Lanfranco Caminiti “Senza”, presentazione

Raccontare il dolore, raccontare l’assenza della persona amata. Non è facile senza cadere nell’ enfasi, ma raccontando con verità e delicatezza, quella derivata dal pudore che nasce dal sentimento. I ricordi si alternano alle terribili fasi del presente, i ricordi per rivivere momenti di quotidianità e solo dentro i quali chi non c’è più ritorna con tutta la vividezza del reale. Chi non c’è più fisicamente c’è sempre nella forza della memoria che come una prigione dorata sa mantenere in vita chi abbiamo amato.

Paura di perdere i ricordi? Cosa può spingere chi affronta il dolore a scriverne?

Non è facile raccontarlo ma dà sicuramente senso all’esistenza di chi è sopravvissuto. Un diario, quello di Caminiti, una pagina dedicata per accettare l’assenza, per colmare quel vuoto incolmabile?

“Si può scrivere del dolore in molti modi ma solo uno richiede, oltre al talento, anche coraggio: quello che non mira a descrivere per esorcizzare o a condividere per superare, ma piuttosto a scavare nella sofferenza fino a raggiungerne il nucleo incandescente per poi attraversarlo. Col rischio di bruciare e la certezza di uscirne comunque ustionati. (da Andrea Colombo, nella pagina Cultura del Manifesto on line.)

Da Minimum Fax

«L’avrebbero vestita le sue nipoti. Io diedi loro l’abito che aveva comprato da poco e una camicia di percalle. L’abito era rosa antico e smanicato. E Paola non girava mai a braccia nude, le sembrava poco elegante».
Comincia così questo romanzo, con poche misurate parole che segnano l’ingresso di un uomo nel tempo che segue alla scomparsa della persona amata. E il tempo che segue è un elenco di luoghi, oggetti, libri, episodi. […]
Una lettera postuma, ma anche un’agenda del vuoto, lo stupore dei posti che sopravvivono, l’insofferenza per l’egoismo che si annida persino nel dolore. E, infine, un apprendistato della solitudine, in un mondo improvvisamente desertificato, dove tuttavia, attraverso la scrittura, l’amore sopravvive anche nell’assenza.

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