
Matsumoto Seichō (1909-1992), scomparso a ottantatré anni, è stato definito il più grande autore giapponese di romanzi di investigazione e paragonato ad un altro grande e pertanto, per accostamento, è detto il Simenon giapponese. Tra i suoi successi Tokyo Express, trasposto anche sul grande schermo, La ragazza del Kyushu, Agenzia A, Come sabbia tra le dita e il recente Un posto tranquillo. In tutti i suoi romanzi l’aspetto umano, la denuncia dei rapporti tra malaffare e potere con uno sguardo alla storia recente del suo paese, l’impegno politico sempre presente e mai sconfessato anche in tempi in cui poteva essere una pericolosa ammissione.
Un posto tranquillo, il terzo romanzo pubblicato da Adelphi, è un noir dai caratteri atipici in quanto manca un caso da risolvere o un investigatore, ma c’è solo un uomo, Tsuneo Asai, funzionario di un ufficio del ministero dell’Agricoltura che, sopraffatto dalla notizia, pervenutagli durante una cena a Kōbe con imprenditori del settore, della perdita improvvisa della giovane moglie in un quartiere di Tokyo un po’ fuori mano e a due passi da un albergo a ore, si trasforma attanagliato da molti interrogativi e dubbi da sciogliere.
[…] Questa storia è come una strada che parte leggermente in salita e si fa a ogni passo più ripida. Una strada piena di vicoli ciechi, che sembra esistere solo nella psiche del protagonista. Qui, i temi cari a Matsumoto – la vendetta, l’ossessione per un dettaglio che non torna, il timore dello scandalo, l’ansia di essere scoperti che conduce alla rovina – si condensano in un noir anomalo e beffardo, senza un caso né un investigatore, dove chi cerca un colpevole può finire per diventarlo lui stesso. Un noir che è anche una critica acuminata della società giapponese e della ragnatela di convenzioni che la invischiano.