Augusto De Angelis “Il mistero di Cinecittà”, presentazione

Un poliziesco dal maestro dimenticato del giallo italiano

In ebook su Amazon e in cartaceo

Stralci dall’Introduzione a cura di Alessandro Ferrini

Nel panorama della narrativa poliziesca italiana tra le due guerre, Augusto De Angelis occupa un posto di rilievo per aver saputo fondere, con originalità e coerenza, il modello investigativo del giallo classico con una sensibilità tutta italiana per l’indagine psicologica, morale e sociale. Con De Vincenzi e il mistero di Cinecittà, pubblicato nel 1939, lo scrittore raggiunge una delle vette più complesse e affascinanti della sua produzione, offrendoci un romanzo che è al contempo un giallo rigoroso e un lucido ritratto della società e del costume dell’epoca.
Ambientato interamente a Roma, il romanzo si svolge in un contesto temporale estremamente concentrato – due giornate di novembre – ma si articola in una trama densa che scava nelle pieghe più oscure delle dinamiche umane e professionali che animano il mondo cinematografico della neonata Cinecittà.

La sinossi
L’azione si svolge a Roma, nell’arco di due sole giornate del novembre 1939, ma la rapidità temporale è solo apparente: nel breve lasso narrativo si condensano tensioni morali, colpi di scena, intrighi personali e segreti inconfessabili. Il romanzo ruota attorno all’assassinio del regista Vassilli Boldviski, figura tanto geniale quanto inquietante, il cui cadavere viene ritrovato nella sua abitazione, al centro di un intrigo che coinvolge attori, produttori e segretarie della neonata casa di produzione Acidalia Film, emblema di un cinema ambizioso, opulento e decadente.
Protagonista dell’indagine è, come sempre, il Commissario Carlo De Vincenzi, appena trasferito da Milano alla Questura romana. Uomo colto, silenzioso e riflessivo, De Vincenzi è forse il primo vero detective “intellettuale” della narrativa gialla italiana. I suoi metodi non sono quelli dell’investigazione forense, ma quelli dell’osservazione psicologica, della deduzione morale, del ragionamento profondo. La sua ricerca della verità non è solo volta a individuare il colpevole, ma a comprendere il movente, l’anima, il contesto che rende possibile il crimine.

Brevi note biografiche

Augusto De Angelis fu una delle figure più originali e significative della narrativa italiana tra le due guerre, nonché il vero pioniere del romanzo poliziesco moderno in Italia. Nato a Roma nel 1888, trascorse gran parte della sua vita professionale tra Milano e Genova, lavorando come giornalista per importanti testate come Il Resto del Carlino, Il Secolo XIX e La Stampa. Fu anche autore teatrale, traduttore e saggista. La fama di De Angelis è legata indissolubilmente alla creazione del Commissario Carlo De Vincenzi, protagonista di una fortunata serie di romanzi gialli pubblicati a partire dal 1935. Con De Vincenzi, l’autore offrì al pubblico italiano un investigatore colto, umano, malinconico e profondamente riflessivo, molto lontano dagli stereotipi del detective infallibile o cinico. I suoi romanzi si distinguevano per lo stile letterario elegante, per l’ambientazione fortemente caratterizzata e per l’attenzione ai moti interiori dei personaggi.A differenza della narrativa gialla coeva, spesso considerata “di evasione” e guardata con sospetto dal regime fascista , De Angelis seppe nobilitare il genere, trasformando l’indagine in uno strumento di esplorazione psicologica e sociale. La sua prosa, sobria ma incisiva, unisce l’introspezione all’ironia, la denuncia sociale all’indagine dell’animo umano. Proprio per questa sua tensione etica e intellettuale, De Angelis entrò presto in contrasto con il regime fascista. Nel 1943 venne arrestato dalla Repubblica Sociale Italiana per “antifascismo morale”. Detenuto nel carcere di San Vittore, subì un pestaggio da parte di una guardia e morì poco dopo, nel 1944, a soli cinquantacinque anni.

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I tre romanzi sono tutti corredati da ampie pagine introduttive e note a cura di Alessandro Ferrini ed evidenziano la figura dell’autore, la storia personale e della sua opera, lo stile.

Dello stesso autore su tuttatoscanalibri: i link alla presentazione degli altri due romanzi della serie

De Angelis “Il Do tragico”

De Angelis “La barchetta di cristallo”

Augusto De Angelis “Il Do tragico”, presentazione

In ebook su Amazon e in cartaceo

Il volume è corredato da ampie pagine introduttive e note a cura di Alessandro Ferrini che evidenziano la figura dell’autore, la storia personale e della sua opera, lo stile.

