Margaret Atwood “Il canto di Penelope” recensione di Salvina Pizzuoli

Traduzione di Margherita Crepax per Ponte alle Grazie, 2018

Un esempio di riscrittura datato nella prima stesura 2005 e firmato Atwood. Penelope è la protagonista di un suo ultimo canto, un riscatto, senza temere né gli dei né gli uomini, racconta dall’Ade di sé in prima persona: giovane sposa, poi regina di un regno abbandonato dall’eroe scaltro e bugiardo che partito un giorno per Troia non vi ha fatto più ritorno, l’uomo che conosciamo nei versi immortali dell’Odissea, protagonista di avventure e di viaggi nel periglioso mare che sarà costretto a percorrere incontrando pericoli e mostri e dee e che, ritornato a Itaca, saprà far valere i suoi diritti di re: uccide i Proci, gli usurpatori, e impicca le dodici ancelle

Come quando dei tordi con grandi ali o delle colombe/ si impigliano dentro una rete, che stia in un cespuglio…/così esse tenevano in fila le teste, ed al collo/ di tutte era un laccio, perché morissero d’odiosissima morte./ E per un po’ con i piedi scalciarono, non molto a lungo (Odissea XXII 465 – 473)

Nell’Introduzione la Atwood chiarisce il motivo che l’ha spinta alla ricerca e alla documentazione perché ”la storia così come viene raccontata nell’Odissea, non è del tutto logica” – scrive volutamente sibillina – “ci sono troppe incongruenze. Sono sempre stata tormentata dal pensiero di quelle ancelle impiccate e, nel Canto di Penelope, anche Penelope lo è”.

Chi presume di trovarsi di fronte ad un saggio sbaglia, in realtà la documentazione le è servita per raccontare meglio Penelope che in questa breve narrazione riferisce una storia in una chiave tutta al femminile, una confessione molto asciutta, priva di fronzoli o appigli emotivo emozionali, a tratti irriverente, a tratti volutamente eccessiva e ironica quando propone momenti della sua vita nell’Ade, tra il suo passato e il presente, nel mondo attuale. Alle pagine in prosa seguono anche in poesia: è il canto delle ancelle, il Coro della tragedia greca, le dodici ancelle impiccate, le altre voci al femminile che non esauriranno mai la loro volontà di sapere il perché, incalzando Odisseo anche nelle sue nuove vite.

Una lettura diversa dell’Odissea, da un nuovo punto di vista, spiazzante, decisamente interessante.

Della stessa autrice:

“Moltissimo”

Tornare a galla”

Pablo Neruda “Bestiario”, presentazione

Un grande amore per la natura e per il suo Paese, Bestiario, come scriveva Giuseppe Bellini, ispanista e professore universitario di letteratura ispano americana nonché amico di Neruda e massimo interprete della sua poesia in Italia, era un antico progetto del poeta cileno: lo aveva infatti invitato a raccogliere le liriche che oggi ritroviamo nel volume edito da Guanda per la traduzione di Ilide Carmignani, precedute da un Prologo della poetessa cubana Reina Maria Rodriguez e illustrato da Luis Scafati disegnatore e scultore argentino:

“l’inconfondibile voce del poeta diventa anche linguaggio grafico e risuona ancor più vivida attraverso queste pagine” (da Guanda ).

Una raccolta di odi dedicata a ciascun animale, dal più grande al più piccolo, dai terrestri ai volatili: al cavallo, all’elefante, ma anche alla farfalla e al gatto e alla lucertola… o al ragno al quale vorrebbe chiedere di tessergli una stella.

Creature che testimoniano il “fascino primitivo e vitale” della sua terra:

“Neruda si fa albatros, venuto a morire sulle umide sabbie cilene, vuole conversare con i maiali, con i cavalli, con «gli uccelli che si mangiano la notte»; vuole imparare dai gatti, orgogliosi e indifferenti, celebrare la bellezza delle farfalle, l’ingegno dei ragni, la danza delle pulci, il canto delle rane…” (da Guanda)

