Il romanzo riscoperto

[…] Standish era austero di natura. L’educazione gli aveva sbiadito i colori , rendendolo scialbo come una tela grigia. Faceva tutte le cose giuste, ma senza entusiasmo. […] beveva con moderazione, fumava con moderazione e faceva l’amore con sua moglie con moderazione; a dirla tutta, Standish era una degli uomini più noiosi al mondo
Un romanzo breve, pubblicato per la prima volta nel 1937, dimenticato e riscoperto, arrivato fino a noi solo recentemente come racconta Marco Rossari, traduttore e curatore, nella sua interessante postfazione: riscoperto solo nel 2010, a ben sessant’anni dalla scomparsa in giovane età del suo autore, fu infatti ripubblicato in Argentina e da allora il successo non è mancato, quasi a ripagare una vita piena di contrattempi, di scelte poco felici, di debiti e miserie subite dallo scrittore di origini ebraiche, nato a Brooklyn nel 1909, da immigrati ebrei fuggiti in tenera età dalla Russia negli Stati Uniti
“Quando Henry Preston Standish precipitò a capofitto nell’Oceano Pacifico, il sole stava sorgendo all’orizzonte. Il mare era piatto come una laguna, il clima così mite e la brezza così soave che era impossibile non sentirsi pervasi da una sublime mestizia”
Così l’incipit dove il lirismo del paesaggio naturale è estraneo e insensibile alla tragedia umana.
Caduto accidentalmente nell’Oceano durante un viaggio sul piroscafo Arabelle, in transito da Honolulu a Panama, senza la famiglia perché “spinto da una vaga irrequietezza”, il nostro benestante protagonista Standish, trentacinquenne agente di Borsa di New York, mantiene un incredibile sangue freddo, preoccupato di tenere un comportamento adeguato anche nell’increscioso frangente, cruccio che gli ha impedito di urlare per chiedere aiuto, quando lo farà sarà davvero troppo tardi e, nonostante tutto, restare generalmente fiducioso sulla possibilità di essere salvato dall’imbarcazione tornata a ripescarlo. Nelle lunghe ore di attesa, puntino nella vastità dell’Oceano, scorre ricordi, possibilità e aspetti legati al possibile salvataggio, con un senso quasi di vergogna e per essere caduto, anzi scivolato, come uno qualsiasi, senza creanza e per l’inadeguatezza del suo vestiario, vittima del proprio modello di comportamento! Quando stanco e sfibrato anche la fiducia pare abbandonarlo i suoi pensieri convoglieranno sul senso dell’esistenza: “che la vita era preziosa, che tutto il resto -amore, soldi, successo- era una menzogna rispetto al semplice benessere di non morire”
Il romanzo racconta un’esperienza carica di tensione, ciò nonostante la vicenda, così come viene narrata, non può definirsi angosciante perché Lewis sa ben dosarla con una prosa estremamente lineare ed essenziale, con ironia sottile per l’ossessiva ostinazione con cui il personaggio Henry Preston Standish risponde alla circostanza facendo prevalere pensieri e comportamenti da gentiluomo: “il decoro di un uomo era importante tanto quanto la sua vita”. Notevole anche un altro accorgimento narrativo utilizzato dallo scrittore: l’alternare proficuamente la situazione dell’uomo in mare e quella sull’Arabelle; i pochi passeggeri, nove in tutto, alcuni per una serie di malaugurate coincidenze, altri per noncuranza non si accorgono subito della sua mancanza a bordo; l’alternanza della narrazione tra Standish in mare e i passeggeri sull’Arabelle crea uno efficace contrasto tra le due realtà, tra chi è al sicuro e chi è in pericolo di vita, tra chi propende per una scelta suicida e chi attende la salvezza.
“E su quello che in fondo è solo uno scivolone, Lewis costruisce – con un senso dell’equilibrio che ha del miracoloso – un apologo beffardo e una novella perfetta”.( da Adelphi Edizioni)