Dall‘Introduzione a cura di Alessandro Ferrini

Pubblicato nel 1935, Il do tragico è uno dei capolavori del giallo italiano firmato da Augusto De Angelis, pioniere del genere nel nostro Paese, con protagonista il commissario Carlo De Vincenzi. L’opera è ambientata nel mondo della lirica, tra passioni, intrighi e atmosfere cariche di tensione. Il titolo gioca su un doppio senso: la nota musicale “do” si trasforma in simbolo di un destino oscuro.
De Vincenzi, investigatore umano e riflessivo, si muove in una Milano densa di nebbia e mistero, in un’indagine che è anche un viaggio psicologico nel dolore, nella colpa e nella solitudine.
Il romanzo intreccia l’introspezione con l’enigma, la musica con il crimine, la verità con l’ambiguità. Accanto alla suspense, emergono temi profondi e una critica velata al conformismo culturale del tempo, in pieno regime fascista.
De Angelis dimostra qui una capacità unica di nobilitare il romanzo poliziesco, fondendo rigore investigativo e lirismo narrativo. Il do tragico è più di un giallo: è un’opera d’arte letteraria, un classico intramontabile che ha aperto la strada al noir italiano moderno.
[…]Così, come in una composizione musicale, i capitoli si succedono come movimenti di un’opera drammatica, in cui l’indagine del commissario De Vincenzi si intreccia con le armonie e le dissonanze di un mondo teatrale, fatto di apparenze, di passioni esasperate e di silenzi carichi di significato.
De Angelis costruisce quindi un romanzo che si legge come si ascolta una sinfonia tragica: ogni capitolo è un tempo della narrazione, ogni personaggio una voce solista o uno strumento dell’orchestra, ogni indizio una nota che compone la melodia finale della verità. La musica, con la sua capacità di esprimere l’indicibile, diventa la chiave simbolica attraverso cui comprendere il senso più profondo del mistero.

Augusto De Angelis fu una delle figure più originali e significative della narrativa italiana tra le due guerre, nonché il vero pioniere del romanzo poliziesco moderno in Italia. Nato a Roma nel 1888, trascorse gran parte della sua vita professionale tra Milano e Genova, lavorando come giornalista per importanti testate come Il Resto del Carlino, Il Secolo XIX e La Stampa. Fu anche autore teatrale, traduttore e saggista. La fama di De Angelis è legata indissolubilmente alla creazione del Commissario Carlo De Vincenzi, protagonista di una fortunata serie di romanzi gialli pubblicati a partire dal 1935. Con De Vincenzi, l’autore offrì al pubblico italiano un investigatore colto, umano, malinconico e profondamente riflessivo, molto lontano dagli stereotipi del detective infallibile o cinico. I suoi romanzi si distinguevano per lo stile letterario elegante, per l’ambientazione fortemente caratterizzata e per l’attenzione ai moti interiori dei personaggi. A differenza della narrativa gialla coeva, spesso considerata “di evasione” e guardata con sospetto dal regime fascista, De Angelis seppe nobilitare il genere, trasformando l’indagine in uno strumento di esplorazione psicologica e sociale. La sua prosa, sobria ma incisiva, unisce l’introspezione all’ironia, la denuncia sociale all’indagine dell’animo umano. Proprio per questa sua tensione etica e intellettuale, De Angelis entrò presto in contrasto con il regime fascista. Nel 1943 venne arrestato dalla Repubblica Sociale Italiana per “antifascismo morale”. Detenuto nel carcere di San Vittore, subì un pestaggio da parte di una guardia e morì poco dopo, nel 1944, a soli cinquantacinque anni.

“O.D.E.S.S.A Operazione Obersalzberg” ora anche nella versione inglese

L’ultimo dei cinque della serie ODESSA anche nella versione inglese. La fortunata serie in Italia approda in lingua inglese sui mercati internazionali

La Quarta di copertina

La Nota di apertura

L’incipit

I volumi della serie in italiano

Federico De Roberto “La Paura”, presentazione

Un racconto breve, incisivo, attuale nella sua struttura nonostante un secolo di distanza, vero e vivo per riflettere sull’assurdità della guerra.

