Fleur Jaeggy “Il dito in bocca”, presentazione

Il primo enigmatico libro di Fleur Jaeggy, da anni introvabile e molto atteso dai suoi lettori.( da Adelphi)

Editato per la prima volta nel 1968 fu l’esordio letterario dell’allora ventottenne autrice, nata a Zurigo e residente a Milano e che scrive in lingua italiana. Dopo questo esordio ne ha pubblicati altri sette sempre con Adelphi che lo ripubblica nella Piccola Biblioteca.

“Un testo breve, ma oltremodo fascinoso” lo definisce su tuttolibri (27 dicembre) Enrico Arosio che premette “l’ho letto tre volte perché oltre che pazzo è breve”.
Dopo l’esordio l’autrice ha pubblicato ancora, sette libri,  sempre con Adelphi ed è stata insignita quest’anno del Gran premio svizzero della letteratura.
La protagonista è Lung, forse una ventenne, che ancora si mette il dito in bocca e pare sia cresciuta in un qualche collegio svizzero ma altre volte racconta da una clinica dove è ricoverata.
La storia non è una vera storia ma si contraddistingue per  “una scelta di parole sofisticata”, “di notevole eleganza” dove “aleggia una gelida ironia

“Io, Lung, ho un difetto, che coltivo forse. Gli altri lo formulano così: ha il vizio di mettersi il dito in bocca. Ma non è molto vero, perché se mi capita di vedere una qualche persona con il dito in bocca provo un fastidio mai vi sto, addirittura le taglierei il dito, ignorando le conseguenze. So con esattezza che la mia responsabilità sarebbe enorme, perché se u no è abituato a succhiarsi il pollice dif$cil mente potrebbe abituarsi a un altro dito, non penso di esagerare se dico che sarebbe altret tanto dif$cile abituarsi all’altra mano, cioè all’altro pollice. Generalmente è un’abitudi ne che si prende da bambini, quando si è molto piccoli, ma non so bene come mai tan ti grandi continuano a provarci gusto. Il polli ce cresce. Certo da vedere è proprio brutto, dipende anche da chi, però, e poi ci sono cose peggio ri, uno che si rosicchia le unghie in modo tre mendo non lo sopporto, oppure, faccio per dire, con avidità, mi dà fastidio, e invece se la 15 prendono con me, se magari mi vedono con il dito in bocca, magari ero soprapensiero. Con l’indice accarezzandomi il naso e forse me lo stringevo”.(uno stralcio da “il dito in boicca” pag 15/16)

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