Philippe Claudel “Dopo la guerra”, presentazione di Salvina Pizzuoli

Traduzione di Francesco Bruno per Ponte alle Grazie Editore

Cinque racconti che, come scrive lo stesso autore nelle pagine dedicate “Al lettore”, sono stati scritti tra il 2016 e il 2020, di questi cinque tre sono inediti: Ein Mann, Irma Grese e Die Kleine. Il titolo originale in francese è Fantaisie allemande che, come chiarisce ancora l’autore,  è da intendere “nella sua accezione musicale e poetica che designa, come tutti sanno, un’opera in cui la soggettività dell’autore prevale e che si svincola dal rispetto di regole rigorose di composizione o di armonia”.

Sempre nella sezione dedicata chiarisce ancora il contenuto dei suoi racconti che hanno la Germania come ambientazione

“Se la Germania del XX secolo fa da cornice a questo libro è perché, da una parte, non esiste un altro posto in cui i temi che tratto abbiano trovato in grado più alto la loro tragica incarnazione. D’altra parte è perché, essendo fin dall’infanzia un vicino di quel Paese, ho sviluppato un rapporto di attrazione e di paura con i suoi paesaggi, la sua cultura, la sua lingua e la sua Storia, come non ne ho con nessun altro Paese al mondo. La Germania è sempre stata per me uno specchio in cui mi vedo, non quale sono, ma come sarei potuto essere. In tal senso, mi ha insegnato molto su me stesso”.

In una recente intervista a Brunella Schisa (Il Venerdì, La Repubblica, 10 febbraio 2023) chiarisce ancora meglio rispondendo alla domanda dell’intervistatrice: La Germania è qui usata come metafora del male assoluto di tutte le guerre? “La Germania nazista è ovviamente il paese che si avvicina di più all’abisso del male assoluto. Ma non dimentichiamo l’Urss di Stalin, la Cina di Mao, i Khmer rossi in Cambogia. La barbarie non ha nazione. È universale e si sposta geograficamente secondo i tempi. Devi esserne consapevole per cercare di combatterla”.

Le guerre che si combattono ancora nel mondo, quelle che non conosciamo e quelle che ci sono vicine e ci paiono uniche anche se insensate, ci dicono che la barbarie, come dichiara Claudel, è sempre tra noi anche se la guerra ha cambiato tipo di armi e dislocazione geografica perché, come afferma nella stessa intervista, “L’uomo non smette di essere il nemico di se stesso su questa terra”.

Nel primo racconto è il freddo gelido che accompagna i passi di un soldato in fuga, ma vittima di un un nuovo martirio: la fame e il gelo. E qui per la prima volta il lettore incontra il nome del personaggio Viktor, un nome che fa da fil rouge all’interno dei racconti.

Ma chi è Viktor?

“Tutti mettono in gioco degli spazi d’incertezza, di cui il personaggio di Viktor diventa il simbolo: se alcuni elementi nel corso del racconto ci inducono a pensare che si tratti dello stesso uomo, altri ci dicono il contrario. Che ne è, in tal caso, della sua verità? E, al di là di lui, di ogni verità? Ciò mi è parso metaforico delle nostre vite, che a noi pare di conoscere ma che padroneggiamo malissimo e che possono, secondo l’angolazione della luce con cui le illuminiamo, prendere molteplici riflessi”

Così in quella che potremmo considerare una postfazione dell’autore medesimo, Claudel chiarisce e spiega il suo romanzo e il messaggio in esso insito, romanzo perché il tema accomuna tutti i racconti.

Philippe Claudel è nato nel 1962 in Lorena. Scrittore noto in tutto il mondo e membro dell’Académie Goncourt, ha raggiunto il successo internazionale con il romanzo Le anime grigie (Ponte alle Grazie, 2004), tradotto in trenta Paesi e vincitore del premio Renaudot. Tra i suoi titoli usciti in Italia ricordiamo anche La nipote del signor Linh (2005), Il Rapporto (2008), Profumi (2013) e L’arcipelago del cane (2019), tutti pubblicati da Ponte alle Grazie. Nel 2008 ha esordito come regista con il film Ti amerò sempre, seguito nel 2011 da Non ci posso credere, con Neri Marcorè e Stefano Accorsi.( da Ponte alle Grazie Autore)

Irene Giancaterino “Storie per sognatori”, presentazione

Dialoghi Edizioni

“Storie per sognatori” non è una semplice raccolta di racconti, ma è l’esito di un incredibile e personale percorso di rinascita.

