Sabrina Gabriele “I buoni propositi”, presentazione

Attraverso un mosaico di storie che si intrecciano e a volte soltanto si sfiorano, Sabrina Gabriele racconta la tenerezza dei sogni arenati nel passato e la dolce ostinazione di quelli ancora da realizzare, ricordandoci che per andare incontro al destino bisogna prima di tutto ascoltare (da Salani Libri)

Bologna 1981, una libreria, una tradizione costruita dal proprietario Vanni Maestri:  i clienti scrivono su dei foglietti i loro propositi per l’anno nuovo e li lasciano dentro le pagine dei volumi usati.
Si apre alla data del 9 luglio 1982  e da qui il racconto  torna al dicembre precedente quando  Agata, l’assistente assunta da Vanni per il periodo natalizio,  involontariamente fa emergere quanto da lui volutamente sepolto sotto la cenere del ricordo: leggendo uno dei tanti biglietti scovati nei libri, riapre in lui una lontana ferita. Ma non è il solo: anche la contessa Castelvetri riceve dal passato del defunto marito la storia di tre studenti, di un amore tra le sirene della seconda Guerra Mondiale e le persecuzioni razziali.

“Il ritmo è mosso, spesso febbrile, e segue l’alternanza di anni e ricordi come se ogni pagina fosse un battito che amplifica il sentire più intimo dei personaggi e lo trasforma nel loro tentativo, ostinato e dolcissimo, di rimettersi in cammino anche quando rimangono indietro. E c’è un’urgenza gentile nel narrare il perdono, il rimpianto, la speranza stessa di riuscire a mutare la fragilità in resistenza. «La vita è un sogno. È il risveglio che ci uccide», scriveva Virginia Woolf ma anche quando si aprono gli occhi, resta pur sempre il gesto di averci creduto”.

Così scrive Ursula Beretta (La lettura del Corriere 17 agosto 2025) a conclusione del suo articolo sul nuovo romanzo di Sabrina Gabriele

Sabrina Gabriele (Bergamo, 1978) ha studiato dal 1998 al 2000 all’Accademia di Arte Drammatica Paolo Grassi di Milano, dove si è diplomata, ha poi vissuto e studiato a Londra e attualmente è a Parigi, dove lavora nella moda. Ha pubblicato altri due romanzi: nel 2009 Una (Albatros Il Filo) e nel 2023 Quattro giorni o sempre (e/o)

Roberto Pinotti “La via delle stelle”, Vallecchi

«Il cammino di Santiago fa da sfondo a questo romanzo teso a trasmettere all’umanità odierna valori, tradizioni e realtà importanti che non possiamo e non dobbiamo ignorare né dimenticare.»

Vallecchi – Firenze

Collana: Narrativa

Dal 5 settembre in libreria

Il Cammino di Santiago non è solo una rotta tracciata sulla terra: è un sentiero inciso nel cielo, una via stellare percorsa da pellegrini, sapienti, iniziati e cercatori da secoli.
È qui, lungo questa antica arteria spirituale, che si snoda il viaggio di un protagonista che somiglia all’autore, ma si spinge oltre di lui. Un viaggio fisico e interiore, dove ogni passo svela connessioni inattese tra il visibile e l’invisibile, tra la scienza e l’esoterismo, tra l’eredità di civiltà scomparse e i segreti gelosamente custoditi da élite silenziose. Ufo, massoneria, astronomia antica, manipolazione delle masse, spiritualità autentica e poteri occulti: tutto si intreccia in una trama avvincente che unisce il fascino del romanzo alla forza scomoda della divulgazione. Roberto Pinotti, noto per i suoi studi su fenomeni aerei anomali e tematiche di confine, si confronta per la prima volta con la narrativa. Ma lo fa a modo suo: con rigore, con visione e con un intento pedagogico preciso. Il romanzo diventa così uno strumento per parlare a tutti, superando le barriere dei saggi specializzati e facendo filtrare – tra le pieghe della fiction – verità e ipotesi che raramente trovano spazio nel dibattito pubblico
La via delle stelle – già pubblicato in Spagna come El Camino de las Estrellas – è un invito a decifrare i simboli, a leggere il cielo, a risvegliare lo spirito critico. E forse, a ricordare che l’universo è molto più vicino – e affollato – di quanto ci abbiano mai detto.

