Giuseppe Berto “La Fantarca”, presentazione

È il 1965 quando Giuseppe Berto pubblica con Rizzoli La fantarca.[…] Berto esce completamente dai propri schemi e da quelli dell’epoca e scrive uno spassosissimo romanzo di fantascienza, fortemente legato al suo tempo ma anche tragicamente visionario. Siamo nel 2160[…], la Terra è divisa in due blocchi, entrambi controllati da macchine, identiche in tutto eccetto che per la forma: quella delle terre occidentali è un triangolo, l’altra un quadrato.(da Neri Pozza)

Neri Pozza ripropone il romanzo di Berto, un testo che si differenzia proprio per il genere e le tematiche dalle altre opere dello scrittore. È ambientato in un futuro molto lontano dove, nonstante il dominio delle macchine e della tecnologia, la questione meridionale è ancora irrisolta. Un progetto spaziale parrebbe poter sciogliere l’annosa questione: una nave spaziale dal promettende appellativo di Speranza N.5, carica dei 1347 terroni rimasti in Sud Italia, partirà per colonizzare Saturno. Imbarcati a forza i “terroni” paiono allegri e contenti anche se quell’euforia è dovuta alle pasticche somministrate dall’efficiente Comitato per la Felice Evacuazione delle Aree Depresse… Così, la Speranza N. 5, teleguidata dalla Terra, affronta il viaggio.

Un viaggio spaziale e speciale che con tono scanzonato e leggero metterà alla berlina le conseguenze assurde legate alla superbia e alla miopia umana, sì, perché mentre sulla Terra le due fazioni finiscono per distruggersi a vicenda, sull’astronave si sperimenta al contrario comprensione e indulgenza.

“Non fate l’errore di pensare che La fantarca sia una specie di operetta morale e che ci sia, appunto una qualche morale. Non c’è, e ce ne sono a migliaia, ma è inutile cercarle, perché il libro va verso qualcosa di più alto. C’è una storia, c’è La Storia, c’è la fantascienza (genere molto difficile da affrontare), lo humour”, così conclude la sua presentazione al testo Diego De Silva (La Stampa 3 settembre 2024)

Giuseppe Berto nasce a Mogliano Veneto il 27 dicembre 1914. Nel 1947 pubblica presso Longanesi Il cielo è rosso, su segnalazione di Giovanni Comisso. Tra il 1955 e il 1978, anno in cui si spegne a Roma, dà alle stampe, oltre al Male oscuro (Neri Pozza, 2016), Guerra in camicia nera Oh Serafina!. Con Neri Pozza sono stati ripubblicati La gloria (2017) e Anonimo veneziano (2018), per restituire all’apprezzamento dei lettori e della critica odierna l’opera di uno dei grandi autori del nostro Novecento. ( da Neri Pozza)

Shubnum Khan “Lo spirito aspetta cent’anni”, presentazione

“Ma quando la verità sembra vicina, un’ombra impalpabile e insistente inizia a risvegliarsi dal suo lungo sonno e ad Akbar Manzil cambierà ogni cosa. Per i vivi e per i morti”.(da Neri Pozza)

Traduzione di Simona Fefé

Una grande villa ormai in rovina e parcellezzata, un’adolescente con un grande dolore che l’attanaglia, la scoperta di una tragedia, di un amore fatto di tormento distruttivo: questi gli ingredienti chiave di una storia che intreccia più piani, il presente e il passato, il tangibile e l’immaginario, il possibile e impossibile, tra magico, fantasmi, misteri.

La giovane protagonista è Sana, una quindicenne che da quattro anni è orfana di madre. Il cocente dolore per la grave perdita che accompagna lei e il padre li spinge a trovare un nuovo luogo decidendo  di trasferirsi nella tenuta di Akbar Mansil, in Sudafrica: prima abbagliante e felice ora specchio dell’infelicità di chi ci vive e  diviso ormai in piccole residenze separate.

È in questo luogo che sa di abbandono ma si porta dentro il fascino degli antichi splendori che la giovane Sana ricostruisce, attraverso le esplorazioni nell’ala est, in una stanza chiusa e dimenticata, foto lettere e diari,  e scopre la storia di una donna morta cento anni prima in circostanze misteriose, Meena, e del suo amore per il costruttore di quella tenuta: il dolore le accomuna, anche se di origine diversa.