Narra di come sia possibile ricominciare a vivere una vita in cui essere veramente se stessi, una vita
piena e autentica.
Credo fermamente nel potere che hanno le metafore e le storie di “cambiarci la vita” ed il mio augurio è che
leggendo questi racconti il lettore possa comprendere qualcosa di se stesso e della sua vita, in modo leggero ma
allo stesso tempo profondo.

“Storie per sognatori” è una raccolta di racconti ciascuno dei quali, partendo da un preciso pretesto narrativo, affronta un diverso tema esistenziale: i protagonisti si imbattono in eventi inaspettati attraverso i quali comprendono qualcosa di sé, della vita, hanno una nuova consapevolezza, trovano forza dentro loro stessi.[…] Per la scrittura di questo libro ho attinto anche al teatro e alla musica per dare musicalità e vita ai testi. Ho cercato di scrivere per immagini, colori, sapori e con una teatralità che desse spessore alle storie, rendendole vive e percepibili. Vorrei che chi legge sentisse il profumo di quella torta calda di mele, vedesse i colori che esplodono nel negozietto di quella fioraia, percepisse l’emozione del volto che si bagna di pioggia.

Irene Giancaterino

Spigolando:

[…]sente il valore di quello che ha tra le mani.  

Quella miriade di piccole cose che rendono ogni giorno speciale. 

Un biscotto inzuppato nel latte… 

il sorriso di qualcuno che come te sta lottando per farcela… 

un abbraccio di chi ami… 

vedere il sole che sbuca dalla finestra… 

sentire il proprio cuore battere. 

Piccole cose. 

Cose enormi. 

Quelle piccole cose che non vedeva più e che, poco alla volta, hanno avuto il potere di guarirla.   

 (tratto dal racconto “Una semplice biro nera”)

Del resto Susanna non ama particolarmente “scegliere” in generale, che si tratti di un piatto del menù, di una facoltà universitaria, di un’auto, di un vestitino. 

Si è convinta infatti che ci sia una “scelta giusta” e che lei non sia particolarmente abile nel farla. 

Ha costantemente paura di sbagliare. 

In definitiva, ha paura di non fare la “cosa giusta”.   

(tratto dal raccontoTutto bacio”)

Irene Giancaterino nasce il 12 agosto 1983 a Penne. È psicologa e life coach ed ha maturato una importante formazione sui temi della crescita personale. Dopo aver lavorato per anni nella ricerca psicosociale e nella progettazione europea, ha scelto di seguire il suo cuore e di lasciare la città, per tornare a vivere e lavorare in montagna.
Coltiva da sempre una passione per il teatro e la musica, suona vari strumenti e ama recitare. Da anni porta avanti una piccola attività teatrale, realizzando reading di musica e parole. Crede molto nella potenzialità della musica e delle letture di creare significati, arricchire la vita e stimolare la crescita interiore. Con questo spirito ha scritto Storie per sognatori, il suo libro d’esordio

Dalla Quarta di copertina: la sinossi e brevi note biografiche

Alberto Genovese “L’alternativa del cavaliere”, recensione di Salvina Pizzuoli

Prefazione di Hans Tuzzi

Un racconto originale, gradevole, raffinato, denso di considerazioni, che prende le mosse da un modo di dire, un’affermazione in dialetto siciliano di cui poi indaga le origini e le possibili ragioni, tra divagazioni e sottigliezze frutto di una ponderata conoscenza e riflessione sulla lingua e soprattutto sul dialetto “ricchezza del nostro passato, nascosto come polvere sotto il tappeto”, “tesoro di saggezza e fantasia”.

