Costanza DiQuattro “Arrocco siciliano”, presentazione di Salvina Pizzuoli

Il titolo richiama il gioco degli scacchi ma, come la stessa autrice precisa nella pagina a chiusura dedicata ai Ringraziamenti, non ha nulla a che vedere con esso, né in Sicilia è un modo di dire, di fatto l’arrocco siciliano non esiste anche se nel romanzo, nella trama,  si possono trovare e il gioco delle carte e gli scacchi stessi.

“L’arrocco siciliano non esiste.  Non è una mossa degli scacchi e neanche un modo di dire. Tuttavia lo si potrebbe intendere come un modo di vivere e pensare nel quale certi siciliani come me potrebbero rivedersi.”

E continua:

Per questo libro, così come per gli altri, ho da ringraziare innanzitutto Ibla, la mia città. Questo piccolo luogo intriso di bellezza barocca sopra un tracciato medievale, arroccato, per l’appunto, sopra una tenue collinetta degli Iblei, mi offre, con audace prepotenza, continui e perenni sbocchi narrativi, mi regala storie che sgorgano dalle sue mura come fontane d’acqua viva e mi stupisce giornalmente salvandomi dalla mestizia della quotidiana banalità.

Da siciliana, figlia della stessa città capisco, animata dai ricordi, e amo citare la profferta affettuosa dell’autrice alla bellezza del luogo.

Un paese arroccato e un modo di vivere, questo lo scenario su cui si muoverà  e come sperimenterà il protagonista, Antonio Fusco, colui che prenderà il posto del vecchio speziale nella storica farmacia Albanese. Ma chi è questo giovane napoletano che si presenta alla morte del vecchio proprietario per mandarne avanti la farmacia? Nessuno in paese lo sa e il segreto resterà tale anche per il lettore fino alla fine.

E come “straniero” dovrà imparare a farsi accogliere nella nuova e diffidente comunità dove è approdato aiutato in questo dalla fortuna al gioco e dall’amicizia con Federico, il figlio minore del barone Crescimanno, nato con una malattia rara

“È l’alba del Novecento, a Ibla, lì dove la vita scorre fiacca sulla campagna stanca; lì dove si accalcano notabili tronfi, mogli tradite e poveri diavoli; lì dove la farmacia Albanese, per tutti «molto più di una chiesa», di colpo rimane orfana di colui che da tanti anni la amministra con riserbo monastico. Quando a succedergli accorre da Napoli un giovane senza passato, accolto da ostilità e diffidenza che piano piano si sciolgono in un cauto abbraccio, il paese prende a pulsare e la farmacia a rivivere”.(da Baldini e Castoldi Libri)

Della stessa autrice su tuttatoscanalibri

La mia casa di Montalbano

 “Donnafugata”

Giuditta e il monsù

Pubblicità

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.