Wilbur Smith con David Churchill “Eredità di guerra”, presentazione

Arriva postumo il seguito della saga dei Courtney che Wilbur Smith aveva scritto in collaborazione con David Churchill, un romanzo che ben si articola tra i vari filoni della trama senza mai interrompere l’azione, come è tipico dell’autore conosciuto in tutto il mondo per i suoi lavori tradotti in molte lingue.

Ambientato in Europa, alla fine del secondo conflitto mondiale dove però l’eredità di Hitler permane, e in Kenya quando iniziano a manifestarsi i primi segni di ribellione al potere coloniale. Saffron Courtney e suo marito sono sopravvissuti al conflitto e anche Konrad, il fratello nazista di Gerhard, è ancora vivo: l’azione si sviluppa così tra complotti e lotte per la libertà.

[…]“Wilbur Smith, l’indimenticabile maestro dell’avventura, ci regala una storia di coraggio, eroismo, ribellione e guerra che si dipana tra due continenti. Un romanzo appassionante e pieno d’azione che segue La Guerra dei Courtney e conclude la saga iniziata con Il destino del cacciatore”(da Harper Collins)

WILBUR SMITH nato nel 1933 in Africa centrale, si è dedicato esclusivamente alla scrittura dal 1964, dopo il successo del suo primo romanzo, Il destino del leone. Da allora ha pubblicato oltre quaranta titoli fra cui il ciclo ambientato nell’Antico Egitto e le celebri serie dedicate ai Courtney, ai Ballantyne, a Hector Cross oltre a numerosi altri romanzi, tutti supportati da meticolose ricerche e informazioni, raccolte nel corso dei suoi viaggi e spedizioni in tutto il mondo. I suoi libri oggi sono tradotti in ventisei lingue. Con HarperCollins ha pubblicato il memoir Leopard Rock. L’avventura della mia vita e il romanzo La guerra dei Courtney.(da HarperCollins Autori)

Dello stesso autore su tuttatoscanalibri:

Il nuovo regno

Re dei re

La guerra dei Courtney

8 marzo 2022: un omaggio a tutte le donne

Nell’altro giardino da scaricare gratis da Amazon

Donne protagoniste

La recensione di Federica Zani

Una delle immagini più belle e famose della Recherche di Proust è quella dei giardini di Combray, la città dove il Narratore ha trascorso l’infanzia, che scaturiscono dalla sua tazza di tè: quel tè bevuto per caso il cui sapore ha miracolosamente riattivato tutti i ricordi di un periodo della sua vita che credeva perduto. La memoria come un giardino da esplorare: una metafora che, sebbene in modo diverso, è alla base anche di Nell’altro giardino, che si apre infatti con una citazione della sterminata opera proustiana.

Di giardini in questo romanzo ce ne sono due, ma il più importante è il terzo: l’altro, quello che non si vede. È il giardino del tempo perso per sempre, trascurato, impossibile da recuperare. Il Narratore proustiano trova la chiave per entrare nel giardino della memoria; nel nostro romanzo, invece, la chiave non c’è. Non si può raccontare quello che non si ricorda; si può solo segnare lo spazio occupato dalla sua assenza. Per questo il lettore sulla sua strada troverà molti vuoti, molti spazi bianchi di cui i personaggi per primi non sanno dare spiegazione. È una situazione in cui anche noi ci troviamo: la storia della nostra vita è scritta sopra la massa informe delle cose che abbiamo dimenticato. Quante sono, di tutte quelle che abbiamo vissuto, le ore che si sono davvero impresse nella nostra memoria? La percentuale, se ben ci si pensa, è desolante.

Fra le ore che quasi tutti ricordiamo ci sono probabilmente quelle in qualche modo legate all’amore. La ricerca di un modo giusto di dare e ricevere amore è infatti ciò che accomuna tutte le protagoniste. Sono donne che coprono lo spazio di tre generazioni, mostrando l’ampiezza e la varietà dello spettro emotivo nell’adolescenza, nella maturità e nella vecchiaia. La loro ricerca non si appiattisce sul cosiddetto “amore romantico” di troppi romanzi rosa; anzi, se c’è una lezione in questo libro, è forse proprio che non sempre le forme canoniche dell’affetto, così come la società le propone, sono di una taglia adatta a tutti. Bisogna avere la forza di guardare attraverso gli stereotipi per trovare la propria forma d’amore fatta su misura, l’unica in grado di riempire di senso la propria vita. È un percorso difficile e non tutti riescono a concluderlo con successo: qualcuno si smarrisce per strada. Nell’altro giardino, con la sua particolare struttura narrativa corale, che non si focalizza su un solo personaggio, riesce a raccontare con partecipazione la vicenda di ognuna di queste donne, comprendendo senza giudicare.