 Ma cos’è una lingua?

“La lingua è il ritratto di un popolo dipinto con il pennello delle parole”

Così viene compiutamente definita in questo racconto-saggio, stimolante e stuzzicante, che scorre e piacevolmente mi cattura in questo viaggio nelle mie radici.

Tra digressioni linguistiche dialettali, perché si sa “non è dei meridionali andare in medias res”, in una forma narrativa che utilizza e finge una risposta epistolare, la spiegazione di un detto che affonda le sue origini nel contesto storico della Sicilia di fine Ottocento. Il professor Henner Gut, docente di Filologia Romanza ad Heidelberg, indirizza ad uno studioso di tradizioni popolari in Sicilia un quesito relativo ad un modo dire di cui si è persa traccia scritta. Lo studioso risponderà in modo ampio e articolato relativamente ad una tradizione orale che si ambienta tra le antiche mura di un “baglio”, la fattoria fortificata che occupava un lato dell’ampio possedimento fondiario; protagonisti un maturo “cavaliere” ovvero il padrone del latifondo cosiddetto dai sottoposti in senso di rispetto, e Crocifissa, la serva tuttofare, la coetanea che ne asseconda dall’età adolescenziale i desideri sessuali, protetti nella parola convenuta di “nostalgia” pensata dal cavaliere: un legame affettivo tratteggiato in modo delicato e sapiente, rappresentando a pieno il vero rapporto che intercorre tra i due protagonisti. Ma non è qui la chiave per comprendere il valore del detto, ma nella consuetudine del cavaliere di giacere con una giovane illibata, in cambio di un compenso ai parenti, per il piacere del “primo sangue”. Proprio da questo incontro sarebbe nato il detto, determinato dall’umiliante, per il cavaliere, disarmonia di coppia, fisicamente male assortita: o futtiri o vasari.

Di tutto il raccontato il vero fulcro è la lingua: essa è testimonianza che conserva nei modi di dire e di chiamare un patrimonio di tradizioni e il pensiero di un popolo, come dimostrano per altro le altre esemplificazioni presenti come digressioni e, nel caso specifico, o futtiri o vasari contiene  “un ammonimento lapidario e triste […] Apologo, in fondo, della condizione umana, la cui cifra è la pena e la saggezza dell’incompletezza”.

Così la chiusa suggella il contenuto e il suo messaggio.

 

La Quarta di copertina e brevi note biografiche da Manni Editori

Dello stesso autore su tuttatoscanalibri:

Omaggio a Hans Tuzzi e l’ultimo Melis: Ma cos’è questo nulla?

Genisi, Oliva, Venezia, Verasani “Le invisibili”, presentazione

Le protagoniste di questi racconti sono donne. Sono mamme, figlie, assassine spinte da passioni incontrollabili, o ragazze che quella vita criminale l’hanno scelta. Aspiranti rockstar soggiogate da viscidi produttori, attrici per caso, truffatrici approdate dall’Est Europa nel Sud Italia più profondo. [..] Prede di un sistema ingiusto e oppressivo, hanno fatto del delitto la sola via di fuga. Sono le invisibili. Sono il nuovo volto del crimine.(da Rizzoli Libri)

Quattro autrici, quattro racconti che hanno per protagoniste donne insospettabili ma capaci di uccidere per chiudere un capitolo amaro della loro esistenza o che hanno appena capito se stesse o la possibilità di essersi ritrovate.

Quattro racconti molto diversi, ma accomunati dalle storie dalle loro protagoniste alla ricerca di riscatto o di quella che potremmo chiamare “giustizia” per colpe che non hanno per meritare soprusi e angherie dagli umani e dalla vita stessa: il primo ci porta nel mare del Salento tra moderne sirene anch’esse però ammaliatrici spietate. Il secondo indaga una violenza vissuta per un sogno immaginato come realizzabile e poi spento dall’ insensibilità di chi si avvale del proprio ruolo di potere. Nel terzo una donna si rivela a se stessa in una lettera indirizzata alla sua accusatrice, colei che era riuscita ad indagare fino in fondo. Nell’ultimo un do ut des, come presuppone il titolo, per liberarsi reciprocamente di un fardello che mina l’esistenza rendendole succubi e vittime, dal finale inatteso.

