Francesca Ghedini “Maledette. Le donne nel mito”, presentazione

Una veste sontuosa, un gomitolo, una corona, una lettera esibita e abbandonata, l’assenza totale di un episodio dal repertorio iconografico o l’abbondante varietà di un altro… Sono queste le tracce che Francesca Ghedini segue per ricostruire, nel continuo confronto con i testi greci e latini, le vicende di cinque grandi figure della tradizione occidentale.
Fronteggiando le mille contraddizioni che una civiltà pervasa e invasa dalle immagini conserva e riproduce nei secoli, l’autrice rilegge momenti poco noti o celeberrimi tramandati dal canone letterario e scava nell’iconografia che gareggia con le parole.
( da Marsilio Libri)

Cinque figure femminili, Fedra, Arianna, Medea, Circe, Pasifae “Nel grande mare della letteratura classica ho scelto cinque donne diverse per carattere ed esperienze, ma unite non solo da uno stretto legame di sangue, in quanto appartenenti a quell’articolata famiglia mitica che ha come capostipite il Sole, ma anche dall’amaro destino di essere condannate ad amori infelici, nefasti o contro natura”.

Fedra incestuosa, Arianna sedotta e abbandonata, Medea matricida, Circe la maga, Pasifae moglie di Minosse che si innamora di un toro.

Tutte vittime di una maledizione, quella di Afrodite: fu il Sole a denunciare ad Efesto,  consorte della dea, la  relazione focosa che la univa al bellicoso Ares; è da quest’episodio che inizia il racconto

Un racconto che, come scrive Maria Grazia Ciani nella prefazione, “è un originale confronto tra le fonti letterarie e le fonti iconografiche greche, magnogreche e romane”,  ricostruisce le vicende della stirpe del Sole, segnata dalla maledizione di Afrodite, in un “rispecchiarsi della poesia nell’immagine e dell’immagine nella poesia, in un intreccio tra parola e arte grafica o pittorica dove la prima descrive e la seconda ne coglie il significato più profondo, “oppure ignora il particolare più importante per dare rilievo a fatti secondari. Logos contro imago e imago contro logos. E, secondo l’autrice, il logos è spesso meno eloquente dell’imago

“Le immagini sono state il filo rosso che ha accompagnato tutta la mia vita di studiosa. Le ho analizzate dal punto di vista della formazione e trasmissione, del significato, della gestualità e della prossemica, e ho cercato di capire il senso che le raffigurazioni create da artisti e artigiani classici potevano avere non solo per noi, che in esse cerchiamo echi di mondi perduti, ma per i contemporanei, che ne erano circondati. Evocative e sfuggenti a un tempo le immagini sono infatti un tassello importante per avvicinarci alla cultura classica. Popolavano il quotidiano degli antichi, si dispiegavano su oggetti d’uso e su doni votivi, sulle pareti e i pavimenti delle case, sulle stoffe da arredamento o da abbigliamento, sui gioielli e sulla suppellettile di lusso, sulle monete e sui grandi monumenti pubblici che esaltavano le glorie della città”(dal capitolo primo La stirpe dannata).

Francesca Ghedini, professoressa emerita di Archeologia all’Università di Padova, è autrice di qualche centinaio di pubblicazioni. Fra i vari ambiti della sua ricerca, si è dedicata principalmente allo studio dell’iconografia e all’uso delle immagini come specchio delle società che le hanno prodotte. Tra i suoi ultimi volumi, Giulia Domna. Una siriaca sul trono dei Cesari (2020) e Lo sguardo degli antichi. Il racconto nell’arte classica (2022).(da Marsilio Autori)

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