Brevi note biografiche

Pablo Neruda (Parral, 1904 – Santiago del Cile, 1973), poeta cileno, è una delle voci più rappresentative della letteratura latino­americana del Novecento. Nel 1926 venne nominato console e iniziò una importante carriera diplomatica che lo portò a viaggiare molto e a stringere sodalizi con intellettuali come Rafael Alberti, Federico García Lorca, Octavio Paz. Nel 1944 Neruda tornò in ­Cile e fu eletto senatore, ma un’accusa di tradimento lo costrinse a un lungo esilio. Negli anni Settanta, sotto la presidenza di Allende, venne nominato ambasciatore a Parigi e nel 1971 vinse il Premio Nobel per la Letteratura. Morì nel settembre del 1973, pochi mesi dopo il golpe di Pinochet. Nel catalogo Guanda sono presenti le seguenti opere: Venti poesie d’amore e una canzone disperata, Poesie erotiche, Poesie d’amore e di vita, Poesie di una vita Per nascere son nato e Bestiario.

Paolo Cognetti “La felicità del lupo”, recensione di Salvina Pizzuoli

“Da qualche parte Fausto aveva letto che gli alberi, a differenza degli animali, non possono cercare la felicità spostandosi altrove […] La felicità degli erbivori invece inseguiva l’erba […] il lupo obbediva a un istinto meno comprensibile. Santorso gli aveva raccontato che non si capiva perché si spostasse, l’origine della sua irrequietezza. Arrivava in una valle, magari trovava abbondanza di selvaggina, eppure qualcosa gli impediva di diventare stanziale […] e se ne andava a cercare la felicità da un’altra parte”.

Mi piace iniziare la presentazione di questo romanzo citandone alcune frasi che trovano posto quasi in chiusura della storia, parafrasano il titolo e offrono una chiave di lettura.

Il protagonista, Fausto, abbandona la città dopo il naufragio di una relazione lunga e importante per rifugiarsi a Fontana Fredda, lontano da Milano e da Veronica, “un posto da cui ricominciare”, tra i sentieri della sua infanzia in cerca della propria strada, lui che sulla carta d’identità alla voce professione aveva con un certo sussiego fatto scrivere “scrittore” e che ora là sui monti fa il cuoco per i gattisti nel ristorantino di Babette.

Personaggi tratteggiati con l’accetta, spigolosi e sfaccettati come la montagna in cui alcuni si sono rifugiati, come lui, e altri che vi sono nati e non se ne allontanerebbero mai: Elisabetta detta Babette che lo accoglie come cuoco nel suo ristorantino, lei che in montagna c’è arrivata, vi si è fermata ma che ora sogna il mare; il vecchio Santorso, protagonista dei luoghi che conosce e ama; Silvia la cameriera nel cui cuore Fausto spera di aver trovato un posto, anche lei inquieta, alla ricerca ma con la voglia di ripartire, come dal Rifugio Quintino Sella sul Rosa, tra ghiacciai e rocce; la vecchia Gemma anche lei dura e scolpita nella roccia con i suoi ottant’anni, le sue abitudini e i suoi sogni e non per ultimo il paesaggio invernale ed estivo che dà sfoggio di sé nel lussureggiare dei suoi panorami.

Brevi note biografiche

Paolo Cognetti è nato a Milano nel 1978. Tra i suoi libri: Sofia si veste sempre di nero (minimumfax 2012), Il ragazzo selvatico (Terre di mezzo 2013) e Senza mai arrivare in cima (Einaudi 2018 e 2019). Nel 2021 ha curato L’Antonia su Antonia Pozzi (Ponte alle Grazie). Sempre nel 2021 esce, sia come film-documentario sia in forma di podcast, Paolo Cognetti. Sogni di Grande Nord. Con Le otto montagne (Einaudi 2016 e 2018), che è stato tradotto in oltre 40 paesi e dal quale è stato tratto un film di prossima uscita, ha vinto il Premio Strega, il Prix Médicis étranger e il Grand Prize del Banff. Per Einaudi ha pubblicato anche La felicità del lupo (2021).(da Einaudi Autore)

Hans Ruesch “Paese dalle ombre lunghe” presentazione

Top of the World, titolo originale, in italiano Paese dalle ombre lunghe, pubblicato nel 1950 dall’editore Harper di New York, viene riproposto tradotto da Daniele Petruccioli da Einaudi con il numero 5 della nuova serie Gli Struzzi, la collana che quando nacque, nel lontano 1970, presentava in un formato più economico le maggiori opere della letteratura in genere.

