Hans Tuzzi “Ma cos’è questo nulla?” recensione di Salvina Pizzuoli

“L’Italia fingeva di essere un paese civile”.

Si apre a Roma, all’Ippodromo delle Capannelle la domenica del 15 maggio 1994, la stagione dei grandi eventi e dei prestigiosi premi, alla presenza delle autorità e del bel mondo: una prosa elegante, smagliante di pennellate sapienti a dipingere la scena, asserzioni taglienti che esplicitano le convinzioni e le situazioni, scampoli di lingue regionali che caratterizzano in modo impeccabile il personaggio. Un incipit perfetto. E l’incipit si sa è fondamentale.

Ma fermarsi all’incipit sarebbe fare un grosso torto al prosieguo.

Sì, perché se le prime pagine innamorano è nello sviluppo sapiente che si coglie e si realizza quanto in apertura vi si delinea.

È ambientato nel 1994, dal 7 al 18 novembre prevalentemente a Brassanigo, la cittadina in cui era avvenuto un omicidio irrisolto: Melis è già in pensione anticipata anche perché “la tracotante protervia di un governo di satrapi nei confronti degli apparati di Stato, aveva accelerato i tempi della decisione”, e segue il caso, non solo per fare un piacere a “Sua Eccellenza”, ma anche perché si sente inutile e solo; indaga in loco, sebbene a distanza di otto anni, sotto falsa identità e come investigatore privato. Tanti i personaggi del capoluogo di provincia nella “Marca Orientale”, gente che conta, i pochi, e gli anonimi, i tanti, in un clima di sospetto, silenzio, connivenza.

I membri di una vecchia setta esoterica, gli ortiliani, di cui la giovane assassinata faceva parte, e gli affiliati alla nuova che però non ha nulla a che vedere con la prima e con al vertice un “grosso nome”; un antiquario che dice e non dice; un ambiguo giornalista; mogli mariti amanti e madri e figli, tutti espressioni umane di una “società di provincia benpensante, un po’ bigotta e molto disponibile a quasi tutti e sette i peccati capitali? Politicanti, industriali, professionisti, intellettuali, sportivi… e ortiliani. E, fra loro, un assassino in incognito. Comunque, uomini. Terra destinata alla terra. Fallibili esseri umani. Quella storia, tutte quelle persone, le loro relazioni di cuore, i loro rapporti d’affari, le loro inimicizie… Ma era lì che doveva scavare. Dolore, paura, offesa, sofferenza: la condizione umana”.

Un quadro articolato, farcito di godibili sfumature citazioni e riflessioni, amaro, variegato, popolato da tipi umani di una società del Nord Est italiano di un ben preciso periodo storico in cui “si svilisce la grammatica di una civiltà”.

Un’indagine diversa perché diverso è il ruolo di Melis non più alto funzionario statale, ma sempre ottimo segugio con amor di giustizia.

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