Roberto Pinotti nato a Venezia nel 1944 (ma fiorentino di adozione) è un sociologo, politologo, studioso di esoterismo e giornalista aerospaziale. Ha fondato nel 1967 il Centro Ufologico Nazionale (CUN) e nel 2021 la ONG International Coalition for Extraterrestrial Research (ICER). Riconosciuto come uno studioso di fama mondiale sul tema, dal 1993 coordina l’annuale Simposio Mondiale sugli UFO a San Marino. Ha al suo attivo settanta titoli in sette lingue. Già consulente del Programma SETI (Search for Extra Terrestrial lntelligence) per la ricerca di intelligenze extraterrestri, membro dell’Accademia delle Scienze di San Marino e in Italia dell’Accademia Costantiniana di Scienze Mediche, Giuridiche e Sociali, ha collaborato con la Federazione Astronautica Internazionale, l’Agenzia Spaziale Italiana, l’Agenzia Spaziale Europea, l’International Space University di Strasburgo e l’Università di Firenze. Astrofilo, a livello onorifico gli è stato intestato nel Minor Planets Catalogue l’asteroide 12470 Pinotti scoperto da Maura Tombelli nel 1997. Per Vallecchi ha pubblicato UFO. La verità negata (2021), UFO. I carri degli Dei (2022)UFO Italia. Da Mussolini al Pentagono (2024).

Gianni Caria “Il Presidente addormentato”, Bibliotheka Edizioni

Bibliotheka

Dall’8 agosto in libreria

“Il Presidente dorme da una settimana. È questo il problema: il Presidente si è addormentato e non sappiamo quando si sveglierà”. 
Per la prima volta nella storia d’Italia, a ricoprire la più alta carica dello Stato è una donna, Anita Bertoli, intellettuale e attivista, figlia di un politico di lungo corso ed ex partigiano. La Presidente viene colta da un malore, si accascia sull’ampia scrivania della sua stanza al Quirinale e da lì, pur ancora vigile, non riesce più a muoversi. 
È questo lo spunto iniziale del romanzo. La Presidente non riesce più a muoversi. Può solo pensare: al rapporto con il padre fatto di una distanza fisica, emotiva e politica mai colmata nel tempo; alla madre, una statunitense venuta in Europa a combattere per la libertà, prima in Spagna e poi in Italia; alla relazione con Aldo, già collaboratore del padre. Infine, ai veri motivi della sua candidatura e dell’elezione alla Presidenza della Repubblica. Il Paese si scopre – come lei – del tutto paralizzato: senza la sua approvazione, il Governo non può operare, e le altre cariche dello Stato non si mobilitano per risolvere la situazione di stallo. 
Al suo destino di immobilità è legato quello di un giovane corazziere, incaricato di vegliarla e di vigilare sui visitatori che a poco a poco diradano. In un reparto d’ospedale vuoto e desolato, appena animato dalla presenza di due infermiere, il soldato riflette sulla sua vita – piena di rimandi a quella della Presidente – e al senso ultimo del suo ruolo e della sua stessa esistenza: rispettare gli ordini e adempiere al proprio dovere.

Il silenzio è d’oro. Non ho mai capito bene questa frase che mia nonna mi ripeteva spesso quando ero un bambino che appena stava in piedi, ma dotato di una chiacchiera infinita, in una casa in cui tutti parlavano poco. All’inizio la prendevo alla lettera, perché la parola di mia nonna era legge, e così anche io parlavo il meno possibile. Ma non capivo come potesse arrivare l’oro stando zitto. Il mio silenzio non si è mai trasformato in oro o in altre ricchezze, ma ora so a che serve. Sono venticinque anni che parlo poco e ho trovato il lavoro che fa per me. Ore e ore di silenzio, a volte nel frastuono più assoluto, io zitto in piedi nella mia bella uniforme. Lo so che tutti mi guardano e si impressionano per la mia statura e la mia immobilità. Quando sono in servizio all’aperto, c’è sempre qualche ragazza che si accosta e pretende di farsi una foto vicino a me, magari con l’autoscatto, come fossi la fontana di Trevi.

