Anton Čechov “Reparto numero 6”, Bibliotheka Edizioni

Traduzione di Alessandro Pugliese

dal 2 maggio in libreria

Bibliotheka

Tra i più celebri racconti di Cechov, Il reparto numero 6 fu scritto nel 1892, dopo il ritorno dell’autore da Sachalin, l’isola russa che ospitava la colonia penale alla quale dedicò un libro-inchiesta sulle disumane condizioni di vita dei forzati. Resoconto e aspra invettiva, critica sociale e allegoria si intrecciano in queste pagine, che ripercorrono la quotidianità nel piccolo padiglione psichiatrico di un ospedale civile della Russia zarista, dove sono internate e rinchiuse cinque persone trattate come animali.

C’è un piccolo padiglione nel cortile dell’ospedale, cir­condato da un vero e proprio bosco di cardi, ortica e canapa selvatica. Il tetto è arrugginito, il comignolo mezzo crollato, gli scalini della porta d’ingresso marciti e infestati d’erba, e dell’intonaco non è rimasta che qualche traccia. Il padiglione, con la sua facciata anteriore, è rivolto verso l’ospedale. Con quella posteriore si apre alla cam­pagna, da cui è separato dal brunito recinto dell’ospedale irto di spuntoni. Questi, le cui punte sono rivolte all’insù, il recinto e il padiglione stesso hanno quell’aria particolare di squallore e desolazione che in Russia è una tipica carat­teristica delle costruzioni ospedaliere e carcerarie. Se non avete timore di pungervi con l’ortica, inoltriamoci per l’an­gusto sentiero che conduce al padiglione, e osserviamo cosa vi accade dentro.

Anton Cechov (1860 – 1904), tra i maggiori autori russi, scrittore introverso e drammaturgo eccelso, ha denunciato la società del suo tempo, senza risparmiare la vita intellettuale e letteraria. Tra i suoi capolavori, modellati sul tragico quotidiano e sull’alienazione esistenziale, Il gabbiano, Zio Vanja, Le tre sorelle e Il giardino dei ciliegi.

Albertina Vittoria “Storie di gatti e altri animali”, presentazione

Illustrazioni di Margherita Mazzoli

“Questo libro racchiude storie di animali che l’autrice ha avuto nel corso di una vita, da quando era bambina: criceti, scoiattoli, tartarughe, cani e soprattutto gatti. Protagonista principale è la famiglia di gatti che ha vissuto per molti anni con la scrittrice, in numero variabile da uno a otto, assieme alla cagnolina che credeva di essere un gatto. Il confronto tra loro ci fa vedere quanto siano differenti gli uni dagli altri per il carattere, le abitudini e le manie, per il rapporto tra loro e con gli umani, per il modo di amare la propria padrona e di conquistarla”[…].(da Metauro Edizioni)

Una storia che racconta i rapporti tra l’autrice e gli animali che hanno attraversato la sua vita: alcuni indimenticabili perché forte è il legame che si è creato, come con Gustavo, il  gatto con cui si apre il racconto, non cronologico,  tra la scrittrice e i suoi amici speciali che le hanno insegnato che ciascuno ha un proprio carattere, manie e inclinazioni, proprio come gli umani: ci sono i presuntuosi e i prepotenti, ma anche i timidi e gli egoisti.
E non solo gatti:
Nel tempo con lei trascorrono le vacanze estive due tartarughe, la cagnetta Caterina, lo scoiattolo giapponese Hashimoto, e insieme a loro gli ambienti, i luoghi, altri animali, come i due gatti, Tamarindo e Fausto così diversi tra loro, e altri umani in una relazione che, contrariamente a quanto si possa pensare, soprattutto per chi non ha rapporti ravvicinati con gli animali, spesso complessa e affettivamente coinvolgente. Esempio ne è la gatta Micia, protagonista della seconda parte del libro, un pezzo di vita: da piccola fino ad adulta con i suoi cuccioli.
Storie di animali ma soprattutto di rapporti tra esseri viventi.

Albertina Vittoria, nata a Roma, già docente di Storia contemporanea all’Università di Sassari, si è occupata di storia degli intellettuali, dell’editoria, delle riviste e degli istituti culturali italiani del Novecento. Tra i volumi più recenti, editi da Carocci: Togliatti e gli intellettuali. La politica culturale dei comunisti italiani (1944-1964) (2014); Il Novecento. Dall’età dell’imperialismo alla globalizzazione (2019); I luoghi della cultura. Istituzioni, riviste e circuiti intellettuali nell’Italia del Novecento (2021). Per Metauro ha curato, assieme a Marta Bruscia, il volume di Antonio Baldini, Lettere a Luigi Federzoni per la «Nuova Antologia» (1931-1942) (2017).

