Mariangela Di Giovanni “Zoe. Un viaggio speciale”, Ventura Edizioni

Ventura Edizioni

Zoe. Un viaggio speciale, il nuovo romanzo di Mariangela Di Giovanni, una storia intensa e profondamente umana che intreccia amore, amicizia, malattia e resilienza.

La protagonista, Zoe, è una giovane donna che affronta la prova più difficile della sua vita. Al suo fianco ci sono il compagno Luca, l’amico Alberto, la sorella Michela e nuove figure come Amina, che la accolgono in una rete di affetti e condivisione. Attraverso viaggi, ricordi e introspezioni, Zoe impara a trasformare il dolore in consapevolezza, la fragilità in forza e la paura in coraggio.
Un romanzo che commuove e ispira, raccontando la bellezza della vita anche nei suoi momenti più complessi e invitando i lettori a riflettere sul valore delle relazioni, sull’importanza del tempo e sull’energia che nasce dall’amore in tutte le sue forme.

“Non dobbiamo mettere oro nelle crepe formate.
Non dobbiamo nasconderci, né sentire di aver sbagliato.
Non dobbiamo credere che un noi non possa più esserci,
perché un noi esiste già.” (dal diario di Zoe)

Mariangela Di Giovanni, classe 1981, nasce e cresce a Roseto degli Abruzzi, ma il richiamo delle lingue e dei viaggi la porta presto lontano. Si laurea in lingue e letterature straniere a Bologna, tra un lavoro come interprete e turni da barista. Insegue nuove avventure, per cibare la sua innata curiosità, spostandosi prima a Londra, poi a Barcellona per approdare, infine, a Roma dove inizia una carriera nella moda. L’incontro con il mondo del design la riporta nella sua terra di origine e la conduce in una nota azienda di arredamento, dove riesce a unire le sue passioni per le lingue e per le esperienze internazionali. Dopo oltre dieci anni, si reinventa nel campo della pubblicità e del digital signage, entrando in un gruppo leader sul mercato come business developer. La scrittura arriva inaspettata, poco prima dei quarant’anni, e questo è il suo primo libro pubblicato.

Gino Carlomagno “15 attentati per un delitto”, NeP Edizioni

Un nuovo caso da risolvere per Giorgio Gregòri,
l’ispettore nato dalla fervida penna di Gino Carlomagno

Un ritorno atteso e appassionante segna il nuovo capitolo della serie dedicata all’ispettore Giorgio Gregòri, protagonista di una delle più amate saghe poliziesche pubblicate da NeP edizioni, capace nel tempo di conquistare un pubblico sempre più vasto e di ottenere il plauso della critica.

In “15 attentati per un delitto” la penna di Gino Carlomagno continua a distinguersi per l’equilibrio tra tensione narrativa, introspezione e finezza stilistica.

Siamo spesso portati a considerare come semplice casualità gli eventi che sfuggono alla nostra comprensione, liquidandoli come coincidenze prive di legame. Tuttavia, dietro a ciò che appare fortuito, può nascondersi un disegno complesso, un intreccio sottile che solo una mente attenta e analitica riesce a cogliere. È da questa riflessione che prende avvio la nuova indagine alla base di questo romanzo.

Partito con la sua compagna per una crociera nei Caraibi, che avrebbe dovuto rappresentare un momento di riposo e serenità, l’ispettore Gregòri si troverà invece immerso in una rete di eventi apparentemente scollegati, ma che il suo intuito infallibile saprà progressivamente ricomporre in un disegno coerente e inquietante.
Abituato da sempre a guardare oltre le apparenze, Gregòri userà la sua proverbiale perspicacia per dare un senso al caso e riportare ordine dove regna la confusione, fino a svelare il vero artefice di un elaborato piano criminale.
A rendere tutto ciò particolarmente efficace è la scrittura matura e consapevole di Gino Carlomagno, autore che ha saputo consolidare nel tempo precisione stilistica e capacità di coniugare l’indagine razionale con la dimensione più intima dei suoi protagonisti. Nella sua prosa, ricca ma mai ridondante, convivono rigore e sensibilità, ironia e tensione.
Come sempre, saranno intuizione, costanza e arguzia investigativa a guidare un personaggio ormai entrato di diritto nell’immaginario dei lettori del giallo contemporaneo.

