Massimo Baroni “Dizionario acquatico felliniano”, presentazione

UN DIZIONARIO PER OSSERVARE L’OPERA DEL GRANDE REGISTA DA UNA PROSPETTIVA INSOLITA

Oligo Editore

L’acqua è sempre protagonista nei film di Federico Fellini. Anche se questo aspetto non è mai stato studiato, l’acqua compare sin dalle prime pellicole fino alle ultime produzioni, rappresentando la vitalità o l’inconscio, la gioia o l’angoscia del futuro, il bacino fecondo dal quale scaturiscono visioni oppure una sorta di lugubre trama sottile che si posa sulle cose e sulle persone.

Nelle prime pellicole realizzate dal regista vediamo un’acqua viva, anzi vivissima, che esplode in ogni piazza dalle fontane, invade con la sua presenza incontenibile le strade di Roma, rotola giù dal cielo in acquazzoni improvvisi sotto il quale i bambini giocano a rincorrersi (la scena dei “santini” ne La dolce vita) o le prostitute urlano, danzano e scappano nel pieno di una dilagante frenesia di vita. I fiumi scorrono come nastri d’argento attraverso le borgate, le case si allagano, le fontanelle sono in ogni angolo, getti da pompiere annaffiano copiosamente i manifesti pubblicitari… il mondo tracima d’acqua ed essa è gioia pura, fiamma, rinascita. È una grande e infaticabile liquida presenza quella che invade i primi film del regista, sia i lungometraggi, da Luci del varietà fino a La dolce vita, che i mediometraggi, come Un’agenzia matrimoniale e Le tentazioni del dottor Antonio; è un grande turbine di personaggi che lambiscono e tentano di sondare l’acqua, in un moto che, se viene letto al negativo, è fin troppo vorticoso e lascia trasparire il fatto che questo elemento in realtà fatichi a trovare la via della propria espressione. L’acqua è onnipresente, viene evocata in ogni angolo, eppure in pochi sono in grado di comprendere la sua voce. Nel grande frastuono della vita che rinasce dopo la guerra è contenuta anche un’eco di morte e il placido vento che muove le acque, l’Alito che genera la vita, fatica a soffiare in tutto quel caos. (dall’introduzione dell’autore)

MASSIMO BARONI (Reggiolo, 1976) è laureato in Ingegneria Elettrica e lavora in una multinazionale di macchine agricole. Ha scritto svariati racconti pubblicati in riviste e premiati in concorsi. Questo suo primo saggio si è aggiudicato una menzione speciale al concorso ‘Inedito – colline di Torino’ 2022.

SPLENDERE AI MARGINI. Narrazioni emergenti, Oligo Editore

A cura di ANDREA TEMPORELLI

Testi di

Isabella BIGNOZZI, Davide BREGOLA, Davide BRULLO, Marta CAI, Gabriele DADATI, Valentina DI CESARE,

Riccardo IELMINI, Danilo Laccetti, Enrico MACIOCI, Matteo MARCHESINI, Michele ORTI MANARA,

Andreea SIMIONEL, Andrea ZANDOMENEGHI

dall’8 settembre in libreria

OLIGO EDITORE

Un’antologia per suscitare un dibattito più ampio intorno all’attualità letteraria, chiamando in causa in particolare le nuove generazioni di scrittori, ma anche gli studiosi più attivi ed esperti o scrittori di chiara fama.

La narrativa italiana è moribonda. La narrativa italiana è vivissima.  Camminando sul crinale della contemporaneità, non mancherebbero ragioni per sostenere una visione o l’altra e magari optare, con passo da turista, per il godimento di entrambi i versanti, in attesa che il volgere dell’epoca contestualizzi meglio, su scala globale, ogni valutazione. Ma si potrebbe, all’opposto, tentare l’azzardo e sostenere (con gesto militante, si sarebbe detto un tempo) le forze che delineano il panorama in un senso o nell’altro o quantomeno non perdere l’occasione di cogliere un dettaglio, un’istantanea, un’epifania che dimostri le reali potenzialità del presente. Cartografare un paesaggio di cui si è parte sembrerà un paradosso, ma la rinuncia alla testimonianza di ciò che a un certo punto risulta quantomeno possibile, o anche soltanto desiderato, foss’anche un miraggio, significa concedere carta bianca alla mistificazione. La storia è scritta sempre, in un secondo tempo, dai vincitori, che ne ricavano una narrazione semplicistica e stereotipata, buona per i manuali scolastici. Funzionale più che finzionale, e quindi ancor più finta. Eppure, non parrebbe difficile cogliere quali scenari ci offre l’orizzonte. Viviamo in un’epoca che ha relegato la letteratura ai margini, deprivandola di regia (dall’introduzione di Andrea Temporelli)