Federica Zani

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Filippo Maria Battaglia “Nonostante tutte” presentazione

Il romanzo di Battaglia inaugura la nuova Collana Einaudi “Unici” , a cura di Daria Oggero, che al momento prevede tre uscite l’anno di testi appunto unici per l’impostazione, per lo stile, per le tematiche o la prospettiva.

Il romanzo ha per protagonista Nina, una donna che esiste incarnandone centodiciannove, tutte donne del Novecento e mute ma la cui voce è diventata sonora con lei che le rappresenta attraverso ciò che hanno scritto nei loro diari, nelle lettere, in pagine di memorie. Stralci che l’autore infatti ha scelto nelle novemila pagine biografiche conservate presso l’Archivio Diaristico Nazionale di Pieve Santo Stefano: cinque anni di letture per confezionare una voce sola. Decisamente un’idea unica.

E le voci costruiscono un quadro corale che si inquadra storicamente nell’evolversi della realtà italiana da paese povero e contadino a moderno.

“Si può scrivere la storia vera di una donna che non è mai esistita? La risposta è sì: lo hanno fatto le centodiciannove voci di donne realmente esistite che si alternano in questo romanzo in un montaggio sapiente, che trascina ed emoziona. Donne del Novecento italiano diverse per età, inclinazioni, livello d’istruzione, estrazione sociale, che hanno lasciato lettere, diari, memorie private. Scrivere, per loro, ha significato soprattutto portare in salvo se stesse.

[…]L’infanzia incantata e spaccata, il desiderio di una vita differente, il sesso, il lavoro, il matrimonio, la maternità, la malattia, l’amicizia, l’impegno civile, la vecchiaia… Esperienze individuali irriducibili, certo, eppure collettive. Per questo il romanzo dalla struttura originalissima a cui dà vita Filippo Maria Battaglia può dirsi anche un romanzo politico. L’emozione nasce da lì: nel vedere, nel sentire, ciò che è simile e ciò che invece resta legato a una vita, a quella vita. […]” (dal Catalogo Einaudi)

Brevi note biografiche

Filippo Maria Battaglia (Palermo, 1984), giornalista di «Sky TG24», vive a Milano. Con Bollati Boringhieri ha pubblicato: Lei non sa chi ero io! La nascita della Casta in Italia (2014), Stai zitta e va’ in cucina. Breve storia del maschilismo in politica da Togliatti a Grillo (2015), Bisogna saper perdere. Sconfitte, congiure e tradimenti in politica da De Gasperi a Renzi (con P. Volterra, 2016) e Ho molti amici gay. La crociata omofoba della politica italiana (2017). Ha curato diverse antologie giornalistiche, tra cui Professione reporter. Il giornalismo d’inchiesta nell’Italia del dopoguerra (con B. Benvenuto, Rizzoli 2008) e Scusi, lei si sente italiano? (con P. Di Paolo, Laterza 2010). Con Einaudi ha pubblicato Nonostante tutte (2022).(da Einaudi Autori)

“Le parole più belle sono fiori: 40 sentimenti dell’alfabeto floreale di Virgola”, presentazione

Volume interamente illustrato.

Ogni fiore, un significato codificato: una storia antichissima nata nel vicino Oriente e importata nella prima metà del Settecento in Europa, dapprima in Inghilterra.

Più illustrato che scritto, brevi testi raccontano il significato storico di ogni fiore accompagnato da una citazione d’autore, nel volume sono raffigurati 39 fiori più uno, che piace particolarmente all’illustratrice: fuori dal linguaggio dei fiori cui però ha trovato una corrispondenza nella fragilità, un fiore che realmente esiste anche se non fa parte della flora europea: il fiore di vetro.

Virginia Di Giorgio, conosciuta come Virgola, è siciliana di nascita ma fiorentina d’adozione, città in cui si è laureata in Storia dell’arte medievale.

