Irène Némi­rovsky “Il Carnevale di Nizza e altri racconti”, presentazione

Le prime «scritture brevi» di un’autrice ancora molto giovane, ma già in possesso di uno stile pienamente riconoscibile e di quella capacità di penetrazione psicologica che è soltanto sua.

A cura di Teresa Lussone

Diciassete racconti raccolti a cura di Teresa Lussone di cui uno per la prima volta in volume, I giardine di Tauride, seguono quasi il percorso dell’autrice dalle sue prime realizzazioni fino alla pubblicazione del suo romanzo Suite francece, riscoperto nel 2004 e che l’ha fatta riconoscere, anche se con titolo postumo, come scrittrice raffinata sin dagli esordi avvenuti in giovane età quando giunse a Parigi con i genitori in fuga dalla Rivoluzione d’ottobre, lei di origini russo-ebraiche.
I quattro racconti che aprono il volume furono scritti tra il 1921 e il 1922, all’età di diciotto anni, la sua protagonista è Nanoche, una serie di dialoghi che la ritraggono  ingenua e impertinente che s’adopera per trovare un uomo ricco da sposare.
Il racconto che dà il titolo alla raccolta fu scritto nel 1931 ed è ambientato tra il 1907 e il 1914: due giovani coniugi a Nizza, nei giorni del Carnevale, saranno protagonisti di un’avventura extraconiugale vissuta in modo molto diverso da ciscuno dei due.
Nei primi scritti e nei romanzi successivi pubblicati in vita dominano alcune tematiche, matrimoni indesiderati, segreti inconfessabili, incomprensioni, attrazioni fatali, così come la particolare capacità di osservare senza giudicare le sue creature di carta.

“Come fa una giovane donna di appena trent’anni, qual era all’epoca Irène Némi­rovsky, a scavare così profondamente nel­l’animo umano? si chiese Bernard Gras­set, il suo primo editore, leggendo questi racconti. Come fa a capire, e a descrivere in modo così empatico e al tempo stesso spietato, non solo le lusinghe e le illusioni della giovinezza, ma anche la nostalgia de­gli amori perduti, il rimpianto delle vite non vissute, l’acredine delle esistenze sba­gliate, le ferite dell’ambizione frustrata, l’angoscia della solitudine, lo sgomento per i segni che lascia sul corpo il passare degli anni, la ferocia che si annida nel cuore de­gli uomini?”(da Libro Adelphi Editore)

Brevi note biografiche

Figlia di un banchiere ebreo ucraino, figlia unica solitaria, dopo un’infanzia agiata a San Pietroburgo, durante la rivoluzione d’Ottobre si trasferì con la famiglia prima in Finlandia e Svezia (1918), poi in Francia (1919). A Parigi ebbe inizio un periodo di intensa attività letteraria e di sfrenata mondanità. Si laureò in lettere alla Sorbona e nel 1926 sposò M. Epstein, ingegnere ebreo russo. Durante la Seconda guerra mondiale, subì le conseguenze delle leggi razziali: costretta ad abbandonare Parigi, venne arrestata nel luglio 1942 e deportata ad Auschwitz, dove morì il mese successivo. Esordì con il romanzo Le malentendu (1926), cui seguirono: L’enfant génial (1926, successivamente intitolato Un enfant prodige); il fortunato David Golder (1929); Le bal (1930; trad. it. 2005). Tra il 1941 e il 1942, negli anni dell’esilio forzato, compose i primi due volumi (Tempête en juin, che racconta la fuga in massa dei parigini alla vigilia dell’arrivo dei tedeschi; e Dolce, in cui alcuni personaggi prendono spicco e la struttura della finzione romanzesca si fa più complessa) di quello che nelle intenzioni avrebbe dovuto essere un grande affresco storico della Francia di quel periodo. Il libro, incompiuto, pubblicato per la prima volta dopo quasi sessant’anni con il titolo Suite française (2004), le è valso, postumo, il premio Renaudot.(da Treccani)

