Un classico dell’avventura alla Verne: un salvataggio di naufraghi in cui si impegnano provetti navigatori per superare i pericoli del mare; ma il pericolo maggiore è rappresentato dalla distesa di ghiacci che li attende oltre il 70° parallelo, le condizioni estreme determinate dal gelo, dal buio e dall’inverno polare. Un racconto nato da minuziose e puntuali documentazioni da parte dell’autore.
Dall‘Introduzione
Un inverno tra i ghiacci può essere retrospettivamente considerata l’opera manifesto del Verne maturo. Pubblicato in due puntate nel 1855, sulla rivista di Pitre-Chevalier, porta in sé tutte quelle caratteristiche che di lì a breve renderanno celebre l’autore: una storia avvincente, un viaggio in zone estreme del pianeta, un approfondito e puntuale studio di tutti gli aspetti scientifici legati alle vicende narrate. Come si specificava nell’introduzione alla prima puntata, infatti, il racconto era una novità assoluta e, pur essendo soltanto una storia di fantasia, prima di scriverlo l’autore aveva dedicato parecchio tempo alle ricerche. Questo racconto fu infatti scritto dopo un minuzioso studio di tutte le testimonianze dei viaggiatori alla ricerca del famoso passaggio a Nordest.
Dopo aver accuratamente descritto i preparativi compiuti dall’equipaggio per mettersi in grado di affrontare l’inverno polare, Verne ci porta assieme ai marinai del brigantino Jeune-Hardie in questo viaggio di salvataggio da Dunkerque al Polo. Risaltano anche le date precise, che Verne riporta puntualmente, necessarie per spiegare realisticamente le varie avversità che l’inverno polare opporrà di volta in volta ai marinai del Jeune-Hardie.
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