Lorenzo Foltran “Khalvat”, Graphe.it


Un viaggio poetico tra amore, spiritualità e memoria, alla ricerca di un intimo rifugio interiore

Collana Calligraphia

Graphe.it

Dal 26 ottobre in libreria

Khalvat è una parola in antico persiano che può voler dire “isolamento”, “rifugio”, ma anche “intimità”. Nella tradizione sufi indica il raccoglimento necessario alla contemplazione. Un termine evocativo e stratificato, perfetto per dare titolo alla nuova raccolta poetica di Lorenzo Foltran. Dopo Il tempo perso in aeroporto (Graphe.it, 2021), Lorenzo Foltran torna con un’opera intensa e strutturata in tre movimenti, che accompagna il lettore lungo un percorso di progressivo raccoglimento: dall’amore sacro e senza tempo, alla forza dei legami nel presente, fino al fluire incerto e personale della memoria.
Nella prima parte, la parola poetica si fa preghiera laica, evocando un amore immerso nel quotidiano ma proteso verso una dimensione spirituale, dove l’umano e il divino si toccano senza confondersi. La seconda sezione dà voce a un sentimento che resiste nel tempo, si misura con la materia, si rinnova nella fatica dell’esistere. Infine, nella terza parte, un naufrago in piscina galleggia tra ricordi e proiezioni, in un mondo liquido dove passato e futuro si sfiorano in una sospensione emotiva.
Con Khalvat, Foltran conferma la sua capacità di dare forma a un lirismo sobrio e profondo, che intreccia riferimenti culturali, tensione spirituale e sensibilità contemporanea

Lorenzo Foltran è nato a Roma e vive in Francia. Dopo gli studi in italianistica all’Università Roma Tre, ha conseguito un master in management dei beni culturali tra l’Università Ca’ Foscari di Venezia e l’École Supérieure de Commerce de Paris. Ha lavorato in Italia e Francia per festival e istituzioni culturali (tra cui la Casa delle Letterature, l’Institut français e la Fête de la Gastronomie). Ha pubblicato In tasca la paura di volare (Oèdipus, 2018) e poesie su riviste letterarie e quotidiani come La Repubblica. Vincitore del Concorso Nazionale Sinestetica nel 2019, ha già pubblicato con Graphe.it Il tempo perso in aeroporto (2021).

Sergio Ferdinandi “Carlo I d’Angiò. Il sogno di un impero mediterraneo”, Graphe.it

In occasione della ricorrenza dei 2500 anni dalla fondazione dell’antica Neapolis nel 475 a.C., la collana I Condottieri contribuisce alle iniziative commemorative celebrando la figura storica di Carlo I d’Angiò che, a partire dal 1266, conferì a Napoli il ruolo di grande capitale mediterranea.

Collana I Condottieri

Graphe.it

Dal 26 ottobre in libreria


 Crociato, re, stratega: Carlo d’Angiò fece di Napoli una capitale e cambiò il destino del Mediterraneo

Figura chiave della storia medievale, Carlo I d’Angiò fu recrociato protagonista della politica mediterranea del XIII secolo. Dopo le vittorie su Manfredi e Corradino, trasformò Napoli in capitale del regno e sognò un impero mediterraneo, infranto però dai Vespri siciliani.
Questa biografia ne ricostruisce l’ascesa e l’eredità, in concomitanza con i 2500 anni dalla fondazione di Neapolis, a cui il Nostro conferì il ruolo di grande capitale mediterranea.

SERGIO FERDINANDI (Sedan 1963), archeologo e storico medievista, dirigente generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, ha ricoperto diversi incarichi governativi. Componente del Consiglio Superiore per i beni e le attività culturali e paesaggistici del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, esperto della Commissione nazionale italiana UNESCO per le crociate e Bisanzio, è membro di diversi istituti di ricerca storica e archeologica internazionali fra i quali l’ISMEO-Associazione internazionale di studi sul Mediterraneo e l’Oriente e la Scuola Archeologica Italiana di Cartagine (SAIC). Docente e relatore in convegni nazionali e internazionali, è autore di numerosi saggi e contributi scientifici in particolare sull’Oriente Crociato. Con Graphe.it edizioni ha pubblicato Goffredo di Buglione. Il cavaliere perfetto (2020).