Roberto Barbolini “La strada fantasma”, Bibliotheka Edizioni

UNA STRADA FANTASMA TRA GLI APPENNINI E LE APUANE, TRE RACCONTI DI ROBERTO BARBOLINI IN CUI LA PAZZIA DEL MONDO DIVENTA CLOWNERIE

Introduzione di Cesare Garboli

Bibliotheka

In libreria dal 25 aprile

“Una strada che non c’è più diventa tutte le strade possibili”. Ed è così anche per l’antica via Vandelli, realizzata alla metà del Settecento per collegare Modena, capitale dell’omonimo ducato, a Massa e dunque all’unico sbocco al mare dello Stato estense. Questo ambiente montano ripido e impervio attraverso l’Appennino e le Alpi Apuane offre lo scenario e tre racconti sulfurei raccolti da Roberto Barbolini nel libro La strada fantasma.
Pubblicato originariamente negli anni ’90 da Garzanti, vincitore del Premio Dessì nel 1991, la raccolta era ormai divenuta introvabile. 

Come ha scritto il critico Cesare Garboli, Gadda e Delfini sono qui riuniti “in tre racconti sulfurei, in una topografia culturale che presuppone strade internazionali mentre è il più nostrano e famigliare dei crocevia: il luogo picaresco, zingaresco, padano (tra Modena e l’Appennino) dove la pazzia del mondo è la più innocua e sciagurata delle clowneries. Questo luogo è attraversato da una strada fantasma, ma non per questo metaforica. Una strada reale, appenninica, segnata su vecchie mappe. La metafora comincia dopo”. Barbolini è infatti un narratore che predilige il comico, il visionario e il fantastico.
Roberto Barbolini. Ha lavorato con Giovanni Arpino al Giornale di Indro Montanelli, è stato redattore e critico teatrale di Panorama, si è occupato di gialli e di poesia erotica e ha collaborato al QN-Quotidiano nazionale e a Tuttolibri. Con Bibliotheka ha pubblicato Il detective difettoso. Ritorno al futuro per il romanzo poliziesco (2024). 

Dello stesso autore su tuttatoscanalibri

Il detective difettoso. Ritorno al futuro per il romanzo poliziesco

Roberto Bolaño “Tutti i racconti”, presentazione

I diciassette racconti inediti rinvenuti nel computer di Bolaño dopo la sua morte che hanno fatto nascere e prosperare la sua leggenda nera, oggi per la prima volta tradotti in italiano, insieme a tutti i suoi racconti pubblicati in vita.(da Adelphi Libro)

Traduzione di Barbara Bertoni, Ilide Carmignani

Tutti i racconti appena uscito per Adelphi ne raccoglie una cinquantina ( tutti meno uno, Playa, omesso per volere dell’agente e della vedova Bolaño poiché, raccontato da un eroinomane in prima persona, sarebbe stato possibile ritenerlo autobiografico; il racconto è comunque contenuto in un altro volume Adelphi, Tra parentesi. Saggi, articoli e discorsi (1998-2003), del 2009.
Le tre raccolte, Chiamate telefoniche,  Puttane assassine, Il gaucho insopportabile, già pubblicate in Italia, sono nel volume riproposte insieme al racconto giovanile Il contorno dell’occhio (Diario dell’ufficiale cinese Chen Huo Deng, 1980), con cui Bolaño vinse nel 1983 un premio letterario organizzato dal Comune di Valencia, ma la vera preziosità si lega alla raccolta inedita Il segreto del male, anch’essa postuma,  che apre il presente volume

Dall’Indice

R ACCONTI POSTUMI (IL SEGR ETO DEL M A LE)

CHI A M ATE TELEFONICHE

PUTTA NE ASSA SSINE

IL GAUCHO INSOPPORTA BILE

Francesco Randazzo “Tra qui e altrove. Racconti vincitori al Narrapoetando”, Fara Editore

Vincitore del premio Narrapoetando 2025

Fara Editore

Ironia, tensione, partecipazione all’avventura umana, anticipazione del futuro. Anche nei suoi aspetti più feroci o più inverosimili: “Ogni vita nasconde una catabasi, immaginata, sognata, temuta, desiderata, è forse un impulso segreto che può essere un’epifania, un richiamo sia alla maturità da raggiungere che al fremito irrequieto della volontà di compiere la propria impresa esistenziale.”
Racconti di solitudine estrema e, coraggiosamente, anche nell’abisso dell’Alzheimer: forse questo dissolversi nella realtà che conosciamo è uno sfumare verso un’altra, altrettanto reale, seppure sconosciuta.
Racconti anticipatori, come 2063, e per questo terribili. Racconti ironici come Prima i lombrichi.
Racconti di una predisposizione all’amore: “Vedo soltanto un mare d’argento, nitido e freddo. La barca del mio corpo vuoto scivola e va verso il suo orizzonte del nulla”. E poi la vecchiaia. E altro. Il tutto narrato con un linguaggio semplice e alto insieme, di una precisione scientifica, in grado di penetrare, coinvolgere e sconvolgere.