ANDREA TEMPORELLI (Novara, 1973) ha fondato la nota rivista di letteratura “Atelier”. Tra i suoi libri segnaliamo Il cielo di Marte (Einaudi, 2005). Scrive sul blog Pangea e sul suo sito andreatemporelli.com

Igor Ebuli Poletti “Il jazz. Una storia sentimentale”, Oligo Editore

Pagine 52, Euro: 13,00

Oligo editore

«QUANDO NON SAI COS’È, ALLORA È JAZZ!» (Alessandro Baricco, Novecento)

Una storia sentimentale, un corpus eterogeneo di nomi distanti tra loro: incontreremo Bix Beiderbecke che parla dei tappeti nel suo salotto, Charles Mingus che sul litigio col governatore del suo stato scriverà un album pietra miliare della musica. Apriremo uno squarcio vivido su uno dei fenomeni musicali e culturali più importanti del XX secolo, con il predominio dell’improvvisazione sulla forma scritta.

«La musica è sempre un dialogo, deve esserlo, se diventa un monologo non diventa più niente, si sfalda, si smarrisce. E quale miglior dialogo se non quello, intenso e rarefatto, potente e leggero, tra il pianoforte di Duke Ellington e la voce di Ella Fitzgerald in Lush Life, con le sillabe che rotolano eleganti e bizzose come i frutti maturi che stanno per staccarsi da un albero perché è arrivato il loro momento, mentre il lussuoso brano scritto a diciassette anni da Billy Strayhorn scivola via come una slitta su un fondo innevato. Improvvisare è come lanciarsi da un dirupo senza sapere cosa c’è sotto. John Coltrane lo ha fatto sempre, si è sempre lanciato in uno spazio aperto, abbandonato, che ha delimitato e delineato con la sua musica; forse è il primo e unico caso di musicista che ha capito da subito il quadro nel quale si sarebbe mosso, e lo ha fatto in modo impetuoso, quasi fanciullesco, con una tensione mai risolta verso l’eterno. Ci sono alcuni video di Coltrane in cui suona con gli occhi sbarrati, quasi senza espressione, ma sarebbe un errore pensare a una fissità oftalmica: quelle pupille rotonde e tese verso uno zenith che vedeva solo lui erano invece una specie di porta spalancata verso la percezione più profonda di quello che stava tentando di dire, occhi supplici, parti di quella immensa preghiera laica – ci possono essere anche preghiere laiche che hanno lo stesso valore di quelle religiose – che è stata la sua musica. Giant Steps, i suoi passi da gigante non sono stati solo suoi ma di tutta la musica che li ha seguiti, che non ha potuto farne a meno».

IGOR EBULI POLETTI, pavese, classe ’65, ha pubblicato per Blonk due guide semiserie di viaggio di successo: Olanda. Biciclette, mulini a vento e aringhe. Soprattutto aringhe (2019) e Islande, quasi tutte (2022). Per Tedjo Edizioni Inutili ha pubblicato Giappone. 100 tesi. Tutte sbagliate (2021). La grande passione per il Jazz lo ha portato a scrivere questa storia sentimentale.

Ermanno Mariani “Scoop. La banda degli incappucciati tra Piacenza e la Bassa Lombarda”

Pagine 60, 13 euro

OLIGO EDITORE

Una storia vera di cronaca nera narrata in prima persona dal cronista che ha risolto il caso. Nel 1995 una banda di incappucciati terrorizza le province di Monza, Lodi, Cremona, Crema, Brescia e Piacenza. Passa di paese in paese, violentando giovani ragazze con una violenza che nella pacifica provincia italiana non si era mai vista. Un cronista piacentino ha per primo l’intuizione che non si tratti di casi isolati, ma dell’azione di una banda criminale. Da qui la notizia rimbalza su tutti i media nazionali. Tra indagini, rapporti non sempre facili con le forze dell’ordine e colleghi, uno spaccato veritiero del mondo giornalistico italiano.