Rossana Ombres “Bestiario d’amore”, Graphe.it

Una danza tra fiaba e profezia, dove il sacro si mescola al grottesco e il mito diventa contemporaneo

Graphe.it

Postfazione di Andrea Breda Minello

Collana Le Mancuspie diretta da Antonio Bux

In libreria dal 26 settembre

Un poema visionario e fuori da ogni scuola, in cui Rossana Ombres intreccia mitomisticismo fiaba con una lingua modernissima. Popolato di angeli, démoni, liocorni e figure femminili arcane, questo teatro della Creazione, del Diluvio e dell’Apocalisse è al tempo stesso epico e picaresco, sacro e grottesco. Un’opera cult degli anni Settanta che torna oggi per restituire visibilità a una delle voci più originali del secondo Novecento.

Il libro, con cui la poeta piemontese vince il Viareggio nel 1974, è la penultima tappa di un progetto macrostrutturale, che giunge al suo culmine col poemetto drammatico dedicato al mito orfico. […]

Il lettore, che affronterà per la prima volta questo libro, che Porta definì «tra i più singolari» e conturbanti degli Anni Settanta, si troverà di fronte a un mondo immaginifico, ante antropico, bulimico e al contempo essenziale, primigenio, un mondo che sopravanza per paradosso, che ha bisogno di un’architettura post barocca, ipertrofica per denunciare la società antropofaga novecentesca e arrivare infine al mistero di Dio, all’origine del Tutto, poiché prima della Parola vi è il suono, derivato dallo pneuma, dallo Spirito, che ricreerà il mondo a partire da uno yod. In ebraico il soffio vitale, il respiro, è la ruah. (Dalla postfazione di Andrea Breda Minello)

ROSSANA OMBRES (Torino, 1931 – Livorno, 2009) è stata una poetessa, scrittrice e giornalista italiana. Dopo l’esordio poetico con Orizzonte anche tu (1956), si è imposta con raccolte come Bestiario d’amore (1974, Premio Viareggio), caratterizzate da un equilibrio tra sperimentazione e rielaborazione di tradizioni religiose ebraiche e cabalistiche. Dagli anni Settanta ha affiancato alla poesia la narrativa, pubblicando romanzi come Principessa Giacinta (1970), Serenata (1980) e Un dio coperto di rose (1993), apprezzati per la fusione tra immaginazione e rigore stilistico. Collaboratrice de La Stampa, ha sempre mostrato un forte legame con le sue radici piemontesi e calabresi. La sua opera, tradotta in diverse lingue, ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui il Premio Sila, il Selezione Campiello e il Grinzane Cavour.

Eronda (Mario De Donà) “VrumVrum, PotPot. Comic strip & humor graphic”, Graphe.it

Un viaggio grafico tra surrealismo, ironia e motori

 

Graphe.it

A cura di Erik Balzaretti

Postfazione: Gianni Brunoro

Collana Parva

con illustrazioni in bianco e nero e a colori

In libreria dal 26 agosto 2025

VrumVrum, PotPot è la raccolta che restituisce visibilità a uno degli autori più originali della grafica italiana del secondo Novecento: Mario De Donà, in arte Eronda. Il volume è curato da Erik Balzaretti, con una postfazione dello storico del fumetto Gianni Brunoro. Un artista per intenditori, amico e seguace di Bruno Munari, Eronda si muove tra fumetto, arte visiva e sperimentazione grafica. Le sue strisce onomatopeiche e motorizzate, caratterizzate da un segno vibrante e da un umorismo surreale, danno vita a un mondo poetico e dinamico che sorprende, diverte e affascina. Eronda è difficilmente incasellabile: i suoi lavori evocano il futurismo, le neoavanguardie, la pop art e la poesia visiva, ma rimangono profondamente unici. Le sue strisce – nate a margine e con spirito libero – hanno ancora oggi la forza di parlare a un pubblico curioso, pronto a lasciarsi stupire. Con VrumVrum, PotPot, Graphe.it edizioni propone un’operazione culturale e al tempo stesso divulgativa, restituendo al grande pubblico un autore che ha saputo mescolare leggerezza e profondità, gioco e ricerca formale, immagine e linguaggioEronda è un artista libero, che ha saputo trasformare le onomatopee in gesto grafico e narrazione visiva.