(Giovanna Passigato)

Se mai dovesse capitargli tra le mani questo libro di Randazzo, Elon Musk si agiterebbe nervoso sulla sedia a leggere il primo di questi racconti, succosi come arance mature, nel dover riconoscere agli abitanti di Marte, meta agognata dall’uomo più scioccamente ricco del mondo, una saggezza che poco ha a che vedere con le folli fantasie interplanetarie del magnate. E già questo, di far sobbalzare dalla sedia il suddetto, sarebbe un grande merito della raccolta. Ma naturalmente ne ha molti altri (racconti e meriti, intendiamo): quello di rappresentare con pudore e finezza di scrittura lo smarrimento e lo spaesamento della mente o l’invenzione del Vitalismo Roccioso, ad esempio, da consigliare agli strenui difensori del veganesimo più rigido. Il passo di questi racconti è quello leggero di un bambino che trascorre sopra i numeri nel gioco del quadrato magico: un salto, e si arriva al 2063, un altro e si finisce dentro una mente dilaniata dalla dimenticanza e tuttavia felice, un altro ancora e ci si ritrova in una specie di terra calviniana abitata da lombrichi pensanti. Questa raccolta sta in una terra di nessuno tra un fronte fantascientifico e l’altro attraversato da trincee borgesiane, a volte cruente altre beffardamente idilliche. Vi trionfa una scrittura metamorfica, che spesso ti spiazza ma poi ti riporta in quella terra, che è già la nostra, di esseri umani, postumani, quasi umani, non umani. Poi, all’improvviso, uno scatto, uno scarto: un ritratto sapiente e dolente di una città come Siracusa che sta in mezzo ai racconti di questa elegante raccolta come una brezza marina che scompagina il volume che tenete tra le mani. Bisognerà trovare una parola nuova per definire il genere a cui appartengono queste storie di Randazzo.(da Pippo Ruiz)
( da Fara Editore)

Francesco Randazzo, laureato in Regia all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio D’Amico” di Roma e in Filologia e Letterature Moderne all’Università “Guglielmo Marconi” di Roma, lavora in Italia e all’estero come regista e autore. Ha pubblicato testi teatrali, poesie (con Fara, Itaca deserta ruggine, 2020, E fu sera e fu mattina, 2024), racconti e quattro romanzi. Numerosi i premi di drammaturgia e letteratura nazionali e internazionali. Sue pièces sono state tradotte in spagnolo, ceco, francese e inglese. Con Graphofeel, negli ultimi anni, sono usciti: I duellanti di Algeri (2019), Il vero amore è una quiete accesa (2021) e Freme la vita. I sogni di Goffredo Mameli (2024).

dello stesso autore su tuttatoscanalibri

E fu sera e fu mattina

Freme la vita. I sogni di Goffredo Mameli

Alicia Giménez Bartlett “Una poco di buono. Sei indagini di Petra Delicado”, presentazione

Traduzione di Maria Nicola

“Sei indagini vecchia scuola, in equilibrio perfetto tra divertimento e tensione, con la coppia più irresistibile del giallo mediterraneo. Petra Delicado, ispettrice della polizia di Barcellona, femminista, caparbia, idealista, hard boiled school al femminile; Fermín Garzón, il suo vice panciuto, sentimentale e tradizionalista.
Dalla scrittrice che ha creato il personaggio dell’ispettrice Petra Delicado, sei racconti di intensa dose di mistero e intreccio”.(dal Catalogo  Sellerio)