Antonella Sbuelz “Il movimento del volo”, Vallecchi Firenze

«Quattro donne forti – colte in fasi drammatiche, cruciali, ma anche di grandi passioni e tensioni ideali – che, ognuna a suo modo, testimoniano l’incrollabile volontà di essere fino in fondo padrone del proprio destino

Vallecchi Firenze


Scegliere, vivere, rischiare, amare. E prendere il volo. 
Dalla Prima guerra mondiale agli anni di piombo, quattro figure femminili ci ac­compagnano lungo il Novecento: storie di donne dentro la Storia, per affermare il diritto al presente e al futuro, alla di­gnità e all’utopia. Rachele, Livia e Anna crescono e matu­rano durante le drammatiche e com­plesse stagioni della grande guerra, del fascismo, della Resistenza e poi della Liberazione, mentre Emma compie la sua scelta nel periodo più cupo della Re­pubblica. Quattro donne forti – colte in fasi drammatiche e cruciali, ma anche di grandi passioni e tensioni ideali – che testimoniano l’incrollabile volontà di es­sere padrone del proprio destino. Volare talvolta richiede sofferenza e sacrificio, talvolta appare impossibile, eppure non ci si deve arrendere mai: è questa è l’e­redità ideale che verrà trasmessa da Ra­chele, Livia, Anna ed Emma alle genera­zioni che guardano al futuro.

Antonella Sbuelz ci trasporta in un viag­gio indimenticabile, dall’esito emble­matico e inaspettato, intrecciando le microstorie con la Storia del Novecento europeo. Un potente affresco narrativo che esplora, interroga, coinvolge e com­muove, riconciliando con la grande tra­dizione del romanzo italiano.

La nota dell’Autrice:

«Raramente a un libro viene offerta l’opportunità di una seconda vita. Ma a volte accade. Ci sono romanzi ultracentenari che continuano a coinvolgerci e a parlarci, mentre altri esauriscono la propria carica vitale molto prima di raggiungere l’adolescenza. Inutile tentare di individuare i motivi di fugacità o longevità di un’opera. Nessun romanzo è orfano: ogni storia è figlia del proprio tempo, ma a volte intercetta tensioni etiche e slanci civili che tendono a farsi universali. Il movimento del volo venne pubblicato dall’editore Frassinelli nel 2007: 17 anni, 7 romanzi, 5 raccolte poetiche, molti racconti e una ricerca di dottoratofa. Accolto con attenzione dalla critica, il libro ricevette il Premio Biblioteche di Roma, il Premio Città di Predazzo e il Premio Caterina Percoto, risultando finalista al Rhegium Julii e al Domenico Rea. Ma c’è altro, e forse conta di più. A questa storia devo l’esordio dei miei incontri con i ragazzi e le ragazze: venni infatti invitata a portare la Storia e le microstorie de Il movimento del volo nelle scuole superiori di tutta Italia e cominciai a dialogare con migliaia di studenti e studentesse. Fu l’inizio di un’esperienza appassionante, che da allora non si è mai interrotta. Anzi, è andata crescendo, ha preso slancio, ha ampliato i propri orizzonti: gli inviti a parlare con ragazzi e ragazze mi stanno conducendo ormai anche in Austria, Germania, Croazia, Svizzera, Ungheria. Grazie a quegli incontri continuo a sorprendermi, a dialogare con le generazioni più giovani, a cercare riposte alle loro domande, oltre che alle mie. E non smetto di sorprendermi, di emozionarmi, di imparare. Ma tutto è partito da qui, da questo libro. Sono dunque grata ad Alessandro Bacci, Direttore editoriale di Vallecchi, che ha voluto un nuovo volo per Il movimento del volo. A questa edizione ho lavorato in modo importante. Alcune parti sono cambiate in modo significativo. Ma la storia di Rachele, di Livia, di Anna e di Emma – e degli uomini al loro fianco – è rimasta sostanzialmente la stessa, perché si inscrive nella Storia che dalla grande guerra del secolo scorso ci ha traghettati negli anni Duemila. Ora l’affido a lettori e lettrici vecchi e nuovi. Raramente a un libro viene offerta l’opportunità di una seconda vita. Ma a volte accade. E a me pare bellissimo.»