Eronda, al secolo Mario De Donà, è il tipico caso di “artista per intenditori”, che non desiderava diventare d’élite e che merita senz’altro un richiamo presso il grande pubblico. Se si volesse descriverlo a chi non lo conosce, si potrebbe collocarlo idealmente al crocevia fra i futuristi, Mimmo Rotella e Bruno Munari (di cui era amico e seguace), o associarlo alle neoavanguardie del Novecento. Tuttavia – come accade forse a chiunque si esprima per immagini – la sua unicità diventa comprensibile a tutti a un solo sguardo, se si considerano le sue strisce a fumetti: «onomatopeiche e motorizzate», mobili e vivaci nel segno grafico come nel lessico.

Erik Balzaretti, da esperto e divulgatore di tutto ciò che è narrazione visiva, inquadra in questo volume il percorso artistico di Eronda e restituisce a lettori di ogni generazione la dimensione surreale, raffinata e disincantata di una produzione dal valore elevatissimo, e forse non abbastanza riconosciuto.

Completa il ritratto l’analisi acuta di Gianni Brunoro, che ne mette in evidenza l’approccio sperimentale e le diverse variazioni sul tema della strip.

Laura De luca “Ma l’amore no. Dialoghi con me stessa su mia madre”, Graphe.it

Un dialogo intimo e doloroso con la madre perduta, per ricucire i fili di un’esistenza spezzata. Un romanzo che ci invita a confrontarci con le nostre ferite più profonde e a trovare la forza di guarire.

Con un ritratto di Gianni De Luca

Graphe.it

Dal 26 aprile in libreria

Quando la madre, figura centrale nella vita di ogni individuo, viene a mancare, si spalanca una ferita profonda e si accende una ricerca di risposte che solo lei avrebbe potuto dare. Laura De Luca, in questo romanzo, intraprende un dialogo intenso con la sua memoria, dandole la forma di una conversazione tra la “Grande” e la “Piccola”, tra l’adulta e la bambina che un tempo era. La perdita diventa così l’occasione per esplorare il retaggio familiare, il rimpianto e l’amore perduto. Un percorso di riflessione che ci invita a rivedere il nostro rapporto con la crescita, la memoria e il dolore.

Una figlia unica con chi può condividere il dolore della perdita di una madre se non con se stessa, con quella se stessa di un tempo, che della cura e della confidenza della madre ha maggiormente beneficiato grazie alla limpidezza luminosa dell’infanzia?
All’indomani della morte di mia madre sono andata appositamente a cercare la me stessa piccola, ingenua e sapiente, fedele al ricordo e libera dai rimorsi. L’ho fatta parlare e poi maltrattata per gelosia, infastidita dalle sue contraddizioni e dalle sue ingenuità. Dalla sua voce infantile. Per capire alla fine che era molto più vicina di me alla verità. (Laura De Luca)

LAURA DE LUCA (Roma, 1957) radiogiornalista, conduttrice e autrice radiofonica, negli ultimi anni si è dedicata in particolare al recupero dello storico format delle interviste impossibili, sia come autrice che come regista, curandone diverse edizioni librarie e messe in scena teatrali. Ha siglato testi di saggistica, poesia e opere da lei illustrate. Sul sito www.lauradeluca.net firma il blog Cartoline da Marte. Questa qui pubblicata è forse l’intervista più impossibile di tutte: quella con se stessa sul tema irrisolto e struggente del rapporto con la madre.

Carmel Cassar “Jehan de Vallete.L’eroe dell’assedio di Malta e il fondatore de La Valletta”, Graphe.it

Jehan de Vallete: il condottiero che, con coraggio e lungimiranza, ha difeso Malta dall’invasione ottomana e ha dato vita a una nuova città, simbolo di forza e resistenza.

Graphe.it

Dal 26 aprile in libreria

Nel 1565, Malta fu teatro di uno scontro epico: l’assedio da parte dei turchi ottomani. Al centro di questa battaglia decisiva per la cristianità occidentale, il Gran Maestro Jehan de Vallete si distinse per il suo coraggio e la sua straordinaria leadership. Fu lui a guidare i cavalieri di San Giovanni verso la vittoria e a concepire La Valletta, la città-fortezza destinata a diventare un simbolo di resistenza e fede. Carmel Cassar racconta la storia di un condottiero leggendario, le sue scelte ardue e la sua visione che ha segnato il destino del Mediterraneo.