Gianni Caria (Sassari 1960),magistrato, è stato Procuratore della Repubblica di Sassari. Il suo primo romanzo, La badante di Bucarest (Robin, 2012), ha vinto nel 2013 a Perugia il Premio Giovani Lettori-Memorial Gaia Di Manici Proietti e si è classificato al secondo posto come opera menzionata al Premio Primo Romanzo Città di Cuneo 2013.

Katia Lari Faccenda “Le tre domande dell’angelo”, CartaCanta Editore

Immagine di copertina di Giulia D’Agostini

La ragazzina cresce nella guerra; vede e tocca con mani consapevoli. Si chiama Giovanna, è stato un angelo a consegnarle il nome e la visione, a sospingerla. Decisa ad assumere la propria colpa generazionale e la responsabilità di un futuro da reinventare, la ragazzina Giovanna guida una marcia silenziosa di studenti. Giovanna è certa della sola voce che possa reclamare il diritto alla vita: il silenzio. Perché le voci sono molte, il silenzio è uno. Attraverso un paese stordito, spolpato da un tempo asciutto, giungeranno fino alla Capitale per avanzare la loro muta richiesta di ascolto.
Un romanzo sui generis che si ispira al passaggio emblematico di Jeanne d’Arc nella storia, la ragazzina che assunse la colpa di due generazioni e la tradusse in un atto volontario di responsabilità: volle agire un futuro ancora da immaginare. Le tolsero la vita. Era scandalo il suo essere ragazza in un tempo e luogo restrittivi per le donne, il suo divenire condottiera di uomini, erano scandalo le sue vittorie e i suoi abiti maschili. Scandalo la sua consapevolezza.
(La sinossi da CartaCantaEditore)

Stralci da una recente intervista all’Autrice

Disegna fumetti, lavora come restauratrice di pitture murarie, studia canto lirico, si esibisce… Come vive questa vita da artista a tutto tondo, e con quale di queste realtà sente un più forte legame?

La vivo come una concatenazione. Sono sempre stata curiosa della materia, da buona artigiana. Lavoro con le mani e costruisco, perciò ho appreso i mestieri – tutti i miei mestieri – praticando; in ogni espressione diversa ho trovato una continuità di percorso. Creare architetture di parole sarebbe stato impensabile per me senza conoscere il potere evocativo, elementare di una canzone popolare o le vibrazioni dei colori quando si uniscono e si contrastano. Comunque, per rispondere alla sua domanda, il legame che sento più forte è con l’uso della voce, il che comprende anche la voce scritta.

“Un salto al buio”, del 2018, è il suo primo romanzo. Qual è la genesi di questa storia che parla di sentimenti e fragilità umane?

In realtà scrivo da decenni. “Un salto al buio” è stato il primo lavoro che ho deciso di pubblicare. L’ho usato per aprire la strada, diciamo così: di facile fruizione, surreale e poetico, con una trama fitta di incontri e una teatralità corale molto organizzata. Voglio bene a questo “romanzino”, come lo chiamo affettuosamente. Nato non da una vera urgenza, ma da profonda empatia. Narra il dramma di due padri che si incontrano in circostanze molto particolari e si riconoscono nel reciproco dolore. Un lavoro pervaso di ironia e leggerezza, ma anche ricco di sostanza.

Con “Le tre domande dell’angelo”, invece, fa un nuovo salto “al buio”, per citare la sua stessa opera: si addentra nei meandri della Storia analizzando il personaggio di Jeanne D’Arc, Giovanna D’Arco. Cosa l’ha spinta ad assumere proprio la voce di questa ragazzina?