Antonella Sbuelz vive a Udine, dove è nata. Ha condotto studi universitari a Trieste e Verona, conseguendo un Dotto­rato in Letteratura Moderna presso l’Uni­versità di Losanna. È autrice di romanzi, racconti, raccolte poetiche e saggi. Alle sue opere, tradotte in molte lingue, sono stati assegnati numerosi premi, tra cui il Premio Fiuggi Storia, il Biblioteche di Roma, il Camaiore, l’Alda Merini, il Rhe­gium Julii, il Colline di Torino. Svolge un’intensa attività culturale pres­so Scuole e Istituzioni italiane e stranie­re, continuando a dialogare con ragazze e ragazzi: grazie a loro, non smette di sor­prendersi e imparare.  Tra i suoi ultimi romanzi, Questa notte non torno (Feltrinelli, 2021; Premio Cam­piello Junior, Premio Selezione Strega Ragazzi e Ragazze), Il mio nome è A(n) sia (Feltrinelli, 2023) e Mariam (Vallecchi, 2023, Premio Palmastoria).

Il’ja Il’f e Evgenij Petrov “Le 12 sedie”, Voland

 “La vita, signori della giuria, è una faccenda complicata, ma questa faccenda complicata, signori della giuria, si sbroglia facilmente. Bisogna solo trovare il bandolo.”

Voland

traduzione di Emanuela Bonacorsi

Illustrazioni di Carlo Cagni

Sono gli anni pittoreschi e illusori della nep, la Nuova Politica Economica, e nella sperduta città di N una vecchia aristocratica rivela sul letto di morte al genero Ippolit di aver nascosto i gioielli di famiglia in una delle dodici sedie del salotto della loro casa padronale espropriata dai bolscevichi. Anche padre Fëdor, il prete che ha confessato la moribonda, viene a conoscenza del prezioso segreto. Comincia così per il sacerdote e per Ippolit, assistito dal formidabile “mago dell’intrigo” Ostap Bender, una ricerca all’ultimo respiro e senza esclusione di colpi, resa ancora più ardua dagli sconvolgimenti della rivoluzione che hanno sparpagliato le sedie per tutto il paese.
Romanzo di avventure esilarante e scanzonato, mordace satira della realtà sovietica – dalla provincia a Mosca e dal Volga al Caucaso – inesauribile fuoco d’artificio linguistico: Le 12 sedie, capolavoro dell’umorismo russo, torna finalmente in libreria per la prima voltanella sua versione integrale, in una nuova irresistibile traduzione.

Gli autori 
Entrambi originari di Odessa, IL’JA IL’F e EVGENIJ PETROV – pseudonimi di Iechiel-Lejb A. Fajnzil’berg (1897-1937) e di Evgenij P. Kataev (1903-1942) – erano autori delle più importanti riviste satiriche del tempo quando si incontrarono a Mosca e decisero di scrivere a quattro mani. Dalla loro collaborazione nacquero, oltre a numerosi racconti, i romanzi Le 12 sedie (1928), Il vitello d’oro (1931), seguito del precedente, e L’America a un piano (1936).

L’illustratore 
Esponente di spicco nella storia della vignetta satirica, CARLO CAGNI , pseudonimo di Carlo Zaccagnini, ha collaborato per molti anni come disegnatore a riviste e giornali, fra i quali “Il Male”, “Paese Sera”, “Don Basilio”. Nel 1976 ha realizzato insieme ad altri compagni il murale L’asino che vola sulla facciata del civico 28 di via Tor di Nona a Roma. Nel 2019 ha curato con altri amici l’allestimento della mostra Gli anni del Male 1978-1982. Quando la satira è diventata realtà. ­

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