CARMEL CASSAR è ordinario di storia culturale e direttore dell’Istituto di Studi Maltesi. Ha contribuito allo sviluppo di una sezione etnografica presso il Dipartimento dei Musei pubblici maltesi, più tardi ribattezzato Heritage Malta. Già responsabile del Palazzo dell’Inquisizione a Vittoriosa, ha favorito la nascita dell’interesse nella ricerca storica del cibo mediterraneo e maltese, di cui dà contezza in questo saggio. È Fellow della Royal Historical Society di Londra e della Cambridge Commonwealth Society, socio della Renaissance Society of America e membro a vita della Società Storica di Malta. Diverse le sue pubblicazioni, tra cui, in italiano, Il senso dell’onore ( Jaca Book 2002, tradotto in cinque lingue). Con Graphe.it edizioni ha pubblicato Cibo mediterraneo (2024).

Davide Chiolero “Vini, spezie, pastelli volativi e confetti di zucchero. Breve storia della cucina e dell’alimentazione nel Medioevo”, Graphe.it

Uno sguardo approfondito sulla cucina medievale come specchio di civiltà e identità. Il cibo, tra riti religiosi e influenze culturali, racconta la storia nascosta dietro ogni piatto

Graphe.it

In libreria dal 26 febbraio

Questo saggio approccia con metodo scientifico l’arte culinaria medievale.


Si parla del legame fra dieta e religione (a cominciare dai giorni di magro, su cui scopriamo curiosità sorprendenti) del diverso apporto della civiltà romana rispetto a quelle identificate come barbariche. Si racconta delle convinzioni mediche del tempo, in fatto di nutrizione. Sono descritte le esigenze delle dispense delle abbazie e di quelle dei signori, considerando anche la disponibilità locale degli ingredienti. D’altro canto, se la cucina popolare rimase relativamente simile nel corso degli anni, quella nobiliare fu sorprendentemente aperta alle novità e alle contaminazioni, includendo – oltre agli elementi autoctoni – spezie di Paesi lontani acquistate a caro prezzo.

La cucina medievale era caratterizzata da una certa forma di discriminazione sociale. Le principali distinzioni che si possono cogliere tra cucina povera – la cui ricostruzione è complicata dall’assenza di fonti dirette – e cucina ricca non sono tanto nella qualità quanto nella quantità. La dieta dei meno abbienti era basata, perlopiù, sul consumo di prodotti di origine vegetale come ortaggi, cipolle, porri, aglio e cereali. Quest’ultimi erano fondamentali per la realizzazione del pane, l’alimento più diffuso e consumato da contadini, cittadini e nobili, vero simbolo della civiltà occidentale e cristiana. Si deve, tuttavia, precisare che il pane consumato dai meno abbienti e dai contadini, scuro e realizzato con cereali minori, non era lo stesso che potevano permettersi le classi più agiate, che preferivano il pane bianco.

DAVIDE CHIOLERO (1991) laureato in Scienze Storiche all’Università degli Studi di Torino, è docente in un istituto di istruzione secondaria di primo grado dell’astigiano. È membro della redazione di “Arma Virumque”, rivista universitaria torinese di storia militare, per la quale ha pubblicato Elmi con le corna e asce bipenni: l’equipaggiamento del vero guerriero vichingo (2021). I suoi interessi principali riguardano la storia culturale e materiale – in particolare alimentazione e costume – del periodo medievale. È autore de I vichinghi e la morte. La ritualità funebre scandinava fra migrazione e stanzialità (sec. VIII-XI) Il bestiario del Trésor di Brunetto Latini, editi con Il Cerchio.