Gino Carlomagno è nato nel 1945 in Basilicata e si è trasferito in giovanissima età con tutta la famiglia a Biella. Dopo un breve periodo trascorso nella Polizia di Stato, ha svolto attività nel settore dell’alimentazione e della ristorazione insieme ai suoi fratelli. Ha coltivato la passione della lettura e della scrittura sin dall’infanzia, ma solo dal 2000, a seguito di un felice incontro con NeP edizioni, ha pubblicato con successo opere rimaste per lungo tempo nel proverbiale cassetto. Ha scritto numerosi libri di contenuti diversi, anche se predilige il romanzo poliziesco. Uno dei personaggi animati dalla sua penna, l’Ispettore Giorgio Gregòri, è stato accolto con affetto da pubblico e critica.
Dello stesso autore NeP edizioni ha pubblicato: “Caro Amico” (2016); “Dal Girino Al Mouse” (2016); “Dieci Racconti Fantastici” (2016); “Tre milioni di passi sotto il cielo. Camminare per vedere” (2017); “La pagluzza nell’occhio” (2017); “Il Killer invisibile” (2017); “La pietra che non affonda” (2018); “Il Dito Mancante” (2018); “Nel Sonno Urlavo… Gargatun” (2018); “Il Decimo Indizio” (2019); “1 – DICXON, non tradisce” (2019); “Queen Mary Donna Coraggiosa” (2020); “Hotel Repubblica 55 – Camera con Balcone” (2020); “Il Segreto dell’Acqua”(2020); “All’Ombra dei Pini” (2021); “Consuelo” (2021); “Tarli Ossessivi”(2022); “Misteriosa morte nella Tuscia”(2022); “Il Segno della vendetta” (2023); “L’inganno dei numeri… uno, due, sette, nove” (2023); “Una sola mamma” (2024), “Le onde del mare raccontano” (2024).

Dello stesso autore su tuttatoscanalibri

Le onde del mare raccontano
Una sola mamma
Il segno della vendetta
Misteriosa morte nella Tuscia

Umberto Brindani “Senza lasciare traccia”, presentazione

Senza lasciare traccia è una continua corsa contro il tempo in cui si intrecciano suspense e satira, verità e menzogna, amore e ossessione.(da Piemme Editore)

“Sembra di trovarsi in un episodio di un film di Quentin Tarantino. Sembra. Siamo alle prime due pagine del romanzo di Brindani”, così scrive Giancristiano Desiderio presentando il romanzo sul Corriere (22 ottobre 2025)

Protagonista è Pierfrancesco Balzani, giornalista prossimo alla pensione, in tempi anadati cronista di nera, al momento  utilizzato come articolista giusto per tirare avanti quanto basta, ma c’è l’amore nella sua vita, c’è Rossana pubblico ministero, anche se amante clandestina.
Tutto si sconvolge quando nel palazzo di Giustizia viene trovato il cadavere di un magistrato, ritrovamento che coinciderà con la scomparsa di Rossana.
Convinto della sua innocenza, Pierfrancesco Balzani, da bravo cronista di nera, si mette alla ricerca delle prove e della scomparsa che sa bene essere, contrariamente a quanto i colleghi magistrati credono, innocente e pertanto nascosta.

[…]Il romanzo di Brindani è un insieme di racconti brevi — brevi come i capitoli di cui è composto – che hanno al centro una sensazione, un gio-co, un’abitudine, una stupidaggine, una fisima della contemporaneità e i personaggi e la storia, nella loro ironica tragicità, mettono in scena una satira del nostro tempo e ci servono una critica sentimentale di noi stes-si[…] conclude Desiderio la sua recensione

Umberto Brindani Nato nel 1958 a Busseto (Parma), è un giornalista italiano. Laureato in Filosofia all’Università di Bologna, ha iniziato la carriera collaborando con Il Mulino e La Gazzetta di Parma. Dopo l’Istituto di Giornalismo di Milano, ha lavorato per Espansione, Italia – Oggi e Panorama, dove è stato condirettore. Ha diretto Gente, Chi, TV Sorrisi e Canzoni e, dal 2010 al 2022, il settimanale Oggi. Nel 2023 è tornato alla guida di Gente, edito da Hearst. Ha pubblicato il libro Elogio dell’uomo perbene nel 2012 e Suicidio imperfetto nel 2024.( da Autori Piemme Editore)

Fabio Lombardi “L’esercito delle carriole”, Mursia

Una storia che intreccia una fantasiosa maledizione, la caduta di un giornalista e la misteriosa sparizione di un pescatore. 

