Omaggio a Gianni Rodari: un articolo di Ernesto Ferrero da Il Tirreno 12 aprile

a 40 anni dalla morte (e 100 dalla nascita)

Sabotatore di luoghi comuni
Gianni Rodari ridendo
formava degli uomini liberi

di Ernesto Ferrero

E’ toccato a Gianni Rodari, a cento anni dalla nascita (23 ottobre 1920) e quaranta dalla scomparsa (14 aprile 1980), il destino di un altro geniale innovatore, Carlo Collodi: ignorato in vita dalla critica, poi assurto agli onori del classico imperituro. A settembre la lunga rivincita di Rodari come grande scrittore senza altre specificazioni si celebrerà definitivamente nelle 1.800 pagine del Meridiano Mondadori amorosamente allestito da Daniela Marcheschi. Forse bisognerebbe istituire accanto al Dantedì anche un RodariDay. Forse a ogni cittadino che compie la maggiore età bisognerebbe consegnare, insieme a una copia della Costituzione e a I sommersi e i salvati di Primo Levi, anche La grammatica della fantasia (1974). Perché le sue istruzioni per trasformare il meccano delle parole in strumenti di conoscenza attiva sono anche un manuale di vita democratica.Funambolo circense, facendoti ridere a bocca aperta Rodari formava uomini liberi. Spiegava che la fantasia deve per prima cosa essere una scienza, una tecnica rigorosa. Raccontava storie che sembrano non avere riferimento con la realtà e invece parlano proprio di quella, solo che ti insegnano a vederla per quella che è veramente. La rima, la filastrocca, l’associazione casuale, l’errore linguistico, l’assurdo, il paradosso, i ricalchi, i remake, l’insalata di favole e personaggi, l’uso del «come se» sono tutte cose che avevamo sotto il naso, ma lui le ha trasformate in grimaldelli per aprire spazi di verità. Si divertiva a far deragliare i treni della banalità, dei luoghi comuni. Il suo motto: «Tutti gli usi della parola a tutti… Non perché tutti siano artisti, ma perché nessuno sia schiavo».Ce n’è voluto per capire quanto impegno civile si nascondesse nell’impeccabile divertimento dei suoi giochi, quasi inammissibili in un Paese serioso ma non serio. Figlio di un fornaio di Omegna che muore quando lui ha nove anni, maestro nel 1941, arriva alla redazione milanese dell’Unità nel 1947. Nel 1950 gli affidano la direzione del Pioniere, settimanale per ragazzi che deve vedersela con due corazzate, Topolino e il cattolicissimo Vittorioso. I malmostosi dogmatici del Partito non lo amano. Si prende dei rabbuffi da Nilde Iotti e da Togliatti. Anni dopo dirà che lo trovavano «poco divertente, poco progressivo, poco tutto».All’inizio degli anni 60 finalmente l’approdo da Einaudi e un successo immediato e travolgente: Filastrocche in cielo e in terra, Favole al telefono, Il libro degli errori. Con Bruno Munari, illustratore congeniale dei suoi libri, e con il maestro Mario Lodi compone una triade che infiamma letteralmente la scuola italiana. Generazioni di maestre lo idolatrano. Il suo funambolismo combinatorio è della stessa pasta di quello di Italo Calvino, Primo Levi, Umberto Eco, anche loro attentissimi ai cortocircuiti verbali, alle potenzialità che si nascondono nelle parole. Apologhi come C’era due volte il barone Lamberto (1978) sono vicini a quelli «politici» di Calvino. Divide con Levi l’importanza di imparare attraverso gli errori.Ha scritto Calvino: «Poche esistenze furono illuminate da un umore più gaio e generoso e luminoso e costante della sua». Temo che Rodari non si sia mai potuto permettere il lusso di essere gaio. Ha sempre dovuto battersi, faticare come un contadino. Lo stesso humour pirotecnico e bertoldesco delle lettere a Einaudi (chiamato via via sire, eccellenza, don, monsignore, Sua eminenza, cardinale, comandante, generalissimus, padrone, Toro Seduto, hidalgo editorial) era un modo per mascherare l’imbarazzo di dover chiedere. Recitava la parte del tapino di fronte all’autorità, adottava lo stile Totò: «Eccellenza, io trasecolo – anzi, se me lo permette, esorbito. Ella mi chiede, in caratteri dattilografici di stupefacente nitidezza e perfetta marginatura, notizie dei miei raccontini: i quali, viceversa, giacciono tuttora inevasi presso codesta Santa Sede…».Guardandoci dall’empireo dei Meridiani, Rodari potrà ripagarsi scegliendo con chi scambiare quattro chiacchiere tra i sommi che hanno dovuto attendere riconoscimenti postumi: Svevo, Proust, Musil… Per noi resta uno che ci ha cambiato la fantasia, la testa, la vita, uno cui saremo sempre affettuosamente grati. —