L’autore (Napoli 1913) studia in Italia e in Svizzera paese d’origine del padre medico; poliglotta, a 19 anni diventa un pilota automobilistico correndo per Maserati e Alfa Romeo. La sua vita avventurosa lo porterà anche negli Stati Uniti dove ancora ventisettenne scriverà racconti per riviste e proprio con questo romanzo riscuoterà un grande successo. Nonostante sia opera d’invenzione, come spiega lo stesso autore nelle pagine che introducono il romanzo, nasce dalla lettura di testi documentati cui fa riferimento citandone gli autori:

“I comportamenti sociali, sessuali e alimentari, le credenze religiose e le pratiche mediche, insieme ad altri usi e costumi descritti in questo libro, per quanto romanzati, sono presi da dati antropologici acclarati, riferiti in particolare agli abitanti dell’isola di Baffin […] divulgate da uomini del calibro di Fridtjof Nansen, Kaj Birket -Smith, Knud Rasmussen, Peter Freuchen, Franz Boas, Gontran de Poncins e altre indiscusse autorità sull’Artico[…]”.

Racconta la storia di due generazioni di Inuit, prima dell’incontro con la civiltà occidentale: Ernenek e Asiak sono i protagonista di questa saga familiare in un ambiente estremo in cui il popolo degli uomini, gli Inuit, lotta per la sopravvivenza.

Nel 1960 dal romanzo fu tratto il film “Ombre bianche” con interprete Anthony Quinn nei panni del protagonista.

“Ernenek e sua moglie Asiak «non potevano sbagliare né subire incidenti lungo la strada, essendosi abbondantemente premuniti contro le avversità del fato: avevano con sé un ciuffo di peli di coniglio bianco contro il congelamento, una coda d’ermellino contro le bufere, un artiglio d’orso contro i fulmini, un dente di caribú contro la fame, una pelle di lemming contro le malattie, una zampa di ghiottone contro la pazzia […] un pidocchio per risultare invisibili ai nemici giacché i pidocchi sono bravissimi a nascondersi […] Anche i cani portavano amuleti”.(da Einaudi Editore)

Luiz Scarpelli “I corrotti. Dinamiche sociali e strategie di contrasto”, Paesi Editore

Chi sono “I corrotti”?

Un libro svela dinamiche sociali e strategie di contrasto

Paesi Edizioni, Collana Machiavelli

Le infiltrazioni delle mafie nello Stato, la sfiducia nelle istituzioni, la cittadinanza attiva. Nel saggio dell’avvocato italo-brasiliano Luiz Scarpelli un’analisi approfondita sulla situazione italiana

La pandemia da Covid-19 è stata sfruttata come una grande opportunità dai corrotti e dai corruttori in tutto il mondo: a fronte dell’emergenza, la questione sanitaria e, in seconda battuta, quella socio-economica hanno letteralmente preso il sopravvento su tutto il resto, lasciando campo libero ai fenomeni corruttivi che sono tornati ad aggredire con forza le assegnazioni di appalti e contratti pubblici.

Quali sono le dinamiche sociali dietro a questo fenomeno e quali le strategie di contrasto?

Un’analisi approfondita della questione è quella che propone l’avvocato italo-brasiliano Luiz Scarpelli nel suo libro

Negli ultimi anni l’Italia si è dotata di una serie di importanti strumenti normativi per contrastare la corruzione in modo più efficace rispetto al passato. Con l’approvazione della legge 190/2012, l’istituzione dell’Anac, il primo Piano nazionale anticorruzione, il diritto generalizzato di accesso agli atti e una disciplina a tutela dei whistleblower, la pubblica amministrazione e i finanziamenti alla politica sono stati resi più trasparenti e sono state inasprite le pene per i reati connessi al fenomeno. Questo upgrade non ha però permesso di estirpare alla radice la corruzione che, per sua stessa natura, è legata all’essere umano e ai suoi «difetti» congeniti.

Ci sono però ancora margini per impedire le infiltrazioni della criminalità organizzata nelle istituzioni e nella pubblica amministrazione e fermare i corrotti. Come spiega l’autore nel saggio, il problema non è solo di sistema ma anche morale, collegato all’etica, ai comportamenti e alla coscienza dei singoli individui.