In questo caso ho davvero seguito una necessità. La presenza di Jeanne d’Arc è stata grande nel mio immaginario e nella mia coscienza. Ho scelto di narrare la sua parabola di vita in modo trasversale: la storia di una ragazzina nata e cresciuta nella guerra che decide di assumere la colpa di due generazioni e tradurla in un atto volontario di responsabilità, per agire un futuro ancora da immaginare. E lo fa guidando una marcia silenziosa di studenti verso la Capitale. Chi conosce storicamente Jeanne troverà ogni particolare biografico, ma gli accadimenti sono filtrati attraverso una diversa attualità e trasformati. La vicenda è narrata da un testimone e ha un luogo e un tempo imprecisati. Direi un medio oriente contemporaneo, comunque intriso di Medioevo e visionarietà. Nel libro l’io narrante dirà “Cantare un eroe è accorgersi della mancanza e tradurla in pienezza. È colmare un vuoto dei tempi con rimasugli appassionati, è innamorarsi della pochezza e dei limiti e renderli ispirazione, è disconoscere la storia. Cantare un eroe è quasi la verità. Ho tentato di “cantare” Jeanne””.

Altro elemento fondamentale è costituito dalla figura dell’angelo…

L’angelo è stato il mio modo per affrontare il rapporto che Jaenne d’Arc aveva con l’assoluto, con le proprie visioni. Nel romanzo è con Giovanna a ogni passo, come presenza che interroga e non insegna. L’angelo è una figura senza ambiguità, sta esattamente in ciò che dice e tace la sua potenza. E le domande che rivolge a Giovanna, ai suoi studenti, sono rivolte anche a ognuno di noi. Per questo lascio l’interpretazione dell’angelo e delle sue tre domande a chi legge.

Katia Lari Faccendanata a Firenze nel Sessantadue, la casa dove vive trabocca di letteratura; il nonno fa il libraio. Esploratrice di parole, comincia a leggere molto presto, scrive e illustra le sue storie.  Artista e musicista: disegna fumetti, lavora come restauratrice di pitture murarie; studia canto lirico, e di tradizione orale, si esibisce su palcoscenico e in strada. Scrive da decenni: narrativa, teatro, canzoni. Il romanzo Un salto al buio è edito da CartaCanta nel 2018. Vive a Vinci, in collina, a pochi passi dalla casa natale di Leonardo.

Antonella Carta “Devi andare Nì”, Mursia

In libreria il 16 luglio

Mursia

«“El niño del santo?” chiese suor Consuelo sorridendo al piccolo anonimo che la fissava in silenzio. Così Niño Del Santo fu il suo nome, ma per tutti, tranne che per lei, da allora soltanto Nino.»

Nino è figlio della vergogna. Abbandonato in uno scatolo e portato al convento da un angelo sconosciuto, viene accolto da una famiglia rude e numerosa. Ancora bambino scopre brutalmente la verità e inizia a cercare il proprio posto nel mondo. L’incontro con Dela gli fa credere che tutto sia possibile. La vita che costruiscono insieme rischia però di frantumarsi quando il passato torna a chiedere il conto. Nino si trasforma in qualcuno di cui aver paura, ma Dela lo difenderà fino alla fine dimenticandosi di sé.
Va oltre il tempo, questo racconto. Quando sembra concluso, torna indietro: un passo nel tramonto, per ritoccarlo d’alba.

Incipit:

«Il freddo, per una sera, rinunciò al proprio silenzio. Provò a farsi voce, sfiorò gli occhi aperti del neonato dentro lo scatolo di cartone e gli volle cantare una ninna nanna perché il primo sonno non fosse agitato. Si accorse così di non avere canzoni. La coperta era lì, in imbarazzo per l’abbraccio che tentava di simulare, perché a quegli occhi aperti probabilmente la differenza non era sfuggita. Qualcuno, pescato a caso dal ripostiglio del destino, si accorse dello scatolo per strada, controllò, e vide che dentro taceva un bambino. Quindi di corsa al convento, prima che fosse tardi, dalle suore cui ogni tanto il Signore mandava un bimbo così, rifiutato. Una ragazza piangeva poche case più in là, con le mani sul ventre svuotato e il pensiero al figlio che le avevano appena portato via. Svuotata, anche lei. Le avevano messo tra i denti un fazzoletto perché i vicini non la sentissero gridare. Aveva trascorso chiusa in casa gli ultimi mesi della gravidanza, mentre tutti sapevano che era fuori, ospite di certi parenti. Le dissero che il tempo l’avrebbe guarita, che avrebbe sposato un uomo diverso, che sarebbe cresciuta»

Antonella Carta insegna Materie letterarie in un liceo. Dopo il romanzo Timoteo e il saggio Rousseau. Le fantasticherie, ha pubblicato con Mursia i romanzi Come nuvole di cotone (2020) e Come una pianta che spacca il cemento (2023).