Hans Tuzzi la trilogia con Neron Vukcic: presentazione di Alessandro Ferrini

ll Trio dell’Arciduca, una spy story magistralmente inserita nel
torbido periodo antecedente lo scoppio della Prima Guerra Mondiale con una ricostruzione storica talmente accurata e puntuale da offrire una originale e convincente rilettura degli episodi che portarono all’assassinio dell’arciduca Francesco Ferdinando; il secondo, il Sesto Faraone, un giallo classico la cui trama è impreziosita dagli scorci su Alessandria d’Egitto e sulla multietnica società che ospitava agli inizi degli anni Venti. Infine il terzo, Al vento dell’Oceano. ambientato sul transatlantico che porta Neron Vukcic negli Stati Uniti a costruirsi una nuova vita. L’intreccio si snoda accompagnato da impareggiabili descrizioni della vita di bordo, di ambienti e personaggi che finiscono sotto l’occhio attento, distaccato e ironico dell’autore. Ovviamente la capacità investigativa di Vukcic riuscirà a smascherare il colpevole della catena di delitti che si susseguono durante la traversata.
Come scrive Corrado Augias sul “Venerdì” di Repubblica “il gusto di leggerlo è garantito”.

Alessandro Ferrini*

Ma chi è Neron Vukcic? Leggi le recensioni su tuttatoscanalibri:

Hans Tuzzi Il trio dell’Arciduca

Hans Tuzzi, Il sesto Faraone

Hans Tuzzi, Al vento dell’Oceano

 

*Leggi la nota dell’Autore:

 

 

 

 

Gialli e thriller: tuttatoscanalibri, per cominciare, consiglia

Giallisti italiani

Daniela Alibrandi, “Quelle strane ragazze”

Camilleri” Il metodo Catalanotti”

Gianrico Carofiglio “Testimone inconsapevole”

Donato Carrisi “La casa delle voci”

Maria Castellett, “Delitti. Due casi per il commissario Bellantoni”

Maurizio De Giovanni “Il metodo del coccodrillo”

Adele Colgata “I deliti di Monteverde”

Enrico Deaglio “La zia Irene e l’anarchico Tresca”

Ferrini Pizzuoli, “Odessa: l’ora della fuga”,

Fabrizio Gatti “Educazione americana”

Antonio Manzini “Rien ne va plus”

Gigi Paoli “Il rumore della pioggia”

Francesco Recami “L’atroce delitto di via Lurcini”

Fabrizio Silei “Trappola per volpi”

Ilaria Tuti “Ninfa dormiente”

Hans Tuzzi “La morte segue i magi”

Hans Tuzzi “La notte di là dai vetri”

Valter Veltroni “Assassinio a Villa Borghese”

I libri di Baraghini risorgono sul web e sfidano il mercato: un articolo di Paolo Toccafondi da Il Tirreno Culture 8 aprile

Da Millelire a gratis, i libri di Baraghini risorgono sul web e sfidano il mercato, la storica collana che rivoluzionò l’editoria vendendo 22 milioni di copie ora si può scaricare on line