Siamo donne comuni, donne su cui nessuno si sofferma, siamo invisibili

Da Rizzoli Libri brevi note biografiche

Gabriella Genisi nata a Bari, ha pubblicato per Rizzoli Pizzica amara (2019) e La regola di Santa Croce (2021). È autrice della serie del commissario Lolita Lobosco, da cui è stata tratta la fiction televisiva di successo Le indagini di Lolita Lobosco.

Marilù Oliva nata a Bologna, è scrittrice, saggista e docente di lettere. Tra i suoi libri ricordiamo L’Odissea raccontata da Penelope, Circe, Calipso e le altre (2020), Biancaneve nel Novecento (2021) e L’Eneide di Didone (2022), tutti editi da Solferino.

Mariolina Venezia è nata a Matera e vive a Roma. Per Einaudi ha pubblicato Mille anni che sto qui (vincitore del Premio Campiello 2007) e le indagini di Imma Tataranni. Da questi gialli è stata tratta la serie televisiva di successo Imma Tataranni – Sostituto procuratore.

Grazia Verasani nata a Bologna, è scrittrice, drammaturga, sceneggiatrice e musicista. Tra i suoi libri ricordiamo Quo vadis, baby? (2004), che ha inaugurato la serie con protagonista l’investigatrice privata Giorgia Cantini, ed è diventato un film di Gabriele Salvatores e una serie tv prodotta da Sky.

Su tuttatoscanalibri

Genisi “Terrarossa” e “Lo scammaro avvelenato”

Venezia “Ecchecavolo”

Verasani “Senza ragione apparente” e “Come la pioggia sul cellofan

Fëdor Dostoevskij “Il coccodrillo” a cura di Serena Vitale

Il coccodrillo è un racconto di Dostoevskij pubblicato per la prima volta nel 1865 e ora riproposto in una nuova edizione da Adelphi con il commento di Serena Vitali.

La storia, costruita con humor elegante e sottile, racconta del funzionario Ivan Matveič e della sua bella moglie Elena Ivanovna che si recano con un amico ad ammirare nel Passage, una galleria inaugurata nel 1848 sulla Nevskij prospekt la strada principale di Pietroburgo, l’esposizione esotica di un coccodrillo, un’attrazione a pagamento.

E di seguito l’avvenimento sensazionale vedrà il funzionario letteralmente inghiottito dall’animale.

Trasferitosi nelle sue viscere, ampie e comode a suo dire, il funzionario non solo non chiederà di essere liberato, ma accetterà, quasi una sicura prospettiva, di diventare famoso e inviterà anche la moglie ad unirsi a lui in questa nuova prospettiva di verità e luce che verra dal coccodrillo.

Pare quasi, scrive la curatrice, che l’autore abbia voluto prodursi in un’opera che richiamasse Il naso di Gogol così come si mostra già nel sottotitolo “Il Coccodrillo. Un avvenimento straordinario ovvero impasse nel Passage” e poi di seguito, “Racconto veritiero di come un signore di una certa età e di un certo aspetto fu inghiottito vivo, tutto intero, dal coccodrillo del Passage, e di quanto ne conseguì”.

“Strizzando l’occhio al Naso di Gogol’, anticipando altre e più tremende metamorfosi novecentesche, divertendosi e divertendo, Dostoevskij presagisce il trionfo della borghesia, il culto del benessere e del profitto, fino alla passione per gli shopping center, e costruisce l’immagine di un «nuovo mondo» tanto risibile quanto mostruoso”. (da Adelphi)