I racconti presenti in questa raccolta non sono inediti ma sono comparsi, nel corso degli ultimi anni, nelle antologie che Sellerio ha curato inserendo vari autori di scritture in giallo: concentrandoli in un unicum permettono al lettore di coglierne l’impronta letteraria e le peculiarità della protagonista.
Il personaggio Petra comparve per la prima volta nel 1996, nel romanzo Riti di morte (Sellerio, traduzione di Maria Nicola), un primo caso che la vide in azione insieme a Fermin, sua spalla e suo braccio destro.
Lo svolgersi delle indagini alla ricerca di un uomo che, dopo aver violentato le donne le marchia con un tatuaggio, diventa l’occasione per conoscere i due protagonisti: Petra che ha abbandonato la carriera da avvocato ha alle spalle due divorzi e due ex mariti, con i quali è però ancora in contatto, sta cercando all’interno del nuovo ruolo di ritagliarsi uno spazio; e Fermín, più vecchio di lei, lento, pingue ma con molta esperienza sulle spalle. Due caratteri, apparentemente incompatibili, determinano scontri e schermaglie verbali, spesso però fondamentali per risolvere i casi.
In una recente intervista (La Repubblica, 7 dicembre 2024)l’autrice ha annunciato  il nuovo romanzo al quale sta lavorando: racconterà di Petra vedova, dopo l’esperienza del lutto che lei stessa ha vissuto un anno fa perdendo il marito. Proprio perché aggiunge, chiarendo il ruolo e la funzione del personaggio Petra, “Così come ho scritto La donna che fugge per affrontare la malattia di mio marito, adesso per capire che cosa sto provando ho bisogno di dedicarmi alla storia di una perdita. Petra non è il mio alter ego, è una mia amica, un’amica che mi conosce bene e che mi sta prendendo per mano”.
Agli appassionati non resta quindi che attendere…

Della stessa autrice su tuttatoscanalibri

La donna che fugge

La Presidente

Morti di carta

Autobiografia di Petra Delicado

e in

Cucina in giallo

Una settimana in giallo

Stig Dagerman “L’uomo che non voleva piangere”, presentazione

Da un autore di culto della letteratura svedese del Novecento, sedici racconti tra realismo sociale e visionarietà
Maestro del racconto realistico ma anche visionario frequentatore del fantastico, erede della grande tradizione della narrativa sociale svedese e insieme originale ammiratore di Kafka: Stig Dagerman fu tutto questo.(da Iperborea)

L’uomo che non voleva piangere è  il primo racconto che dà il titolo al volume. In questa nuova edizione. Fulvio Ferrari, studioso e traduttore di Dagerman,  ha raccolto tutti i racconti, in parte già apparsi nel 1996 nel volume miscellaneo I giochi della notte.
In questa nuova edizione dei racconti,  diversi per  stile e fattura, compaiono testi inediti in Italia dal 1941, scritti ai tempi degli esordi, fino al 1953, un anno prima di togliersi la vita, pubblicati in riviste letterarie o della Lega delle cooperative e sul giornale dei giovani anarco-sindacalisti.
In molti si ritrova lo stile di Dagerman: l’ impianto realista, la descrizione di luoghi e situazioni della contemporaneità insieme ad elementi visionari, fantastici o da teatro dell’assurdo.
Una raccolta che evidenzia  stili e tecniche narrative diverse e in fieri proprio perché l’autore le sperimenta  o perché è stato influenzato anche da letture e autori, tra cui Kafka,  o in cui si riconosce una impostazione filosofica che ricorda quella di Albert Camus.
Certi racconti sono scritti in terza persona in altri invece l’uso della prima diventa un flusso di coscienza, le cui tematiche di base sono la ribellione individuale nei confronti dell’ipocrisia che regola i rapporti sociali, una visione cupa, angosciata, dell’inutilità del tutto e dell’assurdo del vivere, con la volontà di cercare e sperimentare nuovi mezzi espressivi che possano porre in modo vivo le grandi questioni dell’esperienza umana, dell’essere umano in lotta con le proprie emozioni e il dolore della vita quotidiana.

Brevi note biografiche

Anarchico lucido e appassionato incapace di accontentarsi di verità ricevute, militante sempre in difesa degli umiliati, degli offesi e dell’inviolabilità dell’individuo, Stig Dagerman (1923-1954) appartiene alla famiglia dei Kafka e dei Camus e resta nella letteratura svedese una figura culto che non si smette mai di rileggere e riscoprire. Segnato da una drammatica infanzia, intraprende molto giovane una folgorante carriera letteraria bruscamente interrotta dalla tragica morte, lasciando quattro romanzi, quattro drammi, poesie, racconti e articoli che continuano a essere tradotti e ristampati. Iperborea ha pubblicato Il viaggiatore, Il nostro bisogno di consolazioneBambino bruciatoI giochi della nottePerché i bambini devono ubbidire?La politica dell’impossibileAutunno tedesco e Il serpente e la raccolta di poesie Breve è la vita di tutto quel che arde.(da Iperborea Autore)

Dello stesso autore su tuttatoscanalibri

Il serpente

Su mangialibri Il viaggiatore(Racconto)

Irène Némi­rovsky “Il Carnevale di Nizza e altri racconti”, presentazione

Le prime «scritture brevi» di un’autrice ancora molto giovane, ma già in possesso di uno stile pienamente riconoscibile e di quella capacità di penetrazione psicologica che è soltanto sua.