di Paolo Toccafondi

L’idea è sempre la stessa. Trovare strade alternative, laterali rispetto a quelle mainstream. Ora si chiamano “Strade bianche”, «quelle dei disertori, dei renitenti, dei partigiani» e danno il nome all’associazione che ripropone online un trentennale mito cartaceo: i libri Millelire con cui Marcello Baraghini inondò e stravolse il mercato editoriale a partire dal 1989. La nuova iniziativa non è che lo sviluppo naturale di quel percorso. Con i Millelire la sfida era quella di proporre a un prezzo che più basso quasi non si poteva libri di qualità «cibo per la mente» come dice Baraghini. Adesso che le librerie sono chiuse, il passo ulteriore il download gratuito di tutti i libri della storica collana e non solo di quelli, in barba, come al solito, alle regole del mercato. «Perché il nemico è il mercato e il conseguente consumismo compulsivo», ripete Baraghini. Questo è il primo comandamento. Il secondo è che «quando un gioco non funziona o non ci piace, bisogna cambiarne le regole». Tutto il resto ne discende di conseguenza. La sua battaglia di mezzo secolo contro il sistema, quello generale e quello dell’editoria, è giunta a un nuovo approdo che Baraghini spiega così: «Io parto dal principio che i libri di qualità sono beni comuni, patrimonio dell’umanità, come l’aria che respiriamo. E’ cibo per la mente, appunto, vitale come l’aria e l’acqua pubblica. I piccoli edtori non hanno capito che i tempi stavano cambiando, i libri di qualità andavano liberati dalla galera del copyright, resi fruibili a tutti, solo così si sarebbe poi incrementato anche l’acquisto dei libri di carta».Le nuove regole sono quelle che lui si è dato. «Il mio contratto con gli scrittori ora è di tre righe. L’autore che io scelgo mi dà licenza di gratuità online ancor prima dell’edizione cartacea. Una volta testato il mercato, io riconosco a lui metà della tiratura cartacea, i diritti sono suoi. Stop. Se lo scrittore ha successo e Mondadori lo vuole, lui è libero di andarci chiedendomi di togliere dal mercato oppure no l’edizione cartacea». E con questo il copyright è liquidato. Secondo passo: «Chi mi obbliga a mettere il codice a barre? Nessuno, e io non lo metto. Già questo mi pone fuori dal mercato». Terzo: «Mi sono liberato anche del prezzo simbolico, i miei libri si scaricano gratis. Per quelli che stampo chiedo una donazione, dico al lettore: dammi quanto vuoi. E le assicuro che si hanno delle sorprese». Questo è il percorso alternativo. «Adesso sono nella legalità, forse per la prima volta nella mia vita, eppure non sono mai stato fuorilegge come ora rispetto al mercato, con la licenza degli autori e la loro complicità». E l’alternativa si regge dal punto da vista economico? Baraghini assicura di sì: «Io vivo con la pensione sociale, ho una libreria a Pitigliano che si autosostiene (e che ora è chiusa come tutte, perché si tengono aperte le tabaccherie per avvelenare i polmoni e si chiudono le librerie, mah…”) , non ho più preso un prestito e quando ho i soldi stampo un libro. Non ho più l’assillo che non mi faceva dormire la notte di quando dovevo stampare per forza 50 titoli al mese aumentando il prezzo perché bisognava stampare più libri e più cari che vendevano sempre meno». E’ la sua ultima frontiera. L’ennesima rinascita dopo la caduta. Quella di Baraghini, 77 anni, è una lunga storia di coerenza a regole diverse da quelle dominanti, economiche e politiche. Tra i protagonisti a fianco di Pannella della stagione delle grandi battaglie radicali a cominciare dal quella sul divorzio, nel 1970 fonda la casa editrice e agenzia di contro-informazione Stampa Alternativa a cui è legata, negli anni Novanta, la grande idea che rivoluzionò il mondo dell’editoria: un libro di poche pagine, 64 al massimo, e piccole dimensioni (10×14), non rilegato, senza copertina ma con contenuti di qualità a prezzi supereconomici (mille lire erano più o meno 50 centesimi di oggi) e con una grafica straordinariamente efficace che fruttò a Baraghini il Compasso d’oro, mentre i cofanetti a tema le raccolte di Millelire venivano esposti nei musei come il Moma. Il successo fu subito notevole, poi arrivò il big bang. Nel 1992 Augias raccomanda in tv un Millelire, la “Lettera sulla felicità” di Epicuro, e il fenomeno esplode. «Ricevemmo subito un’ordine di 50.000 copie», ricorda Baraghini. Il libro di Epicuro arriverà nel tempo a vendere 2 milioni di copie ed è anche il più scaricato nella sua attuale versione online. I Millelire raggiunsero complessivamente l’astronomica cifra di 22 milioni di copie, «tutte certificate».«Quando avevo 14 anni ero un miserabile, un disgraziato – racconta Baraghini -. La mia vita fu cambiata dai libri della Bur, la piccola biblioteca Rizzoli, che costavano 60 lire. Lì ho scoperto gli autori russi e tutti i grandi scrittori. Fare l’editore era il mio sogno«. La collana Millelire fu la sintesi della sua idea di cultura: di qualità, a poco prezzo, controcorrente e per tutti. «Con noi nacque anche un nuovo tipo di lettore, giovanissimo, indipendente dal mercato, dalla scuola, dalla famiglia e dalla Chiesa. E siccome avevamo successo alla fine ci cacciarono dalle librerie». Quando avvenne? «Quando scese in campo Berlusconi (Baraghini in realtà lo chiama in un altro modo, più esplicito, citando la definizione contenuta in una sentenza del tribunale di Milano in cui si parlava dell’ex premier come di un soggetto “che tendeva naturalmente a compiere reati” ndr). Intanto fu lui a portare la durata del copyright da 50 a a 70 anni perché scadevano i diritti di alcuni autori della sua Mondadori. Le regole del mercato che impose penalizzarono i libri di qualità a favore dei “Fabi Volo”, dei libri di facile consumo, dei giornalisti che presidiano i talk show per vendere di più. Poi usarono contro di noi l’artiglieria pesante: arrivò in libreria un concorrente sleale aiutato da chi lo so ma non lo posso dire, con una collana di cento pagine a mille lire, fuffa letteraria, ma a condizioni talmente favorevoli per i librai che per noi non ci fu più spazio. A quel punto – continua – dovevo scegliere: faccio il pensionato e coltivo la terra o riparto? Ho deciso di ripartire, coltivando anche gli orti e la vigna qui a Sorano», partendo dalla libreria Strade Bianche, stesso nome dell’associazione, con cui edita i libri, erede di Stampa Alternativa. «Ripropongo i Millelire, ne ho già messi sul web 250 dei mille che facemmo e si viaggia sulle decine di migliaia di download al giorno). Metto online anche nuovi libri. Il mio sogno è avere un milione di nuovi lettori». Nessun rimpianto per la carta? «Io li amo i libri, ho stampato volumi per bibliofili. Ma ora bisogna ripartire dai contenuti, quella è l’urgenza, la mente muore senza cibo. I lettori forti, i bibliofili, muoiono per l’età. Se non riusciamo a far leggere i giovani siamo fottuti».