Dopo Tangentopoli e gli affari sporchi attorno alla ricostruzione del post terremoto a L’Aquila, il nostro Paese può risalire la china. Per farlo serve da un lato una presa di consapevolezza da parte dei cittadini, chiamati a partecipare attivamente alla vita politica e alla governance delle città in cui vivono; dall’altro una classe politica e dirigente che rispetti il «contratto sociale» stretto con il popolo.

«Possiamo emanare nuove leggi, aggiornare gli ordinamenti giuridici, usare la tecnologia, ma senza persone coscienti del proprio ruolo nella società, la criminalità organizzata continuerà a corrompere e colpire indisturbata lo Stato e la pubblica amministrazione».

Luiz Scarpelli, classe 1973, advogado italo-brasiliano. È iscritto presso i Consigli dell’Ordine degli Avvocati brasiliano di São Paulo, Rio de Janeiro, Minas Gerais, Espírito Santo e Goiás, presso il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati portoghese di Coimbra, presso il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma e presso il Council of Bars and Law Societies of Europe di Bruxelles. Ha conseguito un Master of Laws in Corruzione e Sistema Istituzionale e un Master of Laws in Criminologia, Psicologia Giuridica e Psichiatria Forense all’Università La Sapienza di Roma.

Una piccola collana di classici da leggere o rileggere o da regalare

Una piccola collana di classici da inserire nella propria biblioteca.

Belle pagine di racconti,

pagine da non perdere di grandi autori italiani e stranieri.

con il testo a fronte:

“Il diavolo nella bottiglia” di Stevenson

e il racconto di Poe “Una discesa nel Maelström”

Una collana di racconti o una scelta di novelle corredata da prefazione e note:

Arrigo Boito “L’alfier nero”

Arrigo Boito “Il pugno chiuso”

Luigi Capuana “Novelle” (Cinque novelle scelte)

Grazia Deledda “La regina delle tenebre” (Sei racconti)

Giovanni Verga “Le storie del castello di Trezza”

E.A.Poe “Una discesa nel Maelström” (solo in cartaceo e con il testo a fronte)

I romanzi con prefazione e note e “Il diavolo nella bottiglia” con testo a fronte:

Verne “La sfinge dei ghiacci”

Stevenson “Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde”

Stevenson “Il diavolo nella bottiglia” (si consiglia il cartaceo con il testo a fronte, nell’ebook infatti il testo originale non può essere a fronte, ma è inserito in fondo)

Daniela Alibrandi “I delitti negati. Nei sacri sotterranei”, recensione di Salvina Pizzuoli

da oggi 9 dicembre in libreria

Un commissario, Riccardo Rosco, è protagonista delle pagine di Daniela Alibrandi che portano il titolo I delitti negati, un’espressione che, oltre al titolo, compare tre volte nel romanzo, lasciando aperta al lettore, soprattutto all’inizio, una duplice interpretazione delle maglie investigative che si andranno via via dipanando.

Un personaggio, quello del commissario che l’autrice tratteggia delineandone, nel corso degli avvenimenti e situazioni, la travagliata personalità: solo al termine il lettore conoscerà i suoi caratteri fisici, poche anche le volte in cui viene indicato con il nome proprio: è schivo, taciturno con una caparbia volontà e capacità di seguire una pista, quella giusta. La sua vita è il suo lavoro, ma solo fino al penultimo caso durante il quale un’ingenuità professionale lo fa destinare ad altra sede. Solo lì, nella distanza, scorge finalmente quanto spazio egli abbia negato a se stesso e alla propria vita di relazione: la moglie, la famiglia, gli stessi collaboratori, la sua squadra che, in questa nuova situazione, sente vicini e ai quali si scopre legato affettivamente.

Troppo preso e forse troppo presuntuoso, ha accolto nella propria vita solo ciò che potesse mettere in luce il suo acume di investigatore, fino a spingersi oltre e mettere a repentaglio anche la propria incolumità. Ma nella distanza, nel cambiamento totale, senza che la sua perspicacia si spenga, sa ritrovare se stesso e i valori dimenticati.

Uomo e commissario, individuo e segugio: caratteristiche che non possono essere separate dalla vicenda perché il nostro protagonista sa indagare e venire a capo di un’intrigata e sordida storia dove Roma e la Città del Vaticano sono protagoniste, ciascuna con la propria bellezza e grandiosità, a volte anche mostruosa, a volte sprezzante e altezzosa, in un contesto storico preciso, gli anni ‘80, quando la risoluzione dei casi si affidava esclusivamente all’ingegno degli investigatori.