A cura di Teresa Lussone

Diciassete racconti raccolti a cura di Teresa Lussone di cui uno per la prima volta in volume, I giardine di Tauride, seguono quasi il percorso dell’autrice dalle sue prime realizzazioni fino alla pubblicazione del suo romanzo Suite francece, riscoperto nel 2004 e che l’ha fatta riconoscere, anche se con titolo postumo, come scrittrice raffinata sin dagli esordi avvenuti in giovane età quando giunse a Parigi con i genitori in fuga dalla Rivoluzione d’ottobre, lei di origini russo-ebraiche.
I quattro racconti che aprono il volume furono scritti tra il 1921 e il 1922, all’età di diciotto anni, la sua protagonista è Nanoche, una serie di dialoghi che la ritraggono  ingenua e impertinente che s’adopera per trovare un uomo ricco da sposare.
Il racconto che dà il titolo alla raccolta fu scritto nel 1931 ed è ambientato tra il 1907 e il 1914: due giovani coniugi a Nizza, nei giorni del Carnevale, saranno protagonisti di un’avventura extraconiugale vissuta in modo molto diverso da ciscuno dei due.
Nei primi scritti e nei romanzi successivi pubblicati in vita dominano alcune tematiche, matrimoni indesiderati, segreti inconfessabili, incomprensioni, attrazioni fatali, così come la particolare capacità di osservare senza giudicare le sue creature di carta.

“Come fa una giovane donna di appena trent’anni, qual era all’epoca Irène Némi­rovsky, a scavare così profondamente nel­l’animo umano? si chiese Bernard Gras­set, il suo primo editore, leggendo questi racconti. Come fa a capire, e a descrivere in modo così empatico e al tempo stesso spietato, non solo le lusinghe e le illusioni della giovinezza, ma anche la nostalgia de­gli amori perduti, il rimpianto delle vite non vissute, l’acredine delle esistenze sba­gliate, le ferite dell’ambizione frustrata, l’angoscia della solitudine, lo sgomento per i segni che lascia sul corpo il passare degli anni, la ferocia che si annida nel cuore de­gli uomini?”(da Libro Adelphi Editore)

Brevi note biografiche

Figlia di un banchiere ebreo ucraino, figlia unica solitaria, dopo un’infanzia agiata a San Pietroburgo, durante la rivoluzione d’Ottobre si trasferì con la famiglia prima in Finlandia e Svezia (1918), poi in Francia (1919). A Parigi ebbe inizio un periodo di intensa attività letteraria e di sfrenata mondanità. Si laureò in lettere alla Sorbona e nel 1926 sposò M. Epstein, ingegnere ebreo russo. Durante la Seconda guerra mondiale, subì le conseguenze delle leggi razziali: costretta ad abbandonare Parigi, venne arrestata nel luglio 1942 e deportata ad Auschwitz, dove morì il mese successivo. Esordì con il romanzo Le malentendu (1926), cui seguirono: L’enfant génial (1926, successivamente intitolato Un enfant prodige); il fortunato David Golder (1929); Le bal (1930; trad. it. 2005). Tra il 1941 e il 1942, negli anni dell’esilio forzato, compose i primi due volumi (Tempête en juin, che racconta la fuga in massa dei parigini alla vigilia dell’arrivo dei tedeschi; e Dolce, in cui alcuni personaggi prendono spicco e la struttura della finzione romanzesca si fa più complessa) di quello che nelle intenzioni avrebbe dovuto essere un grande affresco storico della Francia di quel periodo. Il libro, incompiuto, pubblicato per la prima volta dopo quasi sessant’anni con il titolo Suite française (2004), le è valso, postumo, il premio Renaudot.(da Treccani)

Alcune delle ultime novità di NeP Edizioni

IL SEGRETO DELLA FELICITA’