Nebbia autunnale, fredda, pungente. Antonio si avvicinò al rugginoso Maggiolino; inserita la chiave nel quadro, il motore 1200 tossì e la macchina del popolo sussultò avanzando nell’umida e leggera nebbia che tutto ammantellava, insozzando grigia e vischiosa strade, lampioni, palazzi, opacizzando luminose insegne al neon e semplici cartelloni. Parcheggiata la Volkswagen, il cronista scese dall’auto e coprì a piedi le poche centinaia di metri che lo separavano dal bar; l’umidità lo penetrava come un acuto urlo di orrore e lo faceva rabbrividire, si alzò il bavero del giubbotto sul collo per proteggersi.

Ermanno Mariani, cronista di nera e giudiziaria, scrive per “Libertà” quotidiano di Piacenza. Corrispondente Ansa, collabora anche con Radio Inn, Radio Sound e Telelibertà. In passato ha lavorato per il “Giorno”, “l’Unità”, “Repubblica”, “Gazzetta di Parma”, “Resto del Carlino”, “La Nazione”, “Il Giornale di Brescia”, Radio Popolare. Ha scritto numerosi libri per editori del territorio e si è occupato di tutti i casi mediatici dell’Emilia e della Bassa Lombardia e, in ultimo, del ritrovamento del ritratto di Klimt a Piacenza, da cui ha tratto il libro Il mistero del doppio ritratto di Klimt (2018).

Mark Twain “Le avventure di Huckleberry Finn, Oligo Editore

Traduzione e cura di Riccardo Ferrazzi e Marino Magliani

Pagine 368, 22 euro dal 14 aprile in libreria

OLIGO

«TUTTA LA MODERNA LETTERATURA AMERICANA DERIVA DA UN LIBRO DI MARK TWAIN CHIAMATO HUCKLEBERRY FINN» (ERNEST HEMINGWAY)

Una nuova traduzione del capolavoro di Mark Twain – un romanzo picaresco ambientato nel sud schiavista dell’America degli anni ’40 del XIX secolo – che accetta la sfida dell’autore a ridipingere con i colori, i rumori, gli odori della nostra lingua l’affresco multisensoriale del south, riproducendo gli effetti sonori delle varie e differenti parlate presenti nel romanzo, a partire dal broken english, una lingua sincopata di fonemi spezzati, di grammatica e vocabolario fatti esplodere, simile a un rap del nostro profondo sud.

RICCARDO FERRAZZI ha esordito con Il tempo, probabilmente (Literalia, 2000) che conteneva due racconti di Raul Montanari e due suoi. Ha tradotto numerosi libri dallo spagnolo insieme a Marino Magliani. Per Oligo ha pubblicato il saggio Premonizioni (2022).

MARINO MAGLIANI, di origini liguri, ha vissuto per anni tra Spagna e America Latina, per poi trasferirsi in Olanda. Scrittore e traduttore, ha pubblicato per Sironi, Longanesi, Chiarelettere, Exòrma, L’Orma. Ha vinto numerosi premi e riconoscimenti. Nel 2022 è rientrato nella dozzina finalista del Premio Strega.


Le avventure di Huckleberry Finn: romanzo (1884) dello scrittore statunitense M.Twain (1835-1910), considerato un capolavoro della narrativa americana per ragazzi.

Huck, un bambino praticamente solo al mondo, racconta le mille avventure che gli occorrono mentre con un amico, lo schiavo Jim, risale il Mississippi su una zattera.(da Treccani)

Andrea Vannicelli “Roman! Breve elogio del romanzo in terra di Francia”, Oligo Editore

Pagine 88, prezzo 13 euro

OLIGO Editore

Una guida sentimentale al romanzo francese

Non una storia, piuttosto una guida, un viaggio sentimentale alla scoperta del romanzo francese tra Otto, Novecento e i giorni nostri. 

Conosceremo gli autori, attraverso limpidi ed efficaci ritratti: Stendhal (1783-1842), l’avventuriero; Honoré de Balzac (1799-1850), l’immaginifico; Flaubert (1821-1880), l’antiromantico; Victor Hugo (1802-1885), lo storico; Émile Zola (1840-1902), il sociologo; Jules Verne (1828-1905), l’inventore della fantascienza. E ancora: Marcel Proust, Albert Camus, Jean-Paul Sartre, fino ad Annie Ernaux, premio Nobel 2022.