Tra superstizione, manipolazioni e un amore non corrisposto, il racconto si sviluppa sullo sfondo della coltivazione illegale di marijuana fino alla guerra etnica nei Balcani, affrontando temi come l’odio, la violenza di genere e le speculazioni di case farmaceutiche senza scrupoli, fino a rendere la maledizione una crudele realtà.

Mursia

dal 10 novembre

Leonida Lucomagno, ex giornalista fuggito sull’isola croata di Susak dopo una condanna per aggressione, si ritrova a indagare sulla misteriosa scomparsa di Thomas, un pescatore locale dal passato controverso come coltivatore illegale di marijuana e leader del movimento per la legalizzazione della cannabis.
Le indagini di Leonida lo trascinano in un vortice di pericoli: tra ex militari alla ricerca di vendetta, spregiudicati rappresentanti di case farmaceutiche e narcotrafficanti, le sue azioni attirano anche le attenzioni di Pentesilea, la carismatica leader di un’organizzazione europea che offre supporto alle vittime di violenza maschile.
La chiave di tutto risiede in un passato lontano: l’assedio di Vukovar, le vicende legate all’enigmatico “esercito delle carriole” e le conseguenze delle decisioni di Pentesilea nel dopoguerra.
Tra complotti e rivelazioni scioccanti, Leonida dovrà confrontarsi non solo con i suoi demoni personali, ma anche con una verità scomoda che rischia di travolgere tutti.

Un “noir esistenziale”, in cui hanno prevalenza tematiche storiche (guerra dei Balcani e crimini etnici), diritti civili e violenza contro le donne, legalizzazione della Cannabis e narcotraffico, lobby farmaceutiche. Centrale il racconto dell’infanzia dei personaggi, il passato ha lasciato ferite non rimarginate che ne influenzano le azioni e per alcuni di loro costituisce una crescita spezzata dalla violenza.

Fabio Lombardi (Milano, 1965) è un giornalista. Negli ultimi quattordici anni ha lavorato a Quarto Grado, trasmissione specializzata in casi di cronaca nera; precedentemente è stato cronista al TG4 e al TG5, dove ha seguito come inviato grandi casi di cronaca, dalla banda della Uno Bianca, al delitto di Cogne, al delitto di Garlasco e alla strage di Erba. Per tre anni ha scritto il blog «Nera e Dintorni» e nel 2019 il suo primo romanzo, L’istinto dei calamari.

Daniela Alibrandi “L’ultima prospettiva”, un racconto breve

Quattro dei racconti presenti nell’antologia “Storie tra luci e ombre” saranno protagonisti per altrettanti sabato sulla home della nostra rivista a partire da oggi sabato 8 novembre, il prossimo appuntamento sabato 22 novembre con “Il bacio dei vecchi”
Un gradito omaggio dell’autrice ai nostri lettori!