Andrew Porter “La vita immaginata”, presentazione

traduzione di Ada Arduini

Ricco di atmosfera e dotato di una bussola emotiva straordinariamente sicura, La vita immaginata è un romanzo indagatore e nostalgico sull’impossibilità di comprendere i propri genitori, sui primi amori e fallimenti, sull’innocenza perduta, sui legami indistruttibili tra un padre e un figlio.(da Feltrinelli)

Steven Mills , il protagonista, è un uomo maturo quando moglie e figlio escono dalla sua vita, un nuovo abbandono che segue quello del padre, professore universitario che scomparve dalla sua vita quando era ancora un pre adolescente. Ora che anche la sua vita è ad una svolta decide di cercare nel passato risposte al suo presente: dovendo ricostruire un passato si mette in viaggio lungo la costa californiana, alla ricerca di amici, di familiari, di ex colleghi, di tutti coloro che possano fornirgli stralci di una vita trascorsa, per una ricostruzione fatta di tasselli, ricordi, testimonianze, pezzi in cui l’immaginato ha un suo spazio per riempire anni di assenza, capire i perché del matrimonio finito dei suoi genitori, della comparsa di Deryck, un giovane collega del padre e di quanto questa comparsa possa essere stata la chiave di uno scandalo mai chiarito a cui forse si deve la sua scomparsa e la perdita del suo posto all’università e, in contemporanea, un percorso a ritroso per ricostruire la propria identità

Scrive Livia Manera nella sua recensione al romanzo sulle pagine de la Lettura del 22 giugno 2025 “La vita immaginata è un romanzo sull’assenza, sull’impossibilità di capire i propri genitori, sui primi amori e le prime delusioni, sull’innocenza perduta e sul legame tra un padre e un figlio che può diventare identificazione fino a sfociare nell’emulazione. Ma è anche la road novel di un narratore che si mette in viaggio per incontrare i testimoni di quel tempo perduto, in cui ogni conversazione con vecchi amici e colleghi del padre aggiunge un tassello al mosaico del passato e offre un altro modo di interpretare la scomparsa di quell’uomo colto e sfrenato, su di giri e melanconico, che oggi sarebbe definito maniaco depressivo”.

Andrew Porter

Nato negli Stati Uniti, Porter è un riconosciuto scrittore e sceneggiatore originario della Pennsylvania, Prima di The Imagined Life, ha pubblicato racconti e raccolte apprezzate dalla critica, Porter ama narrare personaggi in bilico sull’affidabilità della loro memoria, spesso alle prese con segreti familiari, identità e ricordi dolorosi. La sua scrittura è capace di evocare atmosfere nostalgiche e profonde connessioni emotive

Sebastiano Mondadori “Di cosa siamo capaci”, presentazione

[…]Sospese tra la vita come accade e i ricordi con cui la inseguiranno, Adele e Nina si perdono e si ritrovano lungo cinquant’anni di storia italiana mentre Milano diventa il teatro , ora cupo, ora sfavillante ma sempre più presago –,di un’epoca al tramonto.(da la Nave di Teseo)

Adele e Nina, madre e figlia, dentro cinquant’anni di storia italiana: tra le illusioni del prima e i rimpianti del dopo, dove come sottolinea Ursula Beretta (La Lettura, 15 giugno 2025) è proprio la nostalgia il collante della narrazione, quel “segreto che non osiamo pronunciare perché è fatto della stessa materia dei ricordi”, un’eco che ritorna anche quando tutto sembra finito.
Due donne nel momento della loro giovinezza, due estati decisive, quando ancora tutto appare possibile.
E Milano fa da sfondo ad un’età che sempre più affonda nella nostalgia, proprio perché al tramonto, e dove ciascuno riesce a chiedersi di cosa siamo capaci alla resa dei conti.

