavo una trama avvincente che mettesse in evidenza e relazione temi quali il lavoro, lo sfruttamento, la connivenza tra istituzioni e criminalità ma anche la solidarietà umana, la generosità e l’altruismo. Il bene e il male a confronto. […] Ho cercato qualcuno che mi affiancasse in questo mio progetto e mi supportasse nella stesura del romanzo e ho trovato una preziosa e ottima collaboratrice in Sonia Gabriella Milan Patton, artista poliedrica e professionista dalle forti qualità morali e umane, […] Sono originario di Nocera Inferiore (Sa) e in questo romanzo si è voluto raccontare, tra verità e fantasia, il problema del “caporalato” che attanaglia ancora oggi il nostro meraviglioso Sud Italia, la mia meravigliosa terra dove sono nato e cresciuto ma non soltanto.
La speranza degli onesti e dei giusti è che la legalità, prima o poi, possa e debba vincere in qualsiasi contesto della nostra società e del nostro quotidiano: da questo convincimento è spiccato il lungo racconto. I proventi dell’Autore saranno devoluti a favore dell’Associazione Balzoo, Banco Italiano Zoologico Onlus, sede territoriale di Novara, città in cui mi sono trasferito e di cui mi sono innamorato. Io ho già un lavoro: sono un militare dell’Esercito Italiano in carriera da sedici anni,

Pasquale Fierro

Casa Editrice Kimerik

La sinossi dalla Quarta di copertina
Brevi note biografiche

Marcello Lombardi “Senza esclusione di polpi”, presentazione

“Una raccolta di racconti umoristici nei quali, mediante una narrazione ironica, a tratti grottesca e surreale, […] ci si imbatte in un medico che, tradendo le attese, esegue correttamente un intervento chirurgico; in un ragazzo che, con la collaborazione del genitore, tenta di
sbarcare il lunario con il crimine ottenendo un esito tragicomico; in un soldato della Seconda guerra mondiale che, con le sue paradossali peripezie, decanta l’assurdità della guerra; in un fantaprocesso celebrato in uno studio televisivo dove il dramma di un terremoto viene oscurato dall’imperante spettacolarizzazione mediatica; in una coppia di
coniugi litigiosi che credono di vivere nella realtà ma che si ritrovano, a loro insaputa, nella fiction; ecc..[…]
(dalla sinossi)

Youcanprint Edizioni

Alcuni stralci

[…] “I vecchi sono più sicuri e rendono di più” sentenziò, con aria da docente universitario, il criminale.
Sono più sicuri perché non hanno forza, perciò non oppongono resistenza alle minacce. Rendono di più perché hanno una entrata certa. I giovani non sono sicuri perché potrebbero reagire e poi non rendono niente. Trovami un giovane che ha una paga fissa. Da noi i giovani o sono disoccupati o lavorano quando capita e chissà per quanto tempo, per di più con salari da fame. E tu cosa speri di ricavarci dal rapinare un giovane? Non rendono. Ecco tutto!! Maledetto lavoro a singhiozzo… Perciò ti ho detto di stare attento. Di questo passo non potremo mai rapinare i giovani neanche quando saranno diventati vecchi perché, con la precarietà che tira, alla pensione non ci arriveranno. Quindi dobbiamo stare attenti alla salute dei vecchi. Ognuno di loro che muore è un’entrata di meno. E per compensare la perdita di quell’entrata siamo costretti a rapinare più volte la stessa persona. A loro, poi, non conviene parlare perché noi gli facciamo avere, grazie ai nostri traffici, medicine costose a prezzi stracciati, cosa che in nessun posto al mondo gli sarebbe garantita, vero nonnetto?”
Il vecchio, legato e imbavagliato, fece di sì con la testa.