da Storie tra luci e ombre

È una mattina come tante altre, del genere che amo. Il cielo terso, l’aria frizzante e i tetti di Via Margutta accarezzati dal sole. L’odore dell’acquaragia non mi infastidisce più, e la tela che ho appena iniziato è il richiamo inconfondibile che non sono mai riuscito a ignorare e che mi porta ad alzarmi con l’unico desiderio di continuare a dipingere.
Era tanto che non sentivo un impulso così forte, una carica interiore talmente prorompente da farmi dimenticare la notte quasi insonne.
Sveglio, finalmente pronto a ricominciare. Decido di mettere su un buon caffè il cui profumo, misto all’odore tipico dei colori a olio, crea l’inebriante elisir che ricordavo. E la soffitta, dove ho vissuto e dipinto, diviene adesso la porta tra le umane passioni e l’infinito distacco.
Un mondo vuoto, scevro di momenti e di materia, nel quale il mio animo fluttua e non riesce a scegliere da che verso aprire o richiudere l’uscio. Fa caldo, è estate piena e l’alba vista dal terrazzo ricavato nell’abbaino non delude mai. È qui che sorseggio il caffè bollente, inspirando l’aria asciutta di un’estate romana, che potrebbe appartenere all’oggi o a un tempo lontano.
E mentre con lo sguardo indugio sulle tegole colorate e antiche, mi chiedo quanto sarebbe bello iniziare il quadro dalla fine, sapendo che sto per dare l’ultima pennellata su di una tela all’apparenza bianca, riscoprendone tratti e sfumature, che esistono ma che non riesco a mettere a fuoco.
Mi tremano le mani e so che il momento di decidere se aprire o chiudere, se entrare o uscire, è inesorabilmente arrivato.
Mando giù gli ultimi sorsi di un caffè amaro, che scuote i miei sensi mentre brucia nella gola e nelle viscere e adesso lo so, senza dubbio, sto per morire. La mia stagione che sembrava infinita sta per scadere.
Me ne sono accorto dall’impercettibile cambiamento del ticchettio dell’orologio, più cadenzato, isolato dai rumori dell’ambiente, lento, inesorabile.
– Non l’ho visto! Me lo sono trovato davanti e non sono riuscito a frenare…– grida, piangendo, il ragazzo del quale riesco a vedere solo le scarpe da ginnastica. Vorrei avvertirlo che gli si stanno inzuppando, che non doveva indossarle in una giornata piovigginosa come questa.
Anche il mio volto adesso è bagnato da una pioggia fitta e fredda e, se cerco di aprire gli occhi, vedo che gli antichi sanpietrini riflettono a specchio la luce languida dei lampioni sul Lungotevere.
– Chiamate l’ambulanza! – gli fa eco la voce di una ragazza, argentina, acuta, mi fa male udirla.
Vedo solo i suoi stivali lucidi e le calze a rete che salgono più su del ginocchio, verso le cosce magre. Non voglio che mi aiutino, vorrei essere solo lasciato in pace, perché era tanto che desideravo conoscere e comprendere ogni verità, era ora che tutto si compisse. Finalmente sono nel mio studio e posso dipingere qualcosa di eterno.
Passi frettolosi attorno a me, ma io sono già lontano e la gamma di colori che vedo è immensa, così come sembra infinita la quantità di azioni che sto lasciando in sospeso. Non c’è più spazio per le mie fughe e i miei silenzi.
Devo terminare la tela, prima che tutto finisca, e l’ultima pennellata deve essere la più forte, deve lasciare il colore in rilievo, anzi meglio ancora se è un colpo di spatola, talmente alto che potrebbe far scivolare la mano all’indietro.
In un baleno chi ha attraversato la mia esistenza è vicino a me, una moltitudine di occhi che mi scrutano, ma ancora non ho risposte alla loro muta domanda, che faccio mia, mentre mi chiedo perché mai non ho saputo o voluto esprimere ciò che provavo. Solo adesso, se avessi la forza, mi alzerei in piedi e griderei l’amore che ho taciuto, le lacrime di meraviglia che ho nascosto nel guardare il mare, i brividi che ho rinnegato scoprendo il sesso.
Mi alzerei, sì, e davanti ai loro sguardi increduli scuoterei forte quella ragazza che continua a urlare, isterica, dicendo che sembro davvero morto, che sono proprio morto. Le direi che la vita in fin dei conti non è altro che la finzione dell’essere. Che la morte alla fine è solo la verità del nulla. E che sì, è vero, adesso ci sono solo tante luci e infiniti colori, dove immergere il pennello.
E posso abbandonarmi finalmente alla carezza nell’anima che sento, all’impalpabile stretta di una mano invisibile sul mio cuore, che stringe e spreme i miei sentimenti.
E ti vedo, non così come sei ora, vecchia e con le mani macchiate, immaginando come le dimenerai disperata quando ti diranno che sono morto, che non ci sono più. Griderai che non può essere vero, ma che lo sapevi, prima o poi ti avrei tradito ancora, lasciandoti sola. No, non così, ti rivedo invece come eri quell’estate, con i capelli sciolti e gli occhi grandi, distesa sulla sabbia ancora calda, mentre vibravi forte alle mie carezze e mi lasciavi spingere la lingua tra le tue labbra. Il tuo sapore di miele, i tuoi capezzoli turgidi, l’odore di scoglio confuso col profumo degli oleandri.
Dal colpo di spatola finale adesso torno indietro a dipingere di azzurro chiaro l’armonia, perché non te l’ho mai detto quanto eri bella allora e quanto sei bella adesso, con i capelli bianchi, le rughe e gli occhi stanchi!
E ancora il tratto scorre indietro agli anni rosa tenue delle ninne nanne, delle poppate infinite.
Tra le mie mani i pennelli si muovono
impazziti, spalmando il rosso intenso degli slogan gridati nei cortei di protesta, fino al nero delle notti insonni e dei lutti insopportabili, al verde dei prati dove ci stendevamo tranquilli quando avevamo marinato la scuola, distese verdi di quel verde intenso nel quale a sbocciare erano solo fiori e non siringhe.
Poi il grigio chiaro, il colore limpido delle canne fumate nei bagni di scuola. Il giallo, l’arancione e le sfumature violette che annunciano l’intensità del tramonto, e solo ora mi accorgo che ogni giorno muore in un modo tutto suo, come ogni essere umano, ghermendo nel suo transito le profonde gioie e le incancellabili disperazioni che lo hanno animato.
Il verde chiaro delle nostre illusioni, la trasparenza delle tue lacrime per i miei tradimenti, il freddo indaco per i miei rimorsi… la osservo e la tela adesso è un vero splendore.
– Inutile il trasporto in ospedale, è andato, – dice perentorio il medico, sceso dalla ambulanza che è arrivata squarciando il silenzio sospeso di chi assiste alla mortalità; e io ho udito chiaramente le sue parole.
Nessuno si accorge che sono felice, mentre vorrei portare con me il profumo di umido e di pioggia, quello che da sempre colma il mio animo, in attesa dei raggi di sole.
Mi allontano dalla tela che ho dipinto con tanto fervore, camminando con passi lievi e orgogliosi nello studio da pittore di quel tempo lontano, nello spazio che da anni non mi appartiene più. Dio quanto mi è mancato! penso, mentre irrefrenabili sgorgano le lacrime di chi inspiegabilmente viene avvolto, all’improvviso, da una folata di vento tiepido. E mi accorgo che fuori anche il giorno sta morendo e che i tetti di Via Margutta riflettono quegli ultimi e sconfortanti sprazzi di luce nel mio sguardo spento.
I colori perdono intensità, si affievoliscono e la tela sta tornando vergine come lo era all’inizio ed è questo che vorrei sussurrare adesso all’orecchio di quella ragazza, che ancora piange e si dispera. A lei che tra qualche ora cercherà di dimenticarmi, sfilerà veloce le sue calze a rete e farà l’amore per non ricordare. Vorrei asciugare quelle lacrime, tirarle indietro i capelli, baciarla nella bocca e raccontarle la stupenda verità che ho scoperto solo adesso. Lei non mi crederà, si pulirà le labbra dalla saliva di un vecchio e correrà via. Il ragazzo la seguirà con le sue scarpe da ginnastica inzaccherate, la terrà ferma per un braccio, non comprendendo il perché della sua fuga. Nessuno crederà che il vecchio morto investito l’ha baciata, nessuno crederà a quello che le ha detto in un sussurro. Ma lei giurerà, spergiurerà che è vero e che lo ha
udito chiaramente con le sue orecchie. Lo griderà disperata, tirandosi i capelli.
– Calmati! – cercherà di sedarla lui, abbracciandola, – ti credo, smettila di urlare, che ti ha detto?
– Una cosa bellissima e terribile, ho perfino paura a raccontarla, – tra i singhiozzi lei tirerà su col naso, pulirà il muco col dorso della mano e alla fine parlerà, – mi ha confessato che la morte non arriva mai senza avvertire e che non è sopraffazione, ma restituzione. Mi ha assicurato che c’è un attimo, una frazione di secondo che solo la morte sa regalare,
tra luci e ombre, fastidiosi suoni stridenti e leggeri accordi di arpe. Ed è in quell’unico momento, nel quale riesce a dilatare il tuo ultimo tempo, che solo lei, la morte, sa mostrarti ciò che sei stato e che avresti potuto essere, restituendoti in un solo istante quello che hai perso nell’insensato palpito di vita.

