Matteo Bussola “Il talento della rondine”, presentazione

Brando, Ettore, Mirta. La danza, il disegno, l’amore. Qual è il vero talento? Quello che ti è stato dato o quello che scegli di inseguire, contro tutto e tutti?
In una coreografia dove tutto si tiene, Matteo Bussola intreccia movimenti e desideri in un crescendo di emozioni. Perché forse il vero talento è trovare il proprio passo e condividerlo con chi si ama.(da Salani Libri)

«Fare con facilità ciò che riesce difficile agli altri, ecco cos’è il talento. Fare con fatica ciò che riesce facile ai talentuosi, ecco cos’è il coraggio».
Matteo Bussola

Nella frase di Bussola è sintetizzato il percorso dei due protagonisti: Brando ed Ettore, due adolescenti alla ricerca del proprio passo, di una realizzazione che esula da quanto gli altri possano chiedere o a cui essi stessi sentano di essere portati istintivamente.

Una pagina che mette a fuoco le difficili scelte in un’età in cui le spinte e gli imput sono davvero molti e che pertanto rendono il proprio percorso più arduo..

Talento, amicizia, fatica, fragilità e coraggio sono i temi che guidano il romanzo e il cammino dei due protagonisti.

Se Brando è la farfalla, Ettore è la Rondine, ciscuno così soprannominato per le proprie capacità per l’uno e la caparbietà per l’altro per diventare da rondine farfalla con l’impegno e la perseveranza senza mai arrendersi, con la forza del vero coraggio.

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Olivier Guez “Mesopotamia”, presentazione

Traduzione di Milena Zemira Ciccimarra.

Dalla scoperta di giganteschi giacimenti di petrolio ai crudeli giochi di potere tra inglesi, francesi e tedeschi, dalle trattative sotto le tende beduine alle sabbie di Baghdad, dove il destino di migliaia di persone è ogni giorno appeso a un filo: Olivier Guez recupera dal deserto la vita di una donna straordinaria, per raccontare l’epopea travolgente di una terra mitica e maledetta, la terra di Abramo, la terra del diluvio e di Babele, dei sogni infranti di Alessandro Magno: la Mesopotamia.(da La nave di Teseo)

La donna straordinaria è Gertrude Bell, non facilmente incasellabile, così la giudica lo scrittore in una recente intervista (La Lettura 14 settembre, a cura di Stefano Montefiori), inglese e quasi sconosciuta nonostante il suo ruolo in terra di Mesopotamia.

Alla domanda: Ha compiuto molte ricerche? Olivier Guez ha risposto che ci sono voluti sei anni per scrivere questo libro, perché le letture rischiavano di non finire mai. E poi entrare nella testa d’una spia vittoriana ha richiesto un po’ di adattamento.
Ecco un’ altra delle caratteristiche che contraddistinguono il personaggio Bell, eclettica e nello stesso tempo conservatrice, avventuriera e nello stesso tempo diplomatica, spia in grado di parlare arabo e persiano, diventa alla fine della prima guerra mondiale la donna più potente dell’impero coloniale britannico, protagonista nella creazione del moderno stato dell’Iraq, contribuendo  a tracciarne i confini, eppure rimasta sconosciuta anche rispetto a Lawrence d’Arabia, al quale l’accomunavano varie caratteristiche, e divenuto famoso grazie al film che lo immortalò con Peter O’Toole del ’62; anche alla Bell è stato dedicato un film di Werner Herzog con Nicole Kidman (Queen of the Desert, 2015,), che non ebbe però alcun successo, lasciandone la storia sconosciuta ai più, nonostante i due fossero molto simili, avendo entrambi una visione romantica dell’esistenza, essendo molto conservatori, con la stessa passione per l’antichità, per l’archeologia, ed entrambi spie.

Un’intervista interessante quella di Montefiori perché permette di cogliere le caratteristiche principali della protagonista e nello stesso tempo del romanzo che sa condurre non solo alla scoperta della Bell ma anche inquadrare storicamente e in modo puntuale un territorio travagliato e senza pace.

“Olivier Guez porta il lettore nel Medio Oriente di inizio Novecento, quando una regione più o meno dimenticata, per secoli, dagli occidentali si ritrova all’improvviso, a causa del petrolio, al centro delle mire degli imperi rivali. Mesopotamia è un grande e ambizioso romanzo, appassionante perché non si riduce all’aspetto geopolitico. Il grande gioco delle potenze, con gli inevitabili rimandi alle vicende di oggi, viene percorso con fedeltà storica e allo stesso tempo minuzia psicologica perché Guez si è calato nell’anima di Gertrude Bell, la donna inglese, finora semisconosciuta, che ha disegnato la mappa delle terre tra il Tigri e l’Eufrate”.

Francesco Recami “Il mostro del Casoretto. Sei storie della casa di ringhiera”, presentazione

Sei racconti, tratti dalle varie antologie a tema pubblicate in questi anni, in cui gli inquilini della casa di ringhiera vanno in scena con i loro thriller, reali o immaginati. Un condominio che riesce ad essere contemporaneamente colpevole e investigatore attorno al quale l’autore ha imbastito un’unica grande storia in divenire che fa il verso ai costumi dell’Italia di oggi.(da Sellerio)

Sei storie che hanno come protagonista principale la casa di ringhiera, personificazione dei vari personaggi che vi abitano, con le loro ideosincrasie, segreti, colpe, imbastiti con pregiudizi ed  equivoci che generano opinioni malevole e crimini.

Se ogni storia ruota attorno ad Amedeo Consonni, ultrasessantenne, tappezziere in pensione e fidanzato ufficiale di Angela, maestra a sua volta in pensione, la tela narrativa ruota attorno al concetto della casa di ringhiera milanese: microcosmo sociale dove si consumano bassezze, manie e sentimenti di una quotidianità che è ormai la normalità” scrive Simone Innocenti nella sua presentazioner sulle pagine de La Lettura del Corriere (21 settembre 2025).

Recami racconta, sfiorando vari generi del thriller, i rapporti tra gli umani che lì vivono, inquadrandoli dentro un campionario che sa di teatro dell’assurdo pur apparendo normale in tutte le situazioni che raffigura: un mondo quello della casa di ringhiera che s’infrange dentro le ragioni dettate dal “punto di vista”, nell’inganno che vi si genera e dentro un’atmosfera noir.
E conclude così Simone Innocenti nel suo articolo:  “Recami, questo narratore finissimo e spregiudicato, è un Carlo Emilio Gadda ancora più nero che filtra la materia narrata col rigore stilistico di un Honoré de Balzac e la puntuta cattiveria toscana di un Curzio Malaparte”.

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La cassa refrigerata.Commedia nera numero 4

L’atroce delitto di via Lurcini, Commedia nera numero 3

Il diario segreto del cuore

Augusto De Angelis “Il mistero di Cinecittà”, presentazione

Un poliziesco dal maestro dimenticato del giallo italiano

In ebook su Amazon e in cartaceo

Stralci dall’Introduzione a cura di Alessandro Ferrini

Nel panorama della narrativa poliziesca italiana tra le due guerre, Augusto De Angelis occupa un posto di rilievo per aver saputo fondere, con originalità e coerenza, il modello investigativo del giallo classico con una sensibilità tutta italiana per l’indagine psicologica, morale e sociale. Con De Vincenzi e il mistero di Cinecittà, pubblicato nel 1939, lo scrittore raggiunge una delle vette più complesse e affascinanti della sua produzione, offrendoci un romanzo che è al contempo un giallo rigoroso e un lucido ritratto della società e del costume dell’epoca.
Ambientato interamente a Roma, il romanzo si svolge in un contesto temporale estremamente concentrato – due giornate di novembre – ma si articola in una trama densa che scava nelle pieghe più oscure delle dinamiche umane e professionali che animano il mondo cinematografico della neonata Cinecittà.

La sinossi
L’azione si svolge a Roma, nell’arco di due sole giornate del novembre 1939, ma la rapidità temporale è solo apparente: nel breve lasso narrativo si condensano tensioni morali, colpi di scena, intrighi personali e segreti inconfessabili. Il romanzo ruota attorno all’assassinio del regista Vassilli Boldviski, figura tanto geniale quanto inquietante, il cui cadavere viene ritrovato nella sua abitazione, al centro di un intrigo che coinvolge attori, produttori e segretarie della neonata casa di produzione Acidalia Film, emblema di un cinema ambizioso, opulento e decadente.
Protagonista dell’indagine è, come sempre, il Commissario Carlo De Vincenzi, appena trasferito da Milano alla Questura romana. Uomo colto, silenzioso e riflessivo, De Vincenzi è forse il primo vero detective “intellettuale” della narrativa gialla italiana. I suoi metodi non sono quelli dell’investigazione forense, ma quelli dell’osservazione psicologica, della deduzione morale, del ragionamento profondo. La sua ricerca della verità non è solo volta a individuare il colpevole, ma a comprendere il movente, l’anima, il contesto che rende possibile il crimine.

Brevi note biografiche

Augusto De Angelis fu una delle figure più originali e significative della narrativa italiana tra le due guerre, nonché il vero pioniere del romanzo poliziesco moderno in Italia. Nato a Roma nel 1888, trascorse gran parte della sua vita professionale tra Milano e Genova, lavorando come giornalista per importanti testate come Il Resto del Carlino, Il Secolo XIX e La Stampa. Fu anche autore teatrale, traduttore e saggista. La fama di De Angelis è legata indissolubilmente alla creazione del Commissario Carlo De Vincenzi, protagonista di una fortunata serie di romanzi gialli pubblicati a partire dal 1935. Con De Vincenzi, l’autore offrì al pubblico italiano un investigatore colto, umano, malinconico e profondamente riflessivo, molto lontano dagli stereotipi del detective infallibile o cinico. I suoi romanzi si distinguevano per lo stile letterario elegante, per l’ambientazione fortemente caratterizzata e per l’attenzione ai moti interiori dei personaggi.A differenza della narrativa gialla coeva, spesso considerata “di evasione” e guardata con sospetto dal regime fascista , De Angelis seppe nobilitare il genere, trasformando l’indagine in uno strumento di esplorazione psicologica e sociale. La sua prosa, sobria ma incisiva, unisce l’introspezione all’ironia, la denuncia sociale all’indagine dell’animo umano. Proprio per questa sua tensione etica e intellettuale, De Angelis entrò presto in contrasto con il regime fascista. Nel 1943 venne arrestato dalla Repubblica Sociale Italiana per “antifascismo morale”. Detenuto nel carcere di San Vittore, subì un pestaggio da parte di una guardia e morì poco dopo, nel 1944, a soli cinquantacinque anni.

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I tre romanzi sono tutti corredati da ampie pagine introduttive e note a cura di Alessandro Ferrini ed evidenziano la figura dell’autore, la storia personale e della sua opera, lo stile.

Dello stesso autore su tuttatoscanalibri: i link alla presentazione degli altri due romanzi della serie

De Angelis “Il Do tragico”

De Angelis “La barchetta di cristallo”

Alessandro Barbero “San Francesco”, presentazione

Chi era Francesco d’Assisi? Alessandro Barbero ci porta dentro le tante versioni della vita del santo arrivate fino a noi. Con il rigore dello storico e il gusto del narratore, porta alla luce la storia complessa, stratificata e, a tratti, contraddittoria di Francesco, il santo che tutti crediamo di conoscere. (Editori Laterza)

Dall’ Introduzione:

“L’unico punto su cui regna un accordo indiscusso, è che tutte le fonti che raccontano la vita di san Francesco sono gravate da una pesante ipoteca interpretativa: ogni autore ha costruito una sua immagine del santo, influenzata non soltanto dalle informazioni di cui disponeva, ma dalle sue convinzioni su chi doveva essere stato il fondatore dell’Ordine dei minori.
Questo non significa che sia diventato impossibile, o illegittimo, sforzarsi oggi di capire chi fu veramente l’uomo Francesco d’Assisi: analizzare le sue biografie medievali come testimonianze di un punto di vista soggettivo, se non di un’ideologia, non significa che si debba sospendere la ricerca sul Francesco “storico”.[…]
Ma in questo libro, che si rivolge al lettore non specialista, non voglio presentare anch’io un mio Francesco, e certamente non mi illudo di essermi avvicinato più di altri a stanare il vero Francesco. Chi legge troverà invece nei capitoli che seguono sette versioni della vita di san Francesco, o forse dovremmo dire “del beato padre Francesco”, come lo chiamava Tommaso da Celano; e scoprirà che anche se il personaggio raccontato è sempre visibilmente lo stesso, le sette storie sono tutte diverse l’una dall’altra. Il proposito è di mostrare in quale intricato gioco di specchi deformanti si sia moltiplicata e frazionata, subito dopo la sua morte, l’immagine di quel san Francesco che i suoi contemporanei – concordi in questo, ma soltanto in questo – vollero proporre al mondo cristiano come uno degli uomini più straordinari mai vissuti”.( da A.Barbero, San Francesco, Introduzione)

Per l’autore, sono appunto sette le versioni della vita di san Francesco arrivate fino a noi, tanto da diventare davvero difficile stabilire chi fosse il “vero” Francesco.

“Dopo aver fatto innamorare folle di studenti e spettatori con le vicende di barbari, imperatori e battaglie, eccolo cimentarsi con il più ingombrante dei santi: Francesco d’Assisi, cui è dedicato il suo San Francesco, appena edito per i tipi di Laterza (pagine 448, euro 20,00). Quell’attributo – “santo” – è una delle chiavi per comprenderne la natura: non siamo di fronte alla biografia di un uomo – o, almeno, non solo –, ma a un viaggio nella selva delle testimonianze agiografiche che assumono la santità come dato di partenza, con l’aggiunta – fondamentale – di quanto «frater Franciscus» dice di sé stesso. Non, dunque, una “vita”, ma una galleria di specchi. Da un lato, il Francesco del Testamentum, dettato in punto di morte, dall’altro, il profilo cangiante delle legendae: da quelle di Tommaso da Celano, l’agiografo “ufficiale”, tormentato dalla richiesta di offrire al “pubblico” sempre più miracoli, ai ricordi diretti dei compagni della prima ora, alla voce discreta ma potente di Chiara, al santo “addomesticato”, innalzato a modello irraggiungibile, di Bonaventura da Bagnoregio. Un incredibile parterre di testimonianze, la cui stratificazione, dissonanza e reciproca contaminazione costituisce il fulcro della cosiddetta “questione francescana”.[…] data la contraddittorietà delle fonti, avrebbe rischiato di scivolare nella rievocazione ipotetica o, peggio, nella combinazione di voci diverse, accostate ad arbitrio […]
Barbero non dà l’ultima parola, né la promette; non confeziona un Francesco da vetrina. Ci consegna, piuttosto, la realtà d’una memoria contesa, dando voce storica agli sforzi della filologia. Ed è questa, forse, la lezione più preziosa: la storia non serve a rassicurare, ma a ricordarci che anche i santi restano figure vive perché contese, instabili, irrisolte.
Un libro che diverte e commuove, che sorprende e irrita, e che, come credo, farà discutere a lungo. (Stralci da Antonio Musarra “Nella ricerca di Barbero il ritratto di un uomo in una galleria di specchi”, Avvenire 29 settembre 2025,)

“La sua narrazione ci dà un Francesco più spigoloso, lontano dal santo dolciastro che parlava agli uccellini e ammansiva i lupi. Anzi, aggiungo, Barbero ci dà molti Francesco diversi; come egli stesso scrive, le pagine del suo volume contengono: “sette versioni della vita di san Francesco […] il proposito è mostrare in quale intricato gioco di specchi si sia moltiplicata e frazionata, subito dopo la sua morte, l’immagine di quel santo”. Resta, dovendo stabilire un punto fermo, che più ci si allontana dall’immagine oleografica del santo semplicemente buono, più si scopre “uno degli uomini più straordinari mai vissuti” – e che vale la pena di conoscere meglio.(da Corrado Augias Il venerdì La Repubblica 26 settembre)

Dello stesso autore su tuttatoscanalibri

Inventare i libri

La battaglia di Campaldino

Tatiana Tolstoj “Anni con mio padre.Dolcezza, problematicità, tragedia della vecchiaia di Tolstoj”, Bibliotheka Edizioni

Il diario, dal 1878 al 1919, tenuto da Tatiana, secondogenita dello scrittore russo Lev Tolstoj: un album di famiglia che consente di conoscere da vicino uno dei più importanti autori russi di tutti i tempi

Traduzione di ROBERTO REBORA

Bibliotheka

Dal 3 ottobre in libreria

Non è solo un semplice diario quello che Tatiana Tolstoj, seconda figlia dell’autore di Anna Karenina e Guerra e pace, scrisse ogni giorno per quasi quarant’anni, quanto la cronaca quotidiana dei suoi rapporti col padre.
In quelle pagine, ora riproposte da Bibliotheka con il titolo Anni di mio padre, in libreria dal 3 ottobre nella traduzione di Roberto Rebora (300 pagine, 19 euro), scopriamo un Tolstoj familiare, bonario, senza “tolstoismi”. 
Quasi una carrellata di foto ricordo che, grazie al sovrapporsi di pagine apparentemente diverse tra loro, formano una sorta di taccuino di intimi appunti.
Una vera e propria vita illustrata di Tolstoj che il lettore vede animarsi davanti a sé, pagina dopo pagina.

Secondogenita dello scrittore russo, Tatiana Tolstoj (1864-1950) frequentò da ragazza l’Accademia di belle arti a Mosca e, come la madre e le due sorelle, fece da segretaria al padre. Appassionata di pedagogia, conobbe Maria Montessori e trascorse gli ultimi vent’anni a Roma con la figlia.

Serena Bacchiocchi “L’Atlante nudo delle Anime e dei Corpi”, Ventura Edizioni

Narrativa, Collana Parole Madri
Ventura Edizioni

Un atlante intimo e universale che racconta il corpo e l’anima come luoghi di memoria, dolore, rinascita.
Con L’Atlante nudo delle Anime e dei Corpi, Serena Bacchiocchi firma un’opera che intreccia autobiografia e narrativa, realtà e immaginazione, in un viaggio potente e senza filtri tra relazioni
familiari, fragilità, fantasie salvifiche e percorsi di resistenza interiore.
Il libro prende forma come una lunga lettera e come un mosaico di “chilo-metri” da percorrere: frammenti di vita che si intrecciano con la storia collettiva, con figure femminili e queer, con il peso invisibile che ciascuno porta dentro di sé.
In copertina, un’illustrazione di Guendalina Ravazzoni apre le porte a un atlante cangiante, mutevole, capace di parlare al lettore in profondità.

La sinossi

Quanto sono vasti i Continenti?
…e le nostre anime e i nostri corpi?
Blanquita, la voce narrante di questo romanzo audace, ci guida attraverso un mondo dove le coordinate di tempo e di spazio si dissolvono. Attraverso le storie intrecciate di Mercedes, di Esteban Mandurín, dello Straniero, delle sorelle Dalmare e di Estela Boliviàn, Blanquita sfida la convinzione che per avanzare bisogna necessariamente andare avanti. Invece, ci invita a camminare in tutte le direzioni: indietro, in alto, di lato e persino sotto terra, esplorando il peso emotivo e la distanza percorsa in Chilo- Metri, un’unità che misura non solo il cammino fisico, ma anche quello interiore.
L’autrice, con il suo stile irriverente e originale ci accompagna in un luogo sospeso dove corpo e anima si intrecciano, portandone alla luce le verità nascoste. Ogni pagina di questo Atlante ci conduce verso la terra degli Ossimori, un luogo senza confini, dove la realtà si fonde con la fantasia, la verità si mescola con la menzogna, l’ordine convive con il disordine, la violenza e la tenerezza portano lo stesso nome e i fantasmi sono in carne ed ossa.

Serena Bacchiocchi nasce ad Ancona il 25 settembre 1976 sotto il segno della Bilancia. Sebbene molto impegnata sul piano lavorativo e imprenditoriale, continua ad assecondare la propria natura artistica e a scrivere poesie e racconti. Questo romanzo prende forma durante il periodo del Lockdown. Dicono di lei: Ironica. Eclettica. Energica.







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