(dal racconto “Realizza un sogno”)

“Studia!” urlava mia madre “se no finisci in mezzo a una strada” continuava imperterrita. Sin da bambino quelle parole erano state la sigla iniziale dei miei compiti. Ed erano talmente assillanti che nel tempo libero riflettevo sul loro significato. Perché chi non studia finisce in mezzo a una strada? “Perché chi non studia non ha né arte né parte” diceva mia madre nel tentativo di fornire spiegazioni irrefutabili alla sua tesi. Qualcosa, però, non mi quadrava. Quelli che non studiavano e non avevano né arte né parte finivano in strada, ma non in mezzo, bensì agli angoli ed ai bordi a vendere sigarette di contrabbando. Non sarà legale, ma un’arte e una parte ce l’avevano e la sera portavano i soldi a casa. “Tu non devi portare i soldi a casa perché se studi saranno loro a venire da te” tuonava alle mie obiezioni mia madre “perciò studia e i soldi verranno da te. È solo questione di tempo, vedrai.”

(dal racconto “In mezzo a una strada.”)

Brevi note biografiche

Marcello Lombardi è nato a Napoli nel 1971. Attualmente vive in provincia di Caserta. Si è laureato in Scienze Politiche presso l’Università degli Studi “Federico II” di Napoli. Durante il periodo universitario ha coltivato le proprie passioni artistiche cimentandosi come organizzatore teatrale e scrivendo poesie che ha presentato, conseguendo significativi riconoscimenti, a manifestazioni letterarie per inediti.
Nel 2006 è stato finalista al Premio Città di Empoli “Domenico Rea”, nella sezione per racconto breve.
Nel 2019 ha pubblicato, mediante Youcanprint, la raccolta di racconti “Senza esclusione di polpi”.

La piccola collana “Racconti classici italiani” aggiunge un nuovo autore

Presentiamo ai nostri lettori una collana in fieri di racconti di autori italiani corredata da prefazioni e note:

i primi cinque volumetti:

Arrigo Boito “L’alfier nero”

Arrigo Boito “Il pugno chiuso”

Luigi Capuana “Novelle”

Grazia Deledda “La regina delle tenebre”

Giovanni Verga “Le storie del castello di Trezza”

a cui si aggiunge, al momento solo in ebook

Igino Ugo Tarchetti “Tre racconti gotici” con una premessa sulla Scapigliatura e note a cura di Alessandro Ferrini

Tutti su Amazon in cartaceo e in ebook
In ebook a 0,99

Stefano Terra “Alessandra”, Oltre Edizioni

il ritorno in libreria del romanzo vincitore del Premio Campiello nel 1974

Postfazione di Diego Zandel

Prezzo € 18.00, pag. 190

Oltre Edizioni

Il romanzo narra la storia di un diplomatico che sceglie di lasciare l’Italia per un’isola (Rodi) nelle regioni dell’Attica, e del suo triste amore per la moglie Alessandra. Il presente e il passato si alternano ed anche si mescolano dentro una scrittura malinconica e riflessiva. Al consolato giunge una lettera, riconosce la calligrafia: è di Alessandra, sua moglie «civile e legittima.», che non vede da dieci anni. Non ha il coraggio di leggerla. La nasconde. È la paura di contaminare la parte più preziosa della memoria, quella che dà senso ai suoi giorni: «La stessa paura di crollare di quando m’accorsi che Alessandra non era tornata.» Nella prosa di Terra c’è la poesia che nasce dalla indefinibilità delle cose che ci stanno intorno. Perfino i colorati mercati orientali si caricano dell’insicurezza e dell’imponderabilità della esistenza: «Forse sarà finito per me il tempo dei banchi di nebbia, degli sbarramenti nella memoria per contenere il disordine della solitudine.» Lo straniero che si sente non straniero per affinità culturale con il paese che lo ospita si confronta con la solitudine, l’amore perduto e forse riconquistato (e di nuovo perduto). Un racconto filosofico, il riassunto di una vita, la malinconia per un amore che c’è e non ci sarà più. Toni lievi e profondi insieme. Un libro da meditare per una scrittura che spesso si fa poesia.