Luca Fassina “Vino/Vinile. Il cibo si fa musica: l’estetica delle copertine”, OLIGO

I capitoli sono arricchiti dalle ricette dei piatti che prendono spunto da immagini e canzoni.

 

OLIGO

Dal 7 novembre

Vino/Vinile è un viaggio attraverso un banchetto visivo, il significato, il simbolismo e l’impatto culturale di alimenti e bevande immortalati sulle copertine di album più e meno celebri: dalla provocatoria banana sbucciabile di Andy Warhol per i Velvet Underground al goloso surrealismo di Let it Bleed dei Rolling Stones, dagli Spaghetti dei Guns N’ Roses alla pentola di serpenti di Cook della PFM sino alla passione per la birra dei Tankard, dettagli culinari raramente lasciati al caso, elementi iconici che aiutano a creare immagini potenti evocando sensazioni ed emozioni.
Travalicando generi musicali, periodi storici e continenti, Vino/Vinile osserva l’influenza del cibo e delle bevande nell’immaginario musicale e illustra come abbiano contribuito a plasmare la percezione degli album e degli artisti stessi. 
Una celebrazione dell’arte visiva e del gusto, per chi ama la musica, il design e la cultura pop. I capitoli sono arricchiti dalle ricette dei piatti che prendono spunto da immagini e canzoni.

