Tezer Özlü “Viaggio al termine della vita”, presentazione

Conosciuta a seconda come la principessa malinconica o la figlia selvaggia della letteratura turca, in viaggio sulle tracce dei suoi scrittori preferiti – Kafka, Svevo e Pavese -, Tezer Ozlu scrive con intransigente autoconsapevolezza intellettuale un autoritratto romanzato affascinante, familiare e liberatorio.(da Crocetti Editore)

Un diario scritto durante il viaggio dell’estate del 1982 alla ricerca dei luoghi vissuti dagli autori che avevano fatto parte della sua formazione: Kafka, Svevo e soprattutto Pavese.
Il libro fu pubblicato per la prima volta nel 1983 in lingua tedesca, lingua di cui è stata traduttrice, e poi rieditato in lungua turca dalla stessa autrice nel 1984. Oggi lo possiamo leggere anche in italiano nella traduzione di Giulia Ansaldo per Crocetti Editore.
Come tutti i diari non riporta solo momenti del viaggio o ne racconta solo le tappe, ma vi si annotano riflessioni, ne nascono associazioni sul suo passato e sul suo presente, registrando quindi un mondo interiore, fatto di emozioni, ricordi, assumendo caratteristiche introspettive: riemerge l’infanzia, cui ebbe a dedicare un libro autobiografico dal titolo “Le fredde notti dell’infanzia”, il passato e il suo presente di donna dalla psiche complessa, aveva tentato il suicidio a 18 anni ed era in seguito stata chiusa in manicomio; l’infanzia difficile, le sue esperienze di donna e dell’amore, della donna e della sua scrittura.
Un viaggio per l’Europa: a Praga in cerca di Kafka, a Trieste, a Santo Stefano Belbo dove era nato Pavese e a Torino all’hotel Roma  dove si era tolto la vita. Un memoir, un autoritratto interiore.
Tezer Özlü è morta giovanissima, all’età di 43 anni per un tumore al seno.

L’incipit

Oggi, nel più bel giorno di primavera, in questo momento incerto che mi e sembrato durare un attimo, un’ora o un periodo indefinito, mi viene la pelle d’oca mentre leggo Il vizio assurdo.
Apprendo stupefatta di essere nata lo stesso giorno in cui è nato Pavese: il 9 settembre. Io poco dopo la mezzanotte. Però, quando in Anatolia è passata la mezzanotte, a Santo Stefano Belbo non è ancora scoccata. Lo stesso giorno. Ma non lo stesso anno. Io sette anni prima del suo suicidio. Chissà perché qui leggo sempre Pavese. Quel che ci unisce è il fenomeno che abolisce il tempo.
Come se non l’avessi già letto a Istanbul. I battiti del mio cuore e tutte le immagini scorte dal mio occhio sono legati soltanto alle descrizioni che ha tracciato lui, alle frasi da lui costruite, alle parole che ha trovato. Perché? Qual è la ragione per cui mi identifico così tanto in lui?
“Ogni strada ha un volto ben preciso. Ogni collina è come un personaggio, ml dice. 

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