La Francia è un po’ come l’Arca di Noè. Vivono in lei epoche intere, è un momento del mondo: la preistoria, l’età antica o quella contemporanea vi si sono susseguite e stratificate e in parte ancora convivono in essa. Il romanzo, roman, vi ha avuto uno straordinario sviluppo. Inizialmente si chiamò così, nel Medioevo, perché era uno scritto in lingua romanza, cioè neo-latina: roman! Non più il latino incomprensibile, usato ormai soltanto dalle élites, ma finalmente la lingua del popolo! La somiglianza tra nave e romanzo è sorprendente: nella costruzione (asse dopo asse, per creare un’ossatura intesa come trama, con una parte immersa – tutto ciò che è implicito in un testo –, e dei compartimenti-sezioni-capitoli…), nella composizione spesso tripartita (prua-inizio; scafo-sviluppo; poppa-fine), nella necessità di imbarcarsi verso un altrove assieme a personaggi di vario tipo…

ANDREA VANNICELLI è docente titolare di Lingua e Letteratura Francese nei Licei. Dopo la laurea in Francesistica e un dottorato di ricerca in Letterature comparate presso l’Università di Lovanio (Belgio) ha pubblicato numerosi saggi in riviste e volumi di ambito accademico. Collabora con vari periodici, tra cui “Studi Cattolici”. Tra i libri più recenti ricordiamo Il tramonto dei Lumi. Storia della letteratura francese da Chateaubriand a Houellebecq (GOG).

Francesco Permunian “Stradario sentimentale del lago di Garda e del monte Baldo”, Oligo Editore

Lo sguardo di Permunian (Premio Dessì 2019) sul paesaggio gardesano.

Fotografie di Pino Mongiello

Con la collaborazione di Fabio Coltri

Prefazione di Andrea Caterini

Pagine 70, Euro: 15,00

OLIGO EDITORE

Questo agile e smilzo Stradario sentimentale illustra e racconta il viaggio compiuto da due amici – Pino Mongiello e Francesco Permunian – i quali, nel corso degli ultimi tre anni, hanno più volte vagabondato lungo i percorsi e i sentieri meno battuti del lago di Garda e del monte Baldo, attardandosi equamente a descrivere e a fotografare sia le colline gardesane che le pendici montebaldine: con delle chiare e forse inevitabili preferenze, quali la strada di San Michele sul versante bresciano e la strada che dalla piana di Caprino Veronese sale fino a Lumini, una frazione di San Zeno di Montagna nella cui scuola elementare prestò servizio, nel corso degli anni Trenta, una giovane maestra di nome Ada Sandri.

«Pur stanco e sfinito a furia di leggere e rileggere questi miei appunti di “viaggio” – è dall’estate scorsa che m’intasano la scrivania – ciò nonostante io mi ostino a riesaminare ancora questo breve Stradario, il quale, malgrado tutti gli sforzi per renderlo meno rapsodico e più razionale, non muta granché la sua natura intimamente svagata e frammentaria.  E quindi oltremodo indigesta, va da sé, ai comuni lettori delle comuni guide turistiche. Trattandosi in questo caso non di un’ordinaria guida in stile Touring Club, bensì di una singolare mappa sentimentale allestita dal sottoscritto lungo le sponde del lago di Garda e sulle pendici del monte Baldo. Da quel consumato (e ormai disincantato) flâneur che m’illudo di essere, nel corso di tali vagabondaggi ho, ovviamente, le mie mete preferite. I miei angoli segreti.  I miei luoghi dell’anima, per così dire, i quali cambiano e variano a seconda delle stagioni. O meglio, a seconda di quanto io stia rimuginando in quel determinato momento, dato che ogni angolo del Garda e del Baldo corrisponde nella mia mente a uno spunto narrativo.  Tutto insomma mi ispira in tale ambiente naturale, in cui io vivo e scrivo da più di quarant’anni. E dal quale peraltro non ho alcuna intenzione di andarmene, visto e considerato che qualunque distacco dalla mia quotidiana “ronda stradale” mi crea soltanto un senso di spaesamento misto a disagio e irritazione

FRANCESCO PERMUNIAN (Cavarzere, 1951) vive a Desenzano sul lago di Garda. Tra i suoi libri ricordiamo: Cronaca di un servo felice (Meridiano Zero 1999), Nel paese delle ceneri (Rizzoli 2003), Ultima favola (Il Saggiatore 2015), Costellazioni del crepuscolo (Il Saggiatore 2017), Sillabario dell’amor crudele (Chiarelettere 2019, Premio Dessì), Il rapido lembo del ridicolo (Italo Svevo 2021) e Per Ponte alle grazie Giorni di collera e di annientamento (2021) ed Elogio dell’aberrazione (2022). Delle sue opere hanno scritto, tra gli altri, Andrea Cortellessa, Andrea Caterini Giulio Ferroni, Salvatore Silvano Nigro, Ermanno Paccagnini. Compare tra i Solitari di Davide Bregola (Oligo 2021).