Racconto illustrato:7 illustrazioni a china

Dall’Introduzione

La Paura è un racconto duro e tragico sulla logica della guerra. Scritto da Federico De Roberto nel 1921, dopo la sua esperienza diretta come corrispondente di guerra per il “Corriere”.
Un testo breve che ci cala in un microcosmo isolato, aspro, infernale: una trincea tra le rocce dell’Altopiano, in cui un gruppo di soldati italiani si alterna, uno alla volta, a una vedetta esposta, sotto il tiro preciso e impietoso di un cecchino nemico. La sequenza degli eventi – monotona e meccanica – disegna un assurdo e inutile rituale di sacrificio. Non c’è azione eroica, non c’è vittoria con cui farcire una retorica di guerra, soltanto l’inesorabile logica di un comando militare cieco e distante e la paralisi di chi non può né ribellarsi né fuggire.

La Paura entra a far parte della piccola Collana di Classici

Dalle Note biografiche

Federico De Roberto (Napoli, 16 gennaio 1861 – Catania, 26 luglio 1927) nato a Napoli da padre napoletano e madre lombarda, si trasferì con la famiglia a Catania in tenera età, città in cui visse la maggior parte della sua vita e che, pur rimanendo ai margini dei grandi centri culturali italiani, divenne per lui un osservatorio privilegiato della realtà meridionale post-unitaria. Di formazione scientifica, con interessi che spaziavano dalla matematica alla filosofia, De Roberto si avvicinò alla letteratura da autodidatta, manifestando fin da giovane una scrittura raffinata, analitica, influenzata dal positivismo, dal naturalismo francese (soprattutto Zola), ma anche dal realismo verista italiano. […]Durante la Prima guerra mondiale, nonostante l’età non più giovane, De Roberto fu corrispondente di guerra sul fronte alpino per il “Corriere della Sera”. Fu un’esperienza fondamentale e traumatica, che lasciò un segno profondo nella sua opera e nella sua visione dell’umanità. Ne nacquero racconti di guerra come La Paura (1921), tra i più intensi e tragici del periodo. In queste pagine emerge con forza l’orrore quotidiano e l’insensatezza del sacrificio imposto, espresso con uno stile asciutto, teso, a tratti quasi documentaristico, ma sempre profondamente umano. Oltre a I Viceré, De Roberto lasciò altri romanzi e raccolte meno noti, tra cui L’Illusione (1891) e Ermanno Raeli (1889), Nel secondo dopoguerra, grazie anche a critici come Luigi Russo e a scrittori come Leonardo Sciascia, la sua opera è stata pienamente rivalutata.Morì a Catania nel 1927.

Alessandro Cosi “Il mio Caio Giulio Cesare”, presentazione


Si parva licet componere magnis (Virgilio, Georgiche IV, 176)

“Spesso i libri parlano di altri libri… ora mi avvedo che non di rado i libri parlano di libri, ovvero è come si parlassero tra loro. Alla luce di questa riflessione, la biblioteca mi parve ancora più inquietante. Era dunque il luogo di un lungo e secolare sussurro, di un dialogo impercettibile tra pergamena e pergamena, una cosa viva…” Umberto Eco, Il nome della rosa