E la vicenda scorre in una forma piana e schietta, tra i molti personaggi, i paesaggi e gli ambienti, in questo romanzo ricco di descrizioni e di scorci filtrati dal sentire di chi li guarda e li vive:

Roma, d’estate, d’autunno, di primavera e adesso d’inverno, Roma l’antica, l’infinita, l’impareggiabile. Storia immensa e odore acre di legna bruciata, l’umido del fiume misto al marcio delle foglie cadute dai platani. Un elisir che invadeva le sue vene come un bicchierino di cognac bevuto di mattina.

La cupola di San Pietro sulla destra, maestosa e immensa, brillava in quel momento, colpita dai raggi del sole invernale, che iniziava la sua discesa verso il gelido tramonto. Di fronte le Mura Vaticane, il confine sicuro, il baluardo che assicurava alle anime, anche alle più oscure, la difesa di una cortina impenetrabile.

E, non per ultima, una voce fuori campo.

Compare spesso al termine di vari capitoli con un preciso distacco anche grafico dal testo principale: parole dolorose di peccati e di fede, di volontà di giustizia terrena. Di chi sono?

Salvina Pizzuoli

Dello stesso autore per Ianieri Editore, precedenti edizioni oggi fuori catalogo, anche gli altri due della trilogia :

“Delitti Fuori Orario”  

Delitti Postdatati”.

e sempre su tuttatoscanalibri 

Daniela Alibrandi, Quelle strane ragazze

Daniela Alibrandi, Nessun segno sulla neve

Daniela Alibrandi “Una morte sola non basta”

Daniela Alibrandi “Un’ombra sul fiume Merrimack”

Daniela Alibrandi “Il bimbo di Rachele”

Cees Nooteboom “Venezia, il leone, la città e l’acqua” presentazione

Tradotto da Fulvio Ferrari per la casa editrice Iperborea.

Lo scrittore e poeta olandese ha trascorso ogni anno, e per cinquant’anni, un periodo più o meno lungo nella città lagunare, risiedendo in sestieri sempre diversi, ma anche in albergo o in appartamenti prestati da amici o tramite airbnb, il portale online che mette in contatto chi cerca un alloggio o una camera per brevi periodi, tanto che conosce e si muove in città e tra le calli con l’esperienza di un veneziano anche se, nonostante la pratica accumulata, non gli capiti di perdersi, come a Venezia può accadere.

Un libro diario o guida in cui racconta dei suoi autori preferiti Tiepolo, Tintoretto e Canaletto tra i pittori, ma anche dei dogi e dei letterati, dei naviganti, dei pescatori, dei commercianti e dei pirati, raccontando anche dei veneziani di oggi, i pochi rimasti, poco più che cinquantamila perché

«Questa è sempre stata una città per forestieri. Il gioco consiste nel far durare un secondo di più l’incertezza, nell’essere veneziano per un microsecondo, prima che abbia luogo l’inevitabile smascheramento. Loro da un lato vivono di noi, dall’altro si sentono minacciati dalla nostra massa e la sera abbandonano la città come una nave che affonda. Ma come fai a spiegargli che non fai parte della massa?» Dopo oltre cinquant’anni di periodici soggiorni a Venezia, Cees Nooteboom offre alla sua città del cuore il proprio tributo di narratore che ha fatto del viaggio una forma di vita”.[…]

Un vagabondaggio letterario, storico e filosofico dedicato a Venezia. Un sogno di palazzi e chiese, di potere e denaro, dominio e declino, un paradiso di bellezza.( da Iperborea)

e anche

Brevi note biografiche

Autore di romanzi, poesie, saggi e libri di viaggio, è ritenuto «una delle voci più alte nel coro degli autori contemporanei» (The New York Times), tradotto in più di trenta paesi e insignito di numerosi premi letterari, paragonato dalla critica a Borges, Calvino e Nabokov. Nato all’Aia ed eterno viaggiatore, si è rivelato a soli ventidue anni con Philip e gli altri e ha raggiunto il successo internazionale con romanzi come Rituali e Il canto dell’essere e dell’apparire. Tra le ultime sue opere pubblicate da Iperborea, Avevo mille vite e ne ho preso una solaTumbasCerchi infiniti533. Il libro dei giorni e Addio. ( da Iperborea autore)

Su tuttatoscanalibri dello stesso autore:

L’occhio del monaco

533 il libro dei giorni

Addio

Paul Stamets “Funghi fantastici” presentazione

I funghi questi fantastici e misteriosi abitanti di un terzo regno, a metà come sono tra quello animale e quello vegetale.