PINO MONGIELLO (Salò, 1944), cultore di storia benacense, è dedito alla fotografia di paesaggio e di ritratto. Di lui hanno scritto, tra gli altri, Arturo Carlo Quintavalle, Claudio Cerritelli, Nino Dolfo. Ha ricoperto le seguenti cariche: Sindaco di Salò (1989 – 1994); Presidente Comunità del Garda (1999-2004); Presidente Ateneo di Salò (2000- 2015). Nel 1980 ha dato vita col pittore Attilio Forgioli e col critico Flaminio Gualdoni, alla Civica Raccolta del Disegno di Salò (che collezione opere su carta di artisti del Novecento.

Riccardo Ferrazzi “Premonizioni. Punti di contatto tra umano e divino nell’antichità”, Oligo Editore

Oligo editore

Sogni, premonizioni e visioni dall’antichità al Cinquecento

Alessandro Magno, Giulio Cesare, Mosè, Gesù e, ancora, Costantino. Cosa hanno in comune? Hanno avuto delle premonizioni. Con sogni e visioni hanno intravisto porzioni di futuro. In questo breve saggio si parlerà di oracoli antichi (caldei, etruschi, greci e romani), ma anche di personaggi storici, uomini illustri e fondatori di grandi religioni, per provare a capire in cosa credessero le società che ci hanno preceduto.

«Gli antichi ritenevano che il destino di ogni uomo fosse scritto nella totalità della Natura in un modo inattingibile alla ragione dialettica; dunque, per squarciare il velo del futuro, bisognava collocarsi al di là della ragione. E per questo motivo sibille e indovini procuravano di raggiungere uno stato di “furore profetico”, naturale o indotto.

Non è un’idea soltanto greca: i profeti ebrei asserivano di parlare invasati, al punto da essere niente più che una bocca attraverso la quale parlava Dio. Nella tradizione slava i veggenti sono persone mentalmente disturbate che, quando non profetano, sono considerate gli “scemi del villaggio”. In Siberia e fra i nativi americani gli sciamani erano (e sono, infatti ne esistono ancora) ritenuti come minimo degli originali. Una caratteristica comune ai profeti e veggenti di tutte le latitudini era che fossero un po’ folli o posseduti da uno spirito o almeno che avessero visioni durante il sonno.

La comunicazione privilegiata dell’indovino con la Natura prendeva le mosse dalla convinzione che il cosmo non fosse governato dal caso, ma dal fato. Per i veggenti il futuro non è casuale e imprevedibile come il lancio dei dadi, ma discende da una ferrea logica trascendente. E siccome la logica del fato va ben oltre la ragione umana, per conoscere il futuro le sibille non cercavano di interpretare dei segni ma, al contrario, facevano tacere la ragione per entrare in sintonia con la Natura».

Riccardo Ferrazzi ha esordito con Il tempo, probabilmente (Literalia) che conteneva due racconti di Raul Montanari e due suoi. Ha tradotto numerosi libri dallo spagnolo insieme a Marino Magliani. Tra le opere recenti ricordiamo N.B. Un teppista di successo (Arkadia) e Il Caravaggio scomparso (Golem).

Biagio Bagini “Swinging Stravinsky”, Oligo Editore


Pagine 210 Euro: 16,90

OLIGO EDITORE

L’incontro tra il compositore russo Igor Stravinsky e il clarinettista americano Benny Goodman. Un viaggio da San Pietroburgo a New York. Sullo sfondo, la nascita del jazz americano. In mezzo, tra i salotti di Coco Chanel e i film dei Fratelli Marx, un coro di mille anime che hanno il volto dei balletti russi e delle prime orchestre sui battelli. A 140 anni dalla nascita di Stravinsky, un romanzo sulla nascita del jazz. 

