Antonio (Nino) Zorco “Ma io in guerra non ci volevo andare”

Fiume-Mülhdorf/Dachau e ritorno (1944-1954)

Introduzione e cura di Diego Zandel. Postfazione di  Roberto Spazzali
pagine 122 prezzo 16 euro

Oltre Edizioni

Antonio Zorco, detto Nino, è l’autore di questo libro di memorie centrate soprattutto sul suo arresto, nell’agosto del 1944, da parte dei tedeschi, sulla sua detenzione ai lavori forzati nel campo di concentramento di Mühldorf dal 9 settembre 1944 al 4 agosto 1945 e sull’immediato dopoguerra, quando, tornato a Fiume, la sua città natale, la trova occupata dalle forze jugoslave e vede i suoi vecchi amici d’infanzia un po’ alla volta andarsene in esilio, chi clandestinamente – come farà una delle sue due sorelle non appena sposata con uno dei suoi migliori amici – chi legalmente, dopo essersi visti espropriare tutti i beni dal potere comunista, chi suicidandosi.

Anni che risultano fondamentali per capire, attraverso le drammatiche vicende personali di un tranquillo uomo qualunque, cosa è successo a Fiume, e nella Venezia Giulia in generale, negli anni della guerra in seguito all’occupazione prima tedesca e poi jugoslava. Quel progressivo sentirsi stranieri in casa propria dove, nel giro di pochi mesi, a prendere il sopravvento in città in maniera del tutto inarrestabile, agli ordini di Belgrado, è altra gente, un’altra lingua e cultura, altri costumi, dando così avvio a un processo di cambiamento radicale dell’humus secolare proprio delle terre istriane e della città di Fiume, da far sentire estranei in casa propria i pochi italiani a cui è capitato di restare.
L’introduzione al libro di Diego Zandel, nipote dell’autore, e la postfazione dello storico Roberto Spazzali, aiutano a contestualizzare le drammatiche vicende personali qui narrate nel quadro famigliare da una parte e storico dall’altra di cui Antonio Zorco è stato, suo malgrado, uno delle migliaia e migliaia di protagonisti.

Antonio Zorco, detto Nino, era nato a Fiume nel 1925 da genitori istriani di Visignano d’Istria. Renitente a qualsiasi leva,  nel 1944 venne arrestato dai tedeschi e costretto, come civile, a entrare nell’organizzazione di lavori forzati Todt in Germania, nel campo di concentramento di Muhldorf, dove restò fino alla fine della guerra e da dove tornò con mezzi di fortuna e malato in Italia, nell’agosto del 1945. L’occupazione di Fiume da parte delle truppe titine ritardò il suo ritorno a casa. Quando gli fu possibile, scoprì la città svuotata di amici e parenti, di tanti fiumani, e abitata da gente proveniente dalle più diverse parti della ex Jugoslavia, condizione che lo fece sentire – come ha scritto nel suo diario – “uno straniero a casa propria”. Due volte fece richiesta alle autorità jugoslave di andare in Italia: gli vennero negate. Lavorò per tutta la vita come tecnico nella raffineria di Fiume, dove morì nel 2003.

Alfano, Gandola, Zurlo “Una marcia in più. Storie italiane di imprenditrici vincenti”,

La recensione su Libri Panorama: “Donne al timone” di Giorgio Arnaboldi

Un libro, scritto a sei mani da tre prestigiose firme del giornalismo italiano, Manila AlfanoGiorgio Gandola e Stefano Zurlo, che racconta 22 storie di donne, imprenditrici di successo e dai saldi valori. Donne che, dal Nord al Sud del Paese, si distinguono per quello che sono e che fanno, per il modo in cui affrontano le grandi sfide e le vincono, capaci, partendo da zero o quasi, di creare importanti business e aziende, ambasciatrici dell’eccellenza e del Made in Italy nel mondo. (da Wise Society)

“Una marcia in più”: le 22 protagoniste del libro

Queste le meravigliose protagoniste del libro, tutte con alle spalle storie di grande fascino e forza: Marilisa Allegrini (Allegrini vini), Milena Baroni (Mycroclean Italia), Grazia Belloni (Camomilla), Laura Bertulessi (Italtrans), Marina Bonazza De Eccher (Rizzani De Eccher), Alida Catella (Coima Image), Anna Cremascoli (Cliniche Columbus), Franca Mentana (Nanan), Marisa Padovan (Marisa Padovan), Maria Giovanna Paone (Kiton), Mariuccia Rossini (Over), Sara Santori (Conceria Nuvolari), 

