In “Delitti fuori orario” di Daniela Alibrandi non c’è solo il “giallo”, con un maniaco assassino, tre cadaveri, un’indagine e un commissario che indaga in un quartiere che cela nelle fondamenta dei suoi palazzi cunicoli e labirinti anch’essi protagonisti; ma c’è anche un’accurata presentazione dei personaggi che ne scruta i comportamenti e i moti dell’animo, dentro una trama composita e ben articolata che pullula di protagonisti e comparse, di figure di primo piano e secondarie sullo sfondo di una Roma, bella e indifferente, con i suoi cieli tersi e stellati, i tramonti arrossati, il lento scorrere del Tevere, tra il rumore di un traffico incessante di cui pare quasi di avvertire il frastuono, la pioggia e anche tanta solitudine e umane miserie. Le figure portanti si muovono in ambienti limitati ma il racconto delle loro vite, denso e sfaccettato, dove vizi e virtù emergono delineati con mano felice, si integra perfettamente con le indagini e il lettore le segue con lo stesso fervore. Una di queste, con cui si aprono le prime pagine del romanzo, è Alice, personaggio complesso e controverso, dattilografa provetta in un ufficio del Lungotevere nel quartiere Prati. Brutta, sgradevole e quindi scostante, dall’infanzia infelice e senza una vita propria il cui unico affetto è Greta, la gatta, decide di vendicarsi di un’umanità, quella a lei prossima, che la rifiuta valutandone solo l’aspetto esteriore. E lo fa intromettendosi nelle vite dei colleghi di lavoro, cercando di carpirne i segreti. Le basterà però l’attenzione di un uomo, per trasformarsi e accendersi di speranze. Un mondo piccolo e gretto quello in cui si muove Alice, dove ciascuno appare per ciò che non è, in modo da conquistare un proprio ruolo, un piccolo spazio personale, tra maldicenze e segreti.
Sul fronte delle indagini delle morti violente avvenute nel quartiere Prati, dove i personaggi lavorano e vivono, il protagonista è il commissario, Rosco di nome e “roscio” di fatto, altra figura interessante e sfaccettata, che teme di mostrare il suo vero volto ai subalterni e di perdere così la propria funzione, schermandosi dietro modi bruschi e risposte caustiche, anche lui solo, lasciato dalla moglie, e solitario, affidato alle cure di Rita, la signora che si occupa del disordine imperante e della disorganizzazione della sua casa.
E intanto l’indagine procede e percorre un iter che solo Rosco, con l’intuito che tutti gli ammirano e invidiano, sarà in grado di indirizzare e concludere, grazie anche all’impegno profuso dai suoi collaboratori la cui stima e affetto nei suoi confronti traspaiono sempre evidenti anche nella non facile situazione finale che si risolverà con un vero coup de théâtre inatteso e dirompente, come da sempre ci ha abituato la nostra giallista Daniela Alibrandi.
Dello stesso autore:
Daniela Alibrandi, “Quelle strane ragazze”
Daniela Alibrandi, “Nessun segno sulla neve”
Daniela Alibrandi “Una morte sola non basta”
Daniela Alibrandi “Un’ombra sul fiume Merrimack”
Daniela Alibrandi “Il bimbo di Rachele”
Daniela Alibrandi “I misteri del vaso etrusco”
Bellissima recensione, complimenti a Salvina Pizzuoli.
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Grazie dei complimenti, apprezzati e graditi!
Salvina Pizzuoli
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