Una vicenda misteriosa tra eterne tradizioni e piccoli gesti quotidiani


Una Calabria del 1976 fa da sfondo a una vicenda pura, la cui narrazione è scandita dalle tradizioni radicate di una famiglia unita del Sud Italia.
Cullata dal profumo del mare, dalla sabbia e dalla spensieratezza della gioventù, Stella cresce in una dimensione raccolta, caratterizzata dalla semplicità di piccoli momenti quotidiani, come le urla di divertimento per le strade, l’odore del pane appena sfornato e dei peperoni arrostiti, l’aroma del caffè fumante o il profumo del bucato steso ad asciugare.
Negli anni però, la protagonista percepisce che qualcosa sta cambiando. E non solo dentro di lei, ma anche in tutti coloro che le stanno accanto. Persino sua madre è sempre ansiosa per via di alcune strane lettere che riceve di tanto in tanto e pare che le stia nascondendo qualcosa.
Sarà un incontro inatteso a portare Stella a una scoperta che cambierà la sua vita per sempre.
Nella sua vivace freschezza e leggibilità, questo testo presenta al lettore diversi spunti interessanti.
La giovane autrice è al suo secondo romanzo, in cui le tradizioni della sua terra confluiscono in una vicenda misteriosa tutta da scoprire. Scene e personaggi ideati dalla fantasia grazie ai racconti dei parenti l’hanno condotta in una dimensione totalmente differente per interrogarsi su una società che forse sta perdendo i suoi valori più autentici.
“Il segreto della felicità” è un libro che si svela poco per volta, capace di far sorridere ma soprattutto riflettere profondamente. Un viaggio intimo tra passato e presente, che percorre la spontaneità dei piccoli gesti, delle abitudini tramandate, lo stare insieme, i giochi all’aperto, il mare e la genuinità dei tempi.
Un libro per tutti coloro che sono legati alle piccole realtà, alle usanze ancora integre e alla voglia di mantenerle intatte. Per chi ha voglia di ritornare un po’ bambino e chi crede ancora nella purezza dei comportamenti. Che sia proprio questo il segreto della felicità?

Agnese Pia Sulla è nata a Crotone nel 2008. Frequenta il liceo classico “Pitagora” e studia pianoforte presso il conservatorio “Tchaikovsky”. Per NeP edizioni ha già pubblicato nel 2022 il suo primo romanzo “Per non smettere mai di sognare”.

“LE STELLE NON MENTONO MAI”
Una raccolta di racconti di Maurizio Persiani

“Le stelle non mentono mai” è una piacevole raccolta di racconti di Maurizio Persiani, che rappresenta l’ultimo lavoro di una penna particolarmente prolifica.
L’autore, che in passato ci ha abituati alle avventure poliziesche del commissario Fosco Reggiani in una fortunata sequenza di romanzi gialli, continua a dimostrare versatilità in molteplici generi narrativi.
A dare il titolo della raccolta è l’ultimo dei racconti che la compongono, insieme a “La sfera di vetro”, “Un uomo, tre uomini”, “Storia di paese” e “Mini bar service. Oggetti trovati”.
Cinque racconti, cinque brevi storie di chi ha perso la libertà e s’inventa una dimensione in cui rifugiarsi. Cinque storie che, con una scorrevole narrazione, trascineranno il lettore in un mondo dove fantasia e realtà s’intrecciano in un felice, coinvolgente connubio.
Trame sorprendenti, i cui protagonisti possono cambiare personalità stravolti dalla paura o perdere ogni controllo fino al ridicolo, ingegnarsi per affermarsi nella propria arte, oppure vivere un’imprevedibile esperienza sentimentale, aperti al futuro dell’intelligenza artificiale.
Una scrittura, quella di Maurizio Persiani che rivela padronanza, abilità descrittiva e sapiente utilizzo della tecnica narrativa, capace di tessere imprimere efficacia ai dialoghi e delineare con minuzia i tratti psicologici dei personaggi.
Il libro verrà presentato ufficialmente in occasione della fiera nazionale della piccola e media editoria “Più libri più liberi”, prevista al centro congressi “La Nuvola” di Roma dal 4 all’8 dicembre.

Maurizio Persiani è nato a Roma, dove vive e lavora. È giornalista professionista ed è il primo autore di NeP edizioni. Ha scritto diversi racconti, alcuni dei quali pubblicati nelle raccolte di novelle contemporanee: “Racconti di tenebra” (1987, Newton Compton Editori) e “Racconti d’incubo” (1988, Newton Compton Editori) a cura di Gabriele La Porta. Con Piero Bernacchi ha scritto il romanzo “La porta grigia” (Edizioni Era Incontro). La sua “Hoama, i segreti di Ostia” (2008) è la prima opera in assoluto edita da NeP edizioni. Segue un lungo e fortunato sodalizio, che vede la pubblicazione di numerosi altri titoli: “Maga” (2009), “Anime sparse” (2009), “Anime sparse due” (2010), “Il colpo del coniglio” (2010), “Es la historia de un amor…” (2011), “Il Greco” (2011), “O Curandeiro” (2012), “Me” (2013), “Le campane di Mücheln” (2013), “Ciao, chi sei?” (2014) “Amore, scendo alla prossima” (2015). Inoltre, “La Tessera mancante” (2016), “Il bandolo della matassa” (2017), “L’aroma del caffè” (2018), “Il Senso del Serpente” (2018), “Anche le masche amano il sole” (2019), “Il sole che non c’è” (2020), “La prova” (2021), “La Malia di Alice” (2021), “Il Geco” (2021) “Il caso NN” (2022) e “Una notte di Primavera” (2023).