Adriana Silvia (Sartor Elettrotec), Silvia Scaglione (React4life), Rosi Sgaravatti (Sgaravatti Group), Nicoletta Spagnoli (Luisa Spagnoli), Roberta Tagliavini (Roberta e Basta), Romana Tamburini (Surgital), Tiziana Terenzi (Cereria Terenzi), Paola Veglio (Brovind Vibratori), Daniela Villa (Erbolario), Isolina Zecchin (Spazzolificio Piave).(da Wise Society)

Da DMGModa

[…] 22 storie di donne, dal Nord al Sud del Paese donne coraggiose che non hanno paura di osare, sfidare i pregiudizi, rompere gli schemi. In una parola innovare. Ritratti che il libro, la cui prefazione è stata curata da Alberto Bombassei, presidente di Brembo, intende raccontare negli aspetti pubblici ma anche e soprattutto in quelli più personali e inediti grazie al racconto delicato, ma allo stesso tempo profondo e mai scontato, di tre prestigiose firme del giornalismo italiano:  Alfano Gandola e Zurlo.

Il libro, che gode del patrocinio del Poli.Design e del Brand Extension Hub, facenti capo al Politecnico di Milano, è nato dall’incontro proprio di due donne, amiche e imprenditrici: Antonella Di Leo, editore ed amministratore delegato di Wise Society, la community di aziende e persone che da oltre dieci anni si dedica ai temi del benessere, dell’innovazione e della sostenibilità, e Nicoletta Poli Poggiaroni, a lungo a capo della sua storica agenzia Marketing Consultants, che ha voluto tenacemente questo progetto, perché, come lei stessa sottolinea «quello che conta non è solo l’idea ma la capacità di crederci fino in fondo, a maggior ragione in un momento di immense difficoltà come questo, dove non era facile trovare tante protagoniste».[…]

Ugo Savoia “Bombe su Milano. Ottobre 1942, i testimoni raccontano”

La recensione su Libri Panorama: il libro che racconta la seconda guerra mondiale meneghina

 24 ottobre, 1942: la città di Milano viene bombardata durante il conflitto mondiale. Alcuni testimoni – tra cui Piero Bassetti, Natalia Aspesi, Marco Garzonio – rivivono quella giornata, raccontando alle nuove generazioni la fame, i rumori dei bombardieri nel cielo della città, il sibilo degli ordigni prima di toccare il suolo, l’odore nauseabondo che saliva dalle macerie. Un incubo, quello della guerra, che troppo spesso vediamo tornare con tutta la sua violenza: da quella Milano all’Ucraina di oggi il paragone per chi c’era è rapido e inevitabile.

Ugo Savoia, attraverso il potere della testimonianza, ci regala così un’occasione per comprendere il presente attraverso le memorie di un passato da scongiurare. 

 UGO SAVOIA 

Giornalista, è stato direttore del «Corriere del Veneto», caporedattore e capocronista del «Corriere della Sera». Ha lavorato anche per «La Notte», «il Giornale» di Montanelli e «Il Sole 24 Ore». Dal 2018 è coordinatore didattico del Master in Giornalismo dell’Università IULM.(la sinossi e le note biografiche da Castelvecchi Editore) 

Adrienne Monnier “Rue de L’Odéon. Storia di una libreria che ha fatto il Novecento”, presentazione

Ripubblicato da Bordo Libero, la Casa Editrice nata di recente a Messina, con la traduzione di Elena Paul, ritorna in libreria un testo scritto da Adrienne Monnier (1892-1956) prima donna in Francia a fondare autonomamente la libreria La maison des amis des livres, in Rue de L’Odeon a Parigi il 15 novembre del 1915, che diventerà un punto di riferimento culturale nel Quartiere latino durante il primo Novecento insieme all’altra Shakespeare &Co. dell’amica Sylvia Beach.

Un diario, una pagina importante, una testimonianza pulsante della vita letteraria del periodo, della storia dell’editoria, sul mestiere dello scrivere, al cui interno rivivono nomi illustri di grandi protagonisti della letteratura del tempo. Un personaggio eclettico la Monnier che a soli 23 anni si avventura a costruire una libreria e a raccontarla raccontandosi in questo libro-diario: una poetessa, una saggista, una traduttrice, editrice della prima traduzione in francese dell’Ulisse di Joyce. E, come si legge nella sinossi “il libro è l’autoritratto di una donna e al contempo l’evocazione della straordinaria atmosfera che seppe creare attorno a sé. “Rue de l’Odéon” è un omaggio alla letteratura e ai mestieri che ispira”.