Carlos García Gual “Breve apologia del romanzo storico”, Graphe.it

Un’appassionata difesa del romanzo storico, che esplora il delicato equilibrio tra verità e finzione, offrendo una guida per comprendere e apprezzare questo genere letterario

Prefazione di Patrizia Debicke Van der Noot

Traduzione di Roberto Russo

Graphe.it

dal 26 gennaio in libreria

Quello del romanzo storico è un genere amato da molti, e che incuriosisce altri, spesso in cerca di consigli per un buontitolo. Come non è facile scriverne, infatti,altrettanto difficile può essere trovarne uno davvero buono: coinvolgente, accurato, che ci faccia viaggiare nel tempo con il giusto equilibrio fra verità e finzione.
Curiosamente, la critica si è dimostrata talvolta impietosa verso questo filone letterario, tanto da fargli meritare una apologia: in questo volume l’autore, con la “scusa” di dimostrare i punti di forza e d’interesse del romanzo storico, ce ne offre un’ampia prospettiva ripercorrendone le caratteristiche, i fondamenti strutturali e la strada percorsa sin dai suoi albori. In questa appassionata arringa in difesa si riflette sulla differenza fra il romanziere e il cronista, fra il realismo e la ricostruzione:una distanza più o meno sottile che ha ilpotere di avvicinarci in modi diversi allaStoria.

Un genere, questo, che negli ultimi anni in Europa sembra godere di una rinascita e un’accelerazione, anche grazie a un rinnovato impegno degli scrittori, e il cui punto di forza sta nel poter allargare quasi all’infinito il numero di storie possibili: faccio ponte con il passato e scelgo quello che mi pare e quando mi pare. Possiamo quasi paragonare il romanzo storico a una macchina del tempo che ci consente di guardare indietro. La sua unica vera criticità sta nella implicita contraddizione che lo identifica: “romanzo” (componimento letterario che narra una vicenda in tutto o in parte immaginaria) e “storico” (della storia, ovverosia reinterpretazione di parte della storia e ricostruzione di un fatto realmente esistito). Categorie che dovrebbero fare a pugni tra loro? In un romanzo storico, invece, vengono tranquillamente mischiate. (dalla Prefazione di Patrizia Debicke Van der Noot).

CARLOS GARCÍA GUAL (Palma di Maiorca, 1943) è professore emerito di Filologia greca dell’Università Complutense di Madrid e specialista di antichità classica, mitologia, filosofia e letteratura. Insignito due volte del Premio nazionale di traduzione, ha pubblicato numerosi libri e collabora con diversi media. È membro della Real Academia Española.

Mariano Lamberti “Magia del tempo breve”, Graphe.it

Magia del tempo breve: un viaggio poetico alla scoperta dell’anima, tra la finitezza dell’uomo e l’infinito dell’esistenza. Un’esplorazione della condizione umana alla ricerca del senso profondo della vita, che invita a riscoprire la bellezza e la fragilità dell’esistenza.

Prefazione di Davide Rondoni

Graphe.it

La forma di poesia più umana possibile è quella che si rivolge al divino: si potrebbe sintetizzare con queste parole l’opera di Lamberti. Il buddhismo costituisce il riferimento principale della raccolta. Nelle intenzioni dichiarate dell’autore c’è infatti l’esigenza di restituire alla spiritualità buddhista un linguaggio che parli all’anima e consenta la percezione diretta del contenuto, spogliato dell’aura di misticismo che rischia di allontanare dal cuore del significato. Magia del tempo breve è «un testo poetico, laico e sacro insieme» che sistematizza le esperienze (anche dolorose), le pulsioni e le emozioni dell’essere umano, testimoniando lo sforzo universale della mente finita per comprendere e avvicinare l’infinito, senza tuttavia perdersi in esso.

Ci sono poeti che sono “poeti nonostante”. Intendo poeti nonostante se stessi, nonostante la precarietà del loro lavoro stilistico, nonostante le convenienze esteriori, e spesso nonostante gli sguardi che la maggior parte delle persone che hanno intorno rivolgono a loro. Sospetto che Mariano sia uno di questi. Ti verrebbe spesso da chiudere questo libro, vuoi di fronte a un uso tronco del verbo all’infinito (quasi una entrata in scena improvvisa di un foscoliano nel Duemila) o vuoi di fronte a immagini che non sai se ingenue o puerili. E però mentre sei lì che pensi queste cose, incroci pochi versi più sotto l’immagine di una «malattia/ che saliva le scale al buio». Cavolo, ecco un poeta! Nascosto a volte persino a se stesso. E poi il libro ha crescite prodigiose: «Vorrei legare il mondo ai tuoi occhi vagabondi/ per vedere il cielo che raddoppia nel mare». Dunque ci si immerge nuovamente in un libro che ha come grande tema il tempo e l’eterno. (Davide Rondoni)