Dall’ introduzione:

Un tempo, i dischi di gommalacca a 78 giri erano contenuti in anonime buste. A volte venivano raccolti in un libro rilegato. Da qui il nome album usato per i Long Playing (LP). Il primo album con una copertina sembra essere stato Smash Song Hits by Rodgers & Hart (1939) e fu un’idea del grafico statunitense Alex Steinweiss che convinse la Columbia Records. L’idea venne presa al volo dalla Blue Note, che iniziò a spingere i propri artisti jazz con le foto del suo fondatore, Francis Wolff, e la grafica del designer Reid Miles. Furono gli anni di fotografi come Herman Leonard e il suo pupillo Chuck Stewart, responsabile di oltre duemila copertine. Se all’inizio gli album erano meri contenitori di dischi, sembra essere stato Frank Sinatra a dare il via al concetto di long playing come lo conosciamo oggi: voleva che ogni registrazione avesse un tema generale che si estendesse anche alla copertina. Nel 1956 arriva il primo LP di Elvis Presley e le immagini di molte delle sue copertine incarnavano l’energia e la ribellione della nuova generazione; è stato il rock a comprendere la forza comunicativa dietro a un’immagine forte e così le copertine diventano sempre più seducenti ed efficaci: non solo scatti di artisti famosi, ma vere e proprie opere d’arte. In Italia, nei primi anni Cinquanta, un giovane Guido Crepax comprava i primi dischi di jazz a 78 giri: dato che non amava quelle buste anonime di cartoncino nero, il futuro papà di Valentina le personalizzava con illustrazioni ispirategli dalla musica stessa. “Assunto” da suo fratello Franco, discografico de La voce del Padrone, realizzò la sua prima copertina per il disco del pianista jazz Thomas “Fats” Weller, E i suoi ritmi. Ne avrebbe prodotte più di trecento, tra cui la famosissima Nuda dei Garybaldi. Presto arrivò anche la pittura di artisti dei generi più disparati, portando la copertina ad assumere valore di completamento dell’opera che rappresenta: negli anni Sessanta Beatles e Rolling Stones lavorano con i più grandi artisti della pop art e studi specializzati come l’Hipgnosis che firma la copertina di Animals (1977) dei Pink Floyd con il famoso maiale gonfiabile ideato da Roger Waters3. Gli anni Settanta, con le esigenze di creare immagini epocali, hanno incrementato l’uso dei gatefold, dove la copertina si apriva come un libro che raddoppiava lo spazio grafico a disposizione. I primi rocker ad approfittarne furono Bob Dylan con Blonde on Blonde (1966) che batté di una settimana l’uscita di Freak Out dei Mothers of Invention di Frank Zappa.

LUCA FASSINA lavora con la parola scritta da oltre trent’anni: giornalista, scrittore, traduttore e storyteller di Milano, è stato corrispondente musicale da Londra e manager dell’entertainment a Parigi. Oggi scrive per “Classic Rock”, “Metal Hammer” e Sergio Bonelli Editore; ha collaborato, tra gli altri, con RollingStone.it. Per Oligo Editore ha pubblicato Cucina. Stephen King: ricetta per un disastro (2022), Spaghetti. Le rockstar a tavola: dagli AC/DC a Zucchero (2023), Gusto/ Disgusto. Il cibo diventa cult: dal cinema alla tavola (2024).

Piera Rampino “Il morto presunto”, Alcatraz

Un’indagine lucida nelle crepe della famiglia, un luogo fatto di silenzio, risentimento inespresso

e complessi nodi psicologici.

Collana Labirinti 7

Alcatraz

Dal 7 novembre in libreria

Cosimo Praticò ha una vita normale. Ha una moglie, un figlio, una figlia, e un impiego a tempo indeterminato nella pubblica amministrazione. È un normale lunedì di lavoro quando scopre che la sua data di morte è stata inserita nel database che consulta abitualmente, e che l’evento si sarebbe verificato di lì a quattro giorni, venerdì.
Convinto si tratti di una svista temporanea, non fa nulla per correggere l’errore. Ma l’amministrazione non commette errori, e di lì a pochi giorni si troverà impegnato in una lotta contro il suo stesso datore di lavoro, arrivando alla scelta estrema di intentare una causa legale per dimostrare di essere ancora in vita.
Intanto in casa la situazione precipita: suo fratello Ettore abbandona la moglie e si trasferisce in casa di Cosimo. La moglie Franca segue i grotteschi consigli del medico di famiglia e lo allontana dalla stanza matrimoniale. Il figlio Antonio e la figlia Giulia gli risultano sempre più lontani e alieni. L’amministrazione avvia il procedimento per pagare la reversibilità della pensione a Franca. L’assicurazione sulla vita contratta pochi giorni prima della presunta morte si rifiuta di pagare la somma a Franca, beneficiaria. 
In questo romanzo familiare, Rampino usa l’assurdo per raccontare una cacciata dal paradiso, ma lascia sempre un interrogativo al lettore: paradiso per chi? Ognuno dei suoi protagonisti ha un’idea diversa di quale sia il paradiso da ricercare, quale sia la felicità che ne deriva, e cosa è disposto a fare per ottenerla.