DUE DONNE IN UNA”

Un romanzo sulla maternità e sull’affermazione individuale

“Due donne in una” di Anna Iollo è un’opera intensa e riflessiva che esplora l’odissea interiore di una donna moderna, tra il desiderio di maternità e la consapevolezza di sé, in un contesto segnato da conflitti culturali, sociali e familiari. Alla soglia dei quarant’anni, Teresa sceglie di intraprendere la strada della fecondazione assistita. La decisione la getta in un turbine di emozioni contrastanti: da un lato, il desiderio profondo di diventare madre; dall’altro, il peso delle aspettative che le gravano addosso.
Nel cuore della narrazione c’è una donna con la sue duplice identità: quella che desidera diventare madre, ma anche quella che non vuole perdere sé stessa nel processo, in tutta la sua forza e vulnerabilità. Sempre più labile appare il confine tra il desiderio e l’obbligo, tra la libertà di scelta e le imposizioni invisibili ma potenti che la società attuale esercita sulle donne. Il libro, scritto con uno stile intimo e profondo, indaga il confronto tra tradizione e modernità, la tensione tra modelli di vita opposti e l’ineludibile sensazione di ambiguità e di colpa che accompagna ogni passo in questa nuova fase della vita. Un’ambivalenza che tocca anche altri aspetti della vita, come l’amore, l’amicizia e la famiglia, che raccontano una fase dell’esistenza di una donna come tante in tutta la sua complessità. La fecondazione assistita diventa allora metafora di una ricerca interiore in un mondo che impone etichette, ruoli e giudizi, spesso difficili da sfidare. La scrittura di Anna Iollo, raffinata e, al contempo, cruda e diretta, mette in luce le sfumature più delicate di una donna che si trova, con coraggio, a fare i conti con la propria realtà. Il romanzo si fa portavoce di un tema profondamente attuale: la complessità della maternità moderna, dove la medicina, il corpo e la psiche si intrecciano in una ricerca incessante di equilibrio e realizzazione personale. “Due donne in una” è un libro che invita a riflettere sulla possibilità di essere più di una, sulla difficoltà di conciliare doveri e desideri, e sull’importanza di scegliere per sé, senza dimenticare chi si è davvero.

Anna Iollo è laureata in Giurisprudenza e Scienze Politiche. Ha lavorato a lungo nel settore delle Risorse Umane di diverse aziende di servizi e oggi occupa un ruolo di responsabilità in ambito di formazione, selezione e sviluppo all’interno del più grande gruppo del nostro Paese. Dal 2017 è ACC (Associate Corporate Coaching ICF International) e svolge attività di coaching professionale. Ha maturato diverse esperienze in campo universitario come docente a contratto in materie
come le relazioni industriali e la formazione. Si definisce una professionista delle Risorse Umane con la passione della lettura e della scrittura. È mamma di una bambina di 12 anni.

Filastrocche SalvaPianeta

Nove filastrocche nate durante le attività di educazione ambientale che l’autrice svolge nelle scuole da più di dieci anni, iniziata dopo un percorso di formazione al Centro di Educazione Ambientale del V Municipio di Roma. Ispirate da una metrica e una poetica rodariana, nonché dai racconti della “Melevisione” di Tognolini, queste piccole opere sono state scritte pensando a un approccio ludico e didattico. Dalla filastrocca dell’esploratore a quella d’oltremare, passando per la danza delle foglie e i colori della pace, si vuole trasmettere un messaggio ambientale attraverso la tenerezza e la sensibilità, sperando di piantare nei cuori di piccoli e grandi un seme di cura e rispetto per il nostro Pianeta. “Matitafore” è un neologismo che unisce il mezzo grafico, la matita, ad una modalità di espressione simbolica, la metafora. Il suo acrilico su carta, morbido e dai colori pastello, fa innamorare il lettore in ogni pagina. Per l’autrice “non esistono adulti, ma solo bambini cresciuti”. In effetti anche questo volumetto può rappresentare un modo per ritagliarsi uno spazio per restare ancorati all’infanzia e in ascolto di questo mondo che cambia e del nostro inopportuno impatto su di esso.