MARIANO LAMBERTI, originario di Pompei, si è formato in filosofia e cinematografia a Roma e New York. La sua carriera poliedrica spazia dal cinema, con opere come Non con un bang e Good As You, al teatro, dove ha diretto Processo a Fellini e Razza sacra. Ha pubblicato romanzi e raccolte di poesie, tra cui Dopo il dolore e Magia del tempo breve. Lamberti si distingue per la sua sensibilità narrativa e visiva, toccando con profondità le corde dell’animo umano.

Roberto Celestre “SALADINO. Il sovrano cavaliere”, Graphe.it

Saladino, figura leggendaria del XII secolo, ha lasciato un’impronta indelebile nella storia. Questo libro, scritto da Roberto Celestre e arricchito dalla traduzione della Cronaca di Ṣalāḥ al-Dīn di Ibn Khallikān, offre uno sguardo approfondito sulla sua vita e le sue imprese. Dalla riconquista di Gerusalemme allo scontro con Riccardo Cuor di Leone, Saladino continua a incarnare l’ideale del cavaliere perfetto. Una biografia che unisce passato e presente

Graphe.it

Salāh al-Dīn, noto come Saladino, è tra gli indiscussi protagonisti del XII secolo nello scacchiere mediorientale. La sua popolarità è ancor oggi senza eguali non soltanto nel mondo arabo, tanto da essere considerato vera incarnazione del cavaliere perfetto. Di origine curde, nacque a Tikrīt nel 1138. Si mise in mostra quando nel 1163 partecipò alla spedizione nell’Egitto fatimide al seguito dello zio Shīrkūh, comandante dell’esercito del sovrano zenjide Nūr al-Dīn, conclusasi nel 1169. Morto improvvisamente lo zio, Salāh al-Dīn divenne prima visir (primo ministro) d’Egitto, quindi nel 1171 pose fine al califfato fatimide del Cairo. Alla morte di Nūr al-Dīn (1174), seppe diventare l’unico fautore dell’unificazione dei territori musulmani ponendo Siria, Egitto, Yemen e Mesopotamia settentrionale sotto la propria autorità. Nel 1177 si dedicò alla riconquista dei territori di Siria e Palestina ancora in mano ai crociati, sbaragliando l’esercito il 4 luglio 1187 a Hattīn e riconquistando Gerusalemme il 2 ottobre. Nello scontro con Riccardo “Cuor di Leone”, alla guida della terza crociata, fu sconfitto ad Arsūf e siglò il trattato di pace il 2 settembre 1192. Pochi mesi dopo, il 4 marzo 1193, Salāh al-Dīn si spense nella sua amata Damasco.

Questa monografia si compone di un profilo biografico e della traduzione dall’arabo della Cronaca di Salāh al-Dīn tratta dal Wafayāt al-a’yān di Ibn Khallikān (m. 1282), proposta per la prima volta in lingua italiana.

ROBERTO CELESTRE è ricercatore indipendente laureato in Lingua e Letteratura Araba con indirizzo storico all’Istituto Universitario Orientale di Napoli. Ha trascorso due anni al Cairo svolgendo corsi di specializzazione di storia islamica medievale in lingua araba alla Cairo University e ha frequentato le università di Ayn Shams (Cairo, Egitto) e Muhammad V (Rabat, Marocco). L’ambito di ricerca è la storia islamica medievale, con particolare attenzione alla storiografia araba contemporanea delle crociate e alla manualistica militare nell’Islam medievale. Relatore di Islamistica alla Facoltà Teologica “S. Bonaventura” (Roma) nel 2016, è socio dell’Istituto per l’Oriente “Carlo Alfonso Nallino” e di MESA (Middle East Studies Association). Ha curato e tradotto dall’arabo il trattato Consigli sugli stratagemmi di guerra (Il Melangolo, 2013) di al-Harawī, oltre ad aver pubblicato interventi su diverse pubblicazioni scientifiche del settore.