
«La squadra che circonda Buonvino è un po’ improbabile: c’è un narcolettico, uno che crede alle fake news, un ipovedente, un altro che parla al telefono con la figlia morta. Volevo dimostrare che la perfezione non esiste. Quando si evoca un normotipo, in realtà si evoca qualcosa di inesistente e autoritario. Buonvino riesce a estrarre da ciascuno il suo talento.
«È accogliente, uno che sa fare squadra, che non parla sempre di se stesso, rispetta gli altri, non ama la violenza, fa perfino fatica ad arrestare le persone perché sa che comunque è un momento di dolore.(dall’intervista di Annalisa Cuzzocrea La Stampa 8 ottobre 2024)
È lo stesso Veltroni in questa intervista a indicarci le caratteristiche peculiari del suo commissario, diverso sicuramente dalle figure più diffuse dei commissari. Siamo al quinto romanzo e il Buonvino è questa volta alle prese con una morte particolare che pare essere legata solo al caso e alla sfortuna. Ma qualcosa non lo convince dentro questa grande famiglia che è quella del Circo che ha preso posto al Parco dei Daini, nel territorio di competenza del commissariato di Villa Borghese. Ha notato la presenza di sentimenti poco umanitari e che fanno parte di quel sentimento che potremmo definire di scarsa attenzione verso il prossimo. Alcune delle domande rivolte dall’intervisttrice sono chiarificatrici per quanto concerne lo spirito che anima il giallo e la visione stessa dell’attuale società che Veltroni vuole trasmetterci. La prima è riferita alla scelta dell’ambientazione del romanzo e non solo fisica
– Perché il circo?
«Perché è un luogo in cui si va con un’ambivalenza di sentimenti. Lo si rispetta, se ne coglie il lato struggente, ma trasmette un senso di inquietudine. Chaplin e Fellini lo hanno raccontato meravigliosamente. Io qui lo uso come luogo di vita totale, dove si sta sempre insieme, i bambini studiano, imparano gli esercizi. Una struttura integrale in cui i pagliacci sono la quintessenza del doppio: fanno ridere e mettono paura. E infatti Buonvino al circo si trova di fronte a un omicidio che non capisce se sia davvero un omicidio».
Con la seguente invece si fa luce su un atteggiamento diffuso oggi nei rapporti con gli altri
– Nel suo romanzo ha un ruolo il rancore cieco, quello la cui ragione non si comprende.
«Perché è pieno di gente che spera solo nel male per gli altri, che si sente nella condizione di dover giudicare chiunque
Così risponde Veltroni, un male oscuro quindi che si sta diffondendo e si sta sostituendo alla comprensione, alla
gentilezza di cui il nostro Buonvino è invece forse l’ultimo paladino.
Un giallo sì, con molte chiavi di lettura.
La sinossi
Roma è nel pieno delle feste natalizie e al Parco dei Daini, nel territorio di competenza del commissariato di Villa Borghese, si è installato il colorato tendone di un circo. Invitato alla prima, il commissario Buonvino ha modo di conoscere i componenti della carovana e avverte tra loro strane tensioni sotterranee. La sera lo spettacolo inizia regolarmente e gli spettatori si lasciano catturare dalla inossidabile magia circense. Durante il numero dei trapezisti, però, la giovane figlia del direttore di scena, Manuelita, mentre effettua un’acrobazia particolarmente complessa e rischiosa cade sbattendo contro l’unica parte dura della rete di protezione. I soccorsi sono inutili, la ragazza è morta sul colpo. Tutto lascia credere che si sia trattato di un terribile incidente, una sciagurata fatalità. Ma Buonvino intuisce che qualcosa non torna e si mette a indagare scoprendo che, spente le luci della pista, tra i membri di quella che a un primo sguardo sembra una grande famiglia unita e solidale covano sentimenti di rancore, invidia, odio. E anche qualcosa di più.(da Marsilio Editori)
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