“Piccola città”, il memoir di Vanessa Roghi «Io sono una bambina degli anni Settanta», scrive Vanessa Roghi a pagina 139 di Piccola città. Una storia comune di eroina (Laterza) e io conosco quelle sette parole, le guardo e mi vedo allo specchio. Ho qualche anno in meno di Vanessa ma la sua storia è, appunto, così comune da essere anche la mia. Il suo libro parla di me fin dal titolo, dalla foto che ne costituisce l’incipit: una bambina con una piuma in testa e delle foglie in mano, davanti a uno striscione di Democrazia proletaria per festeggiare un risultato minuscolo e gigantesco.
Alle politiche del 1976 Dp ha preso l’1,5%, sei deputati. Un fallimento, anzi no, un successo! Eccoli, quegli anni: piccoli numeri, grandissimi sogni. L’infanzia di Vanessa è costellata di sigle che per i bambini di oggi non significano nulla: Pci, Dp, Pdup, gli amici di papà che raccontano la Favola di Mao Tse Tung, la mamma femminista che canta moltissimo, canta in macchina, per strada e dentro casa.
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