Stefano Terra è oggi uno scrittore ingiustamente dimenticato. Ingiustamente perché è stato un grande scrittore. Lo scoprii tale proprio grazie alla lettura di Alessandra, romanzo con il quale vinse il Premio Campiello nel 1974. Non era quello il suo primo romanzo ma, confesso, io ero la prima volta, nei miei allora primi 26 anni di vita, che lo sentivo nominare. Acquistai il libro perché, avevo letto sui giornali, era ambientato in Grecia, a Rodi – ed io avevo una moglie di origine greca, di un’isola, Kos, appartenente allo stesso arcipelago di Rodi, il Dodecaneso – e alla stessa storia degli ultimi secoli. Cosa affascinava in quel giovane lettore dell’amore tra due anziani, due persone lontane dall’età, dai sentimenti che poteva provare lui? Credo che lo affascinasse il sogno di avere una vita piena come la loro, un’esistenza non comune, avventurosa, romanzesca, verrebbe da dire. Solo che quella esistenza, e il romanzo che la raccontava, a leggerlo, aveva un dono in più: l’afflato di una scrittura che afferrava il lettore alle viscere per trascinarlo dritto al cuore dalla prima all’ultima pagina (dalla Postfazione di Diego Zandel)

Stefano Terra, pseudonimo di Giulio Tavernari (Torino, 1917 – Roma, 5 ottobre 1986), è stato uno scrittore, giornalista e poeta italiano. Fu vincitore del Premio Campiello nel 1974 con Alessandra, del Premio Viareggio nel 1980 con Le porte di ferro e del Premio Scanno nel 1984 con Albergo Minerva.

Dalla bio di Stefano Terra che presenta se stesso nell’edizione Bompiani del 1974 «Sono nato nel ’17 a Torino. Provavano i motori degli idrovolanti in grandi capannoni vicino al Po. Dal fronte mio padre mandava lettere dannunziane a mia madre che non le capiva e doveva cucire in casa le asole un tanto la dozzina. Negli anni Trenta eravamo alcuni ragazzi avventurieri fra i libri rubati nelle biblioteche o stanati nei depositi per il macero. Cesare Pavese e Ginzburg più anziani e seri ci consideravano delle teste accese pericolose. Uno studente lituano ci traduceva Trotzski. Delle ragazze ebree che avevano fatto il liceo, (quello vero, che per noi irregolari pareva un tempio misterioso) ci prestavano dei libri rilegati che sapevano di chanel: Dedalus, Oblomov, I demoni. Andavamo a vedere i film di Carné alle due del pomeriggio per essere soli. Anni di manifesti rivoluzionari, riunioni segrete, amori di tutta una vita, casti come la cospirazione. Dopo tanti complotti facemmo scoppiare una bomba di carta durante un’adunata oceanica. Qualcuno di Giustizia e Libertà venne dalla Francia per un incontro segreto. La guerra ci disperse. Mobilitato per l’Albania, riuscii nel ’41 a raggiungere gli antifascisti al Cairo. Collaborai a Masses. New Leader pubblicava Morte di Italiani, i miei primi racconti, e poi usciva il mio romanzo, La generazione che non perdona, mentre Rommel si attestava a El Alamein e nel cortile dell’ambasciata britannica si bruciavano i cifrari. Scomparso Enzo Sereni, liquidato il Politecnico di Vittorini, espatriai nel dopoguerra come giornalista. Parigi e poi, per 25 anni, Balcani e Levante: interviste, guerriglie, pronunciamenti. Liquidavo. Liquidavo ogni giorno la vita con un pezzo per il giornale. Alcuni anni fa, di colpo, ho ricominciato a scrivere abbandonando il mestiere. E ho scritto La fortezza del Kalimegdan e, dopo qualche anno, Calda come la colomba. Vivo in una casa dell’Attica con eucalipti, vigna adagiata sull’argilla, gatti dalla testa piccola e le volpi all’imbrunire».