[…] Fin dai tempi più remoti si è cercata la fitta rete di corrispondenze tra i sentimenti, gli affetti, gli stati d’animo da un lato e l’infinita varietà di forme e di colori del mondo floreale dall’altra, come per scoprire una lingua nuova, emozionante e suggestiva. La conoscenza del linguaggio dei fiori ha poi avuto una particolare diffusione in Europa tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento ed è giunta fino ai giorni nostri sempre infondendo in chi la avvicina la stessa meraviglia. […] Nelle tavole raccolte in questo volume, Virgola, al secolo Virginia di Giorgio, artista capace di tocchi delicati e di slanci pittorici sorprendenti, interpreta con vera maestria questa elegante tradizione, antica e sempre nuovissima.(da Aboca Edizioni)

e anche

Brevi note biografiche

Virginia Di Giorgio (Messina, 1985) illustratrice, è laureata in Storia dell’arte medievale a Firenze. Nel 2013 ha creato Virgola. Nel 2014 e nel 2015 ha vinto il Premio Igers Award come artista dell’anno e personaggio dell’anno su Instagram. Dal 2018 pubblica una linea stationery di grande successo. Nel 2021 ha disegnato live durante la mostra Inside Dalì nella chiesa di Santo Stefano al Ponte Vecchio a Firenze.(da Aboca Edizioni Autori)

Due recensioni in breve: un romanzo postumo, una riedizione

-John le Carré “L’ultimo segreto”

-Alba de Céspedes “L’anima degli altri”

È da oggi in libreria il romanzo postumo del grande romanziere, pubblicato a cura del figlio Nick. La vicenda si svolge nel presente, ma l’indagine riguarda quanto operato dall’agente, ormai in pensione, Edward Avon durante la guerra in Bosnia (1992 – 1995). Un romanzo di spionaggio con un agente che fa il doppio gioco, non per denaro né contro il proprio Paese, con immancabili misteri, sorprese ma anche falsi indizi, cui si affianca un secondo personaggio, Julian Lawndsley, un giovane dalla brillante carriera nella City a cui ha rinunciato trasferendosi in una cittadina di mare e gestendo una libreria.

L’ultimo segreto è la storia affascinante dell’incontro tra innocenza ed esperienza e tra dovere pubblico e morale privata. Nel suo ultimo capolavoro, John le Carré, il più grande cronista della nostra epoca, si chiede cosa si deve al proprio paese quando non lo si riconosce più”(da Mondadori Libri)

e anche

Brevi note biografiche

Poole, Inghilterra, 1931 – 2020. Ha studiato nelle università di Berna e Oxford e ha insegnato a Eton. Durante la Guerra Fredda ha servito per un breve periodo nei Servizi segreti britannici. Negli ultimi cinquant’anni si è dedicato interamente alla scrittura.

Libro d’esordio della scrittrice allora ventiquattrenne, uscito nel 1935 e riedito da Cliquot che lo definisce “il libro dimenticato” proprio perché non ha “mai avuto in tanti decenni neppure una riedizione (questo è il mistero) e anzi ne siano sopravvissute pochissime copie originali (questo è il miracolo), pressoché introvabili nelle librerie antiquarie”.

Diciotto brevi racconti che trattano “di situazioni d’amore, scene familiari, o perfino buffe vicende forse lette sul giornale che raccontano di un’Italia che sarebbe presto scomparsa e, ancora di più, mostrano in nuce tutta la grandezza di uno dei massimi nomi del Novecento letterario italiano.(da Cliquot Edizioni)

De Céspedes scrive spesso di tradimenti, di abbandoni, di incrinature, di matrimoni quasi mai felici (con un’eccezione, forse due). Sempre nei Quaderni, dirà: «La famiglia è deleteria per la scrittura».(dalla Prefazione di Loredana Lipperini)

Alba de Céspedes (1911-1997), figlia dell’ambasciatore cubano a Roma, crebbe fra Roma e Parigi in un ambiente familiare colto e progressista. Iniziò giovanissima a scrivere racconti per i quotidiani, e nel 1938 pubblicò il suo primo best seller internazionale, Nessuno torna indietro. Dopo la guerra, nella quale prese parte attiva in seno alla Resistenza, portò avanti il suo impegno politico e intellettuale, largamente incentrato sulla posizione della donna nella società, in tutte le sue opere, fra cui ricordiamo Dalla parte di lei (1949), Quaderno proibito (1952) e La bambolona (1967), oltre che nelle numerose stesure per la radio e la televisione.(da Cliquot Edizioni)

Hans von Trotha “Le ultime ore di Ludwig Pollak”, presentazione

Traduzione dal tedesco di Matteo Galli

[…]“Ludwig Pollak non è una persona qualunque: ebreo, raffinato archeologo, grande collezionista, mercante d’arte a cui tutti si rivolgono per un parere o una attribuzione definitiva[…] (dal Catalogo Sellerio Editore)