Salvatore Niffoi “L’apostolo di pietra”, presentazione

Una notte d’estate, la notte di San Lorenzo, gli abitanti di Oropische fanno tutti lo stesso sogno: un apostolo di pietra che, ciondolando la testa come un ubriaco, scende in terra da una scala di cristallo e si posa nel piazzale della chiesa grande. Una volta svegli, accorrono in processione di fronte alla cattedrale: non lontano dal sagrato, vicino alla fontana di Su Semene, la statua del santo c’è davvero. A tratti sembra parlare, e i paesani iniziano a porgergli offerte, a invocarlo nelle preghiere. Ognuno di loro, in modi a volte lampanti, a volte imperscrutabili, viene esaudito. Si alternano così le loro storie, storie di sangue e passione, metamorfosi e riscatto, perdita e dissoluzione. (dal Catalogo Giunti Editore)

Tredici racconti di storie indipendenti dentro una cornice che li raccoglie, in un tempo che li unifica, il decennio che ebbe inizio nella magica notte di San Lorenzo con l’evento straordinario, storie che si chiudono generalmente in modo prodigioso, miracolistico, fantastico – magico.

Sono tredici, diverse e di diversa ampiezza, alcune molto brevi, e con differente tratto narrativo, costruite su singoli personaggi molto caratterizzati anche nella facies, spesso grottesca. E poi c’è la lingua tra italiano e sardo, che non è propriamente il sardo ma di una serie di sardismi, parole, forme e costrutti, che non inficiano però la comprensione del testo a un non sardo.

Brevi note biografiche

Salvatore Niffoi (Orani, 1950) è uno dei maggiori scrittori italiani. Esordisce nel 1997 con Collodoro (Solinas, poi Adelphi, 2008). Tra le sue opere più importanti La leggenda di Redenta Tiria (Adelphi, 2005), La vedova scalza (Adelphi, 2006, Premio Campiello), Ritorno a Baraule (Adelphi, 2007), Il pane di Abele (Adelphi, 2009), Pantumas (Feltrinelli, 2012) e La quinta stagione è l’inferno (Feltrinelli, 2014). Per Giunti ha pubblicato Il venditore di metafore (2017), Il cieco di Ortakos (2019), Le donne di Orolé (2020) e riproposto in nuova edizione Il postino di Piracherfa (2020), Cristolu (2021) e Il viaggio degli inganni (2022).( da Giunti Autori)

Jhumpa Lahiri “Racconti romani”, presentazione

Nata a Londra da genitori bengalesi, cresciuta negli Stati Uniti, oggi vive a Roma, da dieci anni, e dal 2014 scrive e pubblica solo in lingua italiana: un vero patrimonio di conoscenza di lingue e di società diverse contraddistingue il suo cammino di donna e di scrittrice. Nell’intervista di Michele Gravino (Venerdì di Repubblica del 26 agosto) dice che Moravia è il primo autore che le ha insegnato a leggere in italiano e ad entrare nella lingua letteraria con la sua prosa limpida, chiara, e del quale ama “il linguaggio puro , preciso ed anche la scelta della forma breve” riferendosi al racconto come genere narrativo, non sempre apprezzato, ma che ritiene adatto a raccontare Roma.

Il riferimento a Racconti romani di Moravia è chiaro come l’omaggio che la stessa scrittrice ha voluto tributare al suo mentore riproponendo per i suoi il medesimo titolo. Esce per Guanda la raccolta di nove racconti che hanno Roma per protagonista con i suoi scorci, un ponte, una villa, una scalinata ma soprattutto luoghi di incontri e di storie di personaggi “spaesati” e aggiunge, rimarcando la giustezza della sua scelta narrativa della forma breve: “qui tutti raccontano, anche da un incontro per strada di due minuti vai sempre via con una piccola storia, un regalo da riportare a casa”.