Per saperne di più sulla Libreria e su Adrienne Monnier

Per saperne di più su Bordo Libero la neonata Casa Editrice che ha rieditato il libro della Monnier

Fabio Fabbiani “Non bestemmiare il tempo – L’ultimo insegnamento di Don Lorenzo Milani”, recensione di Luisa Gianassi

a cura di Sandra Passerotti

con contributi di Francesco Gesualdi, Andrea Bigalli e Gianluca Ferrara

Dissensi Edizioni

“NON BESTEMMIARE IL TEMPO – l’ultimo insegnamento di Don Lorenzo Milani” di Fabio Fabbiani è testimonianza di amore. Amore vero. L’Amore che unisce Fabio e Sandra, l’amore di don Lorenzo per i suoi ragazzi. Tutto ciò che si fa con amore diventa bello, buono ed eterno, mentre è caduco tutto ciò che si fa per solo interesse oppure di malavoglia, per dovere. Don Lorenzo diceva: voi mi chiedete come fare scuola, io vi posso dire solo come bisogna essere! Don Lorenzo conosceva bene l’importanza del tempo, perché i figli dei contadini e dei montanari ne avevano poco per studiare, a 14 anni dovevano lavorare. Insegnava ai suoi ragazzi a non sprecare neppure un attimo e tutto si trasformava in insegnamento. In una lettera alla mamma don Lorenzo scrive “da quando sono a Barbiana, non ho mai letto un libro se non con i miei ragazzi” . Anche la malattia e la morte don Lorenzo la trasforma in lezione. Emblematiche le ultime parole che don Lorenzo dice a Nevio: “Nevio, ti ho insegnato tutto quello che avevo da insegnarti, mi è rimasto solo da insegnarti come si fa a morire!” Ha ragione don Bigalli, ci sono storie che vanno raccontate più volte e da più voci. In passato ho letto molto di don Milani e su don Milani, ma la testimonianza di Fabio fa veramente riemergere in modo vivo l’esperienza di Barbiana e mi riporta a tempi lontani, quando per me salire le pendici del Monte Giovi, incontrare l’Eda e ascoltare i racconti dei “ragazzi di Don Lorenzo” era gioia e speranza per la costruzione di una società più giusta. In una lettera a Papa Francesco la figlia di Fabio e di Sandra scrive: “Ho sempre visto mio padre parlare in pubblico senza il minimo imbarazzo, a prescindere da chi fosse il suo interlocutore. Questo è stato ciò che gli ho sempre invidiato di più e che non sono riuscita ad imparare” Questo neppure io sono riuscita ad imparare, solo i ragazzi che hanno vissuto la scuola di Don Lorenzo sapevano e sanno farlo con pacata sicurezza, perché solo un maestro che fa scuola con l’amore di un padre e con la tenerezza di una madre, può fare miracoli. Spesso sento parlare tanto della durezza di don Lorenzo, che sciocchezza! Solo con la tenerezza di una madre ci si può accorgere che Vilma si è tagliata le treccine!

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Sandra Passerotti “Le ragazze di Barbiana”

Lanfranco Caminiti “Senza”, presentazione

Raccontare il dolore, raccontare l’assenza della persona amata. Non è facile senza cadere nell’ enfasi, ma raccontando con verità e delicatezza, quella derivata dal pudore che nasce dal sentimento. I ricordi si alternano alle terribili fasi del presente, i ricordi per rivivere momenti di quotidianità e solo dentro i quali chi non c’è più ritorna con tutta la vividezza del reale. Chi non c’è più fisicamente c’è sempre nella forza della memoria che come una prigione dorata sa mantenere in vita chi abbiamo amato.

Paura di perdere i ricordi? Cosa può spingere chi affronta il dolore a scriverne?

Non è facile raccontarlo ma dà sicuramente senso all’esistenza di chi è sopravvissuto. Un diario, quello di Caminiti, una pagina dedicata per accettare l’assenza, per colmare quel vuoto incolmabile?

“Si può scrivere del dolore in molti modi ma solo uno richiede, oltre al talento, anche coraggio: quello che non mira a descrivere per esorcizzare o a condividere per superare, ma piuttosto a scavare nella sofferenza fino a raggiungerne il nucleo incandescente per poi attraversarlo. Col rischio di bruciare e la certezza di uscirne comunque ustionati. (da Andrea Colombo, nella pagina Cultura del Manifesto on line.)

Da Minimum Fax

«L’avrebbero vestita le sue nipoti. Io diedi loro l’abito che aveva comprato da poco e una camicia di percalle. L’abito era rosa antico e smanicato. E Paola non girava mai a braccia nude, le sembrava poco elegante».
Comincia così questo romanzo, con poche misurate parole che segnano l’ingresso di un uomo nel tempo che segue alla scomparsa della persona amata. E il tempo che segue è un elenco di luoghi, oggetti, libri, episodi. […]
Una lettera postuma, ma anche un’agenda del vuoto, lo stupore dei posti che sopravvivono, l’insofferenza per l’egoismo che si annida persino nel dolore. E, infine, un apprendistato della solitudine, in un mondo improvvisamente desertificato, dove tuttavia, attraverso la scrittura, l’amore sopravvive anche nell’assenza.