“Ma quando la verità sembra vicina, un’ombra impalpabile e insistente inizia a risvegliarsi dal suo lungo sonno e ad Akbar Manzil cambierà ogni cosa. Per i vivi e per i morti”.

Brevi note biografiche

Shubnum Khan è un’autrice e artista sudafricana. I suoi scritti sono apparsi su The New York Times, McSweeney’s, HuffPost, O, the Oprah Magazine, The Sunday Times, marie claire. È laureata in Anglistica e Media Studies all’Università di KwaZulu-Natal. Lo spirito aspetta cent’anni è il suo primo romanzo pubblicato in Italia (da Neri Pozza)

Ye Chun “Cani di paglia nell’universo”, presentazione

Dalle campagne dell’Asia alla California spazzata dalle ondate dei movimenti anti-cinesi, “Cani di paglia nell’universo” è una storia di immigrazione, identità e resilienza capace di insegnarci di che materia sono fatti i legami che tengono unita una famiglia e di quanta tenacia e coraggio servono per sopravvivere in un mondo nuovo (da Libro Neri Pozza)

Scrittrice, poetessa, traduttrice, Ye Chun è di origine cinese e vive negli Stati Uniti da vent’anni, dal 1999 Nel suo ultimo romanzo, Cani di paglia nell’universo,  editato in Italia da Neri Pozza per la traduzione di Maddalena Togliani, racconta della grande migrazione cinese del Diciannovesimo secolo e della costruzione delle ferrovie, in cui torna alle origini della sua lingua originaria e alle proprie radici.

Come tutti i migranti ha dovuto fare i conti, inserendosi in una cultura nuova, con la sua d’origine che come tale si esprime attraverso una miriade di segni, di cui la lingua è sicuramente l’emblema, tanto che, per non rinunciare alle proprie originarietà ha scritto questo romanzo in inglese e poi lo ha tradotto in cinese.

Alla domanda dell’intervistatore ( Giulio D’Antona, La Stampa 20 Agosto)“Si sente a casa, in America?” Risponde che ha trascorso molto tempo a sentirsi fuori posto ma che piano piano, dopo la formazione di una famiglia e la nascita di una figlia “sento che la mia vita si sta stabilizzando” e che questa nuova sensazione passa attraverso una presa di coscienza, sottolineando e sintetizzando efficacemente, attraverso il verso di una poesia cinese, cosa possa significare “sentirsi a casa”

 “Il mio corpo non ha una città natale, dove il mio cuore si sente in pace, quella è casa mia”.

E aggiunge che in questo suo romanzo che racconta di migrazioni non ci sono né bianchi, né buoni, né cattivi, ma solo migranti cinesi proprio perché, se la letteratura può insegnare qualcosa, “la storia delle migrazioni è fatta di tanti singoli individui che meritano di essere umanizzati, solo così si possono comprendere”.

Una curiosità relativa al titolo: i cani di paglia nell’antica Cina erano offerte sacrificali durante le cerimonie funebri. Quelli in questione sono nell’universo!

La sinossi su Neri Pozza

Brevi note biografiche

Ye Chun è una scrittrice e traduttrice bilingue sinoamericana. La raccolta di racconti con cui ha esordito, Hao, è stata nella longlist dell’Andrew Carnegie Medal for excellence in Fiction nel 2022. È anche autrice di due raccolte poetiche, Travel over Water e Lantern Puzzle. Insegna al Providence College e vive a Providence, Rhode Island.(da Neri Pozza Autore)

Alberto Riva “Ultima estate a Roccamare”, presentazione di Salvina Pizzuoli

Ultima estate a Roccamare è la storia di un risveglio al sole, un viaggio nella creazione letteraria; un omaggio a un luogo bellissimo, a chi l’ha dipinto, a chi vi è approdato e a chi di lí è salpato.(da Neri PozzaLibro)

Alberto Riva racconta con  “dialoghi a distanza” e una patina di nostalgia, o forse l’ho confusa con la mia, senza abbandonarvisi, un periodo e un luogo che vide scrittori, artisti, critici, in quella pineta toscana, voluta da Ximenes nella seconda metà del ‘700, lungo il litorale tra la Punta delle Rocchette e Castiglione della Pescaia; paesaggisticamente spettacolare, anche nella sua storia passata, da lago Prile e acquitrino alla bonifica, luogo speciale di incontro, scambio e scrittura: Roccamare

