
Altro elemento fondamentale per la diffusione del libro fu l’invenzione dei caratteri tipografici ed il passaggio dal libro manoscritto all’Ars artificialiter scribendi e precisamente alla scrittura affidata alle macchine, la scrittura artificiale. Un passaggio epocale che potremmo paragonare a quello di due secoli fa, dalla fine dell’Ottocento anche se non mancarono tentativi molto antecedenti, dall’uso cioè della “macchina da scrivere” a quella digitale, alla fine del secolo scorso.
Un passaggio, il primo, che vide la scrittura artificiale cercare in ogni modo di assomigliare alla scrittura a mano, per non discostarsi troppo dal prodotto ottenuto manualmente. Eppure molti disdegnarono le nuove realizzazioni in serie e, per una buona decina d’anni, bibliofili e ceti colti preferirono il libro manoscritto a quello a stampa.
C’è un nome che tutti conosciamo che lega la nascita dei caratteri detti tipografici o mobili alla scrittura artificiale: siamo nel 1446 quando Johannes Gutemberg, orefice di Magonza, formò i primi caratteri su astine di legno; ma in effetti si tratta di un’attribuzione perché poco si sa con certezza sulla nascita dei caratteri tipografici. In collaborazione con Schoeffer, che si può definire un proto tipografo, inventarono il compositoio, strumento in cui si dispongono i caratteri, e la forma di stampa dei caratteri mobili, detti tipi, non più in legno ma in piombo e introdussero il torchio a stampa derivandolo da quello per il vino, invenzioni che si diffusero ben presto da Magonza in tutta Europa.
Ma soffermiamoci sulle varie fasi che caratterizzavano la complessa creazione della pagina a stampa, curiosando su punzoni, matrici, inchiostri e sui diversi caratteri che ancora oggi conosciamo con i loro antichi identificativi ad esempio di Corsivo, Bodoni, Garamond.

Il punzone è un piccolo parallelepipedo di metallo duro con un’estremità profilata a tronco di piramide con in rilievo e al rovescio un carattere tipografico sia esso lettera, numero o segno di punteggiatura. Ottenuti i punzoni veniva creata la matrice battendo il punzone su dei blocchetti di rame per lasciare su essi impressa la forma del carattere che doveva avere la stessa profondità sulla tutta matrice e pertanto veniva “giustificata”. A questo punto si procedeva alla creazione del carattere tipografico, utilizzando uno stampo particolare, detto forma. La forma era composta da due elementi a L che venivano uniti per formare un contenitore dentro il quale veniva versata la lega metallica costituita prevalentemente, anche se in proporzioni variabili, da piombo, stagno e l’antimonio.
Ma l’operazione non era di certo completata: occorreva montare i caratteri nel compositoio per costruire la riga di stampa. Un’operazione di incredibile precisione e di industriosa capacità.
Da non dimenticare che un altro elemento fondamentale era l’inchiostro che gli studiosi attribuiscono ancora alla capacità creativa di Gutemberg: un inchiostro a base oleosa migliore rispetto a quelli la cui base era ad acqua. E in ultima fase la torchiatura per imprimere i caratteri sul foglio ed ottenere la pagina.
Non ci resta che ringraziare Gutemberg o chi per lui o insieme a lui ha permesso alle generazioni successive di usufruire di questo strumento che è la stampa i cui continui aggiornamenti e miglioramenti hanno permesso di creare libri a basso costo e quindi a grande diffusione!

Un ultimo scorcio di curiosità sulle denominazioni di alcuni caratteri, sono tantissimi, tra i più diffusi e che ancora oggi utilizziamo:
Aldino: impiegato nelle edizioni veneziane di Manuzio. Un carattere piccolo, stretto, inclinato e legato che portò ad economizzare lo spazio della pagina e quindi la carta.
Corsivo: è il carattere che ha tutte le parti dell’occhio della lettera inclinate da destra a sinistra. Il suo nome deriva dalla scrittura della Cancelleria romana (cursivetus seu cancellarios). Viene chiamato anche italico ed è usato essenzialmente per evidenziare le citazioni; i primi ad usarlo a questo scopo furono i Froben, tipografi di Basilea nel primo ventennio del XVI secolo.
Bodoni: carattere dall’occhio rotondo e marcato. Prende il nome dal suo compositore Giovanbattista Bodoni tipografo ed editore a Parma

Garamond: carattere disegnato e fuso nel Cinquecento da Claude Garamond ed è tra i più apprezzati caratteri nella storia della stampa con molte rielaborazioni nel Novecento
Gotico: particolarmente usato in Germania e fu il primo ad essere introdotto con la stampa a caratteri mobili e rifioritura nel periodo romantico; si rifà alla scrittura dei manoscritti medievali

Elzeviro: con occhio molto piccolo e sottile. Venne disegnato nel XVII secolo da Christoffel Van Dick per le edizioni in piccolo formato degli Elzevier, librai e stampatori olandesi.

E buon libro a tutti!
S.P.
Articoli di cui è seguito:
Curiosità bibliofile: Le copertine
Curiosità bibliofile: la legatura, la carta, i caratteri tipografici
Curiosità bibliofile: la carta e alcuni tipi di carta
e anche:
Manuale enciclopedico della bibliofilia, Bonnard 1997
Hans Tuzzi, Libro antico libro moderno. Per una storia comparata, Bonnard 2006