Le ultime ore di Ludwig Pollak, titolo originale Pollaks Arm, Il braccio di Pollak, fa riferimento al ritrovamento da parte dello studioso nel 1903 del braccio mancante del gruppo del Laocoonte, il gruppo marmoreo del padre con i due figli tra le spire di un enorme serpente ritrovato nel 1506 ma mancante del braccio destro. Questa importante scoperta fu poi da lui donata ai Musei Vaticani sostituendo il braccio levato di cui la statua era stata dotata con l’originale ritrovato: piegato sul gomito: posizione che ne modificava la “lettura”. Quando la sera del 15 ottobre del 1943 Pollak rifiutò di rifugiarsi in Vaticano, rimandando indietro colui che era stato inviato per convincerlo e prelevarlo insieme alla famiglia, l’indomani fu tra gli ebrei romani deportati e ucciso ad Auschwitz pochi giorni dopo all’età di settantacinque anni (era nato a Praga nel 1868)

“Un romanzo straordinario che si immerge nelle pieghe oscure tra civiltà e barbarie grazie a un personaggio poco conosciuto, che ha dedicato la sua vita all’arte, a un ideale di bellezza eterna, e che mai ha voluto arrendersi agli orrori della follia umana”.[…] (dal Catalogo Sellerio Editore)

e anche

Brevi note biografiche

Hans von Trotha (1965), giornalista, storico e studioso dell’arte del giardino, ha curato mostre e scritto libri nel suo campo. Oltre al romanzo a sfondo storico Le ultime ore di Ludwig Pollak, ha scritto anche un’altra opera di narrativa in lingua tedesca.

Jules Verne “Un inverno tra i ghiacci” presentazione

La copertina è di Camilla Castellani

Un classico dell’avventura alla Verne: un salvataggio di naufraghi in cui si impegnano provetti navigatori per superare i pericoli del mare; ma il pericolo maggiore è rappresentato dalla distesa di ghiacci che li attende oltre il 70° parallelo, le condizioni estreme determinate dal gelo, dal buio e dall’inverno polare. Un racconto nato da minuziose e puntuali documentazioni da parte dell’autore.

Dall‘Introduzione

Un inverno tra i ghiacci può essere retrospettivamente considerata l’opera manifesto del Verne maturo. Pubblicato in due puntate nel 1855, sulla rivista di Pitre-Chevalier, porta in sé tutte quelle caratteristiche che di lì a breve renderanno celebre l’autore: una storia avvincente, un viaggio in zone estreme del pianeta, un approfondito e puntuale studio di tutti gli aspetti scientifici legati alle vicende narrate. Come si specificava nell’introduzione alla prima puntata, infatti, il racconto era una novità assoluta e, pur essendo soltanto una storia di fantasia, prima di scriverlo l’autore aveva dedicato parecchio tempo alle ricerche. Questo racconto fu infatti scritto dopo un minuzioso studio di tutte le testimonianze dei viaggiatori alla ricerca del famoso passaggio a Nordest.
Dopo aver accuratamente descritto i preparativi compiuti dall’equipaggio per mettersi in grado di affrontare l’inverno polare, Verne ci porta assieme ai marinai del brigantino Jeune-Hardie in questo viaggio di salvataggio da Dunkerque al Polo. Risaltano anche le date precise, che Verne riporta puntualmente, necessarie per spiegare realisticamente le varie avversità che l’inverno polare opporrà di volta in volta ai marinai del Jeune-Hardie.

dello stesso autore:

La sfinge dei ghiacci

Il conte di Chanteleine

Solo su Amazon in ebook e in cartaceo

Annabel Abbs “La cucina inglese di Miss Eliza”, presentazione

Annabel Abbs nella Premessa al romanzo scrive che si tratta di un’opera di finzione “che prende spunto da una serie di fatti noti della vita di Eliza Acton, poetessa e pionieristica scrittrice di libri di cucina e della sua aiutante, Ann Kirby. Tra il 1835 e il 1845 Eliza e Ann vissero a Tonbridge, nel Kent, e scrissero un libro di cucina […] All’epoca fu un best seller, sia in patria sia a lvello internazionale, arrivando a vendere 125.000 copie nell’arco di trent’anni.[…]

Eliza Acton(1799) voleva scrivere poesie senza trovare un editore che al contrario le propone di scrivere un libro di ricette. Ma sarà la situazione familiare critica a livello economico a far incontrare Eliza con Ann, assunta per aiutarla a preparare da mangiare per probabili ospiti paganti.

Da poetessa a creatrice del ricettario moderno il Modern cookery for private families pubblicato nel 1845, scritto come i nostri attuali ricettari con la lista degli ingredienti e le fasi di preparazione.

La Abbs ricostruisce la storia di Eliza e di Ann alternando le due voci delle protagoniste per riportare alla luce una storia dimenticata: le ricette infatti vennero copiate e saccheggiate e alle due protagoniste rimase l’oblio.