In effetti, un certo alone di mistero si diffonde da quella grande ombra, da quella cattedrale vegetale, verdastra e nera, antica, silenziosa, magnifica. Una volta dentro, un labirinto di corridoi le cui pareti sono di pittospori, mirti, ginepri, corbezzoli, lauri, saggine, rosmarini. È il tripudio della macchia mediterranea, a cui l’inverno non riesce a rubare il profumo e il colore, la vivacità di un armonioso disordine, di una vita linfatica che non si spegne mai, che resiste – rabbrividisce ma resiste.

È propio vero, quando lessi Palomar riconobbi Roccamare, dove la natura dominante è riflessione, ebbi la netta sensazione di un luogo conosciuto e che a maggior ragione mi aveva colpito nelle parole e nelle dissertazioni di un grande scrittore.

«Qualche anno dopo, Calvino venne a trovarli e lo convinsero a comprare un lotto pure lui. All’Einaudi, mio papà e Calvino avevano avuto la scrivania uno di fronte all’altro, l’amicizia veniva da lontano. Italo era un taciturno, con un umorismo quasi stupefacente; quando apriva bocca diceva delle cose fulminanti che non ti aspettavi. Questa era una delle cose che lo accomunava a papà, perché Italo era una persona molto riservata, ma estremamente ironica, di grande intelligenza e sensibilità. Se si pensa a Palomar… Un libro che gli è venuto dalla pineta, il merlo, le onde…»

Così riporta Riva i ricordi nelle parole di Carlotta Fruttero, la figlia di Carlo.

Proprio lì Calvino stava componendo il suo lascito a mio avviso più speciale,  quelle Lezioni americane, sei, la sesta non l’avrebbe terminata, che lui aveva intitolato Six Memos for the Next Millennium, ma rinominate da Citati, titolo con cui saranno editate successivamente, sì perché Calvino morirà proprio in quel settembre dell’85.

Ma non solo Calvino popola le pagine di Riva, che ne è un po’ il fil rouge, ma anche una miriade di personaggi, un  universo culturale al completo, a partire da Rosetta Loy, e pieno di figure correlate; leggerle significa “ritrovare le tracce di una stagione indimenticabile fatta di amicizie struggenti e segrete corrispondenze: Federico Fellini, Mario Tobino, Milan Kundera, Carlo Cassola, Georges Simenon, Nico Orengo, Cesare Garboli, Fruttero & Lucentini e tanti altri. Dialoghi a distanza tra letteratura, cinema, pittura, musica e le voci di chi ancora ricorda, di chi c’era, di chi ci è passato, di chi ha amato e non dimentica”.

“avremmo potuto benissimo immaginare un futuro senza il socialismo e la psicanalisi, ma non senza «l’ascesa irresistibile dei luoghi comuni, i quali, iscritti nei computer, diffusi dai mass media, rischiano di diventare in breve tempo una forza che schiaccerà ogni pensiero originale»”

E mi fermo qui, dopo aver riportato questa citazione da Kundera. Ma mi piace aggiungere: un libro da non perdere e non solo per i nostalgici, come me, ma perché è una carrellata emozionante di personaggi, protagonisti, figure di creativi indimenticabile e datata, dove non mancano curiosità e aneddoti, tutti da scoprire e che mi ha letteralmente catturata e commossa. Lo rileggerò, in un altro momento, più in là, dopo aver sedimentato un po’: grazie Alberto Riva.

Alberto Riva (1970) è scrittore e giornalista. Tra le sue opere, Seguire i pappagalli fino alla fine (2008), Sete (2011), Il samba di Scarlatti (2015). Presso Neri Pozza è apparso anche Il maestro e l’infanta (2021). (da Neri Pozza Libro)