Dichiara l’autore: 

«Questa storia è nata trent’anni fa come nascono le operazioni creative, cioè per la volontà di scrivere a partire da una pista iniziale. Mi sono lasciato sedurre dal fascino della complessità dei linguaggi musicali, dall’altisonanza dei nomi e dalla prospettiva, che trovavo stimolante, di mettere a confronto mondi apparentemente lontani per trovare un punto di fusione. E ho trovato, lì nel mezzo delle partiture musicali, una figura diabolica e insieme umana, che cercava disperatamente di fare da deus ex machina.»

Biagio Bagini è stato autore radiofonico per Rai2 e come scrittore di libri per l’infanzia ha pubblicato per le maggiori case editrici del settore. La spiccata sensibilità animalista e l’attenzione ai temi ambientali ha orientato la sua produzione più recente, volta a un’originale narrativa con trama saggistica e taglio umoristico. Grande appassionato di musica, oltreché suonatore di verdure nel Conciorto, ha pubblicato raccolte di racconti sul pop e sul jazz, con divagazioni nella storia musicale del Novecento.

Claudio Gallo – Giuseppe Bonomi “Emilio Salgari. Scrittore di avventure”, Oligo Editore

Prefazione di Luca Crovi,  con una nota di Mino Milani

Copertina di Paolo Barbieri

pagine 300, prezzo 28 euro in libreria il 29 aprile 

OLIGO EDITORE

Nel 160 anniversario dalla nascita, la nuova biografia di Emilio Salgari si fonda su testimonianze e documenti in parte sconosciuti, evitando rigorosamente interpretazioni romanzate assai diffuse in passato. L’appassionata ricerca offre una rappresentazione aderente alla realtà di una vita laboriosa e sofferta, senza ritocchi agiografici o riduttivi, soffermandosi sul laboratorio salgariano dove la creatività si combina con avvenimenti storici; Gallo e Bonomi evidenziano poi le sue relazioni con il Melodramma, la Scapigliatura e il Positivismo, inserendo la sua attività nel contesto editoriale dell’epoca e ricomponendo così la vita di un autore che non ha precedenti nel nostro Paese, mentre sono numerosi i collegamenti alle vicende umane di Verne, May, Kipling e Stevenson. La biografia ambisce di fornire agli studiosi, ai ricercatori, ai bibliotecari e ai lettori, un contributo biografico e bibliografico, ricco di fatti, documenti, notizie, sicuri e affidabili, integrata da un apparato bibliografico esauriente.

Questa biografia (su materiale di prima mano, e arricchita da un impressionante apparato di note e di riferimenti d’ogni tipo e che tra l’altro informa particolarmente sui primi giornali italiani per ragazzi) ricostruisce puntigliosamente la formazione culturale di Salgari, chiarendo i suoi rapporti con Scapigliatura e Positivismo, con la sua città, con la cultura del suo tempo; la sua iniziazione letteraria; narra il suo arduo percorso professionale, le sue esperienze di giornalista, i suoi momenti di discussione, di polemica, di incursioni nel teatro, i suoi naturalmente lunghi e vari rapporti con gli editori, infine il suo grande successo. È un lavoro diligente, rigoroso e insieme appassionante, che toglie di mezzo leggende, fantasie consolidate e luoghi comuni, e che di Salgari indaga anche il privato, i suoi amori, la passione (viene da chiamarla così) per la moglie, il suo febbricitante e fatale incedere verso l’autodistruzione. E lo fa (Gallo e Bonomi tengono a dichiararlo fermamente) «senza fini agiografici o dissacratori». (MINO MILANI)

CLAUDIO GALLO, già bibliotecario, docente di Storia del Fumetto presso l’Università degli Studi di Verona e l’Istituto Design Palladio di Verona, direttore de “Ilcorsaronero”, rivista salgariana di letteratura popolare, è tra i massimi studiosi dell’opera di Salgari. Per Oligo Editore ha pubblicato le curatele di Robert Louis Stevenson, L’Isola del Tesoro. Il mio primo libro (2020, traduzione di Luca Crovi e prefazione di Mino Milani) e di Giustino Ferri, Tra le quinte del cinema (2021, con Luca Crovi).
GIUSEPPE BONOMI, istriano in esilio perpetuo, ha pubblicato numerosi saggi. Con Gallo ha firmato per la curatela La fine del secolo XX (Black Dog, 2021) di Giustino Ferri, nonché altri interventi disseminati su bollettini, riviste e giornali.