“L’andamento della scrittura è riconducibile agli autori italiani del Novecento che Jhumpa Lahiri conosce e profondamente ama, a partire da Moravia che riecheggia nel titolo. Ma i temi di questo libro, il quinto che l’autrice scrive direttamente in italiano, sono tutti suoi: lo sradicamento, lo spaesamento, la ricerca di un’identità e di una casa, il sentimento di essere stranieri e soli ma, proprio per questo, in lotta e vitali”.(da Guanda Libri)

e anche

Brevi note biografiche

Jhumpa Lahiri è nata a Londra da genitori bengalesi. Cresciuta negli Stati Uniti, ha insegnato a Princeton e attualmente insegna al Barnard College della Columbia University. Vive tra Roma e New York È autrice di nove libri, tutti pubblicati in Italia da Guanda: L’interprete dei malanniL’omonimoUna nuova terraLa moglieIn altre paroleIl vestito dei libriDove mi trovo, il primo romanzo da lei scritto direttamente in italiano, Il quaderno di Nerina e Racconti romani. Sempre per Guanda ha curato e introdotto l’antologia Racconti italiani. È inoltre traduttrice, in inglese, di alcuni romanzi di Domenico Starnone. Ha ottenuto numerosi riconoscimenti: Premio Pulitzer, PEN/Hemingway Award, Frank O’Connor International Short Story Award e Guggenheim Fellowship. Nel 2012 è stata nominata membro dell’American Academy of Arts and Letters, e nel 2019 il Presidente Sergio Mattarella l’ha nominata Commendatore dell’Ordine «Al merito della Repubblica italiana». Nel 2022 le è stato conferito il Premio Crédit Agricole FriulAdria “La storia in un romanzo”.( da Guanda Autori)

Giacomo Papi “Italica”

Il Novecento in trenta racconti (e tre profezie)

Il titolo e il sottotitolo di questa raccolta di racconti del Novecento esplicitano le caratteristiche particolari che la contraddistinguono: la più interessante è rappresentata dalla scelta che il curatore propone, una scelta sicuramente difficile data la produzione altamente densa e articolata del nostro panorama letterario novecentesco. Un secolo difficile raccontato dai nomi di spicco del parco letterario italiano: Italo Calvino, ad esempio, con il significativo racconto L’avventura di due sposi, Piero Chiara, Morante, Ginzburg, Ortese e Sciascia, solo per citarne alcuni, ma anche Natalia Ginzburg, Elsa Morante, Malaparte, Fenoglio, Primo Levi il cui racconto è inserto nella sezione “Tre profezie”, insieme a Buzzati e Anna Rinonapoli, dove racconta alla fine degli anni 60 un nuovo tipo di pubblicità da farsi tatuare in fronte in cambio di denaro…

Non solo racconti quindi ma la Storia in essi contenuta: ci sono le voci di chi quel periodo e quei fatti li ha vissuti, letti, interiorizzati e raccontati con la lucidità o la preveggenza o la sensibilità di chi scrive, a cui si aggiungono le presentazioni del curatore con la sua personale lettura del Novecento, corredata attraverso statistiche, relazioni parlamentari, articoli di giornale.

“La Grande guerra, il fascismo, le leggi razziali, la Liberazione e la Repubblica, la riforma agraria, le fabbriche e gli impiegati, la legge Merlin, la mafia, il calcio, i computer, la pillola, il terrorismo, l’eroina, la valanga di Mani pulite fino alle navi cariche di migranti. Tutto questo, e molto altro, ha segnato il Novecento e continua a condizionarci perché fa parte di noi. E come in un film in bianco e nero che pian piano, mentre la pellicola scorre, diventa a colori, Giacomo Papi ci accompagna lungo il secolo fino alle tre profezie finali, dove appare il nostro presente”(da Rizzoli Libri)

Giacomo Papi (Milano 1968) è scrittore, giornalista e autore televisivo. I suoi ultimi romanzi sono Il censimento dei radical chic (2019) e Happydemia (2020). In precedenza, ha pubblicato I primi tornarono a nuoto (2012), I fratelli Kristmas (2015) e La compagnia dell’acqua (2017). Nel 2004 ha fondato Isbn Edizioni, che ha diretto fino al 2008. Collabora con Che tempo che fa dal 2009 e scrive su «la Repubblica», «il Post» e «Il Foglio». Dirige il Laboratorio Formentini per l’editoria della Fondazione Mondadori.(da Rizzoli Libri Autori)

Matteo Bussola “Il rosmarino non capisce l’inverno”, presentazione

«Ho deciso di scrivere di donne perché non sono una donna. Perché ho la sensazione di conoscerle sempre poco, anche se vivo con quattro di loro. E perché è più utile scrivere di ciò che vuoi conoscere meglio, invece di ciò che credi di conoscere già».
Matteo Bussola

Una raccolta di racconti che parla di donne, che si apre con una dedica nell’esergo che vuole essere una promessa, una constatazione, un desiderio “a te che cadi ma non resti lì”, per chi come il rosmarino in inverno resisterà al gelo e rinascerà in primavera, comunque, nonostante le cicatrici.