Sebastiano Mondadori è nato a Milano nel 1970, vive da anni in Toscana. Prima di Di cosa siamo capaci ha scritto nove romanzi (da Gli anni incompiuti, 2001, premio Kihlgren a Il contrario di padre, 2019); il libro-intervista La commedia umana. Conversazioni con Mario Monicelli (2005, premio Efebo d’Oro); la raccolta poetica I decaloghi spezzati (2021). Presso La nave di Teseo ha pubblicato Verità di famiglia. Riscrivendo la storia di Alberto Mondadori (2022, premio Elba-Brignetti per la saggistica, premio Società dei lettori di Lucca, premio della giuria al premio Biella, premio Antonio Semeria Casinò di Sanremo).

Voland: novità in libreria

Georgi Gospodinov Fisica della malinconia (Nuova edizione)

“L’immortalità è possibile solo nell’infanzia”
dal 20 giugno in libreria

Un ragazzo è affetto da una strana sindrome: soffre di empatia, è capace di immedesimarsi nelle storie degli altri. Inizia così un viaggio nel mondo del possibile, nel labirinto dei sentimenti mai provati, delle cose mai accadute eppure reali più del reale stesso.
Questo “io” coraggioso e impertinente va e viene dal passato, fa incursione in un futuro di cui abbiamo già nostalgia, e ritorna con un inventario di storie sull’autunno del mondo, sui Minotauri rinchiusi in ognuno di noi, sulle particelle elementari del rimpianto, sul sublime che può essere ovunque.
Bestseller pluripremiato in Bulgaria, pubblicato negli Stati Uniti, in Francia, Germania, Spagna, Austria, Danimarca e in molti altri paesi europei, torna in libreria il romanzo che ha decretato il successo internazionale di Georgi Gospodinov.

L’autore Prosatore e poeta dall’immaginario sconfinato, GEORGI GOSPODINOV (Jambol, 1968) è l’autore bulgaro moderno più acclamato a livello mondiale. Vincitore dell’International Booker Prize e del Premio Strega Europeo con il romanzo Cronorifugio (Voland 2021), le sue opere sono tradotte in venticinque lingue. Tutti i suoi libri dall’esordio Romanzo naturale (2007, 2023) alle raccolte di racconti...e altre storie (2008, 2021), E tutto divenne luna (2018), Tutti i nostri corpi (2020) fino all’antologia Lettere a Gaustìn e altre poesie (2022) e al recente Il giardiniere e la morte (2025) sono pubblicati in Italia da Voland.

Krisztina Tóth Gli occhi della scimmia

“Perché, cosa significa essere felici? Sul serio, cosa?
Non mi sono mai sentita felice in vita mia.”

dal 27 giugno in libreria

In un paese sinistro senza nome e senza tempo, dove una devastante guerra civile ha lasciato la società divisa tra gli agiati filogovernativi
e una massa di poveri confinati in zone ai limiti della sopravvivenza, Giselle e il dottor Kreutzer si incontrano.
La donna, sull’orlo di un crollo emotivo dopo essere stata seguita per settimane da un giovane sconosciuto, si affida alle cure dello psichiatra, e mentre la terapia la spinge a immergersi nella storia della sua famiglia, anche l’uomo rivive la propria, barcamenandosi tra l’eredità della madre appena scomparsa e la fine di un matrimonio.
Un romanzo sofisticato fatto di vite che si sfiorano appena: storie di donne e uomini, mogli e mariti, madri e padri, mentre il potere e i suoi meccanismi lavorano instancabilmente per seppellire il passato. Una distopia dal ritmo di un poliziesco, pervasa da un raffinato umorismo dalle tinte grottesche.

Nata a Budapest nel 1967, KRISZTINA TÓTH è un’acclamata scrittrice, poetessa e traduttrice dal francese. È autrice di circa quaranta libri tra prosa, poesia e storie per bambini e vincitrice di importanti riconoscimenti. Gli occhi della scimmia è stata l’opera di narrativa più venduta in Ungheria nel 2022 e si è aggiudicato il Nok Lapja per il miglior romanzo contemporaneo ungherese e il premio del pubblico Merítés-díj.