Oltre ad essere una prelibatezza sulle nostre tavole, sono ancora gli sconosciuti abitanti di un mondo nascosto, una fitta rete di cellule allungate e filamentose, il micelio, la parte del substrato del terreno che costituisce il corpo di quello che noi chiamiamo impropriamente fungo: il corpo nascosto è il micelio e il fungo ne è la parte fruttifera ma non sono due entità separabili.

Un mondo tutto da scoprire e dalle potenzialità notevoli: “hanno la capacità di ripristinare gli ecosistemi danneggiati, possono scomporre sostanze chimiche dannose, neutralizzare tossine e sono già oggi impiegati per affrontare sversamenti di petrolio e contrastare l’estinzione delle api.
Ma non finisce qui: solo da poco in Occidente abbiamo cominciato ad apprezzare le loro incredibili capacità medicinali e curative – il loro effetto sul nostro sistema immunitario è ricco di promesse, e sono sempre più utilizzati per curare le malattie del corpo e della mente” ( da Piano B Edizioni).

Ad esempio le proprietà terapeutiche della psilocibina (il principio attivo dei “funghi magici”) per il trattamento di forme depressive, l’alcolismo o i disturbi ossessivo compulsivi.

Il volume a cura di Paul Stamets è una raccolta di saggi che indagano questo regno; pubblicato di recente in Italia è tradotto da Simona Moretti per Piano B Edizioni

“Paul Stamets, il più importante e apprezzato micologo del mondo, ha riunito in questo volume alcune delle personalità più influenti nel campo della micologia, dell’arte, dell’ecologia, della medicina e della ricerca scientifica per illustrare e diffondere le impressionanti capacità di queste creature fantastiche”. (da PianoB Edizioni)

George Sand “Racconti di una nonna”, per i giovani lettori, presentazione

Curatore: Monica Bedana
Traduttore: Silvia Casillo, Noemi Eva Cotterchio e Manuela Serra
Illustratore: Vendi Vernić

Scritti per le nipotine Aurore e Gabrielle negli ultimi anni della sua vita, tra il 1872 e il 1876, nella campagna di Nohant, in Francia nel territorio del Berry, regione della Loira, dove era tornata a vivere. George Sand era il nom de plume di Amandine-Lucie-Aurore Dupin, nata a Parigi nel 1804.

Sette racconti in cui sono protagonisti fate, giganti, statue che prendono vita, castelli abbandonati, fiori che bisbigliano ma che solo un orecchio attento tipico di una bambina curiosa può captare.

In questo mondo soprannaturale regna una fata speciale che ripara tutto e ridà vita a quanto è andato distrutto: è la Natura. E c’è anche “Miquel Miquelon che sogna di sconfiggere un perfido gigante usurpatore; Marguerite che si chiede se dare retta a un cigno o alla regina delle rane”.(da marcos y marcos libri)

e anche

Brevi note biografiche

[…]Amandine-Lucie-Aurore Dupin cresce a Nohant, in piena campagna, con la nonna, che le trasmette la passione della lettura e le offre un’educazione non convenzionale. A diciotto anni si sposa, ma nel 1831 abbandona il marito e si trasferisce con i figli a Parigi, dove si dedica alla scrittura e collabora con «Le Figaro». Indiana è il suo primo romanzo, pubblicato con lo pseudonimo di George Sand. Suscita scandalo per i contenuti sovversivi, la porta alla fama e la consacra come simbolo dell’emancipazione femminile nei salotti parigini. Scrittrice instancabile e intraprendente, fonda due periodici di ispirazione socialista e partecipa ai moti del 1848. Delusa dalle derive violente e dispotiche del movimento rivoluzionario, torna a Nohant, per dedicarsi a quella che viene ritenuta la sua produzione letteraria più riuscita. Racconti di una nonna appartiene a questo periodo particolarmente felice. […] Muore a Nohant nel 1876.