Piera Rampino vive tra Bolzano e Bressanone, dov’è nata. Appassionata di lingue e letteratura, dopo la laurea in giurisprudenza ha collaborato alla redazione di dizionari di terminologia giuridica (italiano-tedesco), lavorando nei settori della traduzione e della ricerca linguistica applicata; attualmente si occupa di revisione e analisi di testi normativi. Il morto presunto, il suo romanzo d’esordio, è rientrato tra le opere selezionate nella IX edizione del Premio Città di Como. Un suo racconto è apparso in un’antologia edita da Historica edizioni. Con Gli altri (Edizioni Hypnos, 2023) si è classificata al secondo posto del Premio Hypnos 2023.

Amalia Viti “Una prof nel sottoscala”, NeP Edizioni

Un libro sincero e appassionato, che nasce direttamente dall’esperienza professionale dell’autrice e offre una testimonianza autentica sul problema dell’integrazione scolastica. Un tema spesso dibattuto tra gli specialisti del settore ma il più delle volte ignorato dal grande pubblico.

Amalia Viti racconta il cammino percorso, per due anni scolastici, come insegnante di sostegno della piccola Eva, una bambina che frequenta la seconda classe delle medie inferiori affetta da una particolare forma di autismo.
Insieme, giorno dopo giorno, si trovano a combattere numerose battaglie: dalle frequenti crisi di rabbia, all’ostilità dei compagni di classe, sino al “muro di gomma” degli altri insegnanti.
A ciò si aggiunge il grave sospetto che si voglia contrassegnare la disabilità di Eva come incurabile o, peggio ancora, come semplici capricci, da reprimere con severità.
Un percorso che porta Eva, dopo una fase di chiusura iniziale ad aprirsi maggiormente al mondo e Amalia a tenere una cronistoria al fine di comprendere meglio tutta la situazione, registrando gli avvenimenti e i progressi fatti.
Attraverso il “Diario di Eva e Lia” verrà fuori un quadro articolato fatto di passioni, sogni e delusioni, animato da un messaggio di speranza libero e incondizionato.
Una relazione, quella tra allieva e insegnante, che diviene uno scambio reciproco. Una crescita graduale, dove entrambe imparano qualcosa l’una dall’altra.
Perché la scuola dovrebbe essere il luogo democratico per eccellenza, dove ogni cittadino possa essere incluso nel processo di apprendimento e formazione culturale nel migliore dei modi possibili.
Per l’autrice il libro è “una storia che merita di essere raccontata”. Una storia che insegna a non avere mai paura, perché c’è sempre un modo per potersi risollevare, insieme alle persone giuste cui potersi affidare.
E sono l’amore, la pazienza e la volontà la chiave vera per affrontare tutto.

Amalia Viti nasce a Napoli e si laurea in lettere presso l’Università “Federico II”. Insegnante di materie letterarie per diversi anni, si specializza nel sostegno ai bambini con disabilità. La predisposizione e l’amore per i più piccoli la porteranno a diventare volontaria presso l’ospedale “Bambino Gesù” di Roma. Assidua frequentatrice dei salotti letterari romani,
collabora come Vicepresidente all’Accademia Romana della Rosa. È autrice di alcune raccolte di poesia in vernacolo e in lingua italiana e diversi racconti, con cui ha conseguito posizioni di rilievo in numerosi concorsi letterari.
Con NeP ha pubblicato: “Tra magia e realtà” (2019), “Iesce Sole” (2021) e “La foresta Blu e altre storie” (2022).

Daniela Alibrandi “Storie tra luci e ombre”, presentazione

Storie tra luci ed ombre è la nuova edizione dell’antologia di racconti
I doni della Mente, rivista e aggiornata con testi inediti e una nuova veste grafica: in copertina, per gentile concessione dell’artista Massimo Rossetti, una sua opera(Oil on Canvas “Ragazza 1992”).