“A cosa pensa una donna quando lascia qualcuno? Quando si innamora senza scampo? Quando non viene ritenuta all’altezza […] Quando fin da piccola viene educata alla colpa, alla vergogna […] Quando si deve giustificare per la voglia di fare sesso o per quella di non volerlo fare?[…] A cosa pensa una donna quando assordata dalle voci di tutti, capisce all’improvviso di aver soffocato la propria?”

e conclude “Cos’hai pensato, tu, la mattina o il pomeriggio o la notte, in cui, per la prima volta lo hai capito?”( dalle prime due pagine del volume)

Storie di donne, storie di vita ordinaria e comune, di tante donne come le molte che ci trascorrono accanto o che incontriamo casualmente, storie raccontate straordinariamente da un uomo che vuole confrontarsi con loro e capirle

“Una donna sola che in tarda età scopre l’amore. Una figlia che lotta per riuscire a perdonare sua madre. Una ragazza che invece non vuole figli, perché non sopporterebbe il loro dolore. Una vedova che scrive al marito. Una sedicenne che si innamora della sua amica del cuore. Un’anziana che confida alla badante un terribile segreto. […]( dal Catalogo Einaudi)

Brevi note biografiche

Matteo Bussola (Verona, 1971) ha pubblicato per Einaudi il bestseller Notti in bianco, baci a colazione, (2016 e 2018), tradotto in molti Paesi, Sono puri i loro sogni (2017), La vita fino a te (2018 e 2019), L’invenzione di noi due (2020 e 2022), Il tempo di tornare a casa (2021) e Il rosmarino non capisce l’inverno (2022). Per Salani ha pubblicato il libro per ragazzi Viola e il Blu (2021). Conduce una trasmissione radiofonica su Radio 24, I Padrieterni e tiene una rubrica settimanale su «F» dal titolo Uno scrittore, una donna. (da Einaudi Autori)

Piero Manni “Millanta facce. Racconti dal Salento”, presentazione

Una raccolta postuma dello scrittore editore che, insieme alla casa editrice fondata nel gennaio 1984 con la moglie Anna Grazia, aveva dato vita anche a una rivista di letteratura: “L’immaginazione”.

Nelle pagine di “Millanta facce” racconta la propria Terra con quella straordinarietà di aspetti che ciascun paese porta dentro di sé. Il libro raccoglie testi scritti e pubblicati dall’83 al 2020 su L’immaginazione o su antologie, con inediti. Il testo è corredato dalle postfazioni degli scrittori amici, Antonio Prete e Carlo D’Amicis.

Nella copertina, di Stefano Vittori, sagome di salentini di ieri e di oggi: fazzoletti legati alla moda antica o berretti, pale di fichi d’india, profilo di una statua della Santa locale. Millanta facce nel tempo riportate anche nei termini e nelle parole della lingua, quelle uniche e intraducibili che rischiano la smemoranza, ma contengono la storia linguistica e la peculiarità di un territorio.

“Millanta facce sono quelle che Piero Manni racconta della sua terra, il Salento: la civiltà contadina del dopoguerra, le feste patronali e le tarantate, l’emigrazione; la speculazione degli anni Settanta e Ottanta, la Sacra Corona Unita, gli sbarchi dei migranti dai Novanta, e l’esplosione del turismo nei Duemila, quando il Salento diventa the place to be, la tradizione si trasforma in una moda e il paesaggio viene sfruttato senza lungimiranza”.(da Manni Editori)