Giuseppe Scaraffia “Scrittori in armi”, presentazione

Giuseppe Scaraffia, scrittore raffinato e studioso di letteratura, racconta il servizio militare di molti autori che abbiamo imparato ad amare e a leggere. Attraverso una trentina di esempi, racconta il comportamento di alcuni poeti, scrittori e pensatori che hanno fatto la storia della cultura degli ultimi due secoli: Rimbaud, Nietzsche, Dostoevskij, Proust, Freud, Jarry, Morand, Rilke, Zweig, Thomas Mann, Werfel, Léau – taud, Céline, Savinio, Schnitzler, D’Annunzio, Jünger, Valéry, Fitzgerald, Hemingway, Drieu La Rochelle, Buzzati, Genet, Cioran, Waugh. Un libro sorprendente, un mosaico di ritratti segreti. Un prezioso dizionario di aneddoti e curiosità.(dal Catalogo Neri Pozza)

Ad iniziare dal 1854 con Dostoevskij fino al 1939, scrittori in divisa, patrioti o disertori come Rimbaud o Thomas Mann che si sottrasse volentieri all’obbligo militare o Hemingway, l’autore di Addio alle armi, arruolato nella Croce Rossa o Jean Genet che indossò la divisa francese avendo in odio patria e compatrioti: sono alcuni esempi di una trentina di biografie di scrittori che in modi diversi si trovarono ad indossare una divisa.

“Stile raffinato, talora prezioso, e utilizzo sempre mirato delle citazioni d’autore volta a volta si concentrano su un dettaglio biografico che in realtà è rivelatore di una concezione del mondo e più in generale di una vocazione letteraria” – così scrive Massimo Raffaeli presentando il testo sulle pagine del Venerdì  ( 31 marzo 2023).

Un’angolazione diversa da cui guardare alla biografia e al vissuto di grandi autori del ‘900

Brevi note biografiche

Giuseppe Scaraffia, torinese, vive a Roma, dove ha insegnato Letteratura francese presso l’Università La Sapienza di Roma. Ha scritto vari libri sui grandi miti ottocenteschi della seduzione, dalla femme fatale al dandy, su Parigi e sulla Costa Azzurra degli scrittori. Collabora al domenicale del Sole 24 ore, al Venerdí e a Tuttolibri.(da Neri Pozza Autori)

“Come dirti addio. Cento lettere d’amore da Saffo a Garcia Lorca”, di Cristina Marconi, presentazione

Come dirti addio. Cento lettere d’amore da Saffo a Garcia Lorca, pur sempre lettere d’amore anche se finito, amori letterari oppure clandestini che si chiudono ad opera di uno dei due innamorati: parole che dovrebbero spiegare all’altro il motivo, le ragioni, presumendo di attenuarne l’impatto emotivo o che la spiegazione possa essere efficace e bastare. Lettere provenienti da ogni parte del globo e da ogni tempo: “dai classici come le parole di Beethoven alla sua Amata immortale, […] o “lo struggente saluto del leader indipendentista congolese Patrice Lumumba a sua moglie prima dell’arresto”. Un lungo elenco che comprende Giacomo Casanova, Emily Dickinson, Anaïs Nin, solo per citare alcuni dei protagonisti. Lettere dai testi rari “perché figlie di un momento irripetibile”, si legge nell’ Introduzione, in cui “si scrive innanzi tutto a se stessi” e “lo sforzo dell’eloquenza è massimo” e pertanto preziose. Non solo di personaggi storici o artisti, ma anche di persone comuni, raccolte in ordine cronologico a partire da Saffo (VII – VI secolo a.C.) alla sua amata, fino a Leonard Cohen a Marianne Ihlen (2016).

[…]“privi della componente dolciastra degli epistolari sentimentali e forse per questo ancora più intensi, accompagna il lettore in un appassionante viaggio attraverso i secoli, in cui le storie d’amore vengono lette attraverso l’inconsueta prospettiva del loro finale. (da Neri Pozza Libri)

e anche

Brevi note biografiche

Cristina Marconi, dopo un baccalauréat francese, si è laureata alla Normale di Pisa su Michel Foucault. Per sedici anni ha vissuto all’estero, a Bruxelles e a Londra, e ha scritto di politica e cultura inglese su vari giornali. Nel 2019 ha esordito con il romanzo Città irreale con cui ha vinto tra le altre cose i premi Rapallo Opera Prima e il Severino Cesari Opera Prima, oltre a essere entrata nella dozzina dello Strega. Nel marzo del 2021 è uscito: A Londra con Virginia Woolf. Insegna scrittura alla Scuola Belleville di Milano, la città dove ora abit