
raccontata dal filosofo e “fabbriciere” Sergio Givone
sta su da secoli:
nessuno l’avrebbe detto
I segreti dell’Inventore
Un romanzo d’esordio quello di Adele Colgada, nom de plume per Stefania Fabri e Giulia Caminito.
Protagonista una neo pensionata, Gerarda, trasferitasi nel quartiere Monteverde di Roma, nella casa ereditata dalla cara zia Ginetta, nella quale ha mantenuto alcuni cimeli “la camera da letto primo Novecento qualche quadro e scatole di foto da riordinare” ma anche l’orologio a pagoda “così meravigliosamente di cattivo gusto che non lo si può buttare”.
E anziché intraprendere una nuova vita, la passione per il giallo della “signorina” Gerarda, si trasferirà, volente o nolente, dalla precedente attività lavorativa di editrice di thriller, dalla carta alla realtà sostenendo il commissario Laguardia nelle indagini come infiltrata in mezzo ai condomini, tra una “dose stordente di pettegolezzi” e l’altra.
Un omicidio efferato si è infatti verificato nel palazzo.
E così il lettore conoscerà via via i vari personaggi, molti dei quali anziani, che occupano da anni gli appartamenti, presentati inquadrandone le caratteristiche, nel bene e nel male: “la ciarliera Angelucci, la bislacca Sanfilippo, le sorelle Meloni una tonda e rugosa come un’arancia cotta al sole e l’altra con un grosso neo con un ciuffo di peli nel mezzo come un’aiuola appassita”.
La storia trascorre piacevolmente tra bozzetti da un interno con delitto che si risolverà in modo inaspettato insieme ad un altro irrisolto e datato, avvenuto nella contigua dépendance condominiale.
Dietro le quinte, storia nella storia, il mondo dell’editoria dal quale Gerarda si è felicemente allontanata, che invece torna, imperioso e asfissiante, a chiederle nuovamente di occuparsene. Ma da questo dialogo conclusivo con Laguardia possiamo aspettarci una nuova collaborazione tra i due?
“Che tipo di consulenza?” chiese Gerarda con un debole sorriso. “Letteraria, ovviamente. La realtà assomiglia spesso a un romanzo…” “No, si sbaglia commissario, la realtà è terribilmente banale, i romanzi non se lo possono permettere.”
Leggi anche la recensione da La lettrice assorta
continua a leggere la recensione di Maria Anna Patti
Dalla presentazione nel sito Giulio Einaudi Editore:
[…] Il libro raccoglie poesie scritte dal 2015. Privilegiata è la forma del poemetto che permette di ritmare la pulsazione e il respiro di tutte le forme viventi. Versi brevi, incalzanti, molto rimati o assonanzati, incastonati in forti strutture anaforiche. Ne deriva una sorta di preghiera laica a metà fra il salmo e il rap, perfettamente aldonoviana.
Le opinioni dei lettori
Con “Il metodo del coccodrillo” si apre la serie di romanzi che vedrà protagonisti i cosiddetti Bastardi di Pizzofalcone, individui particolari, per lo più solitari e con un proprio segreto da nascondere. Nessuno li vorrebbe nel proprio Commissariato, reietti nei loro posti di lavoro e nella società. Falliti insomma, che però, contro ogni aspettativa, smentiranno la diffidenza di colleghi e cittadini.
Il luogo in cui ambientare le vicende non poteva che essere Napoli: decadenza e splendore vi si mescolano più che in ogni altra città, essa stessa è una continua contraddizione e così succede che il naturale calore dei suoi abitanti sia spesso oscurato dalla paura, da quell’innata consapevolezza che ricorda di “stare al proprio posto”, di non guardarsi troppo intorno, ma anzi procedere dritto e interrogarsi poco, tanto che, come lo stesso De Giovanni più volte ricorda attraverso i pensieri e i commenti dei protagonisti delle sue opere, in quella città si è invisibili.
È in questo scenario che prendono forma i fatti e i personaggi: Giuseppe Lojacono è nuovo al Commissariato San Gaetano, detto il Cottolengo, è giunto nella città del Vesuvio dopo essere stato allontanato dal suo precedente luogo di impiego; alle spalle si è lasciato la Sicilia, ma anche una figlia e una moglie. Sospeso da qualsiasi tipo di mansione, solo, triste e scoraggiato, ben presto l’ispettore dai tratti orientali si troverà coinvolto nelle indagini di un caso che porterà scompiglio non solo nella Napoli dei quartieri bassi, ma anche tra gli appartenenti alle classi sociali più elevate.