Isabel Allende “Il mio nome è Emilia del Valle”, presentazione

Una storia di amore e guerra, di scoperta e redenzione, raccontata da una giovane donna coraggiosa che affronta sfide monumentali, sopravvive e si reinventa.(da Feltrinelli)

Traduzione di Elena Liverani

Una nuova eroina della Allende, Emilia del Valle, nasce a San Francisco nel 1866; è una giovane audace e intraprendente cui non manca un’altra virtù, la curiosità che la spingerà ad essere  e a diventare una donna indipendente che sa sfidare le strette norme sociali per realizzare e mettere a frutto la propria passione per la scrittura: scrive romanzi d’avventura con pseudonimi al maschile e prosegue sulla sua strada diventando reporter di guerra in Cile, conflitto che vive in prima linea firmando con il proprio nome i suoi editoriali.
Conoscerà il padre biologico, un aristocratico cileno che aveva sedotto la madre e scoprirà anche l’amore:  una narrazione tra realismo e magia, propria della scrittura della Allende.

L’incipit

Il giorno del mio settimo compleanno, il 14 aprile 1873, mia madre, Molly Walsh, mi mise l’abito della domenica e mi portò a Union Square per farmi fare una fotografia, l’unica della mia infanzia, in cui compaio in piedi accanto a un’arpa con lo sguardo atterrito di un impiccato a causa di tutto il tempo in cui dovetti trattenere il respiro davanti a una scatola nera e dello spavento che mi presi con il lampo del riflettore. Devo precisare che non so suonare nessuno strumento, l’arpa era uno dei polverosi accessori dello studio, oltre a colonne di cartapesta, vasi cinesi e un cavallo imbalsamato.
Il fotografo era un omino baffuto di origine olandese che si guadagnava da vivere con quel mestiere dai tempi della febbre dell’oro. A quell’epoca i minatori, che scendevano dalle montagne per mettere al sicuro le loro pepite d’oro nelle banche di San Francisco, si facevano scattare una foto da inviare alle loro famiglie quasi dimenticate. Quando dell’oro non rimase che il ricordo, i clienti dello studio divennero le persone altolocate che posavano per i posteri. Noi non rientravamo in questa categoria, ma mia mamma aveva le sue buone ragioni per volere un ritratto di sua figlia. Più per principio che per necessità, mercanteggiò sul prezzo. Che io sappia, non ha mai comprato niente senza togliersi lo sfizio di chiedere uno sconto.

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Donne dell’anima mia. Dell’amore impaziente,della lunga vita e delle streghe buone”

Maurizio de Giovanni “L’antico amore”, presentazione

Mondadori

L’amore è il ricordo dolce di una tempesta

La frase sopra citata compare in fondo al romanzo ed evidenzia in modo struggente cosa resta nella tempesta del cuore scatenata da Amore: un sentire  dolce e melanconico, come il ricordo.
De Giovanni in questo suo scritto propone tre storie d’amore, tre protagonisti, di età ed epoche diverse, in cui il fil rouge è Amore, che li attraversa e assimila.

Un poeta, mai citato direttamente ma chiaro per la collocazione storica: si tratta di Catullo e del suo amore per Lesbia, così indicata nella finzione letteraria. Un sentimento totalizzante, che travolge e coinvolge: prima appagante nella corrispondenza, poi devastante nel rimpianto.

Il secondo protagonista è un professore universitario con un matrimonio finito e un gruppo di studenti che seguono le sue lezioni distrattamente, situazioni pesanti che non sono riuscite a distoglierlo dall’entusiasmo per lo studio e la ricerca di quanto scritto e ritrovato del “senso di quell’antico amore” che un suo vecchio insegnante al liceo gli aveva trasmesso.

Un Vecchio e la sua badante sono i protagonisti della terza storia che si alterna e inframmezza senza una precisa successione tra le altre due.

Se per il professore universitario  paiono aprirsi nuove possibili strade per una vita affettiva e di studio appagante, nel prosieguo le tre storie saranno accomunate dal ricordo “dolce di una tempesta”: come quello del Vecchio chiuso nel suo passato ma ancora palpitante e vivo; quello del poeta sincero e franco nelle diverse  e contrarie situazioni; quello di Marco, il professore universitario, e della sua giovane studentessa, potente e forte ma rimasto come un fiore nel suo primo rigoglio e mai appassito.

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