Edgar Allan Poe “Una discesa nel Maelström” presentazione dell’edizione curata e tradotta da Alessandro Ferrini

Una discesa nel Maelström è un racconto del terrore scritto da Poe tra il 1833 e il 1841 nel quale l’autore finge di riportare la narrazione di un pescatore norvegese sopravvissuto alla terribile tempesta e miracolosamente uscito vivo dal gorgo del Maelström, un fenomeno naturale causato dalle maree che entrando e fuoriuscendo da passaggi stretti in prossimità dei fiordi norvegesi provocano onde anomale e pericolosissimi vortici. Il luogo si trova lungo le coste atlantiche della Norvegia in prossimità delle isole Lofoten; qui, due volte al giorno il flusso e il riflusso delle maree che si scontrano nell’angusto e poco profondo stretto davanti all’isolotto di Mosken genera una corrente impetuosa con onde e vortici del diametro di 40-50 metri. Poe conosceva il fenomeno non direttamente ma attraverso letture e racconti e pertanto la scenografia che descrive non può essere considerata come una descrizione naturalistica ma piuttosto come trasposizione fantastico – allegorica delle vicende umane.

Dall’Introduzione

Così Charles Baudelaire nel 1854 nella prefazione ai “Racconti” di Edgar Allan Poe:
Recentemente venne condotto davanti ai nostri tribunali un disgraziato che aveva la fronte marcata con
un insolito e singolare tatuaggio: ‘Senza fortuna!’. Aveva cosi sopra gli occhi l’etichetta della propria
esistenza, come un libro il proprio titolo, e il processo dimostrò che la bizzarra scritta era spietatamente
vera.
Nella storia della letteratura si trovano analoghi destini, vere e proprie dannazioni, uomini che portano
la parola scarogna scritta in caratteri misteriosi tra le rughe sinuose della fronte. L’angelo cieco
dell’espiazione si è impossessato di loro e li fustiga con tutte le sue forze ad edificazione degli altri.
Inutilmente la loro esistenza manifesta talento, virtù, amabilità; la Società riserba loro un particolare
anatema, e li accusa delle infermità che la sua stessa persecuzione ha loro attribuito.
Che cosa non ha tentato Hoffmann per placare il destino, e Balzac per implorare la fortuna?
[…]
Triste tragedia la vita di Edgar Poe. La sua morte un orribile finale, reso più orribile dalla volgarità.
Da tutti i documenti da me letti, ho tratto la convinzione che gli Stati Uniti furono per Poe soltanto una
vasta prigione: egli la percorreva con l’agitazione febbrile di un essere nato per respirare in un mondo più
profumato di quell’immensa barbarie illuminata a gas. La sua vita interiore di poeta o anche di
ubriacone, era un continuo tentativo di sfuggire l’influenza di questa atmosfera irritante.
[…]

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