
Appennini da incubo il thriller è senza sangue
Una bambina in un casolare di campagna, sola con i suoi genitori. Intorno, un Appenino quasi disabitato dove è facile perdere la cognizione del tempo e vivere come si viveva cent’anni fa. Ma non c’è niente di idilliaco né di pastorale nella scena — molto cinematografica — con cui Donato Carrisi dà inizio al suo ultimo romanzo, La casa delle voci, ai primi posti delle classifiche di vendita fin dall’uscita in libreria, avvenuta nella stagione d’oro editoriale che precede le vacanze natalizie. Perché già nelle prime pagine intuiamo che questa bimba, che i genitori hanno educato a diffidare di ogni estraneo, a inventare periodicamente un nuovo nome che nasconda quello vero fino a cancellarlo, a vivere in un’inquietante autarchia contadina, è destinata non alla felicità ma alla tragedia e forse a una sinistra preveggenza.
La ritroviamo infatti adulta, con l’identità (fittizia o reale?) di Hanna Hall, nello studio fiorentino dello psicologo infantile Pietro Gerber, specializzato nell’uso dell’ipnosi sui più piccoli, dopo che una collega l’ha convinto ad accettare il caso di questa trentenne nevrotica, affascinante e turbata, tornata dall’altra parte del mondo per ritrovare se stessa bambina, l’origine dei suoi traumi e quindi il luogo in cui l’utopia campestre si è trasformata in incubo.(Da Lara Crinò La Repubblica Cultura)
e anche
l’intervista a Donato Carrisi di Terry Marocco da Panorama libri
e dello stesso autore
Donato Carrisi il romanzo d’esordio ed altri scritti a cura di Maurizio Amore su Consigli.it