Alcuni giovani ragazzi, apparentemente senza alcun legame tra di loro, saranno uccisi per mano di un serial killer dalla firma insolita: sul luogo dell’omicidio egli “piange”, lasciando dei fazzoletti con le sue lacrime. Da qui nascerà il soprannome “il Coccodrillo” e inizieranno le ricerche, le ipotesi, i tentativi di dare un volto umano a questo assassino che anche nel metodo sembra assomigliare molto al feroce rettile, per cercare di svelare i motivi del suo gesto. Lojacono dimostrerà fin da subito di essere l’unico ad avere le giuste intuizioni sul caso, senza farsi trasportare da quella che sarebbe l’ipotesi più comoda e, complice una forte sintonia con il magistrato Laura Piras, diventerà uno dei punti di riferimento fondamentali in questa caccia all’uomo, tornando così, almeno in parte, a vivere. Maurizio De Giovanni, come già in precedenza aveva fatto con il commissario Ricciardi, crea un nuovo personaggio intorno al quale prendono forma alcuni tra i delitti più spietati e i reati più violenti: questa volta sarà l’ispettore Lojacono, guidando la sua squadra per molti versi atipica, a far luce su alcuni degli eventi che frequentemente macchiano la nostra società. Così dal romanzo emergeranno i tratti peggiori dell’umanità, la quale è troppo spesso afflitta da crudeltà, egoismo e vigliaccheria.
L’autore svela al lettore i personaggi un po’ per volta, gradualmente, come se stesse conoscendo persone reali, delle quali non può sapere tutto subito. Ma alla fine ne comprenderà il passato che ne ha segnato le vite, gli aspetti più reconditi del loro animo, i segreti più profondi. Nel romanzo i punti di vista si alternano con una certa frequenza, si entra nella mente di tutti, compresa quella dell’assassino, così che anche quando convinti di aver trovato la chiave, le carte si rimescoleranno, emergeranno nuovi elementi, nuove scoperte giungeranno a portare scompiglio, proprio ad un passo dalla verità.
Letizia Tripodi
C’è un tempo per ogni tipo di lettura. Per questo anno bisestile (presunto) apocalittico e dai toni foschi, ritengo che il miglior consiglio di lettura salvifica per sollevarvi dalla pesantezza quotidiana è quello di cercare qualcosa che vi riporti alle origini, ad un mondo lento, senza tecnologia, dove i ritmi erano imposti dalla natura e l’oracolo era la madre terra. Questa è la storia di Kantu, una bella e giovane studentessa di Cuzco, in Perù, che d’improvviso, in seguito ad avvenimenti eccezionali, scopre di avere dentro di sé (suo malgrado e indesideratamente) l’energia e i prodromi che solo alcune donne posseggono, le curandere. Sarà grazie ad un percorso terribile e stravolgente, accompagnata e guidata da un saggio e rinomato curandero, che Kantu riuscirà a ritrovare l’armonia e il suo senso nel mondo. Un viaggio fisico e spirituale nel mondo degli avi, delle tradizioni legate all’anima del mondo, per persone aperte d’animo e di mente. Alla scoperta di un mondo sommerso che esiste, nonostante la civiltà e che ci ricorda da dove veniamo. Lo scrittore, Hernan Huarache Mamani, è un indio Quechua e docente universitario di fama mondiale, esperto di cultura andina e conoscitore delle lingue indigene.
