Han Kang “Convalescenza” recensione di Salvina Pizzuoli

In un recente articolo comparso su La Repubblica (22 febbraio 2021), Pietro Citati invita a leggere gli scritti della Kang (La vegetariana, 2016, Atti umani, 2017 e Convalescenza, 2019, pubblicati da Adelphi), definendoli “libri molto belli. Ma Il frutto della mia donna, nucleo originario de La vegetariana, è un vero capolavoro che tutti dovrebbero leggere”; l’ invito è caldeggiato da una premessa che pone l’accento sul fatto che “talvolta – scrive – in Italia, abbiamo l’impressione che non esista più letteratura. Quale letteratura? Quale poesia? Tranne per qualche figura più in ombra, il vuoto sembra assoluto, se chiediamo alla letteratura la radicale intensità della sua rara presenza. Se vogliamo leggere, dobbiamo spostarci lontano verso l’Estremo Oriente”.

Convalescenza raccoglie due racconti, il primo che dà il titolo al dittico, il secondo “Il frutto della mia donna” è apparso per la prima volta nel 1997.

Sono due racconti brevi, entrambi scritti prima de La vegetariana vincitore del Man Booker Prize, che proprio per questo motivo concentrano le tematiche e focalizzano il travaglio che vivono le protagoniste provocato da legami affettivi: la prima un conflitto interiore causato dall’allontanamento dalla sorella, irrisolto e irrisolvibile essendo lei ormai definitivamente lontana

Non sai che ti girerai senza posa da una parte e dall’altra, lottando con quelle domande insistenti e brucianti: che cosa avresti dovuto fare quando decidesti di allontanarti da lei per sempre, quando non riuscisti a leggere quello che si celava dietro i suoi occhi inespressivi? Quale, quale altra strada avresti dovuto imboccare per non stupirti nel renderti conto che anche tu sei una persona spaventosamente fredda?

la seconda soffre un rapporto ormai spento con il marito che non partecipa al suo conflitto, manifestato prima nel desiderio di libertà e col passare degli anni nel bisogno di liberazione che raggiungerà dentro una metamorfosi.

Da che cosa cercavo di scappare, che cosa mi affliggeva al punto da farmi desiderare di fuggire all’altro capo del mondo? E che cosa mi tratteneva, impastoiandomi, paralizzandomi? Quali ceppi mi opprimevano, impedendo il salto che avrebbe rinnovato questo sangue malato?

Due racconti che si leggono bene, con una prosa semplice e lineare, con paralleli e paragoni in cui la natura è spesso presente. Interessante nel primo racconto l’uso di una voce narrante che interloquisce in seconda persona e anticipatore di quanto avviene e avverrà alla protagonista; nel secondo la situazione è costruita prevalentemente dal punto di vista dell’uomo, poco compenetrato nella trasmutazione corporea della sua compagna, mentre solo in un punto lei racconterà dubbi e timori di quanto le accade in una lunga lettera alla madre.

Mamma, continuo a fare lo stesso sogno. Sogno di diventare alta come un pioppo. Sfondo il soffitto della veranda e anche quello del piano di sopra, del quindicesimo piano, del sedicesimo, crescendo a vista d’occhio e trapassando il cemento armato finché non supero il tetto in cima a tutto. Fiori simili a larve bianche sbocciano dalle mie estremità più alte. La mia trachea, così tesa che sembra debba scoppiare, assorbe acqua limpida; il mio petto svetta fino in cielo e mi sforzo di protendere ogni ramo. È così che scappo da questo appartamento. Ogni notte, mamma, ogni notte lo stesso sogno.

Brevi note biografiche;

Han Kang è nata a Gwangju nella Corea del Sud nel 1970. Esordisce con una raccolta poetica nel 1993. Nel 2016 La vegetariana, premiato con il Man Booker International Prize. Nel 2017 vince il Premio Malaparte con Atti umani. Dal 2013 insegna scrittura creativa al Seoul Institute of the Arts.

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Di seguito segnalo:

su mangialibri le recensioni degli scritti della Kang tra i quali Convalescenza.

un dialogo su La vegetariana e, in fondo all’articolo, link ad altre recensioni al romanzo e un’intervista all’autrice

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