Samyra Musleh è una giornalista ambientale italo-giordana, nata a Roma nel 1987.Laureata in antropologia culturale, da oltre un decennio si occupa di educazione ambientale nelle scuole e di progetti per la valorizzazione territoriale destinati a università ed enti del turismo. Caporedattrice di “The Trip Magazine”, nel 2020 si unisce al team di “Adaptation”, un progetto fondato da Marco Merola, che racconta le buone pratiche adottate da cittadini e istituzioni per affrontare la crisi climatica.
È nel consiglio direttivo di “Nonna Roma”, un’associazione capitolina che si occupa di emergenza alimentare e marginalità sociale. Per lei non esistono adulti, ma solo bambini cresciuti.

L’ILLUSTRATRICE
Belen Gonzalez è nata nel 1994 a León, una piccola città della Spagna che – manco a farlo apposta – porta il nome di un animale.
Si è laureata in “Theatre and Performing Arts” alla scuola di Arte, Architettura e Disegno a Londra. Attualmente vive nella campagna portoghese, dove continua a rintracciare il suo percorso tra illustrazione, lavoro creativo con i bambini e creazione artistica.
I suoi dipinti sono ispirati principalmente alla natura, agli animali e agli albi illustrati per bambini, con lo scopo principale di poter trasmettere un messaggio ambientale e umano attraverso i disegni.

Katherine Mansfield “Pura felicità”, presentazione

In questa raccolta, curata da Sara De Simone e da lei tradotta insieme con Nadia Fusini, viene offerta ai lettori un’inedita selezione dei suoi racconti, aggregati intorno a quattro nuclei: Il romanzo familiare; Amanti, amiche, sorelle; Donne sole; La vita, la morte.(da La Feltrinelli)

In un bell’articolo comparso su La Stampa del 21 novembre 2024 Sara de Simone, una delle curatrici di questa nuova raccolta e traduzione dei racconti della Mansfield, scrive e descrive il particolare modo di intendere la scrittura da parte dell’autrice

“Per Mansfield, nata nel 1888 a Wellington ed emigrata a Londra appena ventenne, scrivere significa diventare la cosa di cui si scrive. E diventarlo a tal punto da essere più cosa della cosa stessa, così ricreandola. È la lezione che ha appreso dai pittori post-impressionisti esposti nella celebre e scandalosa mostra del 1910 alle Grafton Galleries di Londra: Cézanne, Gauguin, Van Gogh, Matisse, presentati per la prima volta nella capitale inglese, avevano attirato le folle e scioccato il pubblico. C’era chi gridava all’oltraggio, chi sputava sulle tele, chi rideva, e chi invece come Katherine Mansfield e Virginia Woolf prendeva appunti, imparando qualcosa che avrebbe trasformato per sempre la propria idea di scrittura. I quadri dei post-impressionisti non si limitavano a rappresentare la realtà, la creavano”.

E aggiunge

“[…]con l’inestimabile contributo di Nadia Fusini, ha significato per chi scrive quest’articolo l’immersione in un mondo narrativo popolato da minuscole e febbrili presenze, da repentine variazioni di luce e colore, da piccole ma decisive rivelazioni che cambiano il destino. Provare a restituire la ricchezza, l’esattezza, la dirompenza della lingua di Mansfield, il suo straordinario orecchio musicale, la sua capacità di rendere alla perfezione i timbri e le cadenze dei personaggi che abitano i suoi racconti, è croce e delizia per chi traduce”.

Nadia Fusini dall’altra, in un altro articolo comparso su tuttolibri il 2 novembre 2024 e tratto dal suo saggio all’interno della medesima raccolta, così scrive

“[…]la creazione poetica assolve al suo significato profondo in quanto favorisce la realizzazione di un intento, o scopo, o fine ultimo: ci invita a condividere un’esperienza, che accomuna chi scrive e chi legge nell’universalità del riconoscimento dell’esperienza umana come fondamentalmente incentrata sul terrore e sulla pietà.”

“Che sia una tragedia, che sia un racconto, che sia un dipinto, c’è nel passaggio dalla realtà alla sua rappresentazione uno scarto, che è anche un miracolo. (…) “Catartico” è il giusto termine, quando si intenda per catarsi non solo la liberazione da un trauma, ma l’evacuazione che si attua nel momento in cui alla mente riaffiora il ricordo del trauma, e un’energia si libera che per metamorfosi ricrea l’opera stessa, il racconto, che non è più quel che è davvero successo, ma nella fantasia si è trasformato e ora nella lingua risorge”.

 Chi si avvicina come lettore per la prima volta alla scrittura della Mansfield troverà nelle indicazioni delle due curatrici e traduttrici una chiave di lettura illuminante.

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Katherine Mansfield (1888- 1923)

Omaggio a Katherine Mansfield