Libreria On the road, via Vittorio Emanuele II,32A rosso, Firenze, come tutti i libri di viaggio consigliati da Martina Castagnoli:
Alberto Bile “Una Colombia. Canzone del viaggio profondo”
Patrick Leigh Fermor “Mani. Viaggi nel Peloponneso”
Mjlienko Jergovic “Radio Wilimowski”
Vito Paticchia “Via della lana e della seta”
Catherine Poulain “Il grande marinaio”
Juan Pablo Villarino e Laura Lazzarino “Vie invisibili”
E nel libro “Bang!” di Florian Freistetter si viaggia nei segreti
delle nane rosse, rimaste immutate da 13,5 miliardi di anni
Cielo pieno di notizie
Stelle che si fondono
e la nostra galassia
è stata “cannibale”
di Luigi Grassia
In astrofisica dalla dimensione macro, quella del cosmo, ci arrivano novità clamorose a getto continuo: scontri fra galassie, buchi neri supermassicci, materia oscura, energia oscura eccetera. Scendendo alla scala che (astronomicamente parlando) si può definire micro, cioè quella dei pianeti, fioccano le scoperte di esopianeti fuori dal sistema solare. Invece, sulla scala intermedia sembra che le stelle restino un po’ emarginate, mediaticamente parlando.Finché non arrivano notizie come queste: la rivista Nature Astronomy ci riferisce di due nane bianche che si sono fuse a 1,3 miliardi di anni luce da noi, creando un nuovo oggetto celeste di massa superiore a quella del nostro Sole, e insolitamente ricco di carbonio; mentre sull’Astrophyiscal Journal la ricercatrice Daniela Carollo, dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) di Torino, comunica una scoperta ancora più curiosa: «Le stelle della parte più “spessa” del disco della Via Lattea non sono tutte simili per composizione chimica e velocità, come si credeva, ma si dividono in due famiglie nettamente distinte». La popolazione standard ha una velocità di rotazione di circa 180 chilometri al secondo, mentre l’altra ruota più lentamente, a circa 150 km/secondo, inoltre è molto più povera di metalli, di quasi due volte rispetto alla prima. Mistero: come si spiega che una singola porzione di galassia sia occupata da due gruppi di stelle la cui origine è palesemente diversa? Fra le ipotesi più probabili c’è l’assorbimento di un’altra galassia da parte della Via Lattea, avvenuto diversi miliardi di anni fa, cioè un tempo abbastanza lungo da amalgamare le due famiglie celesti e nascondere le tracce di quell’antico sconvolgimento, tracce che oggi sono rilevabili solo con difficoltà, attraverso calcoli di momento angolare e sofisticate analisi spettrografiche. Ecco, un aspetto interessante delle stelle è che oltre a parlare di se stesse, come corpi astronomici individuali, in certi casi sono capaci anche di svelare la storia delle galassie e del cosmo intero. Un esempio lampante è una nana rossa dal nome irriferibile (è designata da una sigla che comincia con 2MASS e prosegue con altri diciotto caratteri alfanumerici): si trova a 2.000 anni luce da noi, una distanza non grande rispetto ai 100.000 anni luce del diametro della Via Lattea, e la sua età è di 13,5 miliardi di anni, perciò è una delle stelle più antiche dell’Universo, nata appena 200 milioni di anni dopo il Big Bang. Insomma è una stella fossile, la cui composizione chimica testimonia com’era l’universo allora: niente elementi pesanti, di quelli che si formano nel nucleo delle stelle massicce e poi vengono disseminati nello spazio dall’esplosione delle supernove: 2MASS in quanto stella “di prima generazione” ha conservato per 13,5 miliardi di anni l’esatta proporzione di idrogeno e di elio dell’Universo arcaico, ed è notevole che tale proporzione corrisponda a quella prevista dal modello di formazione del cosmo che gli astrofisici hanno elaborato. E poi non si dica che le stelle sono noiose. Fra l’altro, le nane rosse oltre che raccontare il passato potrebbero rappresentare anche il nostro futuro: mentre il Sole, nei prossimi miliardi di anni, ci arrostirà trasformandosi in gigante rossa, e poi ci farà congelare diventando una nana bianca, le nane rosse come 2MASS continueranno a produrre (poco) calore ancora per centinaia di miliardi di anni, e quindi l’umanità potrà trovare nella loro orbita una soluzione di sopravvivenza a lunghissimo termine. Questa simpatica (e forse, in futuro, anche accogliente) 2MASS è una delle ospiti d’onore del libro “Bang! Storia dell’Universo in 100 stelle” dello scienziato e divulgatore Florian Freistetter. Che ci svela un altro dettaglio: non è vero che andando su Internet si possa dare il proprio nome a una stella. Vi fanno pagare, poi vi mandano un certificato, ma sono solo balle spaziali. –
“Le cose che non conosciamo, esistono da qualche parte. E noi dobbiamo cercarle o crearle.”
Melania Mazzucco, dopo una paziente e lunga ricerca, riporta in vita una figura che rischiava l’oblio.
Ne ricostruisce l’infanzia, la genesi familiare, la tenacia e la passione.
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