“Inghilterra, 1835. Eliza Acton spera che la sua nuova raccolta di poesie la conduca al successo. I sogni di gloria, però, si infrangono contro l’oltraggioso rifiuto dell’editore, Mr Longman, che la invita a dedicarsi a un libro di ricette – del resto i lettori non si aspettano altro da una donna. Eliza s’indigna: in casa degli Acton la cucina riguarda solo la servitú. Ma quando suo padre, sull’orlo della bancarotta, si dà alla fuga, quell’assurda proposta si rivela l’unico modo per sopravvivere. Eliza allora impara a conoscere i segreti di pentole e fornelli e, con l’aiuto della giovane Ann, finisce per scoprire che in ogni ricetta riuscita c’è sempre un pizzico di poesia. E di amore.(dal Catalogo Einaudi Editore)

Brevi note biografiche

Annabel Abbs è nata a Bristol nel 1964. Si è laureata in letteratura inglese presso la University of East Anglia e ha ottenuto un master in marketing presso la University of Kingston. Nel 2015 il suo romanzo d’esordio, The Joyce Girl, ha vinto l’Impress Prize for New Writers e lo Spotlight First Novel Award. Suoi articoli e racconti sono apparsi su, tra gli altri, «The Guardian», «Mslexia», «Elle», «The Huffington Post». Per Einaudi ha pubblicato Frieda (2020), il suo secondo romanzo, e La Cucina di Miss Eliza (2022).( Da Einaudi Autori)

Le pagine di tuttatoscanalibri più visitate nel mese di gennaio 2022

Alessia Gazzola e la nuova trilogia con Costanza Macallé

Primo Levi “Se questo è un uomo”

Un romanzo ispira un cammino

E. Lee Masters “Antologia di Spoon River”

Hans Tuzzi intervista Ottavia Niccoli autrice del giallo storico “Morte al filatoio”

Isaku Yanaihara “I miei giorni con Giacometti”

Sergio Givone “Tra terra e cielo. La vera storia della cupola di Brunelleschi”

Paolo Cognetti “La felicità del lupo”

Peter Cameron “Quella sera dorata”

Hannah Lynn “Il segreto della Medusa. Tutta un’altra storia”

Cees Nooteboom “Venezia, il leone, la città e l’acqua”

Curiosità bibliofile: i caratteri tipografici

Madeline Miller “Circe”, presentazione

La scrittrice americana Madeline Miller vincitrice dell’Orange Prize con La Canzone di Achille, torna a proporre in questo secondo romanzo una figura mitologica, Circe. Pubblicato nel 2018 anche questo secondo romanzo è stato finalista per il Women’s Prize for Fiction ed è stato tradotto in molte lingue tra le quali l’ italiano da Marinella Macrì dall’inglese americano, come si legge nel colophon dell’edizione Marsilio.

Protagonista è la ninfa Circe che si racconta: suo padre era Elios dio del sole e sua madre la bella Perseide, figlia di Oceano, anch’essa una ninfa, una divinità minore, una naiade, “guardiana di fiumi e sorgenti”:

”Crebbi in fretta. La mia prima infanzia fu questione di ore, la seconda di pochi istanti. Una zia si trattenne sperando di entrare nelle grazie di mia madre e mi diede nome Circe, sparviera per via dei miei occhi gialli e del suono insolitamente flebile del mio pianto”.

Una figura mitologica tratteggiata e indagata dall’autrice come protagonista e non più come oggetto della storia raccontata da Odisseo: eccentrica e indipendente, amante più del mondo mortale che del mondo in cui è nata, dea dalla voce umana capace di empatia, di entrare in completo contatto con l’umanità e di averne compassione:

“[…] Agli altri non è gradita la mia voce. Mi dicono che assomiglia al grido di un gabbiano. […] Non sembri un gabbiano. Hai la voce di un mortale[…] La maggior parte degli dei ha voci simili al tuono e alla roccia[…] a volte le ninfe minori nascono con voce umana. Tu sei una di loro”

“[…]Poggiando su una solida conoscenza delle fonti e su una profonda comprensione dello spirito greco, Madeline Miller fa rivivere una delle figure più conturbanti del mito e ci regala uno sguardo originale sulle grandi storie dell’antichità”.(da Marsilio Editori)

Madeline Miller è nata a Boston, ha un dottorato in lettere classiche alla Brown University; ha insegnato drammaturgia e adattamento teatrale dei testi antichi a Yale. Il suo ultimo lavoro rilegge in chiave attuale il mito di Galatea, pubblicato recentemente da Sonzogno.