Il Tempo, il grande tiranno che governa le nostre vite e che, soprattutto nella nostra epoca accelerata, scatena in tutti noi furiose invettive o disarmanti giustificazioni …
Joseph Mazur nel suo recente “Storia del tempo”, in libreria dal 3 settembre, ne traccia la storia evolutiva legata alla sua percezione, dal paradosso di Zenone alla fisica quantistica, e non solo, si sofferma sul tempo soggettivo o meglio, il tempo dentro di noi, quello che sembra accelerare con l’età, ma anche su come fare per calmierarlo, visto che le nostre cellule sono dotate di una consapevolezza temporale che si è modificata nel corso della storia: un racconto divertente carico di intuizioni e consigli. Perché, ad esempio, in un posto nuovo la giornata ci sembra più lunga? Forse perché abbiamo incamerato nuove informazioni? Di conseguenza ci sembra più breve quando la trascorriamo in luoghi abituali? Questo spiegherebbe perché, ma solo in parte, invecchiando ci pare che il tempo passi più in fretta… Un viaggio affascinante in una dimensione di cui in effetti conosciamo poco, ma che sa nel suo scorrere catturarci tenacemente.
Girst si sofferma, con le storie che ci racconta in altrettanti 28 capitoli, soprattutto su un aspetto: rallentare il tempo, per prendersi, come indica il titolo “tutto il tempo del mondo” ovvero tutto il tempo necessario. Impareremo ad essere più felici non pensando che sia così effimera e poco duratura?
[…] In 28 capitoli racconta altrettante storie, personaggi e luoghi che hanno fatto pace con il tempo: dall’architettura folle del postino Cheval, che costruisce il Palais idéal in trentatré anni con le pietre e le conchiglie raccolte durante i suoi giri quotidiani, all’opera di Cage che, tuttora in corso, terminerà di essere suonata nel 2640, dalle capsule lanciate nello spazio in un viaggio potenzialmente infinito, all’esperimento più lento del mondo, ossia quello della caduta della goccia di pece, dal registro delle fioriture dei ciliegi in Giappone, all’opera pittorica di Roman Opalka che passò la vita a dipingere i numeri in sequenza arrivando, prima di morire, a vergare il 5.607.249. Da queste pagine si esce divertiti e incuriositi, coinvolti in un percorso grazie al quale si impara a distinguere tra un tempo “brutto” e frenetico e uno “bello” e rilassato, […] quello di chi si è accorto che non c’è cosa più appagante che lasciar passare il tempo mentre si è impegnati in qualcosa di meraviglioso […]
E per sorridere un po’ da: Storie di città in “Fiabe a volontà” EDIDA (il testo è scaricabile gratuitamente su Kobo e laFeltrinelli)
Storie di città
Le città hanno forma e colore ma anche sapore e odore, le senti oltre a vederle non solo col naso e con gli occhi: certe fanno paura e vorresti fuggirvi lontano, in altre resteresti per sempre. Alcune sono generose, amicone; altre scontrose ed egoiste, assomigliano agli umani con i loro difetti e i loro pregi. Non sono tutte così, alcune sanno di poco come le minestre scipite, ma quelle di cui vi racconterò sono davvero speciali e uniche.
Io sono un “viaggiastorie” mi piace viaggiare, vedere e raccontare.
Acronos e Bicronos
[…] Sono a pochi chilometri l’una dall’altra, ma sono distanti anni luce.
Acronos persegue puntualmente la mancanza di tempo, Bicronos ne è ossessionata; se si contagiassero, ne ricaverebbero beneficio sia l’una sia l’altra.
Ad Acronos il tempo non si è fermato, non è mai passato di lì.
Voi pensate che ad Acronos, città senza tempo, tutti possano essere felici?
Errore, sembrano felici. Ciascuno ha un proprio tempo e ne segue il ritmo; fin qui tutto liscio, anzi sembrerebbe una delle migliori invenzioni.
Ma cominciamo da quello che ho visto.
Non ci sono orologi ad Acronos, né grandi né piccini, né da polso né digitali, nessuno si occupa del tempo.
Ciascuno si sveglia in base al proprio orologio biologico, senza curarsi degli orologi biologici altrui; se ti viene fame e vuoi un panino, corri il rischio di trovare tutti i venditori di panini assenti dal loro posto vendita o magari presenti, ma senza pane.
Perché? Perché il panettiere non ha fatto ancora il pane, magari dopo un po’ c’è un’invasione di panini, ma quando tu hai fame magari non ce n’è nessuno.
Ad Acronos non dici mai né buongiorno, né buonasera, solo ciao. Non dici ci vediamo tra un’ora, ma solo ci vediamo se ci vediamo. Può sembrare splendido a chi non sa fare a meno dell’orologio ed è contemporaneamente nauseato dal consultare continuamente la propria agenda fitta di impegni a tutte le ore.
Ad Acronos nessuno ha impegni, almeno non con gli altri.
Può sembrare una felice anarchia, ma le conseguenze sono a volte poco esilaranti.
Quello che colpisce quando arrivi è la flemma che avvolge tutta la città, anche le case sembrano accoccolate sulle proprie fondamenta e non ritte su di esse; tutti sono rilassati, non corre mai nessuno, nessuno ti spintona, non ci sono ore di punta, non ci sono orari dei negozi, non si mangia tutti ad una certa ora o più o meno, si mangia o non si mangia, dipende.
I cittadini di Bicronos ogni tanto vengono a sbirciare e se la fanno sotto dalle risate: si riconoscono non solo perché ridono tanto, ma perché guardano spesso l’orologio che hanno al polso o controllano altri strumenti per misurare il tempo e lo fanno tutti contemporaneamente e allora sono i cittadini di Acronos che ridono a crepapelle prendendoli in giro e mimando i loro gesti.
A Bicronos tutto è perfetto e puntuale, gli abitanti si vantano di avere sincronizzato così bene gli orologi di tutta la città che anche Pulcinella qui sarebbe costretto a sposarsi o a trovare una soluzione diversa per restare sempre scapolo.
Una città sincronizzata dà sicurezza e tutti gli abitanti non riuscirebbero a vivere come ad Acronos. Il tempo non è solo dannato, ma è tutto, è il loro idolo, la loro fede. Qui corrono tutti, qui si sbracciano tutti, le pareti delle case sono tappezzate di orologi che registrano le ore di tutti i distretti, la vita scorre puntuale e sincronizzata. Alla stessa ora aprono tutti i bar che devono aprire alle 7, così quelli che devono aprire alle 6 e alle 5 e alle 4, insomma tutte le ore sono contemplate, anzi i Bicronesi avevano deciso di inserire anche le aperture agli scarti dei quarti, ma ancora non hanno perfezionato il meccanismo.
Quale preferire? Difficile a dirsi, ma come recita il vecchio adagio forse ogni estremo è difetto.
Se doveste capitarci per caso in una di queste città, mi raccomando, raccontatemi che impressione vi hanno fatto perché io non ci torno davvero!
S.P.