Dalla Premessa

É attorno agli anni 70/60 a.C. della storia di Roma antica, cioè all’incirca nel 680 a.U.c., secondo la cronologia romana, che sale agli onori della cronaca un grande protagonista dei decenni a venire, uno degli uomini più famosi di tutta la Storia. Quegli anni erano dominati dalla presenza politica, dalle vittorie militari e dal potere quasi assoluto di Pompeo, e proprio allora Caio Giulio Cesare mosse i suoi primi, incerti passi nel difficile e tormentato mondo della politica romana. Affrontare una biografia su Cesare, indiscutibilmente l’uomo più carismatico e famoso di tutta la lunga esperienza storica dell’antica Roma, non può essere un’impresa da affrontare con leggerezza o con supponenza, visto che su di lui hanno scritto e talvolta pontificato centinaia di critici e storici di ogni epoca e di ogni corrente politica.
Ma l’idea di ogni storico, o aspirante tale, è sempre quella di trovare aspetti della sua vita e della sua personalità che siano originali, trascutati magari dall’indagine biografica e, perché no, sottovalutati o peggio, mal valutati. É con questo spirito che ho affrontato questo lavoro, ben consapevole della modestia e della lacunosità che potrà risultare da una biografia così impegnativa, una vera montagna da scalare soprattutto da parte di un dilettante appassionato quale credo di essere.
Prima di parlare del personaggio, così complesso e affascinante, forse uno dei pochi uomini veramente liberi che abbiano lasciato un’impronta significativa e duratura nella Storia, è indispensabile presentare un quadro sintetico ma tuttavia esplicativo dei tempi in cui maturò la sua esperienza umana, di politico, di militare, di scrittore.
Non abbiamo certo l’ambizione di esaurire in poche pagine la peculiare complessità del mondo romano attorno al I secolo a.C., ma occorre fare un tentativo di inquadrare il contesto culturale e sociale della Roma di quel tempo, poiché è solo immergendosi nella temperie socio politica della seconda metà di quell’ultimo travagliato secolo prima della nascita di Cristo che si può capire meglio il percorso di Giulio Cesare, una vita che forse non sarebbe stata possibile in altri tempi ed in altre condizioni sociali. Roma era ormai una Repubblica che aveva realizzato un’espansione dei domini romani a dimensioni impensabili solo 150 anni prima, ma che era in gravi difficoltà nella gestione di conquiste che addirittura stavano diventando un impero vastissimo.
Da qui i ferocissimi scontri politici e ben tre, sanguinose, terribili guerre civili.

Dalla Presentazione

[…]Questo libro ripercorre la sua vita e le sue gesta, un esempio mirabile per l’intensità e la lucidità del suo percorso umano, uno dei pochi dominato dal libero arbitrio.
La vita di quest’uomo, racchiusa in particolare nell’arco dei suoi ultimi quindici, intensi anni, è stata talmente straordinaria da farlo divenire, in ogni tempo, il simbolo del bene o del male, delle più alte virtù o dei più bassi interessi, luminoso o viscido, pietoso o intrigante, spietato o clemente.
Finì, pur con tutte le sue contraddizioni, per divenire il simbolo stesso del potere, come testimoniano nel tempo gli appellativi di Kaiser o Czar.
Fu un perfetto e inimitabile miscuglio dell’essenza umana, alta fino alle stelle grazie alla potenza della ragione e della volontà, bassa fino alle più infime e insondabili azioni.[…]

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La guerra civile tra Ottaviano e Antonio. La fine della Repubblica e l’alba dell’Impero

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Tommaso Ferrini “Le dodici rose del diavolo”, presentazione

Due i grandi protagonisti del romanzo, il Bene e il Male. Magia nera, una spy story, un romanzo di fantascienza, un romanzo storico ed esoterico, tutte etichette che potrebbero inquadrare questa avventura poliedrica, dove i riferimenti storici sono evidenti ed effettivi, in un intrigante percorso ricco di suspence, colpi di scena, fino alla conclusione rocambolesca e simbolica .

Dalla Quarta di copertina

Un Quarto Reich teocratico lancia la sua sfida agli equilibri del mondo. Tra esoterismo, spionaggio e magia nera lo scontro tra bene e male non si svolge più solo sulla scacchiera geopolitica internazionale, la posta in gioco è alta, la più alta di sempre: Abraxas.

Su Amazon in ebook e in cartaceo

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Dialoghi più o meno probabili

Il complesso di Arkhàn

Igino Ugo Tarchetti “Tre racconti gotici” con una premessa sulla Scapigliatura e note a cura di Alessandro Ferrini

Dalla Prefazione

I tre racconti proposti, a partire da Osso di morto hanno in comune il tema della morte, sentimento onnipresente, traslato in situazioni extrasensoriali e nel misterioso, nel sogno come portatore di premonizione e nell’onirico, dimensione extra reale, ma tangibile come in Le leggende del castello nero e Uno spirito in un lampone.

Solo riconducendo gli scritti alla scelta letteraria operata dagli Scapigliati è possibile dare loro un significato e renderli “significativi” in nome di un tentativo, non sempre riuscito fino in fondo, di costruire pagine nuove, messaggi diversi, uso della parola non come segno per illustrare il reale, ma che lo superasse e arrivasse ad esprimere altro e oltre, come Tarchetti tenta anche nelle sue composizioni poetiche. 

In cartaceo e in ebook, su Amazon

Nella stessa Collana

Arrigo Boito “L’alfier nero”

Arrigo Boito “Il pugno chiuso”

Luigi Capuana “Novelle”

Grazia Deledda “La regina delle tenebre”

Giovanni Verga “Le storie del castello di Trezza”