I temi trattati sono vari e propongono aspetti della nostra attualità indagati introspettivamente, racconti brevi, fantascienza e fiabe contemporanee. I nuovi racconti inseriti hanno già avuto un significativo successo in Germania e in Spagna, grazie al blog letterario E-Dida a cura di Stefano Angelo.

Quattro dei racconti presenti nell’antologia saranno protagonisti per altrettanti sabato sulla home della nostra rivista a partire da sabato 8 novembre.
Un gradito omaggio dell’autrice ai nostri lettori

La Quarta di copertina

Il link al blog dell’autrice

della stessa autrice su tuttatoscanalibri

I più recenti:
I delitti della Vergine
I delitti del Mugnone
la trilogia Crimini del Labirinto
e i molti precedenti
“Quelle strane ragazze”
“Nessun segno sulla neve”
“Una morte sola non basta”
“Un’ombra sul fiume Merrimack”
“Il bimbo di Rachele”
“I misteri del vaso etrusco”
“Viaggio a Vienna”
Quella improvvisa notte a Venezia
Daniela Alibrandi in Racconti racconti racconti: corti, con brivido, fantastici

Alda Merini “Il mio labirinto di assurdo silenzio”, presentazione

Merini inedita: tre piccole e preziose raccolte emerse dagli archivi della casa editrice Manni

Introduzione di Giacomo Poretti e Daniela Cristofori

In questo libro compaiono tre piccole e preziose raccolte inedite di Alda Merini emerse dagli archivi della casa editrice, tutte risalenti al biennio 1988-1989, anni molto intensi sul piano personale e creativo per la poetessa: La piccola Spoon River, con ritratti di personaggi dei Navigli milanesi; Breviario sconsacrato, che ruota attorno al Centro psico-sociale frequentato dopo il manicomio, ai medici, ai pazienti, alla percezione che dal “di fuori” si ha della malattia mentale; I filibustieri della follia, con versi dedicati ad amici e amori; e altre poesie, anch’esse inedite, in cui protagonista indiscussa è la passione, declinata in varie sfumature ma sempre colore dominante dell’esistenza.(da Manni Editori)

Il ritrovamento nell’archivio della Casa Editrice lo svela nel suo articolo, apparso sul Corriere (25 ottobre 2025), Ida Bozzi che così scrive illustrando le nuove proposte editoriali della Manni ( Casa Editrice fondata a San Cesario di Lecce nel 1984 da Piero Manni (1944-2020) e dalla moglie Anna Grazia D’oria) che, rinnovando il progetto grafico, porta in libreria varie novità e riedizioni arricchite e aggiornate, come ha esplicitato a Ida Bozzi Agnese Manni, figlia di Piero, che insieme alla madre e alla famiglia continua l’opera del padre nella Casa editrice:

[…]Tra le prime uscite da ieri in libreria, due titoli di Alda Merini: innanzitutto, un’autobiografia in poesia e in prosa ormai classica, curata da Piero Manni nel 2005, Sono nata il ventuno a primavera. E poi una novità, un volumetto di inediti assoluti della poetessa, della quale Piero Manni era amico di lunga data, Il mio labirinto di assurdo silenzio, questo nuovo titolo (che mercoledì 29 ottobre sarà presentato a Milano, alla Libreria Pontremoli, ore 18) ha una storia particolare, spiega Agnese Manni: «Dopo che l’archivio e la Biblioteca di Anna Grazia D’oria e Piero Manni e della casa editrice Manni hanno ricevuto dal ministero della Cultura nel 2022 il riconoscimento di interesse storico, è iniziato un progetto (a cura di Università del Salento, Roma Tre e Lum di Bari) per creare un archivio fisico e digitale di tutto questo materiale: migliaia di carte, manifesti politici, locandine, testi, manoscritti…». E prosegue: «Così, tra le migliaia di carte, sono state ritrovate tre piccole ma organiche raccolte di versi di Alda Merini, del tutto inedite. Spesso Alda Merini scriveva a mio padre inviandogli poesie, pensieri, note: ricordo che sulle buste a volte Merini scriveva solo “Manni Lecce”, eppure le lettere, miracolosamente, arrivavano». Ora le tre raccolte inedite sono riunite nel libro, con un’introduzione di Giacomo Poretti e della moglie, la psicoanalista Daniela Cristofori”.

La Quarta di copertina