Sandra Passerotti “Le ragazze di Barbiana”, recensione di Luisa Gianassi

Il profilo umano di Don Lorenzo Milani resta quello di una delle più limpide coscienze del Novecento, ma come scrive Padre David Maria Turoldo “il fenomeno Don Milani non si spiega che con il segreto della santità”. Del Priore di Barbiana tanto è stato scritto e detto, soprattutto da intellettuali, ma viene dal mondo contadino, tanto considerato da don Lorenzo, l’autrice del libro “Le ragazze di Barbiana”. Si tratta di Sandra Passerotti che con questo scritto contribuisce a chiarire quella che è stata la grande rivoluzione culturale-didattica-pedagogica avviata da don Lorenzo Milani. Molto si è parlato degli allievi di Don Lorenzo, ma pochissimo delle ragazze alle quali ha fatto scuola in un’epoca e in una realtà contadina che considerava inutile far studiare le femmine, che erano per questo le più povere tra i poveri. E si sa che Don Lorenzo è stato sempre dalla parte del “più ultimo”! Dalle appassionate testimonianze rilasciate da queste ragazze emerge la grande attenzione di don Lorenzo per la condizione sociale della donna negli anni ’50 e’60 e il suo impegno a promuoverne l’emancipazione arrivando al limite, per l’epoca impensabile, di prevederne l’impegno politico e sindacale, anticipando così idee e conquiste del nostro tempo.

”Tu sai che il mio scopo principale è di fare la scuola per le bambine piccole e queste sono 6 o 7. Io penso soprattutto a loro perché l’anno prossimo avranno l’Avviamento come ho fatto coi ragazzi (….) Voglio educarle in tutti i modi per farne delle figliole intelligenti, furbe, sveglie, capaci di difendersi, di guadagnarsi il pane, di mandare avanti la famiglia eccetera“.

Questo scrive don Lorenzo a Eugenia, moglie di Maresco Ballini già allievo di don Lorenzo a Calenzano, chiedendole di organizzare un corso di taglio e cucito. In un periodo dove nella scuola pubblica le classi sono rigorosamente divise fra maschi e femmine, a Barbiana si anticipano i tempi e la scuola è mista. Siamo negli anni ’50 e quando i programmi ministeriali Ermini prevedono, fra l’altro, che le bambine nel primo ciclo “vengano addestrate alle più semplici e facili attività della casa” mentre nel secondo ciclo si concede loro di “esercitarsi in più facili lavori di maglia rammendo, pratica dell’igiene e delle più facili attività del cucinare”, Don Lorenzo organizza, cosa assolutamente rivoluzionaria per l’epoca, un viaggio in Inghilterra per due ragazze della sua scuola. Allo stesso modo, rivoluzionaria è la sua idea di dare alle femmine istruzione, coraggio, dignità e capacità artigianali, per sottrarle al destino di doversi sposare e farsi mantenere. Don Lorenzo comunque trovandosi ad operare in una realtà ottusa, piena di pregiudizi e tabù nei confronti della donna è consapevole che qualche volta, con enorme dispiacere, è stato costretto ad “aver lasciato un passo indietro le bambine rispetto ai maschi”. Ma, dalla lettera scritta nel 1966 all’amica Giuseppina Melli, emerge chiara la considerazione che aveva della donna: ”l’unica differenza tra i maschi e le femmine è che le femmine capiscono qualcosa nei fatti altrui mentre i maschi capiscono solo nei loro propri”

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