 

Fran Ross “Oreo” recensione di Tiziana lo Porto da Il Venerdì La Repubblica 3 aprile

 

Romanzo picaresco post moderno, Oreo è una riscrittura satirica, black e al femminile del mito di Teseo, che qui si reincarna nella protagonista Christine, ragazza americana figlia di madre nera e padre bianco ( e ebreo). Sulle tracce di quest’ultimo, separatosi dalla famiglia quando lei aveva due anni, Christine lascia la natia Philadelphia e approda a New York, fronteggiando una discreta serie di omonimi del padre, mossa dalla certezza che tra di loro si nasconda anche l’originale […]  (da Tiziana lo Porto  Il Venerdì La Repubblica 3 aprile)

dal sito di Sur Editore:

Fran Ross (1935-1985) è stata una giornalista, scrittrice e autrice televisiva afroamericana. Oreo (1974) è l’unico romanzo che ha scritto, prima della morte prematura: passato inosservato alla sua prima uscita, è stato di recente rilanciato dalla casa editrice newyorkese New Directions, guadagnandosi elogi dalla critica e da scrittori come Paul Auster, Marlon James, Paul Beatty; questa è la prima volta che viene tradotto in italiano.

Jenny Offill “Tempo variabile” consigliato da Martina Castagnoli

Con un tempismo degno di Cassandra, la casa editrice NN pubblica un libro geniale ed ironico, fotografia perfetta di questo periodo apocalittico. Non c’è una pandemia che mette in pericolo la sopravvivenza del genere umano ma nell’aria aleggia un clima da fine del mondo presagio di imminenti sciagure e di apocalisse. “ Tempo variabile” mette al centro della storia Lizzie, una bibliotecaria generosa, un po’ sperduta, che odia in egual misura ricchi e hippy, con una famiglia (normalmente) imperfetta e un fratello ingombrante, che d’improvviso viene coinvolta e costretta da un’amica a prendere il suo posto nel rispondere ad un podcast nel quale si chiedono consigli su come sopravvivere alla fine dell’umanità. Ne esce fuori un affresco di una società fatta da individui vulnerabili, ipocondriaci, egocentrici che si comportano come una mandria impazzita, nella quale Lizzie si destreggia con ironia e senso pratico senza mai perdere la propria personalità ed omologarsi al gregge. Un libro acuto, che affronta un tema serio con umorismo intelligente e caustico.

Il libro è disponibile in libreria: