Alessia Gazzola “Miss Bee e il cadavere in biblioteca”, presentazione

Da oggi in libreria

[…]Ambientata nel mondo patinato e decadente dell’aristocrazia britannica al risveglio dall’incubo della Prima Guerra Mondiale, tra seducenti visconti e detective che sognano di tagliar loro la testa come nella rivoluzione francese, questa avventura di Miss Bee è una frizzante e incantevole combinazione di suggestioni – da Agatha Christie a Downton Abbey, dai romanzi di Frances Hodgson Burnett fino a Bridgerton – cui si aggiunge l’inconfondibile unicità del tocco di Alessia Gazzola.(da Longanesi Libri)

La ventenne Beatrice Bernabò, detta Miss Bee, è la nuova protagonista nell’ultimo romanzo della Gazzola, dopo Alice, Costanza e Rachele.
Si è trasferita da qualche anno a Londra da Firenze, con le due sorelle, Clara e Lucilla, e il padre docente universitario.
Intraprendente, alla moda, ironica, questa sua prima indagine-avventura, cui farà seguito “Miss Bee e il principe d’inverno”, la vede partecipe nel mondo dell’aristocrazia inglese a pochi anni dalla fine della Prima Guerra Mondiale, nel 1924: invitata a cena dalla nobile dirimpettaia, Mrs. Ashbury, vedova e madre dell’affascinante Christopher detto Kit, si troverà in mezzo a un omicidio di cui proprio lui potrebbe essere il colpevole o il seducente visconte suo amico e invitato.

Nel primo capitolo intitolato Il braccialetto, il lettore fa la sua prima conoscenza con la giovane protagonista

Camminando di fretta sotto una pioggerellina molto inglese, Beatrice Bernabò prese una storta. Si fermò sul marciapiede e sollevò la caviglia: aveva appena calpestato un braccialetto che, se non era d’oro, lo sembrava.
Si chinò, lo raccolse da terra e subito dopo si guardò attorno. Alle spalle, a destra, a sinistra. Forse l’aveva smarrito qualcuno nei paraggi? Non c’era nessuno.
Beatrice fece scivolare il bracciale nella tasca del cappotto: doveva solo attraversare la strada e sarebbe rientrata a casa, dove avrebbe potuto osservarlo meglio.
Non appena la porta si chiuse alle sue spalle e prima ancora di togliersi il cappello, Beatrice prese il bracciale.
[…]
«Beatrice, sei tu?» sentì la voce del padre chiamarla dal suo studio.
«Sì?, papa`. Arrivo.» Si tolse il cappellino, appese il cappotto all’attaccapanni e lo raggiunse.
Leonida Bernabò guardò la figlia. « Pensavo che fossi il garzone del latte.»
La mattina precedente, la sua secondogenita si era tagliata i capelli corti: era la moda. Segretamente Beatrice rimpiangeva la bella chioma scura, ma quando poi vedeva le altre ventenni con capigliature rette da lunghe trecce annodate le sembravano delle vecchie prozie e le passava ogni pentimento.
«E invece è la tua figlia scavezzacollo.»
«Dov’eri andata?»
«A farmi prestare un paio di scarpe da Clara.»
«Capisco. Vai a prepararti? È tardi.»
«Sì, ma farò presto.»
Beatrice era invitata a cena a casa di Mrs. Minerva Ashbury, che abitava esattamente di fronte a loro. A pensarci bene, il bracciale che giaceva smarrito nei pressi della sua casa bianca su due piani a Queen’s Gate, nel quartiere di South Kensington, poteva appartenere a lei, o a qualcuno che frequentava casa sua. Era un’ipotesi sensata: gliel’avrebbe mostrato quella sera stessa.
Mrs. Ashbury aveva preso a ben volere le sorelle Bernabò, che si erano trasferite da Firenze nel 1920 insieme al padre Leonida, docente di Italianistica all’Universita` di Londra. Incarico cui il professore aveva aspirato per anni e che era stato favorito dall’ambasciatore italiano nel Regno Unito in persona, amico d’infanzia di Leonida.

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